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CINEMA PASSIONE
GENERI CINEMATOGRAFICI
WESTERN
Il western è un genere, una
rappresentazione, un mondo sospeso tra Storia e Leggenda, tra
Epopea e Fato.
E’ il sibilo del vento, un uomo che si nasconde dietro una
roccia e tutto intorno un paesaggio brullo, spazi smisurati,
terre sconfinate di sole e solitudine. Il western anzi il
vecchio West, territorio di frontiera, all’Ovest del XIX secolo,
a sud nelle terre dimenticate ai confini con il Messico.
Siamo in America sì, ed ecco il cavaliere errante,
alle volte un fuorilegge, sicuramente un eroe, che vaga di
città in città, cow-boy senza mandria, senza bandiera, con
il solo vestito di pelle, un revolver e un cavallo.
Guardalo mentre cavalca
lungo la ferrovia, che rappresenta il progresso, come la
stampa e il telegrafo. Guardalo temerario e coraggioso
mentre entra nella città polverosa e deserta con il suo
cappello a falda larga, gli speroni e la calibro 45,
guardalo mentre entra nei saloon o nei ranch solitari,
con l’insidia a portata di mano e l’agguato di fianco. Di
solito le donne allevano bambini, curano gli animali o fanno
le prostitute, gli uomini invece difendono il territorio
oppure combattono gli indiani rispondendo esclusivamente
alla loro legge, che poi è il loro codice d’onore,
naturalmente non scritto. Il western è una corda che pende
sulla piazza principale del paese, un processo sommario, uno
sceriffo accondiscendente alle logiche del potere.
Il
western è un genere già, una visione romantica, in quanto
frontiera, un ideale di libertà e speranza, con il proprio
melodramma che contrappone un eroe ad un cattivo che
minaccia le virtù di una ragazza indifesa, o il progresso
ineluttabile. E’ pieno di buone intenzioni e dotato di una
morale perfettamente integra, totalmente finalizzata al
raggiungimento della giustizia o dell’amore romantico. Ed è
qui che il cavaliere si erge ad eroe virtuoso e
disinteressato che rappresenta e garantisce la vittoria
finale del Bene contro il Male. Il western è “Arrivano i
nostri” è il Generale Custer, il XIX secolo, tra la guerra
di secessione che insanguina il paese e la fine del secolo.
Il western è Ombre rosse, John Ford, La conquista del
west, L’assalto al treno, Sentieri selvaggi, Il massacro di
Fort Apache, Mezzogiorno di fuoco. E’ il trionfo della
nascita della nazione americana. E’ una pacchiana
manipolazione storica in chiave epica: i pionieri che
portato la civiltà edificando una nuova società, dove prima
regnava la barbarie degli indiani. E l’indiano è cattivo
perché non risponde a questa logica, perché si oppone alla
società, alla ferrovia... Ha un linguaggio incomprensibile
ed è privo di sentimenti, di religione, di famiglia, di
casa.
Ma siamo ancora negli anni quaranta quando il
nostro eroe difende la comunità dai fuorilegge e da chi si
oppone alla costruzione della ferrovia come simbolo di
progresso. Lo stesso eroe negli anni cinquanta diventa
malinconico e problematico. E’ ora un altro western, un
altro eroe che, cavalcando nel suo crepuscolo, manifesta
dubbi sulla propria identità ed avverte un senso di
solitudine causata dalla civilizzazione che mette in crisi
il suo ruolo, la sua legge, il suo ordine morale. Negli anni
sessanta il punto di vista si capovolge ed ecco i film che
mettono in evidenza la brutalità, la violenza, l’ingiustizia
e lo sfruttamento della stessa conquista del west,
riconoscendo agli indiani il ruolo di vittime di uno
spietato genocidio.
Ma il western è anche Europa, è
Buffalo Bill, il suo circo Buffalo Bill Wild West Show. E in
Italia si trasforma in Spaghetti-western, nei fumetti con
Tex Willer e Zagor, nell'opera lirica con La fanciulla del
West di Puccini, al cinema con Sergio Leone. Siamo ormai nei
primi anni sessanta e l’ambientazione, tra polvere e
praterie, è già stata ampiamente sfruttata negli Stati
Uniti. E in casa nostra il western è opera d’arte: Per un
pugno di dollari, Per qualche dollaro in più, Il buono, il
brutto e il cattivo, C’era una volta il West. Le verdi
praterie vengono abbandonate in favore di paesaggi brulli e
polverosi o di piccoli paesi dimenticati da Dio e
immersi nel fango.
Ed ecco i saloon, chiese e
cimiteri, feroci sparatorie e scene di violenza,
amputazioni, pestaggi e torture. Alla base dell’agire
dell'eroe non c'è più la fedeltà a precisi imperativi
morali, ma la sete di guadagno, non è più un buono, ma solo
meno cattivo degli altri. E’ furbo, cinico, spesso sporco e
trasandato, privo di scrupoli. Spesso la molla è quella più
futile, meno moralmente accettabile, la sete di denaro.
Guardatelo ora questo eroe, ha la faccia di Clint
Eastwood, già proprio lui scelto da Sergio Leone per
interpretare il ruolo principale nel film Per un pugno di
dollari quando ormai non lavorava da ben cinque anni nel
cinema e, si dice, si manteneva lavorando part-time presso
una pompa di benzina. Ecco guardatelo mentre strizza gli
occhi al sole, il ghigno enigmatico e il sigaro stretto tra
i denti, mentre cammina con le mani pronte ad afferrare il
suo revolver, guardate la città deserta, il rumore del
vento, il suono a morte della campana, il duello, la fine
prossima, ecco guardate la malinconia, la consapevolezza
della morte, del tramonto definitivo del cinema western.
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L'articolo è a cura di Adamo Bencivenga FONTI:
http://www.pacioli.net/ftp/paciolicinemaecineteca/
PacioliCinema/5-Linguaggio/framegram022.htm
Filippo Mastroianni
http://www.cinefilos.it/saggi/il-western-allitaliana-47000
http://www.treccani.it/enciclopedia/western/
http://it.wikipedia.org/wiki/Western
http://www.laperquisa.it/3.1/approfondimenti-di-celluloide/
222-il-genere-western-i-pionieri-13.html
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