Downton Abbey, Yorkshire, Inghilterra, fine
dicembre 1832
Quella mattina mi sentivo proprio come la volpe che
il fior fiore dell'aristocrazia inglese stava cercando di stanare nella
campagna dello Yorkshire.
Mi ero lasciata convincere da lord Robert
Crawley, quarto conte di Grantham, a trascorrere alcuni giorni nella
tenuta di famiglia, Downton Abbey.
Ho conosciuto sua signoria a Parigi,
una sera dopo l'ennesima replica della Silfide. Era decisamente un uomo
affascinante, con i capelli brizzolati, sottili rughe che arricchivano il
contorno degli occhi quando sorrideva e un portamento regale.
Mi
innamorai subito, appena lo vidi entrare nel camerino dell' Opéra National
de Paris con il suo mantello nero e un grande mazzo di rose bianche.
Ero reduce del grande successo parigino de La Sylphide e tutta la
città era ai miei piedi, così non mi stupii che anche un Pari
d'Inghilterra potesse capitolare davanti alle mie punte.
Gli inviti a
cena si susseguirono e si alternarono a brevi soggiorni nella Riviera
francese.
Le notti passate al Ritz, fra champagne, fragole e piacere.
Robert era un grande amante, generoso e mai sazio, ed era capace di fare
godere una donna con una sola carezza sulla guancia. Ed io ero sempre
desiderosa di nuove ebbrezze.
E così venni invitata nella magione del
conte per il periodo fra Natale e Capodanno.
Ero avvezza a frequentare
gli aristocratici d'Europa: italiani, francesi, tedeschi e ovviamente
inglesi. La mia cameriera preparo' i bauli con volpi, visoni e cincilla'
per stare al caldo e seta e mussola per appagare la vista del conte e
sedurre gli altri ospiti. Ero all'apice della mia carriera e già stavo
pensando al dopo, ad un buon matrimonio che mi avrebbe garantito una
dorata pensione.
La carrozza ci portò fino a Calais dove ci
imbarcammo con direzione Inghilterra. In quel momento anche se una zingara
mi avesse letto le carte mai avrei pensato che a distanza di più di
quarant'anni sarei tornata a Londra, per ricostruire un po' del patrimonio
che mio padre avrebbe dilapidato nel corso degli anni a venire.
Attraversando La Manica, o come la chiamano gli inglesi The Channel, il
futuro mi appariva radioso e ancora non riuscivo a vedere le nubi nere che
si sarebbero addensate nel giro di alcuni anni.
In quell'ultimo lembo
del 1832 ero troppo consapevole di essere Maria Taglioni, La Sylphide.
Sbarcammo a Southampton e una carrozza del conte attendeva per portarci a
Downton Abbey.
Che meraviglia la campagna inglese, così diversa da
quella del Continente.
E che luogo da fiaba la tenuta dei Crawley. Un
intero esercito composto da cameriere, camerieri, maggiordomo, governante,
autisti, giardinieri e tanti altri ancora, era disposto difronte
all'ingresso del palazzo per accogliermi. Che sogno!!
La mia fidata
cameriera prese possesso della sua stanza nel piano della servitù ed io
fui accompagnata nei miei alloggi. Rimasi estasiata alla vista della
camera da letto, grande quanto un appartamento in Place Vendôme e che
vista! L'intero parco si stendeva a perdita d'occhio di fronte alle mie
finestre. Il maggiordomo mi disse che il conte mi attendeva per la cena
alle 19. Avrei avuto tutto il tempo per riposarmi e prepararmi.
Feci un
bagno caldo nella maestosa vasca di maiolica, mi coccolai con una dolce
crema alla mirra e mi cosparsi in una nuvola di dolce profumo francese.
Indossai un abito da sera e scesi nel salone dove ad attendermi c'era
Robert.
Mi sentivo come una ragazzina al suo primo appuntamento, altro
che l'etoile che stregava l'Europa. Ero io ad essere ammaliata da
quell'incanto.
Quella sera eravamo soli io e il conte, gli altri ospiti
si sarebbero uniti un paio di giorni dopo. Cenammo in un tripudio di
argenti e di candele.
Furono giorni magici. E le notti erano
sensuali, come solamente le notti arabe sanno essere. Robert sapeva amare
con grande maestria, il suo corpo nudo era invitante come panna sulle
fragole.
Mi conduceva sui sentieri che portano al Paradiso, prima
dolcemente e lentamente, e poi con forza, preso dal desiderio, fino al
momento culminante, quando insieme giungevamo, varcando i cancelli dei
Champs-Élysées.
Come previsto, il terzo giorno dal mio arrivo
iniziarono a sopraggiungere gli altri ospiti: baroni, contesse, duchi e
baronesse, insomma la crema dell'aristocrazia inglese. Addirittura fui
presentata a George FitzClarence, I conte di Munster, nonché figlio
illegittimo di sua maestà Guglielmo IV del Regno Unito.
Tutti erano
molto gentili con me, erano curiosi di poter vedere e quasi toccare La
Sylphide di cui tanto si parlava.
Addirittura la sera del 31 dicembre
dovetti ballare nel teatro della villa, per gli ospiti che insistentemente
continuavano a chiedermelo. Altro che godermi i festeggiamenti per
l'arrivo del nuovo anno!
E in tal modo giungemmo alla mattina del 2
gennaio, quando venne organizzata una grande caccia alla volpe per
allietare gli ospiti. Ho iniziato queste brevi memorie proprio da quella
giornata.
Io mi sentivo come la volpe perché nonostante i miei
successi, nonostante la ricchezza che in quel periodo andavo accumulando,
nonostante il corteggiamento di illustri uomini e donne, per loro restavo
sempre la ballerina, la ragazza che ballando mostrava le caviglie a tutti
coloro che pagavano un biglietti per recarsi a teatro.
Da quel giorno
ho fatto ancora tanta strada, ho sposato un conte non inglese ma francese,
e sono pertanto divenuta la contessa de Voisins, ma solamente per tre
anni, ho avuto un figlio, ho continuato a ballare e a mietere successi, ma
non ho più indossato colli e pellicce di volpe.
E dopo tanti anni,
ripensando a quanto vissi in quei giorni a Dowton Abbey, l'unico che
veramente mi trattò come sua pari fu proprio il figlio illegittimo del re.
Egli era stato nobilitato dal padre, ma mai legittimato in quanto figlio
nato dalla relazione con l'attrice irlandese Dorothea Bland, meglio nota
con il nome d'arte di Miss Jordan.
FINE
Bisanzio Velata