Firenze, aprile 1476
Simonetta
si alzò presto quella mattina, come svegliata da un presentimento.
Giuliano giaceva ancora fra le braccia di Morfeo. Il suo corpo nudo, in
parte coperto alla vista da un leggero lenzuolo di seta bianco, era un
invito ad Amore. Le sue spalle, forti e muscolose rivelavano il suo
carattere deciso; le sue natiche sode e sinuose, come giovani pesche, e le
cosce e le gambe forti e muscolose accendevano di desiderio la nobildonna
genovese. Lentamente ella si avvicinò al giovane Medici e iniziò a
baciarlo sul petto, scendendo verso l'ombelico e soffermandosi sul pube.
Giuliano lasciò che la donna lo appagasse e poi la prese facendola ancora
una volta sua.
Dopo l'incontro con Amore Simonetta chiamò le
ancelle per farsi aiutare a fare un bagno e a preparasi per la giornata.
Si concesse un lungo bagno, immersa in un candido latte, seguito da una
rinfrescante immersione in acqua di rose rigorosamente bianche. Scelse con
cura un abito di lino rosa, si fece acconciare i biondi capelli con perle
nere e fu pronta per incontrare il Maestro.
Botticelli l'attendeva nel
giardino di Palazzo Vespucci, sotto un pergolato di glicine. "Buongiorno
Madonna Simonetta" esclamò il pittore.
"Buongiorno a voi, Maestro",
rispose la giovine.
La nobildonna si sedette su di una sedia in
marmo adorna di putti e inizio' la seduta di posa. Simonetta lasciò' che
il grande artista catturasse la sua immagine e la rendesse eterna, ma con
la mente tornò indietro di un anno, al 1475 e al giorno del Torneo
Giuliano, in Piazza Santa Croce. Quel giorno Amore la consacrò al fratello
del Magnifico, come giovane e bianca cerva inseguita e catturata dal suo
cacciatore.
"l'imagin d'una cervia altera e bella:
con alta
fronte, con corna ramose,
candida tutta, leggiadretta e snella.
E
come tra le fere paventose
al gioven cacciator s'offerse quella,
lieto spronò il destrier per lei seguire,
pensando in brieve darli agro
martire"
Un sacrificio volontario e appagante, lontano dallo
strazio e dalla sofferenza di Ifigenia.
Poliziano, nelle Stanze per la
giostra, canta ciò che Iulio (Giuliano) ha provato quando ha visto per la
prima volta la bella ninfa (Simonetta):
"Ahi qual divenne! ah
come al giovinetto
corse il gran foco in tutte le midolle!
che
tremito gli scosse il cor nel petto!
d'un ghiacciato sudor tutto era
molle;
e fatto ghiotto del suo dolce aspetto,
giammai li occhi da li
occhi levar puolle;
ma tutto preso dal vago splendore,
non s'accorge
el meschin che quivi è Amore"
[....]
E questa e' la
descrizione che il poeta di Montepulciano ci ha lasciato della sans
pareille
"Candida è ella, e candida la vesta,
ma pur di rose
e fior dipinta e d'erba;
lo inanellato crin dall'aurea testa
scende
in la fronte umilmente superba.
Rideli a torno tutta la foresta,
e
quanto può suo cure disacerba;
nell'atto regalmente è mansueta,
e
pur col ciglio le tempeste acqueta"
[....]
E infine le
parole di Simonetta in risposta agli interrogativi del giovin signore
Mediceo
"Io non son qual tua mente invano auguria,
non
d'altar degna, non di pura vittima;
ma là sovra Arno innella vostra
Etruria
sto soggiogata alla teda legittima;
mia natal patria è nella
aspra Liguria,
sovra una costa alla riva marittima,
ove fuor de'
gran massi indarno gemere
si sente il fer Nettunno e irato fremere"
La giovine ricordava ancora la prima volta che si era spogliata di
fronte al nobiluomo fiorentino, le forti mani di Giuliano che
accarezzavano la sua bianca pelle di giovine aristocratica e poi la forza
del suo desiderio, la bramosia con la quale quell'uomo la possedeva, la
penetrava con una foga a lei finora sconosciuta.
Si ridestò alle parole
di Botticelli :" per oggi abbiamo finito, Madonna Simonetta".
La
sans pareille rientrò allora nelle sue stanze, si concesse uno spuntino a
base di frutta e si preparò per ricevere Amore di ritorno da una battuta
di caccia.
L'aria era tiepida in quella sera di Primavera, lo zefiro
smuoveva le tende e Simonetta godeva di quel tramonto che incendiava tutta
la Firenze medicea.
" Buona sera mia Venere" pronunciò il giovin
signore quando entrò nella stanza. Non aspettò la risposta della giovine
dama, la strinse a sé, la baciò e la condusse sul letto.
Simonetta
sentiva Giuliano toglierle i leggeri abiti che indossava nelle proprie
stanze, e godeva dei baci che riceveva in tutto il corpo.
L'uomo si
rialzò dal talamo per togliersi i vestiti e la nobile donna genovese si
beò nel vedere le forti membra del suo uomo pronte a soddisfare i suoi più
reconditi e inconfessati desideri.
La loro era una storia nota nella
Firenze rinascimentale, tollerata e non osteggiata dal marito Marco
Vespucci, sempre impegnato tra affari e lunghi viaggi. Inoltre Simonetta
era considerata quasi una Dea vivente, amata e immortalata dai maggiori
pittori del suo tempo quali Botticelli e Piero di Cosimo. Nulla poteva
esserle negato, nemmeno soddisfare la sua sete d'Amore con un altro uomo.
I due giovani così appagavano i loro desideri, beandosi delle
reciproche nudità e dei reciproci corpi, ebbri di passione e pronti a
ricominciare subito dopo la piccola morte.
Simonetta avidamente
accoglieva dentro il suo corpo la rigida mascolinità di Giuliano, e si
lasciava inondare dalla sua salata ambrosia medicea.
Ma venne il
giorno in cui il tempo mortale bussò alle porte della Firenze
rinascimentale.
Un venticello di origine malefica fece ammalare la
bella genovese e la porto' da Ade, e a Firenze subentrò' il regno della
tristezza. E da li a due anni, nell'aprile del 1478 anche il bel Giuliano
lascerà il suo corpo mortale e raggiungerà Simonetta nel Regno delle
Ombre.
Il 17 maggio 1510 anche Sandro Botticelli lascerà il suo
corpo mortale, ma prima lascerà scritto di essere sepolto nella Chiesa di
Ogni Santi, ai piedi della "sua" sans pareille.
FINE
Bisanzio Velata