Vaduz, Liechtenstein, dicembre 1938
La
baronessa Ingrid era in attesa di parlare con il principe regnante
dell'Liechtenstein. L'Anschluss dell'Austria aveva gettato la nobildonna
nell'ansia ed ora Ingrid sentiva il bisogno di parlare con sua Altezza
Serenissima. Voleva essere rassicurata perché temeva che il suo Paese,
arroccato fra le Alpi, finisse sotto il giogo di Hitler.
Il valletto la
introdusse nella biblioteca del castello dove, davanti ad un caminetto
scoppiettante, il principe era perso nei suoi pensieri. Franz Josef II era
salito al potere dopo l'abdicazione del cugino Franz I, ufficialmente
causata da problemi di salute, ma in realtà dal timore di trovarsi sul
trono nel momento in cui il Führer avesse deciso di annettersi anche il
piccolo principato. Infatti il sovrano aveva sposato una donna ebrea, la
bellissima Elisabeth von Gutmann, ricca e nobile certamente, ma pur sempre
di religione giudaica. Ora il nuovo sovrano era deciso a salvare il
proprio Paese e con esso il suo Amore per la baronessa.
<<Franz
amore mio cosa ne sarà di noi?>> Chiese angosciata Ingrid abbracciando il
principe.
<<Non temere, riusciremo ad uscire da questa situazione>> Le
rispose il giovane uomo. La baronessa non riuscì però a tranquillizzarsi,
prese allora dal mobile bar un bicchiere di cristallo, si versò dello
champagne e si sedette con grazia su di una ampia e comoda poltrona in
pelle. Il caminetto scoppiettava e Ingrid guardava, come stregata, la
legna ardere fra le antiche pietre. Sorseggiando il vino non si accorse
che Franz stava lasciando la stanza, fino a quando non sentì la porta
chiudersi. Da quando Franz era stato incoronato il loro rapporto era
andato progressivamente sgretolandosi. Purtroppo gli impegni di Stato
portavano il principe ad essere sempre più assente, sia fisicamente che
mentalmente. Quando i due riuscivano a vedersi, Franz era sempre
pensieroso, ma il più delle volte Ingrid cenava sola e sola andava a
letto. E anche in quella fredda notte di dicembre la baronessa non si
addormentò nell'abbraccio del suo uomo, ma anziché fermarsi nel castello e
dormire sola, decise di tornare a casa propria. La sua bella e accogliente
dimora. Era stanca e stufa, amava Franz, ma forse la loro storia era
arrivata al capolinea. Molto probabilmente non lo avrebbe mai sposato, e
mai sarebbe divenuta principessa regnante. In definitiva a lei la corona
non era mai interessata, non aveva bisogno del denaro e del potere del
principe, aveva il suo, a Ingrid però interessava l'amore. Quello lo
desiderava e lo voleva. Ma era l'amore di Franz che anelava? In quella
notte di dicembre iniziò a dubitarne. Mentre si preparava per la notte,
aiutata dalla sua cameriere Henriette, si avvicinò alla finestra, passò un
dito sulla condensa sui vetri e si accorse che fuori nevicava. La neve
aveva sempre avuto un potere calmante sui suoi nervi, infatti fin da
bambina le bastava vedere i candidi fiocchi cadere dal cielo e una grande
pace le si infondeva nell'anima. E anche adesso era lo stesso, in
quell'aspetto era rimasta la bimba di ieri, pronta ad illudersi che il
manto nevoso avrebbe cancellato i problemi.
Si voltò sorridendo,
ringraziò Henriette e andò a letto. Lesse alcune righe del poeta Heinrich
Heine:
" Herangedämmert kam der Abend,
Wilder toste die Flut,
Und ich saß am Strand, und schaute zu
Dem weißen Tanz der Wellen,
Und meine Brust schwoll auf wie das Meer,
Und sehnend ergriff mich ein
tiefes Heimweh
Nach dir, du holdes Bild,
Das überall mich umschwebt,
Und überall mich ruft,
überall, überall,
Im Sausen des Windes, im
Brausen des Meeres,
Und im Seufzen der eigenen Brust (1)",
e
presto si addormentò.
Quella notte Ingrid sognò. Era con Franz su
di un prato, in primavera all'ombra di un tiglio. I baci del principe la
scaldavano e la eccitavano, e mentre le labbra del giovane uomo
percorrevano le sue guance e il suo collo, calde lacrime le sgorgavano
dagli occhi. Lui le sussurrava parole d'amore e giuramenti ai quali
sapevano benissimo entrambi che lui non avrebbe mai potuto prestar fede. E
nonostante questo lei si sforzava in quel momento di volergli credere,
abbandonandosi con tutta se stessa ad Amore. Risate e lacrime si
mescolavano assieme quando improvvisamente Franz morse la mano della
giovane principessa. Ingrid dal dolore si svegliò, ma fece in tempo a
sentire la voce di Franz che le diceva:" l'averti morso la mano ti
ricorderà il giuramento".
La baronessa aprì gli occhi e si guardò la
mano. Per essere sicura di ciò che vide dovette alzarsi e aprire tutte le
tende della sua camera da letto. Sul dorso vi erano innegabilmente
accennati i segni di un piccolo morso. Impaurita chiamò Henriette la quale
confermò la presenza di un piccolo morso. Come un fulmine arrivò il
pensiero di una poesia di Heine dal titolo L'Antico Sogno. Ingrid prese il
libro di liriche che era sempre sul suo comodino e lesse: " Ed ho sognato
ancor l’antico sogno:
in una bella notte a primavera
a piè
d’un tiglio noi seduti s’era,
ci giuravamo eterna fedeltà.
Era
un giurare e un rigiurar di nuovo,
e un carezzarci e un ridere e un
baciare,
e perché il giuramento a ricordare
avessi mi mordesti sulla
man.
Oh piccolina dagli occhietti chiari!
oh bella bimba dagli
acuti denti!
sono di prescrizione i giuramenti,
ma il mordere è
superfluo, non ti par?".
Ora Ingrid sapeva il da farsi.
Bisanzio Velata
(1)
Heinrich Heine, Dichiarazione
Oscura calava la sera,
ruggiva il mar più selvaggio.
Io sedevo alla spiaggia e
guardavo
la candida danza dell’onde,
e il mio petto si fe’
tempestoso
come il mare, e bramosa mi
colse
la nostalgia profonda
di te, soave immagine,
che dovunque mi aleggi
d’intorno,
e dovunque mi chiami,
dovunque, dovunque,
nel sibilar del vento,
nel muggito del mare,
e nel sospiro stesso del mio petto.
FINE