Inghilterra, 1812
Quella sera tutta la
nobiltà inglese si trovava a St. James’s Palace per festeggiare il
principe di Galles, reggente da un anno il trono britannico.
Un via vai
di carrozze attraversava il parco e lasciava gentildonne e gentiluomini
all’ingresso dell’antico palazzo.
L’appuntamento era per le ventuno,
una sontuosa cena seguita da un elegante ballo.
Il salone delle feste
era già gremito quando fece il suo ingresso il duca di Wellington. L’alta
uniforme che indossava lasciava immaginare un fisico forte, muscoloso,
scolpito dai duri allenamenti dell’accademia militare ; capelli mori,
occhi scuri e pelle ambrata completavano il quadro.
Tutte le dame
presenti, e non pochi lord, lo guardavano con desiderio, si soffermavano
avidamente sulle linee del suo corpo generosamente messe in luce
dall’uniforme attillata.
Donne pronte a gettarsi fra le sue braccia e
uomini disposti ad inginocchiarsi ai suoi piedi.
Ecco l’effetto che sir
Alexander Wellington generava attorno a sé.
Non meno ampie ed
approfondite le chiacchiere che, come foglie al vento, danzavano al suo
incedere marziale.
Voci di amori leciti ma soprattutto illeciti, di
cameriere sedotte e di stallieri imbrigliati nel vortice di amicizie
particolari, molto particolari.
E poi su tutte prevaleva la vicenda del
barone di Boscastle, impossibile da dimenticare.
Quest’ultimo era
stato legato da un’intensa amicizia con il duca, non vi era festa,
ricevimento o battuta di caccia dove fosse presente l’uno senza l’altro.
Fin qui nulla di strano.
Ma le chiacchiere dei servitori si erano fatte
sempre più intense, voci di camere condivise nel cuore della notte, di
rinfrescanti bagni nudi in caldi pomeriggi estivi nel lago di Wellington
House. Voci che dai servitori arrivavano ai signore e alle signore.
E
così, lord Alfred, padre del giovane barone, aveva in fretta e furia
spedito il figlio in Nuova Zelanda, assieme alla giovane neo moglie, forse
non troppo bella e sana, ma almeno lontana dalle chiacchiere. Al di sopra
di ogni sospetto, direbbe Cesare.
Fino a qui arrivavano i
pettegolezzi, ma nessuno sapeva cosa si nascondesse nel cuore del duca più
desiderato della Reggenza.
Le interminabili lettere scritte all’amato
barone Thomas, e lo strazio per l’ignoranza e la cattiveria attorno a
loro.
Per superare il dolore, Alexander aveva rivestito il proprio
cuore con una spessa corazza e si era gettato in quelle che, le solite
malelingue, chiamavano le avventure del duca.
La società della Reggenza
era un ambiente nel quale tutti sapevano tutto di tutti, e le passioni del
gentiluomo , vere o presunte, per cameriere, servette e soprattutto
stallieri non erano un mistero. Certamente non disdegnava le avventure con
nobili suoi pari e addirittura c’era chi sosteneva avesse avuto legami
molto intimi con un membro della famiglia reale.
Nonostante tutto
ciò, non vi era nobildonna che non volesse essere impalmata dal bel
tenebroso e ambiguo gentiluomo, e non vi era padre di ereditiera che non
lo desiderasse come genero.
I Wellington erano una delle famiglie più
antiche del regno, più blasonate della stessa famiglia reale.
Quella
sera a St. James’s Palace fece il suo ingresso anche il visconte di
Wessex, Henry dopo un paio d’anni passati nelle colonie del centro
America.
Meno forte e maschile del duca, ma non meno interessante agli
occhi degli invitati del principe di Galles, Henry fu subito intravisto da
Alexander.
Il biondo dei suoi capelli, il biancore del suo incarnato e
la sua corporatura esile, gli conferivano un qualcosa di femminile, quasi
di efebico.
Alexander nel vederlo pensò ad Antinoo, al giovane
amante dell’imperatore Adriano e decise che lo spirito e il corpo del
giovane visconte di Wessex sarebbero stati suoi.
Il duca di Wellington
si avvicinò dunque al giovine e gli disse: << siete cresciuto molto e bene
in questi due anni, Henry>>.
<< Grazie lord Wellington>> rispose
timidamente il visconte.
<< Sono molto curioso di sentire i vostri
racconti sulle colonie americane, chissà quante avventure!>> disse un po’
sfrontatamente Alexander, come al solito, e nel dire ciò prese sotto
braccio Henry e lo condusse in giardino.
La tiepida aria
primaverile smuoveva le fronde degli alberi e i capelli dei due giovani
uomini e portava con sé desideri di libertà e di amore.
<<Allora non mi
raccontate nulla?>> incalzò il duca.
Al ché Wessex iniziò a parlare e a
descrivere le meraviglie del mare e delle spiagge dei caraibi e dei suoi
abitanti.
<< Chissà quanti cuori avrete infranto?>>.
A sentire tali
parole Henry arrossì e abbassò lo sguardo. Percepiva un senso di
solitudine attorno a sé e in effetti nel giardino non vi nessuno in quel
momento.
Alexander gli si fece più vicino e gli domandò:<< Posso
raccontarvi un segreto?>>
<<Certamente>> rispose il visconte.
E
allora fu in quel momento che il duca prese il viso di Henry fra le sue
mani e lo baciò.
Lentamente e con gran delicatezza.
Il mondo per
il visconte di Wessex iniziò a girare velocemente, spazio e tempo si
annullarono e in quei pochi secondi visse solamente per quel bacio.
Quando le loro labbra si staccarono il duca guardò intensamente Henry il
quale rimase turbato ancora per qualche istante, e gli disse: <<
perdonatemi, è stato più forte di me>>.
<< lo desideravo dal primo
momento in cui vi ho visto entrare nel salone>>
<< Vi prego,
dimenticate quanto accaduto e non fatene parola con alcuno, ho la vostra
parola?>>. Improvvisamente dimentico e privo di qualunque baldanza. Si
voltò per andarsene.
Il visconte stette un attimo in silenzio dopo
di ché allungò un braccio e fermò Alexander.
Nel voltarsi i loro visi
si incontrarono e questa volta fu Henry a baciare il duca.
La guerra
contro Napoleone divenne improvvisamente lontana, per i due giovani
uomini, così come la follia di Re Giorgio III e la reggenza del principe
Giorgio Federico Augusto.
Le loro vite divennero l’ansa di un lago
racchiuso nella foresta della tenuta di Wellington House.
I loro corpi
così diversi, forte e maschile l’uno e quasi efebico l’altro, il sole che
li scaldava nella primavera che avanzava, le acque che lambivano i loro
sessi e la foresta, centinaia e centinaia di alberi che trattenevano
all’unisono il respiro per non disturbare Amore nel suo perfetto momento.
Una volta rientrati nella magione Alexander convinse Eros a scendere
dall’Olimpo e introdusse Henry al suo culto, insegnandogli le cose
dell’amore.
Di fronte ad un caminetto acceso, un bicchiere di vino
bianco fra le mani e un caldo letto a baldacchino pronto ad ospitare due
uomini che si amano.
L’alba di un nuovo giorno stava inondando di luce
il parco di Wellington House.
Alexander si alzò dal letto e si
avvicinò nudo alla porta finestra, il sole iniziava a riscaldare la pelle
del suo corpo.
Si voltò un attimo indietro e stette alcuni minuti a
guardare Henry, profondamente addormentato. I capelli, le gambe, le
natiche e la schiena, tutto era reso d’orato dal sole nascente.
In quel
momento sentì il desiderio rinascere.
Girò lo sguardo oltre il giardino
e la foresta, verso l’orizzonte; da molti anni Alexander non vedeva il
cielo così limpido, finalmente sgombero da nubi minacciose.
E il duca
poté così abbandonarsi sorridente alla vita, anch’egli innamorato e forse
un po’ più libero dai fantasmi del suo passato.
Bisanzio Velata
FINE