|
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIEPOLICY

IL RACCONTO E' ADATTO AD UN PUBBLICO
ADULTO

LIBERAEVA
LA SIGNORA MISTERIOSA
Appuntamento davanti alla Barcaccia.
Piazza di Spagna in quel periodo si presentava quasi deserta, niente
a che vedere con la piazza traboccante di stranieri ed azalee di
fine primavera. Eva era già lì quando arrivai. Era la prima volta
che ci incontravamo, l’avevo conosciuta per email tramite un sito di
incontri.

Photo Ingo Kremmel
Appuntamento davanti alla
Barcaccia. Piazza di Spagna in quel periodo si
presentava quasi deserta, niente a che vedere con la
piazza traboccante di stranieri ed azalee di fine
primavera. Eva era già lì quando arrivai. Era la prima
volta che ci incontravamo, l’avevo conosciuta per email
tramite un sito di incontri. Ci eravamo scritti a lungo,
lei mi aveva raccontato tutta la sua vita fatta di
delusioni, solitudini e rivincite. Ora viveva da sola,
separata dal suo secondo marito e successivamente dal
suo amante che aveva preferito tornare a casa dalla
moglie, e soprattutto dai suoi due figli nati dal primo
matrimonio.
Mi disse che aveva bisogno di verde
e tranquillità e non mi rimase che invitarla per una
passeggiata tra le magnolie di Villa Borghese. Durante
il cammino, ci fermammo a guardare con interesse
un'esposizione di quadri a Villa Medici. Notai quanto
fosse competente in materia d’arte, si soffermò su una
tela che ricordava molto da lontano il primo Caravaggio.
Quando uscimmo mi parlò dei numerosi viaggi a Parigi da
giovane e delle immancabili visite al Louvre. Niente
faceva pensare che avesse compiuto cinquant’anni da
qualche mese. La sua mente, il suo aspetto, la sua
eleganza, in poche parole il suo fascino era di quanto
meglio potesse capitarmi.
Arrivammo che era già
tramonto. Ridemmo sui busti del Pincio deturpati dai
ragazzini, convenimmo che Dante senza naso perdeva
decisamente il suo fascino. Qualche persona da sola
camminava in fretta, solo gruppetti di militari si
attardavano scalciando lattine di Coca Cola. Proseguimmo
silenziosi a distanza di discrezione, non osavo
prenderla sotto braccio. Arrivati nei pressi del
laghetto ci riposammo su una panchina. Indossava un
cappotto nero, notai i tacchi altissimi delle sue scarpe
di vernice nera fuori moda. Lei mi strinse la mano. Col
cuore in gola e imbarazzato mi accesi una sigaretta, lei
notò l'emozione.
“Allora ti sembro pazza da
legare? Francesco non so cosa mi stia succedendo, ma
dimmi che ho qualche speranza. Forse l'etichetta obbliga
la donna ad attendere, almeno così mi hanno educata!
Forse non avrei dovuto invitare uno sconosciuto che
conoscevo solo per email? Le tue email mi hanno fatta
innamorare, lo sai vero? E ora nella realtà sei tale e
quale a come ti immaginavo. Hai questa faccia da
ragazzino, pronta solo a strappare tenerezze!”
Mi
sorprese la sua intraprendenza e quel modo di fare.
Avevo la sensazione che mi nascondesse qualcosa, che
quella parole stessero a giustificare altro. Del resto
non era assolutamente possibile che si fosse innamorata
di me per email e, per quanto non fossi male
nell’aspetto, avevo sempre pensato che anche il
corteggiamento avesse i propri tempi da rispettare. Le
sfiorai comunque le labbra, ma così timidamente che
risultò solo un gesto di cortesia. Non contenta sorrise
poi mi afferrò la testa con ambedue le mani, avvicinò la
sua bocca e mi baciò per un tempo indefinito.
Il
vento gelido seccò immediatamente le labbra umide e la
calda sensazione di un bacio quasi rubato, ma non
procurò strascichi, rimanemmo esattamente seduti al
nostro posto fissando il lago davanti a noi. Eva non si
diede per vinta. “Mi chiedo perché tu non abbia
soddisfatto prima la mia curiosità, perché solo ora hai
accettato di uscire con me e perché accetti la mia
compagnia con quell'atteggiamento di chi vuole compiere
la solita buona azione quotidiana? A questa età, mio
caro, cogliere l’attimo non è un momento, ma una regola
di vita.”
Ecco appunto “cogliere l’attimo!” Mi
sembrava come se volesse consumare tutto e subito,
cosciente che non avrebbe avuto la possibilità di
incontrarmi di nuovo. Mi sfiorò la mano, giocò con le
mie dita. “Anche se sei stato sordo e cieco devo dirti
grazie comunque. Mi hai regalato stupendi momenti
d'attesa. E finalmente ora siamo qui. Non importa se mi
giudicherai vecchia o fuori moda, non importa se
penserai che venti anni sono tanti, o che al primo
incontro non ci si comporta così, l’importante è che tu
mi abbia offerto questa possibilità.”
Abbassò lo
sguardo, tolse una foglia gialla infilata nel tacco e
poi riprese: “Adesso mi giudicherai più pazza di prima.
Riderai di me. Starai pensando che nonostante i miei
cinquant’anni sono ancora un'adolescente che sogna
perché ha paura della realtà. Non mi deludere Francesco,
non voglio sapere la verità né che tu analizzi il mio
stato d'incoscienza. Non pensare male perché non ho
chiesto il tuo permesso. Cerco solo d'insinuarmi nella
rete fitta dei tuoi pensieri facendo attenzione a non
far scattare l'allarme. Insomma cercavo un modo carino
per conoscere le tue intenzioni. Il resto è una finta
sicurezza nell’imbarazzo, ma questo lo sappiamo tutti e
due.”
Non risposi, ripresi a guardare il lago
chiedendomi perché tutta quella fretta. Era solo il
primo incontro e se lei fosse stata sincera ce ne
sarebbero stati altri, del resto anche io cercavo una
relazione fissa. Lei invece non perse tempo e mi buttò
le braccia al collo, sentivo il suo calore attraverso il
cappotto spesso di lana. Riprese con voce quasi
sussurrata. “Francesco, mi hai fatto perdere la testa,
non mi chiedere la ragione. Sicuramente quello che mi
sta accadendo ha influito notevolmente sul mio stato
d'animo. Non accade tutti i giorni scoprire che il
proprio marito ha anche un'amante, che l’altro marito ha
vinto la causa di affidamento e che l’amante è fuggito
per non tornare più. Voglio dire che tutto ciò ha
lievitato la mia pazzia fino al punto di attaccarmi a
te, alle tue email…”
Ci guardammo negli occhi,
abbozzai un sorriso, lei mi baciò di nuovo. “So che non
dovrei comportarmi così, che una signora a modo aspetta
ed aspetta ancora, ma ti vedo dappertutto, sei sempre
nei miei pensieri, ma forse non ti piaccio, non sono il
tuo tipo. Dimmelo per favore, dimmi che sono troppo
vecchia per te, che preferisci le ragazzine, che quando
mi hai vista oggi per la prima volta saresti voluto
fuggire via. Chissà quante ne avrai intorno che ti fanno
il filo, e quante in questo momento stanno aspettando
una tua chiamata!” A quel punto presi io l’iniziativa
e la baciai più volte, un misto di proibito e curiosità
avvolse i miei pensieri. Vagai tra le nebbie della
mente, sentivo che le dovevo delle risposte, scelsi di
agire, ma l'istinto prese il sopravvento. Una leggera
foschia mescolata a penombra si sciolse in lontananza.
Mi guardai attorno, ormai non c’era più nessuno, la
villa si stava svuotando. Un'ultima coppia intrappolata
nei desideri scompariva oltre il cancello. Sentivo la
passione vibrare sotto il suo paltò, la sbottonai in
fretta.
Era la prima volta che vedevo una donna
vestita, anzi svestita, in quel modo. Non ero mai stato
con una donna di quell’età e ne rimasi allibito. Non
portava né gonna, né vestito, né reggiseno, ma solo un
paio di calze nere fino alle cosce agganciate ad uno
stupendo reggicalze, credo che si chiami così, ricamato
da interminabili toni di grigio perla e rosa salmone.
Era davvero uno spettacolo di sensualità! Mi guardò in
attesa di risposta e per vedere l’effetto nei miei
occhi. Confuso ed eccitato allargai i lembi del cappotto
per ammirarla meglio, oramai era quasi nuda alla mercé
di probabili sguardi di passaggio, aspettai il suo
pudore ribellarsi, la sua vergogna arrossarsi. Ma
niente.
Dovevo andare in fondo e vedere fino a
che punto fosse finto quell’imbarazzo per cui tentati di
sfilarle definitivamente il cappotto, lei fece un gesto
automatico per coprirsi, ma un attimo dopo abbandonò
ogni resistenza, mi disse di accarezzarla, guidò la mia
mano tra le sue gambe e un attimo dopo puntò il tacco
tra la ghiaia irrigidendosi nel piacere. Nel breve giro
di qualche attimo aveva consumato tutta l'attesa che, a
suo dire, andava indietro negli anni nonostante mariti
ed amanti. Mi sorpresi, non avevo mai assistito ad un
big bang di passione, simile ad un'esplosione rapida e
fragorosa tra le mie mani ancora tremanti. Mi domandavo
quanto ci fosse di mio e quanto della sua perversione in
quel godere interminabile.
Un momento dopo chinò
il capo, cercò di ricomporsi, mi strinse forte la mano.
La guardai ancora, mi stimolava questo suo istinto
svanito al mio contatto. Un giardiniere di passaggio
guardò altrove. Era orario di chiusura, un fischio in
lontananza ci fece affrettare il passo. Ci alzammo e
camminammo sottobraccio, notai la sua faccia non ancora
rilassata. “Adesso mi giudicherai peggio. Parla! Dimmi
che mi sono comportata come una bambina alle prime armi
che non sa resistere un attimo in più e consuma le sue
voglie seduta su una panchina. Dimmi che da buona
egoista ho pensato solo a me.”
In effetti era
vero, non mi ero ancora ripreso. Cercai tra la distesa
di verde che scendeva verso Piazzale Flaminio, un
anfratto o qualcosa di simile al riparo da occhi
curiosi. Non la giudicavo male anzi non la giudicavo
affatto. In quel momento il piacere fisico era l'unico
pensiero che impegnava tutta la mia mente. L'imbrunire
mi venne in aiuto. Entrammo nel giardino di una villa
poco distante. La casa sembrava disabitata, le imposte
erano ben serrate, nessuna luce o segno di vita usciva
dalle persiane. Eva mi strinse forte, cercò
immediatamente le mie labbra. Capii che aveva capito.
Al riparo di una siepe ci mettemmo seduti tra le
sterpaglie. La frenesia prese il sopravvento, sbottonai
i miei pantaloni e la baciai più volte risalendo le
gambe velate di quel nylon nero, mentre la sua bocca non
ebbe alcuna esitazione ad inumidire la mia voglia ormai
oltre l’orlo delle mie mutande. Le labbra esperte e
mature scivolarono senza indugio fino a contenerlo
completamente. Fermai a fatica quella foga
inarrestabile, le dissi di distendersi, volevo
possederla, sentivo il bisogno di possedere quel
presente di sensualità e quel passato sul quale nutrivo
forti dubbi.
Le sfilai il cappotto, le mie dita
scomparvero dentro il suo slip di pizzo nero. Sentii il
suo piacere sopraggiungere di nuovo nelle mutande ancora
bagnate dalla voglia precedente. Più viva di prima urlò
più volte il mio nome. “Prendimi Francesco!” Affondai
senza resistenza in quelle pareti di passione, toccai il
punto più alto del suo desiderio. Era tutta lì la
signora di classe, che poco prima mi parlava di
Caravaggio e Dante, troppo esperta e smaliziata per
credere ad una sola parola sulla sua astinenza secolare.
Mi faceva letteralmente impazzire il fatto che
la sua perversione l’avesse obbligata a raccontare una
storia simile per giustificare tutta la voglia che
tracimava dal suo corpo. Ora era lì, all’aperto, al
centro di Roma, ormai non più giovane, delicata nei
modi, che si stava perdendo tra le braccia di un
ragazzo. La bella signora sicuramente madre, sicuramente
moglie, sicuramente amica di qualche devota signora di
chiesa, incurante di tutto ciò che le stesse accadendo
intorno, si rotolava sull'erba umida in preda agli
istinti del piacere.
Tra gli sterpi della siepe
che ci copriva a malapena dalla strada, dai passanti,
dal traffico, dalla città, dal dovere, cercava
disperatamente l’ennesimo orgasmo. La striscia di
pensieri che passò velocemente mi eccitò più della
realtà. Continuai ad affondare il mio sesso, e
soprattutto la mia mente, nel suo bisogno insaziabile. E
ad ogni colpo m’incitava a fare meglio, a non finire, a
farmi più grande di diametro, lunghezza e trasgressione
per non lasciare intatto qualche centimetro della sua
pelle, qualche pensiero della sua mente ancora non
domato. “Prendimi, vai dove ti porta la fantasia, dove
non oseresti con nessuna altra donna! Prendimi in piedi,
fammi guardare in faccia la luna, o in ginocchio come
una donna in preghiera, o come una cagna che abbaia
godendo e osservando gli altri cani che aspettano il
turno. Prendimi Francesco, non fermarti ti prego!”
Le sue parole erano più eccitanti del suo corpo.
Avevo ancora in pugno le sue mutandine nere e invogliato
da quelle parole le gridai che non mi stavo scopando
lei, ma le tante storie false che mi aveva raccontato
finora, il suo finto passato da buttare, i suoi figli, i
suoi mariti ed i tanti amanti che tradiva e l’avevano
tradita. Vidi il terrore nei suoi occhi e forse per la
paura di essere scoperta la sentii irrigidirsi di nuovo
come sulla panchina, fino a quando esplose di nuovo. La
seguii qualche istante dopo, poi la baciai più volte,
dubitai che Eva fosse il suo vero nome, ma dovetti
ricacciare i miei dubbi quando ad un passo da me vidi
delinearsi gli stivali verde militare del custode della
villa.
Le nostre urla erano arrivate fino alle
sue orecchie. Con un bastone nella mano sinistra e la
lampada nell'altra che illuminò i nostri corpi nudo, ci
apostrofò con parole di veleno facendoci toccare il
fondo della vergogna. Ci sarebbe riuscito con la sola
presenza, pensai, mentre cercavo di rivestirmi in
fretta. Eva stava facendo altrettanto, quando tentai una
penosa reazione, ma ripiegai subito dopo scusandomi per
l’accaduto.
Uscimmo dalla villa, il rumore della
città ci fece riprendere conoscenza. Entrammo in un bar,
un cioccolato bollente ci riscaldò in fretta. Eva ebbe
una capacità di recupero sorprendente. Per niente
disturbata da ciò che era successo iniziò a raccontarmi
di quando studentessa si dava appuntamento con le amiche
al capolinea del 32, ora rimosso. Solo per un attimo
sfiorò l'argomento, ma solo per dirmi che era tutto
passato, e che se si voleva assaporare un pizzico di
proibito bisognava sempre mettere in conto questo tipo
di inconvenienti. Sdrammatizzò come se già avesse
vissuto un’esperienza simile. “Comunque,” disse
aggiustandomi i capelli, “mille di queste circostanze
rispetto alla noia della mia vita.” A quel punto squillò
il suo cellulare, lei si alzò e la vidi parlare
freneticamente agitando le mani. Quando tornò mi disse
che aveva fretta.
Uscimmo dal bar, commentammo
qualche vetrina a caso. Quando ci dividemmo mi salutò
con un laconico “Addio”. Prima di rincasare infilai la
mano nel giaccone e strinsi le sue mutandine di pizzo
nero che umide e segrete erano rimaste nella mia tasca.
Le guardai sorridendo amaramente, quel suo abbigliamento
mi aveva dato la prova provata di una donna smaniosa di
consumare subito e in fretta i suoi desideri più
segreti.
Mi chiesi quanto ci fosse di vero nella
sua storia e quanto invece fosse stato detto per
giustificare quel suo desiderio irrefrenabile. Visto che
non aveva mai voluto scambiare un contatto telefonico o
dirmi esattamente dove abitasse avevo sempre sospettato
che fosse una donna regolarmente sposata o avesse
comunque un compagno al quale nascondere i suoi segreti.
Del resto quando avevamo fatto l’amore, nell’impeto del
momento, le avevo espresso tutti i miei dubbi e lei non
si era sentita in dovere di darmi una risposta. Anzi
avevo visto il terrore nei suoi occhi come se il fatto
che io sapessi l’avesse potuta irrimediabilmente
compromettere. In quel momento pensai quanti altri
ragazzi avessero trascorso un pomeriggio simile e si
fossero ritrovati nella tasca del giaccone quel feticcio
di pizzo nero.
La conferma arrivò qualche
settimana dopo, quando, dopo giorni e giorni di
silenzio, mi decisi a scriverle nell’unico indirizzo che
conoscevo, ma l’email tornò indietro come “Destinatario
sconosciuto”. Aveva cancellato la sua casella postale ed
io non l’avrei più rivista.
|
Questo racconto
è opera di pura fantasia. Nomi, personaggi e
luoghi sono frutto dell’immaginazione
dell’autore e non sono da considerarsi reali.
Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari e
persone è del tutto casuale.
© All rights
reserved LIBERAEVA
LEGGI GLI ALTRI RACCONTI
© Tutti i diritti riservati
Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, senza il consenso
dell'autore


Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori. Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti

|
|