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RACCONTI
 




 

Adamo Bencivenga
“Che faccio accetto?”
"Può succedere che un giorno sola in casa squilli il telefono e dall’altra parte ci sia lui, il mio ex e succede che mi dica: “Sai avevo pensato di prenderci un caffè." Come succede che mentre lui parla io mi chieda: "Cha faccio accetto?"

 
 


 
 

Succede, succede che un giorno sola in casa squilli il telefono. Il primo pensiero è mia madre che mi parla della sua meravigliosa ricetta di dolci, il secondo invece va a mio marito che di sicuro si è dimenticato qualcosa. E invece nulla di questo perché succede che sul display c’è scritto numero sconosciuto e allora pensi a qualche pubblicità, a qualche scocciatore che vorrebbe venderti qualcosa, ma non è così perché succede che dall’altra parte c’è una voce familiare di uomo che conosci benissimo e la riconosci all’istante nonostante sia passato molto tempo.

E già lui è il mio ex, anzi l’ex amante, che chissà per quale strano motivo mi sta chiamando, per la precisione, dopo due lunghi anni. Mi domanda: “Come stai?” Ma io di rimando gli chiedo a bruciapelo il motivo, ma ovviamente lui non si svela, è sempre stato un bravo giocatore di scacchi per cui tiene ben coperte le sue pedine. Nulla è cambiato, penso, mentre lui mi dice: “Sai avevo pensato di prenderci un caffè insieme come ai vecchi tempi!” Un semplice e ingenuo caffè per scambiarci quattro parole, anzi quattro chiacchiere, in nome del nostro grande amore, morto e sepolto sotto il suo atavico mutismo. Ero gelosa lo confesso, di lui, dei suoi modi affabili da uomo consumato, sospettavo che avesse un’altra donna oltre la moglie, ma mi sarei accontentata di una benché minima spiegazione, lui però non si è mai degnato di tranquillizzarmi, sempre geloso della sua privacy di punto in bianco ha deciso di non cercarmi più e di non rispondere ai miei messaggi accorati.

Ora mi chiede quattro chiacchiere, già quattro, da consumare insieme tra meno di un’ora nel nostro solito bar con giardino vicino allo Stadio Olimpico. Come al solito non gli viene il dubbio che io abbia un impegno, che io abbia uno straccio da fare, lui è stato sempre così, schietto e allo stesso tempo stronzo ed egoista, ma a me piaceva anche per questo. Diretto e prepotente come tutti i maschi dovrebbero essere! “Che faccio accetto?” Penso mentre lui parla dei suoi figli. Sono curiosa di sapere cosa abbia da dirmi, cosa abbia in mente e soprattutto cosa ci sia in fondo a quelle quattro chiacchiere.

Non l’ho mai dimenticato, anche ora che mi sta parlando sento dei grossi tonfi nel mio cuore. Ripenso ai nostri bei momenti, ai suoi baci, al suo modo di fare per farmi sentire bella e importante. Sarà l’inizio della menopausa, sarà il primo caldo, ma ora mi accorgo che sto sudando. Mentre parla prendo un fazzoletto, mi asciugo la fronte perché immagino chiaramente cosa ci sia in fondo a quelle quattro chiacchiere, anche se lui non me lo dirà mai, anche se lui non lo ha mai chiesto, ma ero naturalmente io ad obbedire sommessamente come un automa ai suoi ordini muti e perentori.

“Che faccio accetto?” Prendo tempo lo ascolto ripensando che al tempo, quando la nostra sintonia era qualcosa di sublime, dopo l’incontro in quel bar, era automatico alzarci dal tavolo e darci appuntamento, andando ognuno con la propria auto, nel nostro nido d’amore, ovvero quella graziosa stanza in quel residence sulla Cassia.

“Che faccio accetto?” Mi ripeto mentre lui continua a parlare ed io sono già davanti al mio armadio che sto scegliendo il vestito. Sinceramente non mi interessa nulla che suo figlio sia stato promosso ed ora stia facendo un corso di informatica, come mi frega meno di niente che sua figlia alla fine abbia scelto di lavorare nel campo della moda. Rosso o nero? Guardo i miei vestiti e ovviamente scelgo quello più corto anche se, avendo messo ultimamente qualche chilo in più, non mi starà perfetto come una volta. Ma a lui piacerò lo stesso, ne sono sicura, l’importante che sotto la gonna indossi ciò che lo farà davvero impazzire, ovvero niente!

Ecco ora parla dei nostri incontri, lo sapevo, lentamente arriva al dunque. Mi dice che ero bella, che mai e poi mai incontrerà una donna sensuale come me. Ecco forse riesco ad intuire cosa ci sarà in fondo a quelle quattro chiacchiere e sinceramente non mi dispiace. Con mio marito faccio l’amore regolarmente, una volta a settimana, da quel lato mi sento appagata, ma è un amore meccanico e senza sorprese, un bisogno fisiologico che non ha nulla a che vedere con i nostri incontri in quel residence.

“Che faccio accetto?” Lui ora mi sta parlando del suo lavoro mentre io in bagno sto indossando un paio di scarpe con un tacco discreto, del resto non voglio dare troppo nell’occhio e certamente non voglio in alcun modo facilitarlo. Se ha deciso oggi di fare l’amore con me non sarò io questa volta a fare la prima mossa. Sono passati due anni e dovrà faticare sette camicie per riconquistarmi, anche se so che non è vero, anche se so che al primo sguardo profondo mi scioglierò dentro i suoi occhi azzurro oceano.

“Che faccio accetto?” Del resto ho bisogno di capire me stessa, di rendermi conto se mi emozionerò ancora nel vederlo o se, in questi due anni, durante i quali mi ripetevo di non aver bisogno di lui, la mia autostima abbia almeno preso il sopravvento. Ovvio mi illudo, so che non è così, altrimenti non starei qui davanti a questo specchio cercando di coprire penosamente le mie rughe e non starei qui a rimpiangere lui, il suo amore, il suo sesso vanitoso ed altruista, i suoi modi gentili, il suo fascino di cinquantenne, in ogni santo giorno che il buon Dio mi ha dato da vivere.

Ed in effetti è così, perché nel frattempo ho accettato, ho tirato fuori la mia auto dal garage, ho attraversato mezza città, sono passata distratta col rosso, l’ho aspettato per circa mezz’ora seduta in questo bar giocando con il mio telefono, ed ora sono qui davanti a lui, che parliamo nascosti da una siepe di alloro. È bello, ha un fisico invidiabile, abbronzato, gli occhi espressivi, le labbra carnose e quell’espressione accattivante che mi fa squagliare al solo pensiero di essere di nuovo sua.

È uguale a due anni fa. Non è cambiato per niente. Lui prende un caffè, io il solito succo di pompelmo. Ci fissiamo intensamente negli occhi, poi lui distoglie lo sguardo e mi chiede come sto, come va la mia vita. Ma quando inizio a parlare non sembra interessato, anzi mi prende le mani, le copre entrambe sotto il suo palmo e mi dice che non ricorda il motivo per cui ci siamo lasciati, che siamo stati davvero imbecilli, lui più di me. Poi sussurrandomi all’orecchio mi dice che le sono mancata, che gli sono mancati i nostri momenti intimi e lo stesso faccio io. Ecco sì è bastato meno di un attimo e siamo di nuovo in sintonia. Un attimo perché il dolore di quella separazione svanisse senza lasciare traccia. Mi sento nuova, diversa e come al solito mi emoziono. Lui si accorge delle mie lacrime e allora mi chiama a sé. Ora siamo fianco a fianco, come ai bei tempi, mi sfiora il braccio, mi stringe, mi abbraccia ed io sento il suo calore.

Ecco ci siamo, ora mi chiederà di andare, forse mi mostrerà le chiavi della stanza n. 8, la nostra stanza del nostro residence sulla Cassia. Sì lo confesso sono disposta a ricominciare senza chiedergli il vero motivo per il quale mi ha lasciata, senza sapere se in questi due anni abbia avuto un’altra storia più o meno importante e se tuttora ha qualche relazione in piedi oltre ovviamente sua moglie. Lo confesso non ho bisogno che mi dica nulla e perché l’altra volta sia andato via senza alcuna spiegazione. Sono disposta a ricominciare, ed ora alzarmi e seguirlo. Ora guarda il telefono, scrive, sicuramente sta mandando un messaggio alla moglie, sicuramente sta scrivendo che ha un improvviso impegno di lavoro e farà tardi, molto tardi.

Dio quanto è bello. Mi chiedo come abbia fatto a stare senza di lui per due anni interi, come abbia fatto a vivere senza il suo sesso. Sicuramente anche lui si starà chiedendo perché mai non ci abbia pensato prima, ma ora è qui ed io mi sto diluendo dentro l’attesa di accettare il suo invito. Tra meno di un secondo mi chiederà che giorno sia oggi, perché sarà una data da ricordare, il giorno della nostra riconciliazione. L’amore dopo due anni! Bellissimo! In quella stanza accogliente circondata dal verde. Mi sembra già di sentire il canto degli uccellini, il soffio del vento contro le persiane e lui sopra di me, il suo corpo nudo, il suo nuovo entusiasmo, il suo desiderio di prendermi ed io che lo accolgo senza farlo aspettare, in questo mia tana calda che è sempre stato la sua casa.

Lo amo da pazzi e sento che a suo modo mi ama. Guarda ancora il telefono. Sento il bip di un messaggio. Allora si alza, mi dice che va a pagare. Lo guardo di spalle col suo vestito blu a righe, impeccabile ed estremamente elegante, sono felice di aver accettato questo incontro e sarò ancora più felice quando tra poco andremo nel nostro paradiso! Mentre è via mi rifaccio il trucco. Chissà se le piaccio? Sì certo mi ha detto che sono bella, ma io voglio essere la sua eccitazione, la sua voglia e l’appagamento del suo desiderio.

Oddio mi ero dimenticata di mio marito! Prendo il telefono e gli mando un messaggio, gli scrivo che farò tardi, che sono con la mia amica Ivana, gli dico di non aspettarmi, che la cena è in frigo e basterà riscaldarla. Ora sono più sollevata, mi godo quest’attesa, mi godo il pensiero di essere sua, penso a quanto tempo ci impiegheremo per arrivare fino al residence. Sono impaziente! Forse quindici minuti traffico permettendo, ma sono davvero ansiosa di ricominciare.

Passano altri dieci minuti, lui finalmente torna al tavolo. Si scusa, una telefonata di lavoro lo ha intrattenuto. Ma io so che è una bugia, di sicuro aveva già un appuntamento e lo ha dovuto disdire perché lo sento che vuole me, che mi desidera.
Rimango in attesa, non so che dire, ma lui senza sedersi mi dice che è contento di avermi rivista, che gli ha fatto un immenso piacere questo incontro. “Sei ancora una donna affascinante sai…” Ecco ci siamo, si comincia sempre da qui… Mi abbraccia. Mi alzo e lo abbraccio anche io. Mi dice: “Sei meravigliosa Linda!” Sento il suo calore, il suo abbraccio forte, mi stringe, forse desidera baciarmi, ma sa che qui non è possibile. Ora non rimane che l’invito. Forse è in difficoltà, forse dovrei aiutarlo, dire qualcosa, tanto lo so che la nostra meta è quel residence e la sua sono queste cosce che conosce a memoria. Vorrei dirgli che non sono cambiate, che sono ancora la sua culla morbida, il suo nido caldo dove ci svernava per pomeriggi interi. Ecco ora mi guarda, i suoi occhi sorridono: “È stato bellissimo incontrarti di nuovo! E tu meriti di essere felice!”
Oddio che significa questo? Cosa mi vuole comunicare? Lo guardo, la mia espressione è piena di domande, ma lui senza aspettare una mia risposta si volta e va via, se ne va senza nemmeno provarci, senza nemmeno constatare se porto o meno le mutandine, senza nemmeno accennare, che so io, ad un prossimo, eventuale, remoto, possibile incontro. Ecco sì voleva solo vedermi, come un vecchio amico, come un conoscente, nulla di più.

Turbata lo vedo allontanarsi, scrivo a mio marito facendo dietro front, in auto avrò tempo di pensare alla prossima scusa, prendo le chiavi, mi alzo, sta facendo buio, cammino lungo il marciapiede, una strana insicurezza invade il mio cuore, mentre ora ho la certezza di cosa ci sia davvero in fondo a quattro chiacchiere!


 


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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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Photo Fabrizio Romagnoli


 



 







 
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