|
HOME
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIE POLICY

RACCONTI 
Adamo Bencivenga
La posta del Poker
Per lei era la prima volta in assoluto, ma si
giustificò pensando che fosse lì solo per amore, per amore di suo
marito, anche se in quel momento lui era distante e lei non era
altro che una posta del poker

Photo Piotr Stach
Le prime luci dell’alba
illuminavano la vecchia Bentley nera. Ferma davanti alla
sua villa la donna fissava la strada deformata dalla
pioggia, fissava il cancello sfumato dal velo che
appannava i suoi occhi. Occhi stanchi scolati di
mascara, che a rivoli segnavano come rughe il suo viso,
il rossetto sbafato, i capelli arruffati, la gonna
spiegazzata da una notte senza fine, che lasciava solchi
sulla pelle, crepe nel cuore, caverne di dubbi e ombre
sul viso, come il lampione giallo che la illuminava in
parte, perché era così che si sentiva, divisa a metà,
tra sentimento e coscienza, tra torto e ragione.
Con una notte alle spalle ed un’alba senza né capo e
né coda, era lì immobile aggrappata al volante, in
attesa che il cancello lentamente si aprisse. Guardava
l’alone bagnato della luna e si guardava nello
specchietto, ma la parte visibile non era quella buona,
quella di madre di figli e signora perbene. Si guardava
e sospirava, già, quella parte era nascosta sotto la
pelle, in fondo a quella notte dove mai avrebbe visto
l’alba!
Ma quella notte il cancello aveva deciso
di non obbedire al telecomando, provava e riprovava, poi
aveva tirato il freno a mano e si era messa in cerca
della chiave nella borsa. Aveva pensato di chiamare
casa, suo marito che sicuramente stava dormendo, ma poi
aveva deciso di non disturbarlo ed era scesa insicura
sui tacchi evitando le pozzanghere piene d’acqua, mentre
la luce dei fari l’illuminava tutta, illuminava la sua
calza velata, i suoi fianchi accoglienti di donna
matura. Aveva l’andatura stanca e non c’era ragione
d’affrettarsi, era la forza d’inerzia che la muoveva,
come muoveva la gonna che leggera si spaccava,
esattamente perfetta al desiderio di qualcuno, come
fosse una bambola, per amore usa e getta, per amore
obbediente, per amore disponibile.
Il lungo viale
di pini era una strada infinita, la sua villa silenziosa
l’accoglieva, sembrava comprendere tutta la sua
fragilità e tutte le ore precedenti di quella strana
serata. Pareva quasi proteggerla da chi non sapeva più
farlo, piangeva se stessa come nelle favole quando si
smarrisce la strada, quando la madre le raccontava prima
di addormentarsi la favola di Pollicino. Eh sì proprio
lei quando le diceva: “Non avrai la mia stessa sorte…”
Già sua madre, operaia in una fabbrica di pezzi di
ricambio per auto! “Sei bella tu!” Le diceva ogni volta,
con rammarico ed orgoglio, accarezzandole i capelli. E
l’illusione aveva costruito castelli, ma solo di sabbia
che il vento se ne era facilmente impossessato.
Eppure finora credeva davvero di aver vissuto in un
castello incantato, nel suo alloggio sulla torre,
principessa soddisfatta, splendida moglie invidiata e
desiderata, ma anche devota ed obbediente, perché solo
così lei concepiva un rapporto, gioendo per le piccole
cose, saziandosi di dettagli, assaporando ogni giorno
come fosse il primo domani e l’ultimo di ieri.
*****
Ma nel suo letto a baldacchino, in
quello stesso pomeriggio d’inverno, si era svegliata di
soprassalto, con il gelo nelle ossa ed il freddo dentro
al cuore. In sogno sua mamma le aveva predetto quel
gelido giorno. “Sarai la posta preziosa per un poker
mancato!” Stordita ed incredula ripensava a quella
frase, capiva e non capiva… Suo marito era seduto sul
bordo del letto e con un impeto insolito la baciò sul
collo sussurrandole con un filo di voce parole che da
tempo non sentiva. Lei sentì quel respiro caldo ed
intenso, cercò di trattenere quel brivido chiudendo gli
occhi. Lui la fissò ancora assonnata: “Sei bellissima,
voglio che stasera sia una grande sera!”
Le
chiese di indossare qualcosa di speciale. E come per
magia …da una scatola dorata adagiata sul letto
materializzò trame preziose di tulle e merletti, di sete
e di pizzo riflesse ai colori del desiderio di essere la
donna dei sogni. Con la sola certezza di piacere al suo
uomo, si fece bella, ma bella davvero, con trine e
merletti e trasparenze che il grande specchio ai piedi
del letto incorniciò come in un quadro tutta la sua
sensualità. Era bella, bella, bella, come un regalo
ancora da scartare, come quel filo di perle che pendeva
nell’incavo del suo seno meraviglioso.
Suo marito
la guardava attraverso lo specchio, attento al minimo
dettaglio. Stranamente si tenne a distanza, lei scrutò
il suo viso e le parve di intravedere nella penombra
della stanza un riflesso umido che scendeva lentamente
sulla guancia. Rimasero muti, non dissero nulla, ma lei
sapeva perché...
Maledetta era stata quella notte
folle quando il classico innocente stupido poker diventò
la sua disgrazia. Tra bottiglie di whiskey scolate e
pacchetti di sigarette accartocciati lui aveva perso
tanto, molto più di quanto avesse potuto rimborsare.
Ora, dopo oltre un anno, le richieste del creditore
erano diventate pressanti con la minaccia di mettere
all’incasso gli assegni a garanzia. Purtroppo quei
titoli non erano coperti e non lo sarebbero stati ancora
per molto tempo. La bella villa dove abitavano era
ipotecata da tempo. Lui ne aveva parlato con sua moglie
più volte nel segreto della loro stanza, di nascosto dai
loro figli, senza trovare una benché minima soluzione.
Lui diventava ogni giorno di più irascibile e
questa situazione lo stava snervando e mano mano lo
aveva sbattuto alle soglie di una profonda depressione,
creando immancabilmente una voragine tra loro due. Si
sentiva un fallito, non degno di vivere con quella
stupenda donna accanto… “Ma stasera, pensava lei,
vuole stare con me, per qualche ora dimenticare i
problemi ed amarci come ai vecchi tempi.” Ormai era
da più di un anno che la sera nel letto lui guardava il
soffitto e lei in attesa s’addormentava senza nemmeno
una carezza. Ma quella attenzione, quel bacio quel
pomeriggio era stato un segnale, qualcosa stava
cambiando, come se lui le stesse comunicando finalmente
di aver trovato la soluzione.
Lui, seduto sul
bordo del letto, si godeva la sua donna bella e regina.
Come al solito lei interpretò benissimo i suoi desideri.
Ormai era pronta. Lui sciorinò senza prendere fiato una
serie interminabile di complimenti. Rimase seduto sul
bordo del letto mentre lei raggiante scese le scale e lo
spacco della sua gonna svolazzante lasciò intravedere il
suo fascino nascosto. Nel salotto color rosa confetto
l’attendeva il suo nuovo autista, stava distrattamente e
insolitamente sfogliando una rivista nell’attesa. Già,
il precedente autista dopo sei mesi di stipendi non
pagati aveva dato loro il benservito minacciando di far
ricorso alle vie legali. Nonostante le ristrettezze
suo marito non aveva perso tempo a cercarne un altro.
Lei scendendo le scale guardò curiosa quell’uomo, notò
in lui una singolare eleganza. Lui scattò in piedi e i
suoi occhi verde mare si erano già insinuati nella sua
scollatura. “Salve, immagino che lei sia Andrea, il
nostro nuovo autista?” Andrea non rispose. Lei guardò
verso le scale in attesa di suo marito. “Per cortesia
rimetta la Bentley in garage, e porti fuori l’auto di
mio marito. Per questo primo giorno di lavoro può
considerarsi libero.” Sorridendo Andrea cercò la sua
attenzione e rispose: “Signora, l’ingegnere ha cambiato
programma e mi ha ordinato di accompagnarla…”
Per un attimo lei s’immobilizzò, ma come al solito non
fece domande, non le aveva mai fatte. Davanti ad Andrea
fece finta di non ricordarsi, non risalì le scale per
chiedere spiegazioni a suo marito, il fatto che lui non
l’avesse seguita era già una spiegazione lampante. Il
silenzio e la penombra della casa divennero di colpo
opprimenti. Suo marito non scendeva e non sarebbe sceso.
L’autista ostentava insistentemente lo sguardo nella
profondità della sua scollatura. Lei cominciò a tremare
annegando nell’oceano del dubbio e delle ipotesi. Un
brivido freddo le accarezzò la schiena finché il suo
viso si distese in un rassicurante sorriso.
Conosceva troppo bene suo marito e non mancava di farle
sorprese. E già, nella sua smisurata ingenuità
immaginava un grande ristorante dove suo marito
l’avrebbe fatta attendere quel tanto da rimanerne
smarrita per poi vederlo entrare e perdersi in un
abbraccio. “In fin dei conti l’aveva già fatto altre
volte…” Questo pensava mentre avanzava maestosa sui
tacchi lungo il prato di violette appena fiorite.
L’autista l’aspettava sul piazzale con lo sportello
destro posteriore aperto. La Bentley era pronta, lucida
e nera la stava accogliendo. Lei sorrise: “Andrea
quante cose dovrà imparare di me…. Sappia al momento che
seduta dietro l’auto mi dà un leggero malessere per cui
viaggio sempre davanti.” Poi si adagiò sul sedile di
velluto…ed attese. Già pregustava l’incontro con suo
marito e chissà poi quale altra sorpresa! L’auto partì.
Il tramonto arancio sopra i colli aveva già
lasciato il posto ad una penombra fitta e nebbiosa.
Guardò meglio il suo nuovo autista, qualcosa non
quadrava: il suo comportamento, il suo vestito, il suo
modo di parlare. Socchiuse gli occhi pensando da cosa
fossero generati quegli strani pensieri. Tentò di
scacciarli, ma la sua curiosità prese il sopravvento. Si
mise comoda, scivolò impercettibilmente lungo il sedile
e la gonna risalì quel tanto da mostrare tutta la sua
sensualità. Chiuse gli occhi e dopo alcuni metri
avvertì chiaramente una mano impaziente che le sfiorava
il ginocchio sino a salire lentamente e con sapiente
maestria lungo la trama velata della sua calza per poi
raggiungere il bordo più scuro. Si insinuò oltre, ma lei
riprese il respiro, spalancò gli occhi incredula e lo
fermò. Lo guardò meglio, di colpo la verità su quel
completo nero troppo elegante, su quei modi di fare non
certo da autista. Andrea non era il suo autista! E lui
confermò quell’orribile verità fermandosi su un piazzale
di un parcheggio deserto e stringendola forte fino a
farle male. Quando lui tentò di spiegare, lei le
serrò la bocca. Non voleva sentire ciò che aveva già
intuito. Non voleva sentire che in qualche modo suo
marito ne fosse la causa e l’artefice. Gli disse
soltanto di andare…
Mangiarono pesce in una
terrazza di un ristorante vicino al mare. Lei era
astemia, ma quella sera apprezzò il sapore speziato di
un vino bianco siciliano. Notò i suoi riccioli biondo
cenere che incorniciavano il suo viso regolare e il suo
sorriso accattivante, i denti bianchi perfetti ed una
piccola voglia sotto l’occhio destro. In effetti era un
bell’uomo e soprattutto affabile e cortese. Avrebbe
voluto chiedergli come mai avesse accettato quel
baratto, era un uomo troppo affascinante e non era di
certo il tipo da avere bisogno di quello scambio per
portarsi una donna a letto! Ma per tutta la cena non
parlarono, né di poker e né di suo marito.
Durane
la cena lui le raccontò pezzi della sua vita non
disdegnando apprezzamenti ed elogi, perché da vero
gentleman usò tutte le armi del corteggiamento pur
sapendo benissimo che quella donna di fronte non
rappresentava altro che un diritto conquistato. Lei
imbarazzata a tratti distoglieva gli occhi da quello
sguardo magnetico e profondo e, pur sforzandosi, non
poteva non immaginare il dopo cena, perché sapeva
benissimo che la sua dedizione e la sua obbedienza nei
confronti di suo marito non avrebbero fatto alcuna
resistenza facendosi condurre a breve in una camera al
terzo piano di quell’albergo di fronte…
Così fu.
In ascensore lui le cinse delicatamente i fianchi, si
scusò ancora una volta per quell’impeto in macchina, la
baciò delicatamente sul collo e poi sul viso. L’accusò
di essere una donna magnetica. Risero. In stanza,
rimasta per un attimo da sola, si guardò più volte nel
grande specchio a fianco del letto. Non credeva ancora
ai suoi occhi… era lì in una stanza d’albergo in
compagnia di un altro uomo… Per lei era la prima volta
in assoluto, ma si giustificò con se stessa pensando che
fosse lì solo per amore, per amore di suo marito, anche
se in quel momento suo marito era distante e lei non era
altro che una posta del poker….
E come posta da
poker accettò quell’uomo seguendolo nelle sue passioni
fino a quando, meravigliata, fu lei stessa ad invitarlo
nelle sue grazie, a dirgli di essere pronta e di fare
più in fretta possibile per non rompere l’incantesimo.
Andrea era davvero un uomo affascinante e in quel
preciso istante le venne il dubbio se tutto ciò stesse
avvenendo per devozione nei confronti di suo marito o
per altro… Era lì distesa sul letto, bella ed oscena,
sobria e lasciva, perfettamente femmina in reggicalze e
mutandine. Lui le tolse il reggiseno e le sue richieste
divennero ben presto gemiti e poi suppliche e preghiere.
Non aspettò oltre… Entrò come entra un invitato in una
casa ospitale ed accogliente. Entrò a passi felpati, ma
poi si comportò da vero padrone guidandola nelle
profondità intime del piacere e dopo solo qualche
istante cercò di soffocare le urla di lei baciandola
intensamente.
Dopo l’amore un velo di nuvole
oscurò la stanza, lei fissava il mare e quel profilo in
penombra accattivante e maschio. Fisicamente si sentiva
appagata, lui si era comportato da uomo pratico ed
esperto, altruista e generoso, non aveva trascurato il
benché minimo dettaglio di quello straripante desiderio
portandola senza il benché minimo ripensamento nel mare
torbido della passione. Lei si chiese ancora una volta
se in quella obbedienza ci fosse o meno amore e per
quante volte ancora avrebbe dovuto essere la posta del
poker. Comunque non lo chiese anche se in cuor suo sperò
che quella splendida serata non fosse stata unica. Lui
s’addormentò e lei scivolò dal letto senza far rumore
recuperando le chiavi dell’auto nella tasca dei
pantaloni del suo amante… già amante! Prima di chiudere
la porta lo guardò di nuovo. Dio come era bello!
*****
Fuori iniziava a piovere... Le
prime luci dell’alba illuminavano la Bentley nera, ferma
davanti al cancello, lei guardava la strada deformata
dalla pioggia, fissava il cancello che lentamente
s’apriva, sfumato dal velo che appannava i suoi occhi.
Occhi stanchi scolati di mascara, che a rivoli segnavano
come rughe il suo viso, il rossetto sbafato, i capelli
arruffati, la gonna spiegazzata da una notte senza fine,
che lasciava solchi sulla pelle, crepe nel cuore,
caverne di dubbi e ombre sul viso, come il lampione
giallo che la illuminava in parte, divisa a metà, tra
sentimento e ragione, obbedienza e disprezzo.
In
casa, mentre suo marito dormiva, si guardò con
soddisfazione allo specchio e si vide bella,
affascinante e addirittura importante sperando che quel
debito non si fosse esaurito in una sola sera da dover
essere chissà per quante volte ancora la posta del
poker.
|

Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
© All rights
reserved
TUTTI I
RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
© Adamo Bencivenga - Tutti i diritti riservati
Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, senza il consenso
dell'autore



Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori.
Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.
If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti

|
|