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AMARSI? CHE CASINO!
VIAGGIO NEL PIACERE

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IL MESTIERE ANTICO
COREA DEL SUD
Passeggiando per Seul



 



 
 


 
Seoul è una città super moderna, paragonabile a New York o Berlino e le coreane in carriera sono molto belle, vestono molto eleganti, educate e pacate. La sera lo scenario è molto diverso, la zona di Itaewon è piena di centri massaggi ed anche veri e propri bordelli. La prostituzione in Corea è illegale ma tranquillamente tollerata dal governo che sembra incentivarla in alcune zone per evitare che si diffonda per tutta la città.

Passeggiando di notte per le strade di Gangnam o Hongdae, la zona universitaria, si possono trovare facilmente ragazze seminude che insistentemente ti invitano ad entrare nei locali, nei bar karaoke e nei finti centri massaggi. Seojun, la mia guida, mi dice che con 150 dollari la ragazza di turno, in perfetto inglese e una cortesia disarmante, ti guida al piano superiore e dopo averti immerso in una vasca piena di petali profumatissimi ed averti lavato con cura, ci si ritrova in una stanza all’apparenza immacolata con tanto di musica, aria condizionata e soprattutto un grande letto comodissimo. Il tutto dura circa due ore.

Come detto la prostituzione in Corea del Sud è illegale, ma secondo il Korea Women's Development Institute, il commercio sessuale è stimato in 13 miliardi di dollari, ovvero l'1,6% del prodotto interno lordo della nazione. Secondo un sondaggio del 2015 il 23,1% dei maschi coreani, di età compresa tra 18 e 69 anni, hanno avuto esperienze sessuali con una prostituta. Quindi nonostante le sanzioni legali e le repressioni della polizia, la prostituzione continua a prosperare.

I primi bordelli in Corea iniziarono a diffondersi dopo che il paese aprì il suo porto nel 1876 provocando la nascita di quartieri etnici per i migranti giapponesi. Poi dagli anni ‘50 la prostituzione è decollata grazie ai soldati americani di stanza nella penisola per proteggere i sud coreani da quelli del nord. Vi fu una fioritura di bordelli nei pressi delle basi USA, a Songtan, a pochi metri dal cancello di ingresso della base ci sono 92 bar e 21 hotel. Si tratta ancora oggi di luoghi colonizzati, dove la sovranità coreana è sospesa, rimpiazzata dalle autorità militari statunitensi. In questo quartiere a luci rosse non ci sono coreani maschi. L’unica via di uscita per le prostitute è sposare un militare. In realtà ci vanno a vivere insieme, restano incinte ma poi, nel 90% dei casi, vengono abbandonate.

Nel 1958, c’erano 300.000 prostitute su una popolazione di 22 milioni di persone. Nella Seoul occupata, la zona dei bordelli si chiamava “Hooker Hill” e le concubine divennero la norma. Gli americani avevano la casa, l’amante, i mobili...tutto il pacchetto che poi veniva rivenduto ai colleghi una volta che lasciavano il paese. Addirittura nel 1961 mediante un accordo tra governi la polizia americana poteva arrestare le prostitute prive di controlli sanitari. Si calcola che nel 1965, l’85% dei soldati aveva rapporti con prostitute. Sono nati i “juicy bar”, ovvero locali dove il soldato paga abbastanza drink al bancone da poter poi uscire con una ragazza. Ogni drink costa dai 20 ai 100 dollari. Per ogni drink, 20 minuti di compagnia. Se il soldato alla fine decide di uscire con la ragazza, deve pagare una “multa”. La prestazione sessuale è pagata a parte.

Nel 2004, il governo sudcoreano ha approvato una legge anti-prostituzione che vieta l'acquisto e la vendita di sesso con la conseguente chiusura dei bordelli e la repressione dei distretti a luci rosse con il risultato che la prostituzione si è spostata per le strade e camuffata nei centri massaggi, nei locali, nei love motel, negli hotel e al domicilio del cliente con chiamata diretta della prostituta.

I distretti a luci rosse in Corea del Sud possono essere paragonati a quelli di Amsterdam e della Germania con tanto di donne over 50 chiamate Bacchus Ladies, che lavorano in un parco vicino alla stazione della metropolitana Jongno-3 nel cuore di Seul.

Oltre alle prostitute locali si stimano circa 130 mila thailandesi impegnate nei centri massaggi. Le ucraine e le russe, venute da queste parti dopo il crollo sovietico, invece si possono trovare nei bar, negli strip club e nelle caffetterie per intrattenere i clienti.

Seojun, la mia guida, mi dice che esistono a Seul anche locali “Female only” dove donne emancipate perlopiù in carriera hanno la possibilità di passare una serata diversa dal solito. Sono una specie di talking bar al femminile in cui è possibile sceglier tra i ragazzi disponibili e passare una piacevole serata bevendo e chiacchierando con loro.

Con Seojun ci inoltriamo per le stradine di Itaewon, lungo i marciapiedi ci sono donne di tutte le razze e colori, più o meno vestite, che si muovono in modo sensuale e provocante. Ce ne sono tante specialmente attorno all’uscita 3 della metropolitana e per tutti i gusti compresi travestiti dalle gambe lunghe e i seni prominenti. Comunque per andare sul sicuro occorre sapere che i locali che esibiscono l’insegna con due cilindri rotanti sono centri dove si ricevono massaggi “speciali”, mentre quelli con un solo cilindro sono semplici barbieri o centri estetici. Anche qui come in altre città asiatiche uomini dal volto coperto, di notte, lanciano volantini addosso ai passanti, piccoli biglietti da visita che ritraggano ragazze provocanti e che vi invitano a chiamare il numero stampato. Del resto, anche se si tratta di un’attività ipocritamente illegale, la pubblicità è sempre e comunque l’anima del commercio.


 


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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
WEB REPORTAGE
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FONTI
http://persiincorea.com/2
https://www.dagospia.com/
https://it.wikipedia.org/

FOTO GOOGLE IMAGE


 

















 
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