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REPORTAGE



COREA DEL SUD
Quella notte a Seul in compagnia di Ji-yeon
Le coreane sono molto belle, belle da spavento. Sempre educate e pacate vestono molto eleganti con un trucco leggero e un profumo che non puoi dimenticare. Al Moonlit Haven incontro Ji-yeon una signora cinquantenne che ha tanta voglia di vivere la sua indipendenza…



 


 
Le coreane sono molto belle, belle da spavento. Sempre educate e pacate vestono molto eleganti con un trucco leggero e un profumo che non puoi dimenticare. Con il mito del business e del successo, si muovono perfettamente e a loro agio negli uffici e lungo le strade trafficate del centro, mai dimenticando il potere seduttivo dei loro corpi scolpiti. Seoul del resto è una città super moderna, paragonabile a New York o Parigi, di giorno austera, ma la sera lo scenario è molto diverso, i locali traboccano di gente sola, sia uomini che donne si lasciano andare bevendo molto e niente a che vedere con noi occidentali. La bevanda alcolica preferita è il soju che significa "liquore bruciato" ed è relativamente economico. Il suo consumo prevede una particolare etichetta: non ci si versa il soju da soli; non si rabbocca il bicchiere finché non è vuoto; il bicchiere va tenuto con entrambe le mani; la bottiglia viene tenuta con la mano destra mentre la mano sinistra sostiene il braccio destro.

A differenza di noi europei, dove solitamente si esce il fine settimana, in Corea del Sud ci si incontra per bere qualcosa quasi tutte le sere, ma la cosa particolare è che non ci si ferma in un solo posto, ma si preferisce fare un tour mangiando e bevendo in più locali. Poi a notte inoltrata si cercano altre distrazioni e ad esempio la zona di Itaewon, dove ora mi trovo, è piena di gay bar, speed dating e locali con spettacoli di drag queen. Ovviamente non mancano i centri massaggi ed anche veri e propri bordelli semi clandestini. Ah dimenticavo... La prostituzione in Corea è illegale, ma tranquillamente tollerata dal governo che sembra incentivarla in alcune zone per evitare che si diffonda per tutta la città.
Passeggiando di notte per le strade di Gangnam o Hongdae, la zona universitaria, si possono trovare facilmente ragazze seminude che insistentemente ti invitano ad entrare nei locali, nei bar karaoke e nei finti centri massaggi. Seojun, la mia guida, mi dice che con 150 dollari la ragazza di turno, in perfetto inglese e una cortesia disarmante, ti guida al piano superiore e dopo averti immerso in una vasca piena di petali profumatissimi ed averti lavato con cura, ci si ritrova in una stanza all’apparenza immacolata con tanto di musica, aria condizionata e soprattutto un grande letto comodissimo. Il tutto dura circa due ore.

Come detto la prostituzione in Corea del Sud è illegale, ma secondo il Korea Women's Development Institute, il commercio sessuale è stimato in 13 miliardi di dollari, ovvero l'1,6% del prodotto interno lordo della nazione. Secondo un sondaggio del 2015 il 23,1% dei maschi coreani, di età compresa tra 18 e 69 anni, hanno avuto esperienze sessuali con una prostituta. Quindi nonostante le sanzioni legali e le repressioni della polizia, la prostituzione continua a prosperare.

I primi bordelli in Corea iniziarono a diffondersi dopo che il paese aprì il suo porto nel 1876 provocando la nascita di quartieri etnici per i migranti giapponesi. Poi dagli anni ‘50 la prostituzione è decollata grazie ai soldati americani di stanza nella penisola per proteggere i sud coreani da quelli del nord. Vi fu una fioritura di bordelli nei pressi delle basi USA, a Songtan, a pochi metri dal cancello di ingresso della base ci sono 92 bar e 21 hotel. Si tratta ancora oggi di luoghi colonizzati, dove la sovranità coreana è sospesa, rimpiazzata dalle autorità militari statunitensi. In questo quartiere a luci rosse non ci sono coreani maschi. L’unica via di uscita per le prostitute è sposare un militare. Diciamo che è un loro sogno che rimane tale in quanto nella realtà ci vanno sì a vivere insieme, restano incinte ma poi, nel 90% dei casi, il militare di turno torna in patria e loro vengono abbandonate al proprio destino.

Nel 1958, c’erano 300.000 prostitute su una popolazione di 22 milioni di persone. Nella Seoul occupata, la zona dei bordelli si chiamava “Hooker Hill” e le concubine divennero la norma. Gli americani avevano la casa, l’amante, i mobili...tutto il pacchetto che poi veniva rivenduto ai colleghi una volta che lasciavano il paese. Addirittura nel 1961 mediante un accordo tra governi la polizia americana poteva arrestare le prostitute prive di controlli sanitari. Si calcola che nel 1965, l’85% dei soldati aveva rapporti con prostitute. Sono nati i “juicy bar”, ovvero locali dove il soldato paga un sovrapprezzo per i drink consumati al bancone, in modo da poter poi uscire con una ragazza. Ogni drink costa dai 20 ai 100 dollari. Per ogni drink, 20 minuti di compagnia. Se il soldato alla fine decide di uscire con la ragazza, deve pagare una “multa”. La prestazione sessuale è pagata a parte.

Nel 2004, il governo sudcoreano ha approvato una legge anti-prostituzione che vieta l'acquisto e la vendita di sesso con la conseguente chiusura dei bordelli e la repressione dei distretti a luci rosse con il risultato che la prostituzione si è spostata per le strade e camuffata nei centri massaggi, nei locali, nei love motel, negli hotel e al domicilio del cliente con chiamata diretta della prostituta.

I distretti a luci rosse in Corea del Sud possono essere paragonati a quelli di Amsterdam e della Germania con tanto di donne over 50 chiamate Bacchus Ladies, che lavorano in un parco vicino alla stazione della metropolitana Jongno-3 nel cuore di Seul.

Oltre alle prostitute locali si stimano circa 130 mila thailandesi impegnate nei centri massaggi. Le ucraine e le russe, venute da queste parti dopo il crollo sovietico, invece si possono trovare nei bar, negli strip club e nelle caffetterie per intrattenere i clienti.

Con Seojun ci inoltriamo per le stradine di Itaewon, lungo i marciapiedi ci sono donne di tutte le razze e colori, più o meno vestite, che si muovono in modo sensuale e provocante. Ce ne sono tante specialmente attorno all’uscita 3 della metropolitana e per tutti i gusti compresi travestiti dalle gambe lunghe e i seni prominenti rigorosamente in lingerie in bella mostra. Comunque per andare sul sicuro occorre sapere che i locali che esibiscono l’insegna con due cilindri rotanti sono centri dove si ricevono massaggi “speciali”, mentre quelli con un solo cilindro sono semplici barbieri o centri estetici. Anche qui come in altre città asiatiche uomini dal volto coperto, di notte, lanciano volantini addosso ai passanti, piccoli biglietti da visita che ritraggano ragazze provocanti e che vi invitano a chiamare il numero stampato. Del resto, anche se si tratta di un’attività ipocritamente illegale, la pubblicità è sempre e comunque l’anima del commercio.
Seojun, la mia guida, mi dice che esistono a Seul anche locali “Female only” dove donne emancipate perlopiù in carriera hanno la possibilità di passare una serata diversa dal solito. Sono una specie di talking bar al femminile in cui è possibile scegliere tra i ragazzi disponibili e passare una piacevole serata bevendo e chiacchierando con loro.
Davanti al Moonlit Haven Seojun mi saluta, la sua giornata lavorativa si è conclusa ed a me non resta che trascorrere da solo questa serata. Entro nel locale, l’atmosfera è subito avvolgente: luci soffuse color ambra illuminano l’ambiente, creando un gioco di ombre sui tavoli di legno scuro lucidato. Le pareti sono decorate con eleganti pannelli di carta di riso e opere d’arte contemporanea, un mix perfetto tra tradizione coreana e modernità. Un sottofondo di jazz coreano, morbido e raffinato, si intreccia al brusio delle conversazioni. L’aria profuma leggermente di tè al gelsomino e di cocktail fruttati.
Noto che il locale è popolato quasi esclusivamente da donne, come aveva detto Seojun. Sono eleganti, vestite con cura per la serata: alcune indossano abiti da cocktail aderenti, altre tailleur sartoriali dai colori sobri ma impeccabili, con variopinti foulard di seta. Ci sono gruppi di amiche che ridono sommessamente, condividendo vassoi di finger food coreano, e altre donne sole, sedute al bancone o a tavolini d’angolo, che sfogliano un libro o controllano il telefono con aria rilassata. Gli uomini sono pochi, perlopiù camerieri o ragazzi giovani, ben vestiti, che si muovono con discrezione tra i tavoli, intrattenendo conversazioni leggere con le clienti.

Mi siedo in disparte, con le spalle contro una parete, in una posizione che mi permette di osservare tutto il locale e scrivere qualche nota di colore. Il cameriere, un ragazzo dal sorriso cordiale, si avvicina e ordino un soju cocktail al pompelmo, fresco e leggermente frizzante. Mentre sorseggio il drink, noto una donna sui cinquant’anni, seduta a un tavolo poco lontano. Indossa un tailleur grigio perla, perfettamente tagliato, con una camicia di seta bianca e una spilla d’argento a forma di foglia. I suoi capelli, neri e lucidi, sono raccolti in uno chignon impeccabile. Mi guarda per un istante, con un’espressione curiosa ma non invadente, poi distoglie lo sguardo.

Pochi minuti dopo, si alza e si avvicina al mio tavolo con passo elegante. “Italiano?” mi chiede in un inglese fluido, con un accento che tradisce una familiarità con la mia lingua. Sorpreso, annuisco. Sorride e si presenta: “Mi chiamo Ji-yeon. Ho vissuto tre anni in Italia, a Perugia, all’Università per Stranieri. Posso sedermi?”
Accetto con piacere, e lei si accomoda, ordinando un bicchiere di vino rosso. Per giustificarsi di quella invadenza mi parla dei suoi anni in Italia, di come amasse passeggiare per le stradine di Perugia, sorseggiando caffè e studiando italiano. “L’Italia mi ha insegnato a rallentare, a godermi la vita”, dice con un sorriso nostalgico.
La seguo con interesse quando inizia a raccontarmi della sua vita con una schiettezza disarmante. È separata da dieci anni, ha due figli ormai grandi – un maschio che studia ingegneria a Busan e una femmina che lavora come designer a Seoul. Ji-yeon è una donna in carriera, direttrice di una società di marketing digitale. “Non è stato facile”, dice, giocherellando con l’anello d’argento al dito. “In Corea, una donna che vuole fare carriera deve combattere il doppio. Ma ne vale la pena.”
Poi mi spiega perché frequenta locali come il Moonlit Haven: “Qui posso essere me stessa. Non è solo per bere o chiacchierare con ragazzi giovani. Questo è un posto dove noi donne possiamo rilassarci, parlare di quello che ci piace, senza giudizi. La Corea sta cambiando, ma non abbastanza in fretta.”
La conversazione scorre naturale, tra aneddoti sulla sua vita e domande curiose sull’Italia di oggi. Ji-yeon è brillante, sicura di sé, ma con una dolcezza che traspare quando parla dei suoi figli o dei suoi ricordi italiani. Mi racconta di come, dopo la separazione, abbia deciso di concentrarsi su sé stessa, di viaggiare e di costruirsi una vita che la rendesse felice. “Non ho rimpianti,” dice, alzando il bicchiere per un brindisi. “Alla vita, ovunque ci porti.”
Mentre il locale si riempie di risate e musica, capisco che Seojun aveva ragione: conoscere Ji-yeon è esattamente ciò di cui il mio reportage aveva bisogno. Una storia di forza, indipendenza e di una donna che ha trovato il modo di brillare.
Tra noi c’è un’empatia immediata, un’intesa che va oltre le parole. I suoi occhi, vivaci e profondi, si illuminano quando racconta aneddoti della sua vita, e ogni tanto mi rivolge un sorriso che è un misto di calore e curiosità, come se stesse cercando di capire chi sono davvero. Io, dal canto mio, mi ritrovo a pendere dalle sue labbra, affascinato dalla sua sicurezza e dalla naturalezza con cui si racconta, senza filtri, ma con un’eleganza che non si scompone mai.
Mentre il Moonlit Haven si anima intorno a noi, con il jazz che si fa più vivace e le risate dei gruppetti di donne che si mescolano all’aria, Ji-yeon si sporge leggermente verso di me, appoggiando il mento su una mano. “Sai,” dice con un tono più intimo, “da quando sono separata, vivo da sola. È una sensazione... liberatoria.” Il suo sguardo si accende di un guizzo malizioso, e un angolo della sua bocca si solleva in un sorriso appena accennato. “Posso fare le ore piccole, conoscere chi voglio, senza dover rendere conto a nessuno.” Le sue parole sono accompagnate da un lieve ammiccamento, un movimento quasi impercettibile delle sopracciglia che mi fa sorridere. Non è sfacciata, ma c’è una sicurezza giocosa in lei, come se sapesse esattamente l’effetto che le sue parole possono avere.
Poi, con un gesto elegante, solleva il bicchiere di vino e aggiunge: “Domani, tra l’altro, è un giorno speciale in Corea. È il Dano, la festa tradizionale che celebra l’arrivo dell’estate. Le strade si riempiono di mercati, le donne indossano hanbok colorati, e ci sono danze e riti per augurare prosperità. È una giornata di energia, di rinnovamento.” I suoi occhi brillano mentre descrive la festa, e per un momento sembra quasi che stia rivivendo un ricordo. “Seoul diventa magica, con le lanterne lungo il fiume Han e i profumi di cibo tradizionale ovunque.”

Mi guarda, tamburellando leggermente le dita sul tavolo, e il suo sorriso si fa più invitante. “Questa conversazione è davvero piacevole,” dice, abbassando appena la voce. “Potrebbe continuare altrove, no? Non qui, con tutto questo rumore.” Il suo tono è leggero, ma il modo in cui inclina la testa e mi fissa, con quel sorriso maliziosamente accattivante, lascia poco spazio a dubbi. Il suo viso, illuminato dalla luce calda del locale, è solare, ma c’è una scintilla nei suoi occhi che tradisce una certa audacia.

“Vivo in una piccola casa al centro della città,” continua, come se stesse semplicemente raccontando un dettaglio qualsiasi. “Una graziosa mansarda, niente di lussuoso, ma è il mio rifugio. Ha una vista incredibile su Seoul di notte.” Fa una pausa, sorseggiando il vino, poi aggiunge con una risata morbida: “Ovviamente, non rappresento tutta la cultura coreana, ma... qualcosa in più per il tuo reportage potresti scriverlo, no?” Il suo sorriso è ora un invito aperto, un misto di sfida e dolcezza, e il modo in cui si morde leggermente il labbro inferiore per un istante mi fa capire che sta puntando tutto su un solo numero.
Non è solo la sua storia a catturarmi, ma il modo in cui si muove, parla, ride. È una donna che ha preso in mano la sua vita e ne ha fatto ciò che voleva, e questa libertà la rende magnetica. Mi ritrovo a chiedermi come potrebbe continuare la serata. Ji-yeon mi guarda, in attesa, con quell’espressione che sembra dire: “E ora, cosa scegli di fare?”

La proposta di Ji-yeon mi coglie impreparato, e sento il mio respiro accelerare. Esito, cercando le parole giuste, il bicchiere di soju ormai quasi vuoto tra le mani. “Sai, Ji-yeon,” dico, con un sorriso un po’ incerto, “mi piacerebbe davvero scoprire di più sul Dano. Magari domani potresti accompagnarmi, mostrarmi la festa, i mercati, le danze... sarebbe perfetto per il mio reportage.”
Un lampo divertito le attraversa gli occhi. Si appoggia allo schienale della sedia, incrociando le braccia con un gesto lento, quasi teatrale. “Il Dano è meraviglioso, certo. Ma tra il Dano e questo momento...” fa una pausa, sporgendosi di nuovo verso di me “c’è una notte intera da trascorrere.”
Il suo tono è un invito esplicito come se stesse lasciando la porta aperta, curiosa di vedere se la attraverserò. Vedo una scintilla maliziosa nei suoi occhi: “Non fraintendermi… Adoro il Dano, e ti ci porterei volentieri. Ma Seoul di notte ha un fascino tutto suo.” Mi guarda, inclinando leggermente la testa, e il suo sguardo sembra dire che sa esattamente cosa sto pensando, ma mi lascia lo spazio per decidere.

L’atmosfera del Moonlit Haven intorno a noi sembra svanire, il jazz e le risate delle altre donne si riducono a un sottofondo lontano. C’è solo Ji-yeon, la sua energia magnetica, la sua libertà che mi contagia e mi spiazza. Sento il peso della mia esitazione, ma anche la tentazione di lasciarmi andare, di seguire il flusso di questa serata che ha preso una piega inaspettata. Lei aspetta, paziente, ma con quel sorriso che mi fa capire che non ho altro tempo per decidere. Lei si alza ed io la seguo…


 




ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
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FONTI
http://persiincorea.com/2
https://www.dagospia.com/
https://it.wikipedia.org/








 
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