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AMARSI CHE CASINO

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IL MESTIERE ANTICO
LIBANO
Aaila, Mutanabbi Street e le profughe siriane


 


Beirut Hotel Palma Intercontinental

Sono a Beirut da tre giorni in attesa di un ok da parte dell’Ambasciata per proseguire il mio viaggio verso lo Yemen. Passo le mie giornate su internet e sin da quando sono arrivato in questo hotel ho potuto notare che l’albergo è pieno di bellissime ragazze, sofisticate nei modi e di una bellezza indescrivibile. La maggior parte bionde hanno tratti dell’Europa dell’est, ma ci sono anche asiatiche e mediorientali. Sin dal primo mattino quando scendono per fare colazione sono perfettamente in ordine con i loro vestiti molto provocanti, il trucco, i tacchi altissimi e i capelli curati. Comunque l’albergo non è il posto dove lavorano, ma solo il luogo dove alloggiano. In effetti la sera spariscono su macchine di lusso per poi tornare la mattina seguente.

Sì esatto, sono escort di alto bordo che di notte riempiono i night e locali di ogni genere. Ragazze straniere in possesso di un permesso di soggiorno non superiore a sei mesi. Del resto il Libano è da molti anni riconosciuto come la capitale del turismo sessuale del Medio Oriente e questo che vedo è solo il lato ricco di un fenomeno dilagante. Centinaia di donne infatti entrano in Libano ogni anno, in particolare dall'Europa dell'Est e dal Marocco, con un visto di “artiste”, per lavorare come ballerine nei club. "Artiste" è ampiamente inteso come un eufemismo per "prostituta".

Le ragazze sono molto riservate, quando ti incontrano per le scale o al ristorante abbassano gli occhi, tra loro parlano sussurrando, ma il terzo giorno per un caso fortuito in ascensore conosco Aalia, una ragazza di Damasco, gentilmente accetta di bere un caffè nella hall, e quando le dico che sono un giornalista, inizia a parlare senza molte titubanze. Mi dice che appartiene ad una famiglia benestante di commercianti, è stata obbligata a fare questo mestiere per via della guerra, ma rispetto alle altre ragazze siriane lei si considera fortunata.

La guardo è bellissima ha gli occhi grandi e neri un viso ovale dai lineamenti leggeri, il rossetto di fragola e un ghigno d’antico e un tormento presente, di morti e di bombe non tanto distanti, di sangue che scorre e tinge di rosso, una guerra infinita, dura a morire. Ha ai piedi un paio di tacchi argentati ed io mi chiedo come faccia a camminare o quanto meno a starci in equilibrio. Quando si muove sento frusciare il suo vestito di sera. Aalia continua a parlare e mi dice che qui la prostituzione è legale ovvero non è illegale lavorare come prostituta autorizzata. La legge prevede tra le altre cose la concessione di licenze per aprire case di tolleranza, ma la politica attuale del governo è quella di non rilasciare nuove licenze, per cui la maggior parte della prostituzione avviene ora di nascosto: le ragazze dell’est affollano i night e le feste private, mentre in strada si trovano emigrate provenienti dai paesi vicini quali Iraq, Siria, Marocco ed Egitto. Per chi non è autorizzata vale l’articolo 523 del codice penale che criminalizza chiunque pratichi la prostituzione segreta o la faciliti". La punizione è una pena detentiva da un mese a un anno.

Lei per via di certe conoscenze ha un permesso regolare. Apre la sua borsetta di strass e mi fa vedere un foglio con tanto di foto e la scritta: “Artista”. Sorride ma poi convinta mi dice maliziosamente: “In effetti siamo tutte artiste qui, e come tutte le donne di spettacolo diamo qualche ora di felicità a chi se lo può permettere.” Poi prende le sue cose e mi dice che è tardi, qualcuno con una macchina nera la sta aspettando fuori dall’hotel. Mi alzo e le stringo la mano calorosamente.

A quel punto non mi rimane che documentarmi, seduto in poltrona, prendo il mio tablet e leggo. Storicamente in Libano la prostituzione è stata legalizzata dopo la prima guerra mondiale quando il governo decise, per salvare la faccia, di concentrare le prostitute in un'area chiamata Mutanabbi Street, che divenne il quartiere a luci rosse del centro di Beirut prima di essere distrutto durante la guerra civile. Quella legge risalente al 1931 distingueva i bordelli divisi in due gruppi: bordelli pubblici e case di scorta. La legge stabiliva anche le condizioni per chi lavorava fuori dai bordelli, suddividendoli in ragazze del caffè, amanti e artisti.

Mutanabbi Street divenne in poco tempo il simbolo della libertà sessuale con le donne che ricoprivano il ruolo di accompagnatrici, padrone di case di tolleranza, semplici prostitute, ballerine, escort e semplici ragazze costrette a vendere il proprio corpo a chiunque lo richiedesse.

Attualmente è frequente vedere per le strade di Beirut rifugiate siriane che vendono il loro corpo. La crisi di Damasco ha accelerato un afflusso di massa in Libano e favorito dai trafficanti di essere umani che reclutano le loro vittime nei campi profughi. Si tratta di donne vulnerabili, sole e indebolite dalla condizione che le contraddistingue. Donne private della loro libertà, a causa della guerra, cedute da un protettore all’altro e diventate merce di scambio senza alcun diritto e con grossi problemi con la giustizia visto che in Libano la pratica di offrire o comprare prestazioni sessuali è considerata illegale e quindi, può capitare che chi vende il proprio corpo possa finire in carcere, anche se è un profugo di guerra.

Il caso emblematico è quello di Soha una ragazza siriana di 26 anni tenuta prigioniera in un bordello a nord di Beirut. Nel 2008 Soha è stata attirata in Libano tramite inganno, le avevano promesso di lavorare come cameriera. Appena arrivata a Beirut le hanno portato via i documenti e il telefono. E invece di farle fare la cameriera è stata venduta a un giro di prostituzione e obbligata a fare sesso con almeno 40 clienti per venti ore ogni giorno. Quando si rifiutava di lavorare senza preservativo veniva immobilizzata su un tavolo e frustata.

Molte profughe siriane minorenni se non finiscono nelle maglie della prostituzione sono costrette a matrimoni precoci e temporanei (una forma velata di prostituzione minorile). Purtroppo tutte le religioni presenti sembrano permetterli, il che rende la pratica culturalmente accettata. Le famiglie ridotte alla fame giustificano le loro azioni dicendo di dover organizzare questi matrimoni per proteggere le loro figlie, ma in realtà servono per alleggerire le proprie difficoltà economiche usando le proprie figlie come merce di scambio per avere cibo, case in affitto, favori e beni di altro tipo.





 
 
 




WEB REPORTAGE A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
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FONTI
https://www.aljazeera.com/features/2020/2/11/the-syrian-women-and-girls-sold-into-sexual-slavery-in-lebanon
https://it.insideover.com/donne/la-tratta-gli-abusi-sessuali-e-il-carcere-linferno-delle-siriane-in-libano.html
http://www.askanews.it/video/2016/04/19/soha-schiava-del-sesso-siriana-in-un-bordello-a-beirut-20160419_video_19072414/
https://www.progettodreyfus.com/scoperto-giro-di-prostituzione-in-libano-il-paese-si-interroga-sul-ruolo-di-hezbollah/
https://frontierenews.it/2016/07/calvario-sessuale-rifugiate-donne-siriane-libano/






















 
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