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AMARSI CHE CASINO
 



 
COM’ERA IL SESSO TRA CONIUGI NEL MEDIOEVO?
L’amore ai tempi del MedioEvo

Come oggi il posto preferito era il letto e si faceva sesso soltanto per procreare. L’unica posizione permessa era quella del missionario ed era vietata la sodomia, considerata il Male assoluto come il sesso orale, come la masturbazione




 


 


La condizione femminile durante il Medioevo era del tutto subalterna a quella dell’uomo sia esso padre, marito o fratello. La donna era vista allo stesso tempo come causa del peccato e strumento di piacere. L’assenza di una dote che negava la possibilità di trovare marito portava spesso la donna ai margini della società. Soprattutto nel basso Medioevo molte ragazze vagabondavano attorno ai villaggi ed era quasi automatico per via della fame barattare il proprio corpo.
Chi era fortunata invece riusciva a prendere marito, ma non di meno la sua condizione era di perenne inferiorità sociale. Nelle famiglie nobili o appartenenti al ceto sociale più elevato l’età ritenuta consona per il matrimonio era davvero molto bassa e spesso le spose non superavano i 14 anni. Del resto dopo 16 anni una ragazza veniva considerata già vecchia e a vent’anni era in pratica una zitella.

La tradizione prevedeva che ad avere il comando della vita familiare fosse il marito e la donna doveva solo obbedire ai suoi ordini. Se la donna non soddisfaceva le richieste dell’uomo, quest’ultimo aveva il dovere ed era autorizzato a mettere in pratica tutte le misure punitive nei confronti della moglie al fine di educarla.
L’adulterio era considerato un crimine molto grave soltanto se commesso da una donna. Le leggi al tempo permettevano al marito di uccidere la moglie adultera, ma solo se colta in flagrante. In quel caso rischiava di essere messa al rogo, oppure strozzata, oppure messa in un sacco e poi gettata in una palude. Se non colta in flagrante, all’uomo era permesso di infliggerle diverse punizioni corporali e la confisca della dote.
L’uomo invece era considerato adultero solo se intratteneva rapporti con una donna sposata. Se, invece, lo faceva con una donna non sposata o una prostituta commetteva un peccato, ma non grave.

Ma com’era l’amore nel MedioEvo tra coniugi? La donna, come tradizione esigeva, la notte della prima volta, soleva pettinare i capelli in modo da alzarli per mostrare quanto più possibile la fronte, questa pettinatura era considerata l’espressione massima della sensualità. Dopo i capelli, passava alla cura della pelle, cospargeva la propria pelle di olii profumati. Come oggi il posto preferito era il letto e si faceva sesso secondo le istruzioni della Chiesa, quindi in missionario e soltanto per procreare. L’orgasmo femminile era deplorato e la donna faceva l’amore non per piacere, ma per dare un figlio a Dio e per dare piacere all’uomo. Di contro per non rimanere incinte alcune donne usavano contraccettivi molto spesso inefficaci come amuleti, decotti di lattuga e iniezioni di acqua gelata per raffreddare il seme. Una serie di regole limitava anche i giorni in cui era possibile dedicarsi al sesso: no alla domenica, giorno del signore, no al venerdì e il sabato, periodo di confessione e preparazione alla liturgia, no nei periodi importanti del calendario quindi niente sesso tra coniugi a Natale, Pasqua, Pentecoste e Assunzione e nelle feste comandate. L’astinenza più lunga consigliata era quella per le feste di Pentecoste, ossia dai 40 ai 60 giorni!

E secondo le istruzioni della Chiesa la donna doveva essere presa da dietro che era considerata la posizione più adatta alla procreazione, ma era assolutamente vietata la posizione cosiddetta a "cavallo erotico" ossia la donna sopra l’uomo, la sodomia, considerata il Male assoluto come il sesso orale, come la masturbazione. Era altresì immorale farlo con la donna distesa sopra l’uomo e proibito con una moglie incinta. Non era consentito all’uomo dormire accanto a una donna mestruata. Al tempo si pensava che le passioni offuscassero la mente e dunque non vi erano preliminari. Fra marito e moglie spesso e poco volentieri il rapporto sessuale si esauriva in un velocissimo coito del tutto indifferente alla donna. Secondo una raccomandazione diffusa, non si dovevano superare i due amplessi a settimana nella convinzione che troppi orgasmi accorciavano la vita, prosciugavano il corpo e distruggevano gli occhi col rischio di rimanere ciechi.

Va da sé che a causa di queste regole ferree la prostituzione acquisì un forte importanza sociale, ma la vera sciagura era la possibilità quasi certa di contrarre malattie veneree. Non a caso dopo ogni pestilenza le varie popolazioni sviluppavano un certo disgusto per tutte le occasioni di contagio, una tendenza che divenne ancor più evidente nel Cinquecento, con l’avvento della sifilide. Si decise quindi di creare quartieri-ghetto all'interno dei quali era permessa l'attività. La donna che si prostituiva, impura moralmente, doveva essere tenuta lontana dal consorzio civile e soprattutto separata dalla comunità delle altre donne.
Già con Carlo Magno vi fu un forte inasprimento delle leggi contro il sesso a pagamento. In quel periodo vennero emanate leggi secondo le quali le prostitute dovevano percorrere nude per oltre un mese la campagna e nei casi più gravi subire il taglio delle orecchie, il marchio col ferro rovente e l'immersione nell'acqua gelida.

Anche la Chiesa si adeguò considerando peccato ogni attività sessuale al di fuori del matrimonio anche se di fatto le prostitute erano tollerate e considerate come da Sant'Agostino, cloache necessarie, perché si riteneva che evitassero mali maggiori come lo stupro, la sodomia e la masturbazione.
Le poche eccezioni di donne che riuscivano a trarre una condizione più che accettabile erano le cosiddette ‘donne innamorate’ una specie di cortigiane del tempo che esercitavano l’attività solo occasionalmente ed esclusivamente per un uomo alla volta, di solito benestante. La loro attività avveniva di nascosto, soprattutto nelle case, ragion per cui erano al riparo dai pettegolezzi e dal pagamento delle tasse.

Si calcola che quasi la totalità degli uomini avesse avuto almeno per una volta un rapporto di sesso con una prostituta. Erano moralmente accettabili quegli uomini sposati in viaggio di lavoro che di tanto in tanto facevano sesso con una donna pubblica per sfogare le proprie pulsioni, di contro invece esisteva una ferma condanna sempre morale nei riguardi di sposati che preferivano alla moglie una prostituta.
Il colore era sicuramente l’elemento identificativo dell’abbigliamento delle prostitute. Le donne che praticavano l’attività erano costrette per legge ad indossare specifici indumenti con segni distintivi con tonalità accese. Ogni città aveva le sue specifiche peculiarità.

L'abbigliamento di una prostituta di ceto medio/basso, era costituito dai normali mutandoni e sottovesti del tutto simili a quelle delle persone comuni. Solo nei quartieri adibiti alla prostituzione le ragazze potevano, nei limiti del decoro, mostrare la propria mercanzia all'aperto.
Al contrario dei romani che adoravano le donne grasse, nel medioevo si riteneva bella una donna con grossa corporatura, ma non grassa. Di sicuro erano out le donne gracili e magre secondo lo standard che la magrezza era sinonimo di carestia e malattie. Il seno doveva essere abbondante e la scollatura portata al limite della provocazione. La carnagione doveva essere più chiara possibile, tanto da far vedere le vene blu in trasparenza. Di contro il colore scuro della pelle abbronzata era proprio di chi stava al sole e svolgeva lavori umili.

Al tempo tutta la popolazione era solita lavarsi una volta l'anno per mancanza d’acqua. Per cui, pur facendo molto uso di acqua di colonia e profumi vari, il problema principale del tempo era sicuramente il fetore.
Anche i trucchi, usati abbondantemente nell'epoca romana, vennero abbandonati. La donna, doveva essere più al naturale possibile e il viso chiarissimo con esclusione delle gote e del rossetto.
Nei primi anni del Cinquecento assistiamo parallelamente alla nascita di una nuova figura, la Cortigiana, che, nella scala gerarchica a piramide, si andava a collocare nella parte più alta. Il fenomeno invase i palazzi della nobiltà e i salotti mondani più esclusivi. Le puttane diventarono di lusso e per la loro capacità di intrattenere e di conversare grazie anche alla loro cultura acquisirono importanza e potere.
Le relazioni sessuali si inserirono in una più ampia rete sociale e l'avvento delle amanti a corte rafforzarono i legami tra persone influenti e regnanti, e giocando sulla bellezza, la grazia e la seduzione attizzarono i piaceri dei sensi ottenendo vantaggi propri in gioielli e proprietà e nel contempo dando prestigio al nobile che le ospitava.














L'articolo è a cura di Adamo Bencivenga



 















 
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