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IL MESTIERE ANTICO
 


 

Shahr-e No
Il quartiere a luci rosse di Teheran
È passato circa mezzo secolo da quando la cancel culture islamica ha distrutto e raso al suolo Shahr-e No...


 


 


È passato circa mezzo secolo da quando la cancel culture islamica ha distrutto e raso al suolo l’intero quartiere di Teheran, cancellando libri e film che menzionavano la sua esistenza. Shahr-e No in italiano “La città nuova” era situato a Gomrok, un quartiere sud-occidentale della capitale persiana. Ci lavoravano circa 1500 donne. Ora la zona è occupata da un parco e da un ospedale.

Operativo a partire dagli anni '20, vi abitavano esclusivamente donne, mentre l'accesso era riservato solo agli uomini; era separato dal resto della capitale da un cancello e da un robusto muro di mattoni alto 2,50 metri, entro il quale si snodava un dedalo di viuzze fetide e misere case adibite a bordello.

La prostituzione a Teheran esisteva già dal 1870 in varie zone della città e all’inizi del ventesimo secolo era in piena espansione anche per la presenza di truppe russe composte in gran parte da soldati cosacchi. Passeggiando di sera per la capitale era facile imbattersi in discrete lanterne che indicavano la presenza di un bordello, ma nel corso degli anni venti, anche per la massiccia immigrazione interna dalla campagna alla città, le prostitute divennero sempre più visibili, offrendo la loro merce direttamente in strada.
Fu allora che nel marzo 1922, per difendere la moralità pubblica e la diffusione di malattie veneree, il governo decise, dopo una storica retata, di radunare e concentrare quelle avvenenti signore a Shahr-e No, una zona vicino alla cittadella emanando un’ordinanza che proibiva le donne di lasciare la zona senza un preventivo permesso. Dato il florido commercio e la presenza in zona di un campo militare cosacco, la zona si ingrandì estendendosi per circa 13 ettari anche fuori il famoso muro ed ospitando negli anni oltre alle prostitute circa settecento venditori ambulanti, duecento negozi, bar, ristoranti e due teatri.

I clienti che entravano a Shahr-e No si trovavano di fronte ad edifici del tutto simili alle case storiche di Teheran, con un cortile centrale nel mezzo e diverse stanze intorno, con porte e finestre dipinte in blu. Al centro del cortile la maitresse seduta dietro una scrivania, con un sacchetto legato alla vita pieno di gettoni. I clienti, una volta negoziati i termini e pagato il prezzo della prestazione, venivano accompagnati nella stanza della prostituta.

La storia di Shahr-i naw finisce come era iniziata. Il 29 gennaio 1979, due giorni prima del ritorno dell'ayatollah Khomeini dall'esilio in Iran, i rivoluzionari marciarono su Teheran e diedero fuoco a parte del Quartiere perseguitando le donne e diffondendo il terrore. L'anno successivo il governo demolì il quartiere a luci rosse e lo rase al suolo con i bulldozer. La Repubblica Islamica cercò poi di cancellarne ogni ricordo, distruggendo libri e film che ne menzionavano l’esistenza. Ora rimangono solo rare testimonianze, come la serie fotografica The Citadel del fotoreporter iraniano Kaveh Golestan con immagini del quartiere scattate tra il 1975 e il 1977.








L'articolo è a cura di Adamo Bencivenga
Realizzato grazie a:  
https://www.iranpertutti.it/post/shahr-i-naw-il-quartiere-a-luci-rosse-di-teheran



 















 
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