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RACCONTI D'AUTORE
 


Adamo Bencivenga
La noia borghese



 


 
Roma, Lido di Ostia, una villa sul mare in stile neoclassico, due colonne bianche corrose dal sale. Il mare in burrasca, la pioggia intensa sbatteva sui vetri. Davanti al suo grande specchio nella camera da letto al primo piano, Matilde guardava il suo cappello nuovo, regalo di chissà quale amante passato.
Completamente nuda ammirava la sua figura intera, certo era ancora una bella donna, quaranta tre anni ben portati, ma riflessa a quel vetro si chiedeva quanto quel sesso fosse insignificante e per quale strano motivo gli uomini lo considerassero così appetitoso. Non aveva nulla di particolare tranne quel grazioso triangolino di peluria sul pube, insomma non riusciva a darsi una risposta sensata, convinta che solo quel cappello la facesse sentire ancora una donna desiderata.

Eppure molti uomini nel tempo si erano esibiti in autentici salti mortali mettendo a rischio ruolo e credibilità per il solo gusto di possedere oppure soltanto vedere ciò che lei non considerava affatto un tesoro. Certo sì la caratterizzava come donna, ovvio, ma nella sua innata indifferenza non lo considerava affatto un bene prezioso da preservare e donarlo solo a qualche sparuto fortunato. Invece quel cappello era davvero un elemento imprescindibile per il suo essere femmina, il solo a renderla di buon umore.

Alle volte lasciava quel pensiero in sospeso altre invece guardava il mare e ricordava le lunghe passeggiate su quella spiaggia quando i suoi seni piccoli strappavano tenerezze, baci e passioni, ma ora aspettavano solo il ritorno di suo marito Jacopo dal lavoro. Non perché verso di lui nutrisse qualche minimo trasporto, o viceversa, ma solo per avere da quegli occhi un metro di giudizio. Lui, negli anni si era rivelato un uomo piatto e noioso al contrario di lei che faceva dell’irrequietezza il suo motore vitale. Jacopo, ignaro del suo ruolo, più che suo marito, rappresentava nei suoi desideri il suo complice segreto per mezzo del quale nutrire i suoi pensieri scomposti. Ma lui però come al solito l’avrebbe solo guardata senza alcuna partecipazione emotiva e senza commentare quella stravaganza, ignorando il suo corpo nudo, il suo sesso in bella vista e perfino il cappello.

Praticamente armato solo di una maschera, con la sola espressione dell’indifferenza, inconsapevolmente l’avrebbe fatta segretamente vibrare e alimentato ciò che in quel momento pensava fosse la sola medicina vitale, ossia il tradimento consenziente. Certo c’era stata un’epoca lontana in cui si era sentita apprezzata come moglie, quando amata sprigionava fuoco vivo con quella cornice dorata decorata da vestiti, tennis, brige, vacanze nei posti più esotici e prime all’opera. Ma ora non ricordava il motivo di quel cambiamento e neanche esattamente quando il vento fosse cambiato, lo stesso vento che ora a raffiche muoveva quel mare che tanto aveva amato, che tanto aveva desiderato, preferendo quella casa isolata fronte mare ad un attico in centro a Piazza di Spagna.

Ora guardava fuori e i contorni di quel mare, dipinto come un quadro, non avevano più colori, quel grigio smorzava ogni entusiasmo e scavava dentro se stessa un vuoto incolmabile. Tutto le sembrava piatto, il mare, il cappello, il suo sedere, il suo sesso e quel triangolino di peli che prima o poi avrebbe rasato. Insensibile e fredda, avrebbe perfino voluto sentire un piccolo dolore per sentirsi viva, ma niente, viveva la sua vita da anestetizzata aspettando Jacopo, unico uomo ad avere la chiave della sua testa e delle sue labbra. Senza di lui tutto tornava nel cliché standard di una vita borghese in cui anche un tradimento aveva l’aspetto di un normale e banale passatempo.

Certo Jacopo non era più giovane, aveva circa venti anni più di lei e quel rapporto aveva resistito per qualche anno e si era assopito principalmente per la differenza di età. Certo c’erano stati anche altri periodi in cui avevano tentato di ravvivarlo insieme, ma ora tutto sembrava un ricordo sbiadito e suo marito consapevole si era ritagliato giocoforza un altro ruolo in quel rapporto.

Beh sì, quel sesso si era evoluto, era cambiato, forse era diventato più maturo, quando all’incirca una volta a settimana si lasciavano andare. Il rito era sempre lo stesso, cena di pesce, terrazza vista mare, musica soft, lei con un tubino rosso aderente che fasciava divinamente il suo sedere, lui rigorosamente in giacca e cravatta. Tutto romantico, tutto perfetto, ma poi però il sesso quello vero, maschio e materiale avveniva molto distante dalla loro camera da letto, ossia nella sua mente. Chissà forse lo avrebbe ancora voluto tra le sue braccia, volare, urlare ed emozionarsi come una ragazzina, ma doveva fare i conti con la sua stessa caparbietà che circa quindici anni prima le aveva suggerito di sposare quell’uomo e avendo preferito all’entusiasmo di un uomo giovane quella vita agiata.

A lungo andare quell’apatia aveva scolorito ogni suo slancio tanto che si era convinta che l’emozione e qualsiasi altro tipo di sentimento non facessero più parte del proprio essere. Si era rassegnata a vivere nella sua prigione dorata con le sue camicie di seta e l’illusione di sentirsi sola, ma fortunata, quando come in un film già visto, il postino di zona aveva bussato una sola volta alla sua porta. Doveva recapitarle un telegramma molto triste, ossia la scomparsa di una sua zia malata da tempo, ma in poco meno di qualche minuto quella presenza così terribilmente innocua e banale aveva completamente cambiato la sua vita.

Vuoi che senza accorgersene e pigramente svogliata aveva aperto la porta di casa in camicia da notte nera trasparente, vuoi che il ragazzo le aveva fatto sin da subito così tanti complimenti da smuovere perfino la sua indifferenza, vuoi che c’era un sole a picco e lei si era offerta di proporgli una bevanda fresca. Insomma seduti nella grande sala sul suo divano d’alcantara rosso pompeiano avevano parlato del lavoro di lui e della noia di lei, di quella casa troppo isolata fronte mare, ma poi magicamente quella stoffa leggerissima si era aperta involontariamente come un sipario di scena mostrando il suo circo di clown, acrobati nani e zucchero filato. Non ricordava Matilde quanti minuti fossero passati da quella vista di pizzi e merletti alla mano sudata del postino che non si era fatta pregare, stringendo i suoi seni e poi ogni centimetro del suo corpo di nuovo vivo, stretto e avvinghiato alla sua passione. Poco dopo, per la paura che la sua apatia avesse di nuovo preso il sopravvento, lo aveva condotto per mano nella sua camera da letto e preteso che quel rapporto così focoso si consumasse tra le lenzuola candide del suo letto matrimoniale.

Beh sì quella era stata la sua prima volta, il suo primo tradimento, il suo primo senso di colpa durato il tempo di una doccia rinfrescante. Per giorni si era sentita diversa, come se l’interesse e le attenzioni di quel postino fossero in qualche modo il rimedio e il conforto alla sua indifferenza. Nei giorni successivi ci erano stati altri telegrammi, altre vestaglie lasciate aperte, altre labbra umide in bella vista, altre mani tra le sue cosce che l’accarezzavano come fosse una raccomandata e altri baci interminabili tramite i quali metteva alla prova tutta la sua femminilità ignorata da suo marito. Beh sì certo lei era anche seno da offrire, sedere da ammirare, bocca da provare, fianchi larghi da accarezzare e figa umida da leccare, lei era femmina in calore desiderosa di lasciarsi andare per abbattere il muro delle convenzioni ed alle volte vergognarsi oppure vantarsi di essere diversa da tutte le altre donne. Lei la dava, non importava a chi, lei la dava, umida e nature, per il gusto di darla scoprendo così il valore inestimabile di quella cosa tra le sue cosce. Certo sì, si era spesso domandata cosa mai la facesse sentire unica, visto che nel suo ambiente, le altre mogli, tutte accomunate dalla stessa indifferenza, utilizzavano la sua stessa terapia per sentirsi vive.

Così Matilde, come tutte le donne della sua età, condizione e stato d’animo, aveva scoperto l’antidoto vitale alla sua noia, ossia la seduzione, rendendosi conto ben presto, dopo ripetuti telegrammi, come non fossero le attenzioni di quel postino in particolare a farla sentire viva, ma piuttosto il sentirsi lei stessa unica protagonista.

Pian piano la sua platea si era allargata e non c’era occasione inadatta per costatare il suo fascino, insomma una specie di gioco dove i punti conquistati erano quegli sguardi ficcanti, i sorrisi maliziosi, quelle mani delicate che si poggiavano sui fianchi per cavalleria. E lei adorava giocare col suo corpo, catturare le attenzioni indiscrete degli uomini vogliosi solo di portarla a letto, di scoprire cosa indossasse sotto i suoi vestiti firmati o quanto meno di conquistarla perché l’essenza dell’intrigo non era altro che esercitare il proprio potere che lei aveva imparato a riconoscere e volentieri assecondava.

Adorava quei timidi approcci come i corteggiamenti pressanti quando la passione prendeva il sopravvento e sbaragliava senza più freni i limiti del buon vivere che poi non erano altro i ruoli ipocriti di moglie e marito. Lei ovviamente faceva finta di non capire sfruttando a suo modo i tempi dell’attesa e del timore di scoprire troppo in fretta le carte per poi concedersi in qualche hotel di periferia donando e pretendendo piacere con qualche ora di sesso infuocato.

Erano perlopiù colleghi di suo marito, conosciuti durante quelle noiose cene aziendali, compagni di doppio a tennis, amici di brige, semplici avventori del circolo che frequentava e soprattutto mariti insoddisfatti delle sue amiche. Quelli erano i più eccitanti perché mettevano pepe alla sua voglia di trasgressione che considerava infinitamente più stuzzicante del sesso stesso. Sentiva un piacere immenso quando esercitava il suo potere, quando sfilava lentamente da vera femmina le sue calze velate o il reggiseno di pizzo nero concedendo le sue lunghe gambe, i suoi fianchi vellutati e i suoi seni ancora sodi. Un piacere immenso vedere nei loro occhi il desiderio, ma più del sesso la eccitava tremendamente quando loro si lasciavano andare alle confessioni più intime, di come facevano l’amore con le proprie mogli, la durata, la posizione, il posto che non era necessariamente la camera da letto. Ed era quello il momento sublime ossia quando dentro di sé sentiva l’effetto che lo stesso maschio procurava dentro le cosce delle sue amiche.

Alla fine ringraziava il maschio di turno, non tanto per averle procurato l’orgasmo, ma per averla fatta sentire una donna disonesta capace di passare sopra ad ogni regola morale. Il tutto però durava il tempo di un incontro clandestino, nulla di più. Venti secondi di orgasmo, del resto, non erano sufficienti per dare colore ai suoi giorni, anche perché mai si sarebbe legata ad uno di loro perché in fondo in fondo sapeva benissimo che quegli amanti di un pomeriggio con le loro pochezze non sarebbero stati in grado di capire in fondo il suo effettivo desiderio di trasgressione.

E così Matilde tornava a casa sapendo benissimo che quel segreto era solo un piccolo antidoto alla sua noia di signora borghese. Sapeva benissimo che quella ricerca del piacere e dell’eros non era figlia della passione, ma solo dell’insoddisfazione come fuga da una routine opprimente, figlia a sua volta di una vita all’apparenza troppo perfetta, agiata e ipocritamente perbenista. In quel periodo aveva riletto Madame Bovary sentendosi molto partecipe nelle vicende di Emma che aveva sposato un uomo mediocre, ma che le evocava sicurezza e protezione. Ma Emma ben presto intrappolata in una routine provinciale non si era rassegnata e per nulla al mondo aveva represso quelle esigenze che il marito non riusciva a soddisfare. Allora aveva deciso di evadere da quella prigione alla ricerca delle vie dell’eros come del resto stava facendo lei, Matilde, che come Emma aveva scoperto un mondo proibito fatto di relazioni clandestine, finzioni, scuse, promesse, segreti e bugie che riaccendevano in lei la voglia di vivere.

E quindi si dava per noia, continuamente, riuscendo anche ad avere tre incontri a settimana con uomini diversi traendo da quella vita segreta e dal tradimento verso l’inconsapevole marito la maggiore soddisfazione per se stessa. Nei momenti intimi pretendeva che i suoi amici e colleghi chiamassero suo marito “cornuto”, un po’ per disprezzo e un po’ per piacere traendo da quella magica parola l’orgasmo che saliva e scendeva copioso e bollente su quelle lenzuola anonime.
Immaginava il passaparola nella cerchia dei loro amici e quei loro commenti maligni in cui il gusto sublime non era affatto essere stati a letto con lei, ma di essersi scopati la moglie di un loro amico.
Solo a quel punto si sentiva appagata, come se la sua giornata avesse avuto un senso denigrando suo marito che lei riteneva unico responsabile della sua noia. Perché in verità le sue sperimentazioni erotiche non nascevano da un vero e proprio desiderio carnale, ma dall’adrenalina del tradimento stesso, come fosse una punizione, una vendetta verso colui che non aveva saputo esplorare ogni limite della sua mente.

Non aveva altri scopi nella vita, ma solo un pensiero fisso che la occupava per tutta la giornata. Sapeva benissimo che il mestiere di femmina non nasceva e finiva nelle ore calde dei motel o in quei venti secondi di orgasmo, perché il suo tradimento iniziava sin dal mattino quando insonnolita apriva gli occhi e sceglieva tra la lista dei tanti messaggi del suo secondo telefono l’interlocutore segreto con cui passare il pomeriggio. E spesso i motivi della scelta non erano legati alle qualità amatoriali dell’uomo, bensì a colui che per parentela, posizione o amicizia avrebbe moltiplicato il rischio e quindi rendendo suo marito protagonista inconsapevole di quel tradimento.

Poi però un bel giorno era arrivato Davide e la sua sicurezza aveva iniziato a scricchiolare. Lui era un giornalista e scrittore e ci sapeva fare con le parole e soprattutto con i sentimenti. A lui, unico fino a quel momento, aveva concesso un secondo incontro e poi, maledicendo la sua fragilità, un terzo e un quarto. Matilde si illudeva che fosse solo un diversivo alla sua regola ferrea, ma la sera quando tornava a casa il pensiero per lui si faceva martellante. Davide non era sposato, Davide aveva tutto il tempo necessario per farla sentire femmina, ma anche coccolata e lui aveva iniziato a viziarla accarezzandole anima e seta e comprandole regali costosi. In cuor suo Matilde ben presto si era resa conto che quel rapporto sarebbe stato l’inizio della fine e che avere un amante fisso non rappresentava affatto un atto di ribellione, ma una naturale conseguenza alla sua condizione sociale. Del resto tutte le sue amiche, chi più chi meno, avevano avuto un’esperienza simile e lei non voleva affatto ricalcare quegli standard. Quindi aveva cercato di diradare gli incontri, ma poi alla fine era sempre lei a cercarlo e la sua lista di pretendenti pian piano si era miseramente assottigliata.

Beh sì, era ad un bivio, del resto quegli incontri non li viveva più come un tradimento verso suo marito, insomma Davide non la faceva sentire una donna infedele, non la faceva vivere nel vizio e nel peccato, ma una moglie alla ricerca di una nuova vita, in procinto di separarsi, e ineluttabilmente tutto questo non era affatto un antidoto alla sua noia borghese. A quel punto aveva deciso di fuggire da quella colla appiccicosa col risultato però di trovarsi di nuovo sola, davanti a quello specchio e quel mare ormai sempre più grigio.

Ma non si era persa d’animo, del resto era sempre stata una donna dalle mille risorse e quel cedimento verso una relazione sentimentale l’aveva resa più intraprendente. Per timore che quella maledetta noia prendesse di nuovo il sopravvento aveva deciso di fare un passo in avanti. E per quel passo aveva bisogno di un uomo, per cui si chiese tra i tanti chi fosse il più adatto a farla camminare lungo la strada di quell’immoralità più viziosa di un tradimento.

Così una sera aveva trovato tempo e coraggio per parlarne con suo marito. Bella, affascinante, una cascata di capelli neri, occhi truccati, rossetto appariscente, tubino nero e stivali in pelle con il divano rosso che le faceva da cornice e la rendeva regina aveva iniziato con spavalderia a recitare il primo atto della sua confessione.
Beh sì, per nulla pentita non aveva detto niente o quanto meno quel poco e quel tanto che secondo i suoi piani avrebbe dovuto spronare suo marito. Non gli aveva detto a chiare lettere che da un po’ di tempo era semplicemente cornuto, non gli aveva confessato che in quel motel dalla facciata romantica sulla via del Mare era praticamente la sua seconda casa, ma gli aveva detto, questo sì, che quell’astinenza forzata aveva reso le sue fantasie fertili e che le poche volte in cui si abbandonava la sua immaginazione più ricorrente era quella di fare sesso con un altro uomo.

A quel punto, per dare un po’ di sale al loro menage avrebbe voluto che suo marito approfondisse l’argomento o quanto meno si insospettisse chiedendole se avesse già messo in pratica la sua fantasia e con quanti uomini. Si era chiesta anche quale fosse il numero adatto da confessare a suo marito, e quale fosse il limite oltre quale sarebbe stata considerata ineluttabilmente una puttana. Ma non era servito perché lui non aveva chiesto e lei si era guardata bene di andare oltre, anche perché lui aveva avuto una reazione non prevista dicendole che nel loro rapporto stanco e pigro era del tutto normale pensare di ravvivare il loro sesso.

Afflitto dalla sua stessa malattia, Matilde aveva capito che suo marito non era affatto vecchio e che semmai avesse avuto un problema lei ne era la causa. Aveva avvertito anche un pizzico di gelosia quando lui, forse solo per rendere più reale quella trasgressione, aveva paventato che quella terza persona non dovesse essere necessariamente un uomo. Certo suo marito non era del tutto persuaso da quella bizzarra proposta, ma lei era riuscita a convincerlo dicendogli che ormai il loro rapporto, seppur pigro, era più che consolidato e che quindi quella eventuale pratica non avrebbe in alcun modo scalfito la nostra relazione.

Comunque nessuno dei due aveva accennato a qualche relazione extra, ma insieme, dopo che quella sera si erano lasciati andare su quel divano ed entrambi avevano sciorinato a voce alta e senza pudore le proprie fantasie, promettendosi, se non di metterle in pratica, almeno di scandagliare quelle fantasie comuni. Al culmine del piacere aveva immaginato ad alta voce che l’uomo che in quel momento la stava pigramente scopando non fosse suo marito, ma un altro e per rendere ancora più intenso quel rapporto aveva iniziato a chiamarlo con nomi diversi.

Comunque dopo quella volta durante i loro rapporti avevano cominciato a costruire storie più reali ed ecco lì che nel bel mezzo del loro rapporto interveniva un uomo alle volte biondo, altre moro, muscoloso o meno, giovane o uomo fatto, ma comunque sempre con un fisico ben definito che si metteva tra di loro e completava magnificamente il desiderio di lei, esaltando i suoi orgasmi ben più intensi di quelli lasciati sulle lenzuola del Motel sulla via del Mare.

Quelle furono le prime volte che aveva visto suo marito discretamente coinvolto, tanto che tra loro si era sviluppata una sintonia perfetta anche se lei era rimasta la parte trainante preoccupandosi ogni volta di oliare quei delicati meccanismi di dettagli e sensazioni sempre più profonde.

Beh sì, Matilde era cosciente che in certe circostanze serviva fiducia e disponibilità da entrambi le parti, aveva anche cercato di razionalizzare quel desiderio, ma ogni qualvolta che si concentrava avvertiva solo una forte tensione mista a curiosità e piacere. Pensando che fosse un modo per uscire dalle consuetudini delle loro regole intime si era convinta che mettendo al corrente il proprio partner fosse ancora più eccitante della trasgressione del tradimento.

Tuttavia in quel momento ancora non vi era nulla di razionale, i personaggi che affollavano il loro letto non erano mai reali finché il piacere aveva preso il sopravvento e senza dire nulla a suo marito Matilde era andata oltre e mentre facevano l’amore i nomi che urlava erano diventati improvvisamente personaggi reali, tutti rigorosamente suoi ex amanti. Ovvio lui non poteva sapere, ma in quell’istante erano tutti lì già pronti ed eretti sulla soglia della sua figa. Poi al culmine del piacere immaginava di essere scopata a turno ed ogni volta lanciava urli disumani giurando che in quel momento non fosse un unico pene e per giunta quello di suo marito.

Nei giorni seguenti aveva fatto in modo che quelle serate non rimanessero inconcludenti, del resto era stata lei ad accendere la miccia e lui si era guardato bene di spegnerla. E ciliegina sulla torta aveva notato in suo marito un vigore nuovo e un interesse diverso nei suoi confronti. Si era chiesta se anche lui non fosse attanagliato da quella tenia borghese che corrode da dentro e consuma le viscere della mente.

Il primo passo era stato quello di silenziare per sempre il suo secondo telefono e cercare internet informazioni su come muoversi. Subito si era posta la domanda se per iniziare fosse stata meglio una coppia o un uomo singolo. Ne aveva parlato col marito e seppure nell’imbarazzo della loro prima volta avevano deciso insieme che sarebbe stata meglio una coppia, ovvero una situazione paritaria con cena e dopocena, come due normali coppie di amici, in modo da stabilire una minima sintonia, una forte complicità e nel contempo armonizzare la parte più imbarazzante ovvero la voglia di sesso.

A quel punto aveva coinvolto suo marito e lui, più incuriosito che effettivamente intrigato, si era fatto trascinare una sera davanti al computer curiosando sui tanti siti d’incontri, con Matilde sempre più convinta che il sesso con partner diversi sarebbe stato il toccasana e avrebbe schiuso inimmaginabili orizzonti di piacere infinito e soprattutto la sua ritrovata fedeltà verso suo marito.

Tramite una chat le si era aperto un nuovo mondo di gente che cercava come loro di abbattere la noia del sesso di coppia. Alla fine aveva conosciuto una coppia di Latina, inesperta quanto loro, ed era stata quella la fortuna che dopo alcuni giorni l’aveva convinta a parlare con Jacopo. Certo rimanevano i forti dubbi perché sapeva benissimo che una situazione eccitante, prodotta dalla fantasia, non sempre manteneva intatte la sua potenzialità erotica quando veniva resa reale. Ma era rimasto solo un piccolo dubbio perché pensare di fare l’amore con un altro uomo fondendosi negli occhi di suo marito la faceva letteralmente esplodere. Col solo pensiero approdava in un’altra dimensione difficilmente spiegabile, nel senso che oltre al piacere del sesso si era coinvolti cerebralmente e totalmente. Secondo la sua perversione fare la puttana davanti a suo marito avrebbe di certo raddoppiato il suo piacere.
Nulla a che vedere con le sue scappatelle da signora annoiata in quel motel sulla Via del Mare, nulla a che vedere con gli sguardi dei potenziali amanti alle cene aziendali. Qui era tutto alla luce del sole, ma allo stesso tempo tremendamente eversivo rispetto alla morale comune. Forse era proprio questo l’antidoto che Matilde aveva ricercato per anni!

La cosa era andata avanti per alcune settimane, ma entrambi si erano resi immediatamente conto che il primo grande problema per un eventuale incontro sarebbe stata l’affidabilità e la serietà dell’altra coppia. Tutte le persone che avevano contattato avevano in comune, in quanto coppie, l’esuberanza, la tracotanza e la leggerezza, nell’affrontare quell’argomento. Del resto in quattro, sarebbe stato ancora più difficile ricercare la totale armonia, ma quando l’altra coppia aveva stragiurato di aver avuto una sola esperienza e per giunta non conclusa, Matilde non ci aveva pensato due volte, decisa ormai a fare il primo passo.

Si erano incontrati in un casello dell’autostrada e poi proseguito insieme verso il ristorante prenotato. Lei era mora, formosa, più o meno della stessa sua età, molto appariscente e piena di vita. Si era presentata con un tubino rosso corto e attillatissimo, due tacchi meravigliosi, un paio di calze a rete nere e una secchiata di rossetto rosso fuoco sulle labbra. Lui invece da subito si era dimostrato un tipo simpatico e socievole, capelli biondi, occhi celesti e lineamenti delicati, ma niente a che vedere con i maschi che frequentavano le sue fantasie.
Durante la cena avevano parlato di viaggi, di cinema, moda insomma di tutto tranne che di sesso, ma si sentiva nell’aria che tutti e quattro non aspettavamo altro che quel famoso dunque. Avevano parlato anche dei loro rispettivi rapporti di coppia e tutti e quattro erano stati concordi che quegli incontri rappresentavano il loro ultimo tentativo per rinvigorire i loro legami ormai spenti. Dopo cena, per non dare nell’occhio avevano preso due stanze in un albergo vicino al ristorante. Ovviamente una era rimasta vuota, mentre nell’altra, senza rendersi conto del tempo che passava, avevamo visto l’alba insieme.

Il tizio non aveva perso tempo, entrati in stanza le aveva appoggiato una mano sul sedere dicendole che le aveva fatto sangue sin dal primo momento, quindi aveva iniziato a baciarla e a spogliarla. La moglie invece si era lanciata in un sensualissimo defilé facendosi apprezzare per il suo guardaroba di lingerie francese. Beh sì, data la loro intraprendenza, avevano mentito e non erano certo alla prima esperienza. Ma ormai quella bugia era solo un dettaglio trascurabile quando l’uomo ormai nudo e in evidente stato di eccitazione si era disteso sul letto e Matilde era sempre più convinta che fare l’amore con un altro uomo, fondendosi negli occhi di suo marito, l’avrebbe fatta letteralmente esplodere senza alcuna inibizione.
Durante l’atto però il suo pensiero fisso era rimasto per tutto il tempo sulla reazione di suo marito, perché solo la sua totale partecipazione e il suo implicito assenso le avrebbe dato la sensazione di essere libera e godersi ogni affondo dell’altro che intanto aveva guadagnato senza troppi preamboli le sue parti più intime. E in effetti era stato tutto meraviglioso tranne la nota dolente di suo marito.

Al ritorno ne avevano parlato in auto e lui le aveva confessato che all’apice del suo piacere l’altra donna era stata di troppo. Insomma si era eccitato unicamente nel vedere sua moglie posseduta perché, secondo lui, il sesso con un'altra donna spegneva le potenzialità trasgressive di quell'atto unilaterale. Di fatto lui aveva superato alla grande la gelosia convenendo che in quelle situazioni non esiste il tradizionale concetto di tradimento, ammettendo che per la prossima volta sarebbe stato più opportuno cercare la sintonia con una sola persona, ovviamente un uomo.

Sì certo Matilde aveva goduto, si era persa nel momento del piacere negli occhi del marito, ma sostanzialmente era stato un tentativo fallito anche perché da quella sera moglie e marito non si erano più avvicinati. Lei si era addossata tutte le colpe ripetendosi ogni volta che il ristorante, l’albergo e la coppia stessa erano state delle scelte sbagliate. Occorreva qualcosa di forte, di un certo impatto, qualcosa da consumare in fretta sentendosi usata anche mentalmente e con il bene placido di suo marito.

Per giorni e giorni aveva pensato alla soluzione poi tramite internet era venuta a conoscenza di posti a Roma dove era possibile incontrare di notte sconosciuti disposti a fare sesso in auto. Ne aveva parlato col marito e la sera stessa aveva soddisfatto la sua curiosità. Prima di andare si era vestita con la dovuta cura, esagerando con una gonna corta, le labbra cariche di rossetto e dei tacchi impossibili. Appena arrivati sul posto avevano notato un’auto bianca di grossa cilindrata parcheggiata lungo il viale. Jacopo aveva fermato l’auto a distanza di sicurezza in attesa di qualche improbabile segnale. Del resto non avevano certezza se quell’auto stesse lì per i fatti propri o per lo stesso loro motivo. Sembrava tutto così oscuro e misterioso, ma per la curiosità di essere capitati in un posto insolito i loro fiati avevano appannato immediatamente i vetri dei finestrini.

Poi per non dare sospetti avevano iniziato a baciarsi cercando di apparire come una normale coppia in cerca di intimità e da quella posizione avevano notato che nella Mercedes bianca c’era un solo occupante. Col fiato sospeso avevano continuato a baciarsi quando, dopo alcuni minuti l’uomo della Mercedes bianca, un signore in giacca e cravatta, aveva iniziato a lampeggiare discretamente accendendo la luce nell’abitacolo.
Incuriositi e turbati piacevolmente da quella situazione insolita erano scesi dalla macchina avvicinandosi lentamente alla Mercedes. Si erano salutati e il tizio aveva rotto il ghiaccio confidando loro che alle volte preferiva passare la notte in luoghi dove nulla fosse scontato accettando l’imprevisto e il rischio di un nulla di fatto. Era uno scrittore e adorava osservare attentamente le persone, le loro anime e i loro istinti più veri. Aveva poi aggiunto che spesso si accontentava di rimanere un effimero spettatore, ma il fatto di vedere un uomo che offriva la propria donna ad uno sconosciuto era pur sempre un piacere incommensurabile, più eccitante di qualsiasi amore a pagamento o di qualche film porno visto in tv. E dopo aver squadrato Matilde da capo a piedi, aveva fatto i complimenti a Jacopo dicendogli che aveva un bel coraggio ad offrire al piacere degli altri una bellezza simile.
Subito dopo aveva acceso il motore dell’auto invitando la coppia a salire. Matilde, come da richiesta dell’uomo si era accomodata sul sedile anteriore. Dopo circa un centinaio di metri, attraversato un grosso cancello di una rimessa di grossi camion l’uomo aveva fermato l’auto.

Chiedendo il permesso a Jacopo seduto dietro l’uomo non aveva perso tempo togliendo le mutandine a Matilde e sfiorandola delicatamente tra le cosce, ma senza alcun trasporto. Lei aveva avuto un sussulto e istintivamente aperto le gambe, ma l’uomo invece di proseguire si era ritratto e voltandosi verso Jacopo gli aveva detto: “Vede, la donna va lasciata decantare come il vino rosso, ma la sua dolce mogliettina è così vogliosa che vorrebbe consumare all’istante, trascurando questi momenti di attesa ossia la pura essenza della trasgressione.” Quindi aveva pregato Jacopo di baciarla in bocca perché la prima regola da rispettare prevedeva il consenso attivo del marito.

Era stato meraviglioso soprattutto per la dose di trasgressione che accompagnava quell’atto. Matilde aveva compreso in quel momento quanto il consenso di suo marito fosse per l’uomo e per se stessa più eccitante del piacere del sesso. A quel punto aveva cominciato a baciare l’uomo, ma dopo alcuni minuti si era resa conto che nonostante il suo ardore, l’uomo non fosse poi così interessato a raggiungere l’orgasmo, ma solo a dimostrarle quanta violazione morale ci fosse in quell’atto inoltrando entrambi nei meandri più scuri della trasgressione mentale.

E mentre si perdevano in quel lungo bacio appassionato, l’uomo, con fare da esperto e tecnicamente ineccepibile le aveva sollevato il vestito e ammirando la sua lingerie aveva schiuso delicatamente le gambe di lei. Solo allora aveva iniziato a baciarla ed a penetrarla alternativamente con le dita, ma fu solo un attimo perché immediatamente dopo urlando e dimenandosi dal forte piacere, Matilde aveva raggiunto il sublime e paradisiaco orgasmo così dirompente che quando l’uomo le aveva chiesto se avesse ancora intenzione di proseguire la serata al caldo del suo appartamento in centro, lei aveva guardato suo marito e insieme avevano declinato gentilmente l’invito. L’uomo senza rispondere aveva sorriso facendo scivolare nella borsa di Matilde il suo biglietto da visita.

Lungo la strada del ritorno moglie e marito erano rimasti muti tenendosi per mano. Per lei era stato un sogno avverato, ma per suo marito quella serata era stata solo una variazione piacevole al tema del sesso, ma unica. Lei lo aveva considerato invece un vero e proprio atto di sopravvivenza e un calcio alla sua noia borghese.
Qualche giorno dopo lei aveva ricontattato quell’uomo, si erano incontrati nello stesso posto, ma lei questa volta non accompagnata da suo marito. Anche questa volta aveva obbedito ai voleri dell’uomo, ma il risultato non era stato lo stesso. Solo a quel punto Matilde si era resa conto che per combattere la sua apatia era indispensabile suo marito, ossia l’unica persona che aveva il ruolo adatto, convinta ormai che il piacere non era nel sesso sia pure clandestino e all’insaputa di Jacopo, ma l’atto fortemente trasgressivo di essere ceduta.

Da quel giorno le cose erano cambiate, ormai consapevole che la noia di suo marito non era la sua stessa noia, ma allo stesso tempo, non potendo pretendere la sua complicità fattiva e diretta, Matilde aveva cercato almeno il suo consenso. Jacopo nella sua atavica pigrizia aveva accettato di recitare quel ruolo tanto che ogni giorno la riempiva di complimenti e di attenzioni dicendole quanto fosse bella e quanto il fortunato di turno avrebbe toccato il cielo con un dito.

Quindi alla fine si era decisa scegliendo tra le varie figure un conoscente 35enne, bello come il sole, di nome Livio che abitava da solo in un piccolo villino a un centinaio di metri da loro. Così si era fatta bella, tacchi, calza velata, minigonna da urlo... Sotto l’attenta ammirazione di suo marito si era truccata, scelto la lingerie più sensuale e quel tocco di trasparenza che faceva impazzire gli uomini. Era davvero una Dea. Dopo l’ennesimo colpo di spazzola aveva salutato suo marito ed era corsa da Livio. Lui l’aveva accolta in casa facendole una miriade di complimenti. Lei seduta comodamente nel suo salotto aveva pensato quanto quella situazione fosse fuori dal comune e che forse solo a poche donne nella vita era capitato di fare, ovvero tradire un marito col proprio consenso.

Sicura del suo fascino, dopo circa una mezzora di convenevoli era andata in bagno ed aveva mandato un ultimo messaggio a suo marito e lui per tutta risposta le aveva mandato una decina di faccine sorridenti. A quel punto non c’erano più dubbi, calda ed eccitata si era data a quei baci seguendo l’uomo nella sua camera da letto, consapevole quanto suo marito fosse complice di quella scopata, consumata a pochi metri da lui. Presa da quella nuova trasgressione aveva sentito la sua anima vibrare pregando l’uomo di non smettere e sperando che quei gemiti d’amore arrivassero all’orecchio di suo marito perfettamente consapevole.

Grazie a Livio la serata si era protratta fino all’alba, quando verso le cinque era tornata a casa completamente esausta. Suo marito l’aveva aspettata in piedi ed era letteralmente fuori di sé, euforico ed eccitato per la contentezza sembrava avesse vinto alla lotteria. L’aveva abbracciata stretta e baciata su tutto il corpo continuando a ripeterle che l’amava e che solo ora la considerava davvero la donna della sua vita... Nel contempo aveva annusato le parti intime alla ricerca di quel sapore dolciastro chiamato tradimento. Ovviamente aveva voluto sapere ogni minimo particolare e lei disponibilissima gli aveva raccontato per filo e per segno tutto quello che era successo senza tralasciare nulla, anche le parole più scabrose che Livio le aveva rivolto al culmine del piacere. Dopo avevano fatto l’amore e per lei era stato molto appagante avendo avuto infiniti orgasmi con due uomini diversi a poche ore di distanza.

Da quella sera il loro rapporto era completamente cambiato, la pesantezza dell’indifferenza aveva lasciato il posto ad una estrema leggerezza. Lo stesso Jacopo aveva creato a nome di Matilde un profilo Tinder con tanto di foto provocanti, aiutando sua moglie nella ricerca di uomini interessanti, sempre diversi, che le facessero girare letteralmente la testa, sempre nell’assoluta convinzione di entrambi, di aver trovato l’antidoto giusto per combattere quella tenia vagante sottotraccia, divoratrice di ogni colore, chiamata noia borghese.









Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.



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