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STORIE DI ROMA
 
 
IL DELITTO DI VIA BELLUNO
La mondana strangolata con la calza di seta nera
La donna fu trovata morta nella sua casa di Via Belluno, si pensò ad un gioco erotico, ad un rapporto lesbico, a un movente passionale, ma a quasi 67 anni da quella notte del 23 ottobre, l'autore del delitto è ancora sconosciuto



 


Correva l’anno 1957, la cagnetta Laika girava inconsapevole nello spazio con il suo Sputnick e gli italiani all’alba del boom economico scoprivano il loro lato romantico cantando “Corde della mia chitarra” e “Usignolo” brani che avevano trionfato nell’ultimo Festival di Sanremo. A Roma però l’amore non era solo romantico, l’amore era anche merce venduta di notte e di giorno negli angoli delle strade dalla Stazione Termini alle Terme di Caracalla.

Tre mesi dopo da quell’ottobre del ‘57 sarebbe entrata in vigore la famosa legge Merlin che avrebbe chiuso tutte le case di tolleranza, ma già durante quell’inverno qualche bordello aveva chiuso i battenti e molte di quelle signorine erano diventate belle di notte passeggiando lungo le strade di Roma. Donne che si ritrovarono senza arte e né parte, anzi un’arte la possedevano e le più fortunate la esercitavano nei vari locali notturni, nei grandi alberghi, nelle abitazioni private e scendendo la scala sociale lungo i marciapiedi di notte poco illuminati.

Provenivano da ogni parte d’Italia e invece di ritornare nei loro paesi avevano preferito continuare il mestiere. La cosa buffa è che non potevano stare ferme, ma erano obbligate a camminare, di qui l’appellativo di passeggiatrici perché una vecchia legge fascista puniva l’adescamento.

Il 23 ottobre di quell’anno, una venditrice di quegli amori squallidi, di nome Pasqua Rotta, di anni 29, detta la contessa per il suo incedere raffinato ed elegante, venne trovata morta nel suo letto della sua bella casa di Via Belluno, una strada abitata dal ceto medio nei dintorni di Piazza Bologna. Lei proveniva dall’Istria ed era madre di tre figli avuti da padri diversi. Profuga, era stata costretta ad esiliare stabilendosi a Roma, e qui, si fa per dire, aveva fatto fortuna essendo di bell’aspetto e così avvenente che non aveva certo problemi finanziari rispetto invece alle tante sue colleghe sbandate che venivano maltrattate e sfruttate dai loro protettori. Lei invece i suoi guadagni non li divideva con nessuno ed aveva un compagno stabile ed era proprietaria dell’appartamento dove viveva.

A scoprire il suo cadavere fu Marcello Colletti di 27 anni, poco più giovane di lei e ufficialmente il suo fidanzato e convivente. Lui lavorava come impiegato presso l’Ente Turistico e inoltre si dilettava ad organizzare al Teatro Volturno e all’Ambra Jovinelli riviste di avanspettacolo, molto in voga a quei tempi.
Insomma fu lui a trovare la donna morta distesa nel letto, con le mani legate da una calza di seta dietro la schiena e una cinta di cuoio che le stringeva il collo. Sulle lenzuola candide, per nulla disfatte, solo una piccola macchia di sangue e soprattutto nessun segno di colluttazione. Forse per un gioco erotico, forse per compiacere il cliente si era fatta legare, ma poi non era riuscita a liberarsi e l'assassino aveva avuto vita facile strangolandola.

Agli inquirenti apparve subito un delitto insolito rispetto alle tante prostitute morte ammazzate in quel periodo, soprattutto perché non erano stati sottratti gioielli, la borsa era ancora aperta e conteneva l’incasso della giornata e gli arnesi del mestiere come un paio di calze di ricambio, un rossetto, dei trucchi e l’immancabile scatola di preservativi. Ultimo, ma non ultimo, quell’abitazione non era il posto dove Pasqua si prostituiva abitualmente. Infatti in quel palazzo borghese tutti ignoravano la sua attività, anzi erano convinti che quei signori per bene, Pasqua e Marcello, fossero regolarmente sposati. Lei del resto per salvare le apparenze svolgeva il mestiere più antico del mondo battendo i marciapiedi della Stazione Termini per poi portare i suoi clienti in una squallida pensione di via Gioberti e solo il martedì, con assoluta discrezione, tanto che la portiera dello stabile credeva fosse il padre, riceveva un signore anziano elegante e ben vestito nel suo appartamento. E proprio di martedì avvenne il delitto per cui la polizia, credendo di aver risolto in poco tempo il caso, si mise immediatamente sulle tracce di quel cliente. Rintracciò l’uomo nella sua casa di Viterbo, ma poco dopo scoprì che quel signore anziano, sposato, che era solito frequentare prostitute aveva un alibi di ferro. Quindi niente da fare. Comunque si pensò ad un cliente e non ad un ladro, la porta non era stata forzata e la borsetta aperta sul comodino non era stata rovesciata.

Dicevamo, il cadavere era stato scoperto dal fidanzato, poco dopo la mezzanotte, ma la cosa strana era che il bel Marcello era rientrato a casa all’incirca alle undici di sera dopo aver passato la serata a casa della madre a Montesacro, una zona molto distante dall’abitazione di lei. Pasqua invece aveva passeggiato prima del ritorno a casa nei dintorni della stazione. Ovvio che la prima domanda della Polizia fu per quale motivo si fosse accorto della morte della compagna solo un’ora dopo. Lui rispose che era effettivamente entrato nella stanza in penombra e vedendo la donna dormire aveva preferito non svegliarla. In aggiunta la stanza era in ordine con la vestaglia di lei appesa alla maniglia della finestra e il letto sistemato per bene. Solo nel momento di coricarsi Marcello, accendendo la luce, si era accorto del sangue che usciva dalla bocca e della cintura che stringeva il collo. A qual punto invece di chiedere aiuto ai vicini o la polizia dal telefono di casa decise di uscire e chiamare il suo avvocato da una cabina pubblica di Piazza Bologna.

Beh sì il primo indiziato fu certamente lui ed accusato anche di favoreggiamento della prostituzione venne messo sotto torchio per giorni e giorni, ma poi dato l’alibi che lo scagionava dall’aver commesso il delitto gli inquirenti si dovettero ricredere anche sull’accusa di sfruttamento della prostituzione in quanto fu accertato che lui era solito versare interamente ogni mese il suo stipendio alla povera Pasqua e che viveva dei suoi guadagni come organizzatore di avanspettacolo. Tra l’altro venne scoperto che i due stavano preparando le carte per convolare a nozze. Quindi niente autore del delitto, niente protettore e venne completamente prosciolto.

Nel corso delle indagini la polizia seguì anche la pista dovuta alla testimonianza di un tassista, che dichiarò che quella sera accompagnò Pasqua a via Belluno insieme ad un giovane di circa trenta anni, moro e ben vestito. Sembra che i due ebbero durante la corsa un litigio piuttosto acceso, ma data la difficoltà di rintracciare il giovane si pensò ad un mancato accordo sul prezzo della prestazione sessuale, circostanza che secondo la polizia non poteva certo essere considerata un movente. Il fatto che Pasqua, nella casa dove conviveva col suo compagno, non riceveva i clienti tranne il signore di Viterbo, non fu presa in considerazione.

Non era certo la prima prostituta ammazzata, ma il caso venne subito alla ribalta e ripreso nei suoi aspetti morbosi dai grandi giornali. Pagine e pagine di inchiostro saziavano ogni giorno la curiosità dei lettori avanzando il classico movente della gelosia e addirittura l’ipotesi di un rapporto lesbico con la sua amica e collega Gianna Rais. Pasqua da lì a poco avrebbe dovuto sposare Marcello per cui Gianna accecata dalla gelosia avrebbe compiuto il delitto. Del resto solo una donna, scrivevano i giornali, poteva essere l’autrice di quel delitto osservando la delicatezza del fiocco della calza di seta che legava i polsi di Pasqua. Ma rimase solo un’ipotesi perché in realtà nessuno venne mai a capo della storia e il delitto rimase irrisolto come molti altri commessi in quegli anni a Roma, nelle vicinanze della stazione, a danno di prostitute.








L'articolo è a cura di Adamo Bencivenga
FONTI:

https://opinione.it/politica/2015/08/07/randazzo_politica-07-08/
Enzo Rava - Roma in cronaca nera















 
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