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RACCONTI D'AUTORE
 

 

Ho visto Chiara far l'amore
"Ho visto Chiara saltare tra le caselle di una campana, l’ho vista tirare il sasso e volteggiare come una piuma, attenta a non calpestare le righe di gesso bianco..."






Ho visto Chiara saltare tra le caselle di una campana, l’ho vista tirare il sasso e volteggiare come una piuma, attenta a non calpestare le righe di gesso bianco, per non pagare pegno e contare fino a otto, e vincere ed abbracciare il suo piccolo moroso.
E poi mano nella mano l’ho visti scomparire tra le foglie e le sterpaglie della casa in riva al mare, e lei stanca a riposare dietro il gelso antico, all’ombra di un tramonto, che la tingeva gialla, e si lasciava asciugare il sudore della pelle, dalle parti dei suoi seni, acerbi come mele, che offriva a quella bocca, timida e inesperta, che non sapeva cosa fare, che non aveva mai visto.

Se ci fossi stato io, sospirai alla finestra, avrei toccato i tasti giusti delle note del piacere, scivolando tra gli accordi dei suoi gemiti più caldi, per poi baciarla tra le gambe e prepararla all’amore.
Se ci fossi stato io, ma io lì non potevo stare, perché ero il suo patrigno, marito di sua madre, perché lei un’adolescente nel candore dei suoi anni, anche se da quella volta confidai nel destino, dividendo in qualche modo il nostro complice segreto.

Perché ho visto Chiara nuda, lasciarsi poi andare e tra gemiti e carezze sentirsi donna fatta, per quel poco di rossetto, per quel contorno agli occhi e quella gonna così corta pronta per l’amore. E l’ho vista poi tremare e puntare i piedi a terra, e schiudere le gambe come petali al sole, e donare la sua rosa e invitarlo nel suo regno, urlando a quel piacere, il primo fino in fondo.

Se ci fossi stato io, ma io lì non potevo stare, e mentre la guardavo mi rendevo conto, di quanto fossi fortunato per averla vista, perché sua madre non doveva mai sapere, che avevo visto Chiara far l’amore e che non era stato solo un bacio, e che tra quelle gambe era successo poi qualcosa quando una luce gialla sfumava all’orizzonte.

L’ho vista poi guardarsi intorno e rivestirsi in fretta, salutare il suo moroso e tornare dalle amiche, giocare alla campana e vincere ancora e con il fiato in gola poi scappare verso casa sperando che nessuno l’avesse vista prima.
Tranne me che dalla finestra non avevo perso nulla e quando glielo dissi lei piangendo negò ogni cosa, dicendo che ero matto, che non era vero, finché poi s’arrese e mi pregò di stare zitto, temendo che sua madre stesse ad ascoltare e strappando la promessa che non avevo visto niente.

Ma io sì che avevo visto Chiara far l’amore e conservo geloso ogni piccolo dettaglio, il posto, l’ora, il gelso, il gioco e la campana, il seno di fanciulla come un nocciolo di pesca, le sue gambe aperte, come tana delle talpe. Eh sì che l’ho vista nuda ansimando a quel piacere, ed ora cerco di non scordare ogni prova del ricatto, che ogni giorno le ricordo per tenerla stretta, per tenerla pronta e decidere il momento.

Perché lei sa che il tempo è un nostro amico, e un giorno mi sazierò di quel piccolo miraggio, anche se non sarò il primo, anche se da quelle parti è già passato il primo treno. Un giorno sarà mia, di nascosto da sua madre, e spaierò i suoi capelli contro il gelso antico, e lei si offrirà all’amore, quello vero e più maturo, pensando quanto dolce sia stato quel ricatto.

Mi amerà perdutamente nonostante i miei anni, ringraziando le mie mani, adatte al suo bisogno ed io mi inginocchierò bramando il suo tesoro ed assaggerò quel miele puro che sgorgherà sulle mie mani. E berrò da quella fonte come acqua di sorgente, sfamando la mia smania ogni giorno più impaziente che si gusta quell’attesa che prolungo e poi rimando, immaginando quel sapore troppo identico a sua madre.






Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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