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STORIE VERE
 

MIA COGNATA LUISA
Luisa 37 anni, occhi da cerbiatta, mora e siciliana, sorella di mia moglie, bella, formosa e mediterranea
 



 


 
Luisa 37 anni, occhi da cerbiatta, mora e siciliana, sorella di mia moglie, bella, formosa e mediterranea, mi sono sempre chiesto come avesse fatto a sposare mio cognato Arturo, un uomo senza vitalità, senza un minimo di energia e interessi, insomma tutto pantofole e divano. Geloso come tutti i siciliani avrebbe voluto che la moglie rimanesse in casa senza avere rapporti col mondo esterno. Almeno questo pensavo senza conoscere affatto mia cognata. Del resto loro abitavano a quasi 900 km di distanza e finora avevamo avuto solo poche occasioni per incontrarci.
Quando mia moglie Cristina mi confidò che la sorella aveva dei problemi col marito e che la sua aspirazione era fuggire da quel mondo, andare lontano, stabilirsi al nord, trovare un lavoro e cominciare una nuova vita, non mi sorpresi affatto e conoscendo lo spirito libero di mia moglie pensavo che sua sorella lo facesse esclusivamente per sentirsi viva.

Le due sorelle si sentivano ogni giorno al telefono e Cristina mi metteva sempre al corrente della situazione così seppi che suo marito aveva perso il lavoro di ingegnere nautico e che per andare avanti dovevano contare sull’aiuto economico di mia suocera. Questo peggiorò i rapporti tra moglie e marito finché qualche mese dopo e precisamente una mattina di dicembre poco prima di Natale seppi che Luisa aveva deciso di separarsi e che temporaneamente sarebbe venuta a stare da noi. Beh sì una decisione drastica, ma secondo lei non sarebbe stato più possibile recuperare quel rapporto, per cui essendo senza figli e avendole provate tutte a mia cognata non rimase che abbandonare quella casa. Dal giorno stesso, insieme a mia moglie, pensammo a come ospitarla nel migliore dei modi decidendo così di riservarle la mansarda della nostra villa, così da lasciarle un po’ di privacy e favorire il suo ambientamento.

Non la vedevamo da tre anni e quando giunse da noi ci apparve tutt’altro che una donna provata dalle difficoltà. Socievole e sempre sorridente mi colpì la sua leggerezza e il suo modo giocoso di prendere la vita. Cristina abbracciandola, da sorella maggiore, le disse quanto approvasse la sua scelta e che vivendo al nord avrebbe dimenticato in poco tempo il suo passato non certo piacevole. Luisa ringraziandola le rispose quanto la sua non fosse stata una scelta facile avendo dovuto combattere contro la mentalità dei genitori e parenti che avrebbero voluto che lei rimanesse lì ed avesse dato ancora qualche chance a quello che ormai considerava il suo ex marito.

Dal giorno dopo mi diedi da fare per trovarle un lavoro e fissandole un colloquio con un mio vecchio amico, il titolare del supermercato dove andavo spesso a fare la spesa, mentre mia moglie si preoccupò di inserirla nella nuova vita dedicandole gran parte della giornata, facendole conoscere le sue amiche e portandola nei migliori centri commerciali a fare shopping e regalandole dei vestiti.

Luisa era venuta a nord con solo una piccola valigia e col solo vestito che aveva indosso, ma dopo due settimane con l’aiuto di mia moglie si trasformò in una meravigliosa e affascinante signora e, lasciandosi alle spalle le mille difficoltà, divenne una donna più sicura di sé e consapevole della sua bellezza. Non tanto alta, viso tondo, labbra carnose, pelle vellutata scura, come se fosse perennemente abbronzata, un paio di gambe da far invidia ad una modella, un seno meraviglioso, insomma pensai che avesse tutti gli ingredienti per rifarsi una vita dalle nostre parti e che non le sarebbero mancati corteggiatori che le avrebbero potuto assicurare una vita agiata.
Dopo qualche giorno stentavo a riconoscerla, anche perché, per non farsi mancare niente, aveva scelto dei vestiti aderenti che mettevano in risalto le sue curve armoniose, insomma uno splendore che mi fece a dir poco viaggiare con la fantasia.

La cosa mi fece un certo effetto anche perché, nonostante il rapporto con mia moglie fosse il più delle volte noioso e non appagante, non avevo mai preso in considerazione qualche scappatella e tanto meno una relazione fuori dal matrimonio. Durante i miei quasi vent’anni con Cristina i miei voli pindarici finora erano rimasti solo pura fantasia, ma il fatto di vedere girare una donna così affascinante nella mia casa mi fece dubitare della mia fedeltà e, lo ammetto, a desiderarla.

Certo sì, nel mio stato d’animo altalenante pensavo, se fosse successo, alle tante difficoltà, ai sensi di colpa e alle proibizioni morali in quanto cognata, ma era proprio questo che faceva amplificare in maniera smisurata il mio desiderio e rinvigoriva in me il senso del proibito e dell’inaccessibile.

Più di una volta mi soffermai a pensare che la storia della moglie vessata e incompresa non fosse del tutto vera. C’era qualcosa che non riuscivo a capire, anche perché lei continuava a presentarsi sexy e provocante, con ampie scollature e vestiti trasparenti che non davano adito a dubbi. Vedendola cosi esuberante e sensuale il mio pensiero era stato quante volte avesse già tradito suo marito e che la causa della sua separazione non fosse poi tanto diversa.

A cena di solito il discorso andava spesso sui rapporti con suo marito, lui del resto la chiamava ogni giorno pregandola di tornare, e che le cose prima o poi si sarebbero appianate. Arturo si era trasferito nella casa dei suoi genitori e avendo rinunciato a cercare lavoro non aveva modo di inviarle qualche soldo per le piccole spese. Alla fine di quelle telefonate lei si lasciava andare piangendo sulla spalla della sorella e ogni volta mia moglie la rassicurava dicendole che nella nostra casa non le sarebbe mancato niente fino a quando non si fosse sistemata col lavoro e fosse stata in grado di mantenersi da sola.

Quando una sera le diedi la bella notizia che il titolare del supermercato l’avrebbe ricevuta per un colloquio di lavoro lei si alzò da tavola, mi venne vicino e mi abbracciò: “Grazie, non smetterò mai di ringraziarti.” Disse. Quel contatto fisico non mi lasciò indifferente, tanto che per riprendermi andai in bagno inventandomi una leggera indisposizione, ma in realtà non volevo che mia moglie si accorgesse dell’effetto di quell’abbraccio. Rimasi lì dentro per buoni cinque minuti e inaspettatamente quando uscii mi ritrovai mia cognata sulla porta.

“Scusami tanto, ho creato un casino a casa tua e per giunta sto vivendo sulle vostre spalle… Sono contenta per il posto di lavoro, ma, se verrò assunta, dovrà passare ancora tanto tempo prima di ricevere il primo stipendio.” Sì in effetti aveva ragione, a conti fatti ancora due mesi e sicuramente lei non sopportava non essere autonoma. Allora la fissai negli occhi e la rassicurai: “Luisa non preoccuparti, anzi se hai bisogno di qualcosa non farti scrupoli, magari non dire nulla a Cristina, ti aiuterò io personalmente.” Poi con aria complice aggiunsi: “Ovviamente non devi ridarmi nulla…”

A quelle parole lei riacquistò il suo splendido sorriso e disse: “Davvero posso contare su di te?” Non feci in tempo a rispondere che mi abbracciò di nuovo e questa volta con tanto di bacio sulla guancia. Ero sconvolto, a malapena risposi di sì e lei aggiunse sussurrandomi all’orecchio: “Saprei come ringraziarti…” A quel punto non mi feci scappare l’occasione e le dissi che il giorno dopo le avrei fatto avere un anticipo, ma non volendo che Cristina sapesse le dissi di farsi trovare alle tre del giorno dopo davanti al supermercato inventando a sua sorella una qualche consegna di documenti per il nuovo lavoro. Ovvio era una scusa per incontrarla da sola e sapere quanta disponibilità ci fosse in quella donna e come si sarebbe sdebitata.

Arrivai cinque minuti prima e quando la vidi le feci cenno di sbrigarsi e salire in macchina. Ripartii a gran velocità senza meta, ma il mio scopo era solo quello di allontanarmi da lì anche perché la mia bella cognata si era più che superata indossando una gonna bianca inquinale con un paio di calze a rete nere che risaltavano le sue gambe. Sopra portava una camicetta sempre bianca che lasciava intravedere il merletto del reggiseno ed una catenina d’oro con appesa l’immagine di Santa Rosalia che dondolava nell’incavo del suo seno abbondante.

Le dissi che incontrarci in quel posto non era stata un’idea intelligente, ma che ero stato costretto perché lei non conoscendo la città si sarebbe potuta perdere. Lei mi chiese: “Perché avevi timore di non incontrarmi? Guarda che sono io a ringraziarti per quello che mi hai promesso. Senza di te non avrei saputo come fare, anzi avevo quasi deciso di tornare al mio paese!” Quasi non le feci finire la frase: “Ma sei matta? Hai fatto tanto per allontanarti e ora vuoi rinunciare alla tua libertà? Senza contare che ci daresti un dispiacere enorme…” Lei mi guardò incredula: “Davvero ti dispiacerebbe se andassi via?” Ed io: “Ti ripeto puoi contare su di me, i soldi non sono mai stati un problema…” Lei sorrise e disse: “Dove mi porti?” Le risposi che non avevo contanti appresso per cui le avrei firmato un assegno e per farlo avremmo dovuto appartarci in un posto tranquillo perché entrare in un bar sarebbe stato pericoloso: “Ti dispiace se fermo la macchina in un posto lontano da occhi indiscreti?” Lei non ebbe obiezioni anzi mi disse: “Oggi sono a tua disposizione…”

Lasciai cadere nel vuoto il sussurro malizioso anche perché lei, rilassandosi sul sedile e muovendo le sue belle gambe, aveva fatto in modo che spuntasse magicamente dal nulla il bordo intrigante della sua calza a rete. Feci un lungo respiro profondo e mi chiesi quanto fosse casuale quella scelta e quel movimento. Era evidente che quell’anticipo per lei fosse di vitale importanza e ci tenesse così tanto da non trascurare nulla.

Quando mi ripresi dall’incantevole visione e indicando con lo sguardo la calza le dissi: “Lo sai vero che sei una splendida donna?” E lei maliziosa rispose: “Per così poco? Non dirmi che Cristina non le usa?” Comunque dai smettila non farmi troppi complimenti che potrei anche crederci.” Presi la palla al balzo e replicai: “Sono io che non posso credere a come faccia tuo marito a trascurarti, mi sembra così assurdo…” E lei: “Lui è un uomo all’antica, considera la donna di sua proprietà per cui si crede libero di fare di me ciò che vuole, anche trascurandomi.” Ed io: “Sei lucente come una stella ed hai bisogno di un uomo che ti lasci splendere.”
Accusò il complimento e subito dopo si tolse il giacchino poggiandolo sul sedile posteriore, era a dir poco magnifica, alla visione di quelle curve accelerai finché fermai la macchina lungo una stradina isolata in mezzo alla campagna. Lei guardandosi intorno e sganciando la cintura di sicurezza disse sorridendo: “Qui di sicuro non ci noterà nessuno…”

Presi il blocchetto degli assegni e ne firmai uno dicendole di aggiungere lei la cifra che le sarebbe servita per il mese. Lei non se lo fece ripetere e disse: “Sono troppi duecento euro?” Risposi che mi sembrava troppo poco. Lei sorrise, mi fissò negli occhi e subito dopo mi abbracciò: “La tua generosità mi sconvolge, ma non voglio approfittare.” Dio quanto era tenera! Le accarezzai la spalla e le dissi: “Cosa ci fai con duecento euro per due mesi? Qui al nord la vita costa cara.” Lei cambiò espressione si fece seria e disse: “Senti mio caro cognato, io sono fatta così, non voglio regali, la vita mi ha insegnato a meritare ogni piccolo favore che ricevo e in caso a sdebitarmi come posso, per cui facciamo così, ogni qualvolta mi serviranno te li chiederò, per ora va bene così…” Non capivo, cercai di insistere e lei mi poggiò delicatamente un suo dito sulle mie labbra e aggiunse: “Ma siete tutti così al nord? Pensa che mio marito quando lavorava mi dava i soldi con il contagocce e la sera dovevo anche giustificare le spese che avevo fatto.” Poi continuò parlando delle tante litigate e di quando le aveva alzato le mani lasciandole segni evidenti sul viso e sulle cosce. Ricordando quel momento si commosse e iniziò a piangere ed io la strinsi a me baciandole i capelli e sentendo chiaramente il calore del suo corpo. Lei tra i singhiozzi mi sussurrò: “Stringimi più forte.” Lo feci cercando con le labbra l’angolo della sua bocca e a quel punto asciugandole le lacrime presi coraggio e la baciai. Lei non disse nulla, anzi aprì leggermente le labbra e disse: “Sei molto caro sai, ma credo che sia una pazzia continuare…” Risposi che una pazzia in quel momento sarebbe stata non sentirla mia: “So bene che ora starai pensando a tua sorella, ma giuro io voglio aiutarti e proteggerti. E questo deve essere un segreto tutto nostro, come l’assegno.” E lei: “Lo so, lo so, ma non voglio sentirmi in debito.” Poi aggiunse “Io sono venuta qui per cambiare vita e voglio fare la brava. Che ne direbbe Cristina se sapesse che ci siamo baciati?” Dopo quel bacio ero su di giri e dissi: “Occhio non vede, cuore non duole.” Lei sorrise, poi per tranquillizzarsi rispose: “Beh sì dai in fondo è stato solo un bacio… Spero sia sufficiente, anche se non credo che tu sia d’accordo…”

In effetti non lo ero e allora presi l’occasione al volo ed appoggiai la mano sulla sua gamba: “Luisa, ti stai già sdebitando.” Strinsi quella meravigliosa coscia iniziando a salire verso il paradiso e massaggiandole calza e pelle. Lei seguì la mano con lo sguardo e mi chiese: “Ma davvero ti piaccio? Secondo me Cristina è molto più bella di me!” Non so se fosse una provocazione o davvero lo pensasse, ma non ebbi dubbi a rispondere che non era una questione di bellezza, ma del fatto che essendo mia cognata mi sentivo un po’ a casa tra quelle cosce. Dissi: “Luisa mi sei sempre piaciuta, fin dalla prima volta che ti ho vista, il giorno del tuo matrimonio…” Beh forse era troppo, la frase risultò un po’ forzata e per non farla pensare arrivai al dunque sfiorando la sua mutandina, così leggera che non mi fu difficile percepire il caldo del suo piacere. Lei non fermò la mano anzi fece un piccolo movimento come per agevolarmi e disse: “Anche tu mi sei sempre piaciuto, così diverso da mio marito!” A quelle parole mi chinai verso il suo seno, slacciai due bottoni della camicetta, avvicinai la mia bocca e affogai il mio viso nell’incavo delle sue tette enormi.

Ero in estasi, lei mi prese la testa e la strinse a sé, poi però bloccandomi mi disse: “No, no, non funziona così… Sono io che devo farti un regalo!” E senza aspettare una mia riposta si divincolò dal mio abbraccio, chinò il viso verso i miei pantaloni, aprì la cerniera e da vera esperta, distendendosi alla meglio, cominciò a baciare il mio piacere. Le sue labbra umide e vellutate, ma decise, lo avvolsero lasciandomi senza respiro, al punto che le dissi: “Dio mio, ma dove hai imparato ad essere così esperta?” E lei: “Non credere che abbia avuto solo mio marito!” Ed io: “Voglio sapere tutto di te!” Lei sorrise e per dimostrarmi quanto fosse brava accelerò e rallentò, a volte strappando altre scivolando con la lingua. Cercai di trattenermi, ma lei, concentrata sul mio piacere, continuò a baciarmi e sollevando la gonna mi sussurrò: “Guardami il sedere! Ti piace vero? Dimmi che lo desideri!” Oddio ero in paradiso, quel filo del perizoma che scompariva nella sua carne morbida e soprattutto la prospettiva di averlo tutto per me mi fece perdere il controllo e dopo un attimo lanciai un urlo e venni nella sua bocca come un adolescente alle prime armi. Stavo per chiederle scusa ma lei mi anticipò dicendo maliziosamente: “Sai di buono…”
Era durato all’incirca un minuto e tentai di farmi perdonare almeno per la durata, ma lei con la mano mi fece cenno di non parlare continuando a stringerlo tra le labbra fino a quando non raggiunsi lo stato di riposo. Poi tirò fuori un fazzoletto dalla borsa e si pulì alla buona: “Spero ti sia piaciuto…” Non seppi cosa rispondere, ero sconvolto! Le risposi che mai nella mia vita avevo provato un piacere così intenso e soprattutto in pochissimo tempo.

Dopo un attimo mi disse: “Davvero lo vuoi sapere perché sono brava?” Poi aggiunse: “Anche se non ti farà piacere?” Annuii e fu lì che venne fuori la vera storia di Luisa: “Non è vero che sono andata via perché mi sono separata da mio marito e non è neanche vero che io sia sua succube. Con mia sorella ho dovuto fare la parte dell’incompresa, ma in realtà le cose sono andate diversamente. Quando mio marito ha perso il lavoro, mi sono messa in gioco e mi sono data da fare, qualcuno doveva pur portare i soldi a casa! Dapprima sono andata a fare la commessa in un negozio di abbigliamento, ma la paga mensile era misera, lì ho conosciuto un uomo molto signorile e benestante. Ci sono uscita qualche volta e alla fine sono diventata la sua amante, ma il suo scopo era un altro. Infatti, sapute le mie difficoltà, mi ha proposto un altro tipo di lavoro in una casa privata. Mi disse: - Sai, io frequento una cerchia di amici che non desiderano avere noie ma allo stesso tempo non disdegnano la compagnia di belle donne. E tu sei bella e riservata, per cui potresti usare la tua bellezza per vivere felicemente. Molte donne lo fanno. -”
Iniziavo a intuire, ma le chiesi: “Che tipo di lavoro?” Lei sorrise: “Ti vedo impaziente, aspetta. Non credere che non sapessi cosa mi aspettasse, ma la ricompensa era molto alta per cui quando quel signore mi prospettò di essere carina con qualche suo conoscente non dissi di no. Credevo di fare le cose di nascosto, a mio marito dicevo che in quella abitazione signorile facevo i servizi di casa, ma in realtà la situazione mi è scappata di mano per cui quando la cosa è arrivata all’orecchio di mio marito sono dovuta andare via perché in paese tutti sapevano chi mandava avanti la famiglia e cosa facevo.”

Incredulo le dissi: “Ma ti prostituivi?” Lei diventò rossa: “Guardami cognato, secondo te ho la faccia di una puttana?” Beh no, aveva un viso così dolce che a stento credevo alle sue parole. “Diciamo che quel signore molto gentile mi ha messo a disposizione quella casa per incontrare persone fidate, ma non erano dei veri e propri incontri di sesso. Alle volte si parlava soltanto e loro mi confidavano i propri disagi familiari. Diciamo che erano né più né meno che rapporti intimi d’amicizia. Ti prego non pensare male! Erano tutte persone insospettabili e abbastanza anziane come un suo amico barone, il suo medico di famiglia, il figlio del sindaco, il suo socio in affari ecc. Loro mi facevano qualche regalino che ovviamente accettavo.”

Sentivo che stava cercando di indorarmi la pillola e che a tutti gli effetti si era concessa a pagamento. Dissi: “Faccio fatica a pensare alla differenza tra un normale rapporto di sesso con una escort e quelle che tu chiami rapporti d’amicizia…” E lei: “Beh sì vero, non c’era molta differenza a parte l’ambiente raffinato e i desideri di quegli uomini che alle volte preferivano più guardarmi e parlare che fare sesso, ma alla fine il letto lo scaldavo eccome! Ma più che puttana mi sentivo la loro amante.” Ero incredulo: “E tu come ti sentivi in quei momenti?” Luisa sospirò e disse: “Portavo i soldi a casa e non vivevo alle spalle dei tuoi suoceri per cui per me bastava quello per non pensarci. Secondo me era più dignitoso quel lavoro che farsi mantenere dai miei suoceri come invece avrebbe preferito mio marito. Insomma più che un piacere lo sentivo come un dovere, e poi come in tutte le cose poi ci fai l’abitudine. Quando mi concedevo pensavo ad altro e la mia soddisfazione non era di certo la soddisfazione sessuale, ma il fatto che quei ricchi signori, nonostante non fossi una professionista, facessero la fila per venire con me. Poi però, Arturo ha iniziato a sospettare, il mio tenore di vita era molto alto e a casa non mancava mai nulla. Poi tramite un conoscente in comune, ha scoperto tutto e da lì la situazione è precipitata. Ora sai perché sono dovuta venire a Nord, ma ti prego non dire nulla a mia sorella! Di certo non ne vado fiera.”

La rassicurai e guardandola mi strappò dalle mani più di una carezza, era di una dolcezza disarmante, ma la curiosità mi mangiava vivo e allora le chiesi: “Quindi hai avuto più di una storia?” E lei: “Che importa quante?” A giudicare da come si era presentata e da come mi aveva fatto godere insistere sul numero sarebbe stato superfluo e allora le chiesi: “Posso sapere quanto chiedevi?” Lei sorrise: “Più o meno quanto ho chiesto a te!”







Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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