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STORIE DI ROMA
 
 
SANGUE SUL TEVERE
UN TRIANGOLO DI MORTE:
LA PROSTITUTA, SUO MARITO E L'AMANTE PROTETTORE
Roma 1969, sulle rive del Tevere vengono trovati due cadaveri fatti a pezzi. Di chi sono? E chi è l'autore di quel duplice assassinio?



 


Corre l’anno 1969, i romani si preparano allo sbarco sulla luna e molti di loro per non perdersi il grande evento camminano già con il naso in su. La radio manda la “Storia d'amore” di Celentano e “Lisa dagli occhi blu” di Mario Tessuto, ma il mondo sta cambiando e da lì a poco ci sarà il concerto di Woodstock che rappresenterà qualcosa di più di un semplice evento musicale, un fenomeno sociale che segnerà un’intera generazione.

Dicevo corre l’anno 1969 e precisamente è il ventuno giugno quando a Roma uno straccivendolo, passeggiando lungo le rive del Tevere nei pressi di ponte Marconi, trova in un canneto due corpi fatti a pezzi, avvolti in due sacchi di juta.

La polizia pensa subito ad uno squilibrato, un mostro che ha tagliato a pezzi i corpi con una sega. Sono solo resti scomposti e le possibilità di identificare le vittime sono scarse mancando tra l’altro una testa. Ma grazie alle impronte digitali di una delle quattro mani la polizia riesce a risalire a Graziano Lovaglio un trentunenne registrato negli archivi della questura di San Vitale come pregiudicato e nullafacente. L’altro corpo è della moglie, al secolo Teresa Poidomani una trentenne schedata come prostituta, madre di due figli.

Le indagini vanno avanti e la polizia scopre che la coppia abitava in Via Cutilia al numero 51 in zona San Giovanni e riuscivano a sbarcare il lunario grazie al lavoro di lei. Teresa di origini siciliane è nata a Roma, a vent’anni fa la cameriera, sognaa un giorno di sposarsi e mettere su famiglia, ma il destino vuole che ad una festa conosce un ragazzo che la mette incinta e poi l’abbandona. Alla fine della fiera si ritrova senza lavoro e con un bambino da crescere. A quel punto sceglie la strada della disperazione ossia il marciapiede. E quel marciapiede è nella zona dell’Eur, in via delle Tre Fontane. Certo lei non è una bellezza, piccola di statura, in carne, ma con gli uomini ci sa fare e poi è ancora giovane. Batte Teresa, dal tramonto fino a notte inoltrata, e intanto cerca un lavoro illudendosi che da lì a poco smetterà di fare quella vita. Ma giorno dopo giorno scivola ancora più in basso finché conosce quello che sarà a breve suo marito: Graziano Lovaglio. Mettono su famiglia e vanno ad abitare in via dell’Acqua Bullicante, nei dintorni di via Casilina. Con Teresa a casa, Graziano all’inizio prova a fare il muratore, ma quel lavoro troppo faticoso non fa per lui per cui decide di mantenere moglie e figlio di lei con piccoli furti, ma viene preso e arrestato. A quel punto, dopo la nascita del secondo figlio, Teresa non può fare altro che tornare a battere con la benedizione dello stesso Graziano che a conti fatti gli pare più comodo vivere sulle spalle della moglie.

Ma Graziano non ha stoffa e nemmeno spina dorsale per fare il magnaccia, lui si limita tutte le sante sere ad accompagnare Teresa al posto di lavoro, per poi riprenderla poi in piena notte. Insomma lui non è adatto per il lavoro sporco per cui, dopo varie controversie della moglie con delle sue colleghe, pensa bene di rivolgersi al suo amico “Vincenzino”.
Vincenzo Teti di 38 anni è robusto e sicuramente un tipo manesco che si vanta di fare l’attore a Cinecittà, ma in realtà ha fatto solo qualche comparsa nei film western di Sergio Leone. Ufficialmente fa il tappezziere, ma come protettore ha avuto qualche esperienza essendo fidanzato con una certa Anna. L’aveva conosciuta anni prima, se ne era innamorato e l’aveva tolta dal marciapiede.

Sta di fatto che con la protezione di Vincenzino gli affari di Teresa vanno a gonfie vere. Lei comincia a guadagnare bene, tanto che si compra una Mini Morris e dopo qualche mese il suo conto in banca segna all’attivo cinque milioni di lire.

Insomma tutto bene, ma il problema è che Vincenzo da protettore è diventato anche il suo amante per cui quella vita di coppia si trasforma in un ménage a trois con il risultato che Teresa con il suo lavoro deve mantenere due uomini e che suo marito Graziano giorno dopo giorno comincia a perdere ogni autorità. E da qui, secondo i vicini in quell’appartamento di via Cutilia, non passa giorno che non ci accendano liti furibonde.

E nel corso di una di queste liti, appunto quel 21 giugno del 1969, succede l’irreparabile. Essendo l’onomastico di uno dei due figli, quella sera Teresa decide di non andare al lavoro, anzi organizza una specie di festicciola con il marito, i due ragazzi e l’immancabile “zio Vincenzo”. Tutti e tre alzano il gomito e quando i ragazzi vanno a dormire esplode una lite violenta fra marito e moglie. La materia del contendere è sempre la stessa, i soldi e la paura di Graziano di essere fatto fuori da quel ménage, del resto per lui Teresa è l’unica fonte di guadagno e di sopravvivenza.

Per farla breve ad un certo punto Graziano, deriso dalla moglie, rompe il collo di una bottiglia di spumante e assale Teresa minacciandola. Vincenzo a quel punto, per difendere la donna, si alza, afferra un coltello con la lama seghettata di 30 cm, va incontro all’uomo e lo uccide. Teresa grida, lo accusa di essere un assassino, nella casa vi è un trambusto infernale e a quel punto, forse per zittire la donna o forse per eliminare uno scomodo testimone, Vincenzo strangola Teresa.

Preso dal panico e con la speranza che i vicini si siano resi conti di ciò che è davvero successo in quella casa, seziona i due corpi facendoli a pezzi in modo da mettere i resti in due sacchi. Poi a notte fonda carica i due sacchi di iuta nella Mini Morris e girando per la città si ferma vicino a Ponte Marconi, dove getta il tutto nelle acque del Tevere.

Poi torna in quell’abitazione, ripulisce come può l’appartamento e non contento, nei giorni successivi, sostituisce perfino la carta da parati sporca di sangue. Ma Vincenzo non è molto intelligente e come un Pollicino sparge tracce in giro al punto che fa lavare i suoi pantaloni sporchi di sangue alla sua fidanzata, impegna l’anello di Teresa al monte di Pietà per duecentomila lire e continua a pagare l’affitto della casa sostenendo che i suoi parenti avrebbero lasciato l’appartamento per un imprecisato viaggio e insospettendo così il padrone di casa. Non solo, sposa la sua fidanzata Anna, e per rifarsi una vita si trasferisce in un’altra casa sempre nello stesso quartiere, ma incredibilmente l’arreda con i vecchi mobili di via Cutilia!

La polizia ormai è nelle sue tracce e nel corso degli interrogatori, lui messo alle strette cerca di difendere l’indifendibile, si contraddice, accusa, tenta un finto suicidio, nega di essere stato presente in quella casa, poi ricostruisce a suo modo i fatti, ammette di aver assistito, giurando però che è stato Graziano ad ammazzare Teresa, che poi si sarebbe suicidato, e lui spaventato e col timore di essere incolpato ingiustamente fa a pezzi i due cadaveri e li butta nel Tevere. Poi ammette di aver commesso un solo assassinio, ossia di aver ucciso lui per difendere lei.

Insomma ci sono prove a sufficienza per rinviarlo a giudizio e sottoporlo ad un processo che decreterà una condanna definitiva a trent’anni di carcere e solo nel 1985 ottiene la semilibertà.








L'articolo è a cura di Adamo Bencivenga
FONTI:

https://www.poliziaedemocrazia.it/archivio/live/index-476.html
Enzo Rava - Roma in cronaca nera















 
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