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REPORTAGE
 

HONNY SOIT QUI MAL Y PENSE

Il Ballo di Corte e l’Incidente della Giarrettiera
Il Nobilissimo Ordine della Giarrettiera risale al Medioevo ed è il più antico ordine cavalleresco del Regno Unito. Tradizionalmente si indica come anno di fondazione il 1348, quando, secondo la leggenda, durante un ballo a corte, la contessa Giovanna di Kent perse una giarrettiera...


 


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Correva l'anno 1348 quando, in una serata d’autunno, il palazzo di Eltham si illuminò di torce e candelabri per un fastoso ballo di corte. La sala grande, con le sue alte volte di pietra e gli arazzi ricamati che narravano le gesta di antichi re, era un tripudio di colori e suoni. I musici, nascosti in un angolo, pizzicavano liuti e suonavano flauti, mentre le note di una pavana si intrecciavano con il brusio delle conversazioni. Nobili in vesti di velluto e seta, ornate di pellicce e gioielli, si muovevano con grazia, seguendo i passi intricati delle danze medievali. L’aria profumava di cera bruciata, rose fresche e vino speziato.

Al centro della sala, Giovanna di Kent, nota per la sua bellezza e il suo spirito vivace, danzava leggera come una piuma con un aitante cavaliere. Indossava un abito di seta verde smeraldo, con maniche lunghe che si allargavano ai polsi e una gonna ampia che fluttuava a ogni giro. I suoi capelli biondi, raccolti in una rete d’oro tempestata di perle, brillavano sotto la luce delle candele.

Mentre la danza raggiungeva il suo apice, un movimento troppo rapido fece scivolare lungo la gamba di Giovanna una giarrettiera di seta azzurra, delicata e scandalosamente intima. Con un fruscio quasi impercettibile, l’oggetto cadde sul pavimento di pietra, un lampo azzurro tra le ombre.

Quella giarrettiera non era un semplice accessorio, ma un oggetto che incarnava l’eleganza e l’audacia della moda del XIV secolo. Realizzata in seta pura, di un azzurro profondo che richiamava i colori della nobiltà, era lunga circa trenta centimetri, abbastanza da cingere la coscia senza scivolare. Il ricamo, eseguito con fili d’oro, raffigurava gigli intrecciati, un motivo che evocava la purezza ma anche la regalità, un sottile messaggio di potere. Il pizzo, finissimo e quasi trasparente, correva lungo i bordi, dando un effetto di leggerezza, come se la giarrettiera potesse dissolversi al tocco. Il fiocchetto, annodato a mano, era un dettaglio civettuolo, mentre il ciondolo d’argento a forma di rosa, simbolo d’amore e segretezza, aggiungeva un tocco personale, quasi un segreto tra Giovanna e chi avesse avuto l’ardire di notarlo.

La sala parve trattenere il fiato. Alcuni cortigiani si scambiarono sguardi maliziosi, altri soffocarono risatine, mentre un mormorio si levava come un’onda. Giovanna con il viso improvvisamente imporporato, si fermò, incerta se chinarsi a raccoglierla o fingere di non aver notato.

Fu allora che re Edoardo III, che osservava la scena dal suo scranno rialzato, si alzò con una grazia che smentiva i suoi trentacinque anni. Alto, con i capelli castani che gli cadevano sulle spalle e un’espressione che mescolava autorità e fascino, attraversò la sala con passi decisi. Gli occhi di tutti erano su di lui. Si chinò, raccolse la giarrettiera con un gesto lento, quasi cerimoniale, e la tenne tra le dita, osservandola come se fosse un gioiello prezioso. Poi, con un sorriso che aveva un’ombra di sfida, si avvicinò a Giovanna.
“Permettetemi, mia signora…” Disse in un francese fluido, la lingua di corte. Si inginocchiò davanti a lei, e con una delicatezza che contrastava con l’audacia del gesto, fece scivolare la giarrettiera al suo posto, sfiorando appena la seta della sua gonna. Giovanna lo fissò, incapace di distogliere lo sguardo dai suoi occhi azzurri, che sembravano vedere oltre la sua compostezza.

Il mormorio dei cortigiani si fece più forte, punteggiato da risatine soffocate. Edoardo si rialzò, il volto improvvisamente serio. Si voltò verso la sala, la giarrettiera ancora tra le dita, e alzò la voce: “Honi soit qui mal y pense!” – “Sia vituperato chi ne pensa male!” Il tono era tagliente, un rimprovero che zittì la sala. Poi, con un gesto teatrale, legò la giarrettiera al proprio polso, come un trofeo, e tornò al suo scranno, lasciando Giovanna al centro di sguardi curiosi e invidiosi.

Giovanna di Kent, nata nel 1328, era una figura di straordinaria bellezza e carisma, nota come “la Bella Vergine del Kent”. Figlia di Edmondo di Woodstock, conte di Kent, e nipote di re Edoardo I, portava con sé il peso e il prestigio di un lignaggio reale, ma anche le cicatrici di un’infanzia turbolenta. Suo padre fu giustiziato per tradimento nel 1330, quando Giovanna aveva solo due anni, lasciando la famiglia in una posizione precaria. Cresciuta sotto la protezione della corte, Giovanna sviluppò un carattere indipendente e un fascino che la rendevano irresistibile.

A dodici anni, fu data in sposa a William Montagu, un matrimonio combinato che non le impedì di mantenere la sua vivacità e frequentare altri letti che lei riscaldava con la sua esuberante femminilità. Dopo alcuni anni il matrimonio fu annullato quando si scoprì che Giovanna aveva già contratto un’unione segreta con Thomas Holland, un cavaliere di rango inferiore. Questo scandalo, che avrebbe potuto rovinarla, dimostrò invece la sua determinazione. Giovanna difese il suo amore per Holland, e il Papa alla fine riconobbe il loro matrimonio. Con Holland, Giovanna ebbe quattro figli, ma la morte del marito nel 1360 la lasciò vedova a trentadue anni.

La sua bellezza, descritta come quasi ultraterrena, e il suo spirito indomito la resero una presenza magnetica a corte. Si diceva che i suoi occhi verdi potessero “incantare un uomo con un solo sguardo”, e il suo portamento elegante nascondeva una forza d’animo forgiata dalle difficoltà.

Dopo l’incidente del ballo, qualcosa cambiò tra Edoardo III e Giovanna. Il re, affascinato non solo dalla bellezza di Giovanna ma anche dalla sua audacia e dal modo in cui aveva affrontato l’imbarazzo con grazia, cominciò a cercarla con lo sguardo durante le occasioni di corte. La giarrettiera, che aveva legato al polso quella sera, divenne per lui un talismano, un ricordo di quel momento in cui aveva sfidato le convenzioni per proteggerla.

Una notte, durante un banchetto a Windsor, Edoardo la invitò a passeggiare nei giardini del castello, lontano dagli occhi indiscreti. “Voi non temete il giudizio, mia signora,” le disse, la voce bassa, mentre le torce proiettavano ombre danzanti sui sentieri di ghiaia. Giovanna sorrise, un sorriso che nascondeva anni di battaglie personali. “Il giudizio degli altri è un fardello che ho imparato a ignorare, mio re…” Rispose, guardandolo dritto negli occhi.

Quella notte segnò l’inizio di un legame clandestino, fatto di incontri segreti nei corridoi del palazzo, lettere nascoste tra le pagine di libri e sguardi rubati durante i tornei. Edoardo, sposato con Filippa di Hainaut, trovava in Giovanna una passione che la sua vita di corte non gli offriva più. Giovanna, dal canto suo, era attratta dal carisma e dalla determinazione del re, ma anche dalla vulnerabilità che intravedeva nei momenti in cui erano soli.

Il loro amore, però, era destinato a rimanere nell’ombra. La corte, già piena di pettegolezzi, non avrebbe mai accettato una relazione così scandalosa, e Giovanna, consapevole del proprio ruolo, mantenne sempre una distanza calcolata. Quando Edoardo fondò l’Ordine della Giarrettiera, poco dopo, molti sussurrarono che fosse un omaggio a quel momento e, forse, a lei. Il motto “Honi soit qui mal y pense” divenne un monito, ma anche un simbolo del loro segreto, un legame che, pur non potendo essere vissuto apertamente, avrebbe lasciato un’impronta indelebile nella storia.

E così, mentre la giarrettiera azzurra di Giovanna divenne l’emblema di un ordine cavalleresco, il loro amore rimase un sussurro tra le mura di pietra, un fuoco che bruciava in silenzio, destinato a essere ricordato solo nei racconti e nelle leggende.

 






ARTICOLO DI ADAMO BENCIVENGA
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