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STORIA DELLA PROSTITUZIONE
Il mestiere Antico
'700 '800 '900
La coda lunga del controllo del fenomeno,
perennemente in bilico tra tolleranza e
proibizione, investe anche il settecento e i secoli
successivi
. Le forti rimostranze dei gruppi religiosi
spostano l'obiettivo ponendo l'accento specialmente
sulla diffusione della sifilide e delle malattie veneree
in genere. In molti centri cittadini le autorità
ordinarono la chiusura delle case




 

 


Le malattie

Un'ordinanza parigina prevedeva che le prostitute venissero flagellate, rasate e bandite a vita, senza alcun processo formale. Naturalmente le misure restrittive non debellarono del tutto né la prostituzione né le malattie veneree. Anzi con l'espansione dei centri urbani collegati all'industrializzazione dell'Europa assistiamo ad un forte sviluppo e nel contempo all'inefficacia delle misure restrittive.

La Prussia fu il primo paese europeo, nel 1700, ad adottare una nuova politica contro la prostituzione e le malattie: il sistema di controllo che venne varato rendeva obbligatori l'autorizzazione delle case di tolleranza, la schedatura delle loro pensionanti e i controlli sanitari. Ben presto altri paesi seguirono l'esempio.
Il governo austriaco tentò di arginare il fenomeno condannando le donne tramite un pubblico processo alla pena del taglio dei capelli e di ripulire le strade dove esercitavano il mestiere, quindi da prostitute a netturbine.
Gli studi di criminologia dell'ottocento definirono la prostituta come l'equivalente femminile del criminale: "Le caratteristiche fisiche e morali del delinquente appartengono allo stesso modo alla prostituta e c'è una grande concordanza tra le due categorie. Entrambi sono collegati a tendenze organiche ed ereditarie".


Gran Bretagna
La Gran Bretagna rese obbligatoria la visita medica alle prostitute che lavoravano nelle zone portuali e militari. Tale misura diede luogo ad una sorta di sesso sicuro ed affidabile per cui circoscrisse il fenomeno relegandolo in zone ben identificate. La nascita di questi "quartieri a luci rosse" fortificavano la concezione che le prostitute fossero un "male necessario sempre che non varcassero certi confini e non importunassero gente rispettabile.
Di pari passo fin dalla metà del 700 nacquero case di ricovero che si occupavano di riabilitare le prostitute. Questi ospizi gestiti in prevalenza da religiosi videro una grande esplosione dopo la metà dell'Ottocento.
L'idea del quartiere dedicato aveva in qualche modo circoscritto la prostituzione ma non la diffusione delle malattie contagiose per cui il Parlamento approvò una serie di misure volte a forzato controllo medico. Alle forze di polizia erano concessi poteri straordinari per identificare e registrare prostitute, costrette a subire ispezioni corporali obbligatorie. Le donne che rifiutavano di sottoporsi volontariamente potevano essere arrestate, portate davanti a un magistrato e identificate come prostitute. La schedatura ad esclusivo giudizio della polizia scatenava evidenti ingiustizie sotto forma di soprusi e ricatti. Solo a fine secolo una serie di emendamenti misero fine all'ingiustizia, grazie all'attivismo di Josephine Butler leader femminista e pioniera dei diritti civili.

La legge sul divorzio introdotta nel 1857 consentì ad ogni uomo di divorziare dalla propria moglie per adulterio, ma viceversa una donna poteva divorziare dal marito adultero solo se l'adulterio si associava alla crudeltà. L'anonimato della città portò ad un notevole aumento della prostituzione e delle relazioni sessuali illegittime.

Il dal Censimento del 1851 evidenziò lo squilibrio demografico con un 4% in più di donne rispetto agli uomini, quindi su una popolazione di 18 milioni di abitanti, almeno 750.000 donne di cui 8.600 nella sola Londra erano schedate come prostitute.

Al contrario della Francia dove la prostituzione era regolata da rigide e ferree misure in Italia nessuno si preoccupava di controllare i bordelli. Solo nel 1859 Camillo Benso conte di Cavour emise un decreto che autorizzava l'apertura di "case" in Lombardia sotto controllo diretto dallo Stato. La legge venne fatta più per un favore all'alleato francese che per dovere di regolare il fenomeno in quanto Napoleone III, in occasione dell'appoggio ai piemontesi contro gli austriaci si preoccupò che la sua truppa avesse bordelli a disposizione.

Tale decreto segna di fatto la nascita delle "case di tolleranza" (tollerate dallo Stato) in Italia seguito nel 1860 da una legge più in dettaglio che regolava la modalità di apertura di una casa, le imposte, il controllo igienico e le tariffe che al tempo andavano dalle 5 lire per le case di lusso alle 2 lire per le case popolari (cifre comunque alte se si pensa che la paga giornaliera di un operaio ammontava a 3 lire). La preoccupazione del legislatore fu quella di non trasformare le case in luoghi troppo attraenti ma di concepirle nell'esclusivo utilizzo di erogazione di servizi legati al sesso per cui fu vietata la vendita di cibo, bevande o l'organizzazione di feste e balli e quant'altro. Era inoltre vietata l'apertura delle medesime in prossimità di luoghi di culto, asili e scuole e, soprattutto, le persiane della casa dovevano restare sempre chiuse. Ecco il perché del nome "case chiuse".
Alcuni anni dopo la legge del 1860 fu emendata e allo scopo di favorire il sesso nelle case chiuse rispetto alla prostituzione libera vennero abbassate le tariffe, ridotte fino a 1 lira (50 centesimi per i militari e 70 centesimi per i sottufficiali) per le case popolari.

Il fenomeno inalienabile
Indipendentemente dalle varie legislazioni in Europa e nel mondo, la prostituzione, è considerata un fenomeno inalienabile, concepita come comportamento individuale lecito. Di contro viene comunemente condannato lo sfruttamento organizzato.
Nel 1949, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione per la soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui, affermando che la prostituzione forzata è incompatibile con la dignità umana, richiedendo a tutte le parti coinvolte di punire i protettori e i proprietari dei bordelli e gli operatori e di abolire tutti i trattamenti speciali o la registrazione delle prostitute. La convenzione fu ratificata da 89 paesi ma la Germania, i Paesi Bassi e gli Stati Uniti non parteciparono.

italia
Nei primi anni del nuovo secolo e soprattutto con l'avvento della cultura fascista i bordelli (chiamati così perché situati ai bordi delle città) diventano icone di virilità e celebrazione del maschio.

Il funzionamento delle case chiuse era molto semplice. La tenutaria generalmente ex prostituta, reclutava le "pensionanti". Generalmente rimanevano quindici giorni. Prendevano il 50% della marchetta, il resto andava alla tenutaria. Il numero delle prestazioni giornaliere di ciascuna prostituta si aggirava attorno alla quarantina e il pagamento era sempre anticipato. Le ragazze dovevano essere titolari di un libretto sanitario, in assenza del quale non era possibile lavorare. Le visite mediche erano frequenti, in caso di riscontro di malattia l'interruzione dell'attività era immediata.
I “tubisti”, ossia i ginecologi incaricati per le visite periodiche, dovevano annotare con regolarità sul libretto sanitario gli aggiornamenti sullo stato di salute delle fanciulle. Vi era anche un sistema di registri che schedava chi si dedicava al mestiere.

Le case chiuse furono definitivamente chiuse nel 1958 quando entrò in vigore la legge Merlin. La legge aboliva le case di tolleranza finora affidate al controllo dello Stato dal 1883. Secondo la sua ideatrice, si proponeva il lodevole scopo di ridare dignità alle donne, di cancellare la vergogna dello Stato imprenditore delle donne schiave, di mettere un freno alla prostituzione. Fu vietato quindi lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione, ma non la prostituzione stessa in quanto fatto privato. Il 20 settembre 1958 furono chiuse ben 560 case d'appuntamenti con oltre 3300 posti letto frequentate ufficialmente da 2705 ragazze registrate come prostitute professionali che contribuivano ad un fatturato totale di circa 15 miliardi di vecchie lire.

A Milano le più famose erano nel quartiere Brera circa una decina nella sola strada di via San Carpoforo. Nella zona portuale di Genova in Via Pre se ne contavano una ventina. Ovviamente erano molto frequentate dalla popolazione maschile adulta e non, anche perché il fatto, ovvero andare a trovare le signorine nelle case chiuse, non costituiva peccato e la frequentazione non doveva essere confessata al prete. Discorso diverso invece per le fanciulle che praticando la prostituzione erano fuori da ogni grazia di Dio e quindi non avevano alcuna assistenza spirituale.

A tale proposito occorrerebbe inoltrarsi nel viscido terreno della morale del tempo ma credo ci basti sapere che le spose e le madri non ci vedevano nulla di male in quel tipo di frequentazione da parte dei loro mariti o figli. Lo consideravano un pubblico servizio utile a placare bollori e ad allontanare le insidie di eventuali amanti dai mariti e così facendo a difendere l'unità della famiglia. E come la Chiesa e le famiglie anche lo Stato si allineava a questa morale gestendo di fatto le case e obbligando le fanciulle a frequenti controlli sanitari.

Come in tutte le società capitalistiche anche i bordelli avevano le loro classi specifiche, quindi esistevano quelli per i poveri o la gente comune e i casini per i ricchi, in cui negli sfarzosi appartamenti si potevano incontrare donne bellissime, giovani, educate ed anche istruite. Insomma come per gli alberghi le case erano classificate in stelle: si andava dalle pregiatissime case chiuse a quattro stelle, al servizio low cost di due. E più diminuivano le stelle e più aumentavano stazza ed età delle “signorine”. Le descrisse bene, anni dopo, lo scrittore Dino Buzzati: “Non tutte quelle donne erano delle grandi artiste. La maggior parte si limitava a prestazioni affatto rozze o banali. Di tanto in tanto si incontravano però dei tipi che facevano addirittura trasecolare, oltre che per la bellezza, per il garbo, il magistero tecnico, la fantasia, l’intuito psicologico, la passione del mestiere, perfino la delicatezza d’animo.”

Non c’era in Italia città grande media o relativamente piccola che non avesse il suo bordello.
Di solito tutte le case avevano una struttura simile ed erano formate da uno scantinato dove si trovavano la cucina, la lavanderia e la sala da pranzo. Ai piani superiori invece c’erano le camere da letto e la sala d’aspetto, con affisse alle pareti le regole di prevenzione sanitaria, i regolamenti, le tariffe per ogni prestazione ben dettagliata e le cartoline sexy per accendere le fantasie dei clienti. Le stanze “da lavoro” avevano un letto, un lavandino, un bidet e un armadietto in cui si custodivano profilattici e creme per la profilassi. A portata di mano c’era spesso anche il dentifricio, il borotalco e un sapone di lisoformio. Il riscaldamento era a legna: in ogni camera c’era una stufa che riscaldava anche una pentola piena d’acqua per umidificare l’ambiente. Le ragazze attendevano nei salottini in attesa che qualcuno le scegliesse. Non potevano rifiutarsi. L'attività era concentrata particolarmente nel pomeriggio e la sera.

Ogni quindici giorni il bordello rinnovava la sua offerta e quindi il suo parco di fanciulle nella famosa rotazione che coinvolgeva praticamente tutte le prostitute d’Italia. La rotazione oltre a rinnovare la merce serviva per scongiurare amicizie e innamoramenti tra cliente e prostituta che in quanto tali avrebbero potuto pregiudicare l’equilibrio del locale e del lavoro. Di fatto la visita al casino era gratis, il cliente pagava solo la prestazione in camera, anche se nei bordelli più ricchi le tenutarie facevano pagare un prezzo simbolico di 20 lire per scoraggiare i ragazzi. Il gettone per una prestazione di circa cinque/dieci minuti in camera andava dalle 200 lire in quelli di terza categoria, alle 500 in quelle di prima. Ovviamente nei bordelli più ricchi aumentava sia il tempo (minimo un quarto d'ora e massimo un’ora) e sia la tariffa (dalle mille alle quattromila lire).

Da quel famoso 20 settembre del 1958 quando Domenico Modugno cantava “Ciao, ciao bambina, canzone tipicamente allusiva, tutto fu stravolto. Di fatto il fenomeno relegato fino ad ora nelle discrete case chiuse si diffuse negli angoli delle strade usando automobili, siepi o alberghi come alcova. Nacquero così anche le case chiuse private e clandestine dentro le quali esercitavano anche donne insospettabili in quanto ora si poteva contare sulla riservatezza senza schedatura e su luoghi molto più anonimi di prima. Era raro ma non del tutto improbabile imbattersi in queste case nella propria figlia o nella propria moglie.

La prostituzione quindi non venne considerata un reato ma un comportamento individuale lecito.
Negli ultimi anni vi è la tendenza a esercitare l'attività con clienti abituali nelle abitazioni private dove è maggiore la percezione di sicurezza, fuori da ogni logica di sfruttamento.
Con l'avvento della immigrazione straniera la maggior parte continua a battere il marciapiede raccogliendo in strada i clienti. Si tratta generalmente di prostitute provenienti dall'Africa (in particolare Nigeria), dall'Est Europa e donne cinesi in condizione di clandestinità.

Secondo una recente indagine le professioniste del sesso sono oltre 50.000 (cifra per difetto che non comprende almeno il doppio sfuggito ai controlli e le infinite strade del multimediale) quasi tutte donne (94%). Si calcola che solo a Roma e Milano siano presenti ogni notte almeno seimila ragazze. Il 20 per cento ha meno di 18 anni. Il 10 per cento è costretta dietro minaccia a svolgere questo mestiere. Il 65 per cento di chi vende il proprio corpo lavora sulla strada. 9 milioni sono i loro clienti di cui il 70 per cento coniugati. Chi va con una prostituta, afferma di farlo per solitudine o per difficoltà a instaurare rapporti con l'altro sesso. L'80 per cento chiede rapporti non protetti (quasi il 45 per cento viene soddisfatto dalla richiesta) quindi il rischio di contrarre malattie è molto elevato anche perchè il 12 per cento delle prostitute è sieropositivo.




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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:
http://it.wikipedia.org/wiki/Prostituzione_sacra
http://www.diogenemagazine.eu/home/index.php
Fonte: www.golemindispensabile.it (l'articolo integrale è QUI)
http://www.metaforum.it/archivio/2005/indexe791.html?t7103.html
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http://www.historyblog.it/2010/10/31/il-prezzo-delle-prostitute-nellantica-grecia/
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Marta Fabregat, Le etère greche, non solo cortigiane, Riv. Storica, n.17-2010
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http://sottolanevepane.splinder.com/post/13398284/la-prostituzione-nella-roma-antica
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http://fifthavenue.altervista.org/la-prostituzione-nellantica-roma/
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http://www.pacioli.net/ftp/def/problemigiovani/fenomeno.htm
http://www.arcobaleno.net/costume/casechiuse.htm
http://www.mattiaonline.com/areadiprogetto/Devianza/Michele%20Vilardo.htm
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