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Adamo Bencivenga
Alice’s Restaurant
.Immagina una data il 21 di
Gennaio, immagina un ristorante chiamato Alice, anzi non
proprio un ristorante, ma immagina una Statale, magari
in California, un piazzale di sassi e terra, una pompa
di benzina, un gommista e il fast-food, un'atmosfera
americana di fine Novecento, un po' Hopper e un po'
Vettriano. Immaginati tutto in bianco e nero perché i
colori li lasciamo per i ricordi. Ora immaginati un
tizio sui quarant’anni con la camicia a quadri e un
cappello, che entra nel locale. Il suo nome è Steve
Parsonn, ecco immaginalo ora in piedi davanti alla
cassa. Fissa soddisfatto una moneta da mezzo dollaro, la
quale, grazie alla sua abilità, continua a girare sul
bancone di pietra rozza.
Ecco immaginati il
rumore e una voce spazientita: “Steve per favore… hai
sempre voglia di scherzare!” Quella è la voce della
cassiera, immaginala un po’ infantile e anche un po’
ammiccante. Lei si chiama Maggy, è bionda, bella ma
anche abile a fermare la moneta ed a interrompere di
colpo quel rumore fastidioso. Ora sbuffa scherzosamente
riempiendo con orgoglio la scollatura della sua
maglietta rosa. Immagina ora Steve, ancora lì in
piedi, preso da quel presente a dir poco abbondante.
Nonostante la folla dei suoi pensieri non riesce ad
evitare che il suo sguardo si posi comodamente su
quell’orlo di merletto. Poi scuote la testa
platealmente, immaginati il motivo, ed ordina come suo
solito una pinta di Samuel Adams. Lui adora quella
birra, quel sapore di dolce e metallo fermentato, quel
gusto rotondo di orzo e malto caramellato.
Ecco,
ora immaginati l’ambiente, i tavoli di legno, il
juke-box in fondo alla sala, la luce verde e rossa
intermittente del flipper, l’odore di fritto e di kebab.
Ora guarda un attimo fuori, oltre la pompa di benzina,
albeggia una luce a strati gialla e celeste, ancora
incerta se divenire giorno pieno o continuare a
sonnecchiare. Ecco sì, la stessa atmosfera, la stessa
sensazione sulla pelle quando stai per intraprendere un
viaggio. No, no, non pensare ad On the Road, anzi torna
dentro ed immaginati Steve, il nostro uomo, non perderlo
di vista quando si mette seduto in attesa della birra,
quando sceglie come al solito il tavolo vicino alla
finestra, lo stesso posto preferito da Linda, tra il
juke-box e il flipper.
Eccolo lo vedi? Lui
guarda soddisfatto il suo enorme camion parcheggiato sul
piazzale, da quando Linda è andata via, quel camion è
praticamente il suo mondo, la sua casa e soprattutto la
sua dignità. Senza quel camion non sarebbe niente, un
anonimo quarantenne a passeggio e disoccupato. Anche
Maggy lo identifica con il suo tir chiamandolo alle
volte simpaticamente Trusty, come la grande scritta
rossa che campeggia sul lato posteriore. Anche Maggy
già, la giovane cassiera, che ora, nonostante il
chewing-gum, accompagna sottovoce il remake di Alice’s
Restaurant, una vecchia canzone di Arlo Guthrie.
Ah scusa, dimenticavo, Linda è l’ex moglie di Steve.
Immagina ora i suoi pensieri, che, nonostante i quasi
due anni di separazione, sono ancora incollati a quella
donna. Immagina una smorfia di tristezza, un taglio di
dolore, un ghigno d’amarezza, profondo quanto una ferita
di coltello, che gli trapassa la faccia, perennemente
cotta da quel sole americano. Ecco vedi? Lui torna
ogni giorno in quel posto per poterla ricordare più
facilmente. Linda gli ha lasciato un vuoto grande quanto
un mare, anzi lui stesso è il vuoto, tanto che alle
volte ha la netta sensazione che la sua presenza non
riempia alcun volume, non occupi spazio ed alcuna
situazione, come ora ad esempio, in questo fast-food
sulla Statale. Immagina che in quel preciso momento
entri una coppia, immagina la risata di lei sgraziata
che invade tutto il locale nel momento in cui la mano di
lui scende vogliosamente fino all’altezza delle natiche
della ragazza. Questa coppia non è importante per la
nostra storia, ma quella scena dà a Steve la chiara
conferma di essere trasparente, non pesa e non odora.
Immagina ora che, con un gesto involontario, lui si
tocchi la faccia e subito dopo volontariamente scosti la
sedia di lato facendo un gran fracasso nell’esatto
momento in cui Robert, il fratello di Maggy, gli serve
la sua pinta di Samuel Adams.
Immagina ora
Maggie che fa i palloncini con il chewing-gum, uno di
questi è troppo grande e inevitabilmente scoppia facendo
rumore. Ecco Steve non è assolutamente distratto dal
rumore, purtroppo i suoi pensieri non vengono per nulla
scalfiti, anzi tornano lì, anzi non si sono mai
allontanati da quel giorno maledetto. Il suo tempo come
il suo camion si è fermato esattamente lì, davanti al
piazzale, vicino alla pompa di benzina, e per questo lui
ci torna, tutte le mattine alla stessa ora, la stessa
occhiata vogliosa sui seni di Maggie, lo stesso mezzo
dollaro che gira e fa rumore. Immagina sì quei seni,
sono belli, freschi ed abbondanti e fa sempre piacere
vederli, magari toccarli… Steve lo sa che sono a
disposizione per qualche mezzo dollaro in più, un film
al drive-in, un sabato speciale, ma questa è un'altra
storia. Tu immagina invece i pensieri di Steve che
frullano, compiono un cerchio perfetto intorno a quel
maledetto giorno e prendono linfa con la solita
premessa. Come avrebbe potuto evitare che tutto ciò
accadesse? Ecco immagina le sue ipotesi, sviscerate ad
una ad una, ma sempre le stesse e con lo stesso ordine:
“Se il camion non si fosse rotto? Se avesse trovato la
cinghia di trasmissione? Se fosse stato in grado di
aggiustarlo? Se Maggie non gli avesse dato un
passaggio…? Oppure semplicemente non avesse avuto la
maledetta idea di tornare a casa… rimanendo lì, magari
in compagnia della sua Samuel Adams…” Ed invece
nulla di tutto questo. Ha dovuto lasciare il camion in
panne sul piazzale, Robert quella mattina non c’era, e
Maggie gentilissima lo ha riaccompagnato a casa a
quell’ora insolita.
Ecco ora immaginalo con la
sua camicia a quadri sulla rampa delle scale. Anzi
immagina prima la strada, il quartiere, non di quelli
malfamati, ma comunque senza pretese, abitato per lo più
da gente di colore, operai e impiegati caduti in
disgrazia. Ecco, ora ritorna sulla rampa delle scale,
lui sta salendo, ma sente qualcosa nell’aria quella
mattina che non gli garba e non lo consola. Come un
monito, un presagio. Ora è arrivato al piano. Infila la
chiave nella toppa ed attraverso la porta sente a tutto
volume quella canzone di Arlo Guthrie. Vedi la
coincidenza? Stesso nome del fast-food, ecco metti da
parte questo indizio.
Ritorna ora per un attimo
nel bar, guarda Steve! Lo vedi? Si ferma un momento
provando a non andare oltre, si concentra sulla
maglietta rosa e stretta di Maggie che in trasparenza fa
intravedere il ricamo del reggiseno bianco… Niente, il
pensiero è più forte di lui! Purtroppo il ricordo è così
nitido che nulla nella sua mente si è nel tempo sbiadito
e i colori di quegli attimi sono ancora vivi. Ecco i
colori che ti dicevo! A tinte forti come il giallo ocra
della carta da parati all’ingresso, il viola lilla delle
calle finte alla finestra, e poi il rosso amaranto del
suo giaccone di finta pelle, il bianco marmo della
mensola dove poggia le chiavi, il fucsia acceso dei
pantaloni di Linda sul pavimento, il nero ombra dei suoi
passi ora titubanti…
Immaginalo ora sul
corridoio. La porta della stanza da letto è socchiusa.
Nonostante la musica alta sente chiaramente dei gemiti,
dei respiri irregolari. Sono semplici, infantili e
puliti come se davvero provenissero da un amore onesto.
Ed invece non lo è, Linda, la sua Linda è lì distesa sul
loro letto matrimoniale, ma non è sola. Immagina ora
Steve con il fiato grosso e il naso schiacciato sullo
stipite della porta mentre spia la sua donna, e spia
lui, l’altro uomo. Sicuramente più giovane di lui,
sicuramente più bello, sicuramente capace a soddisfare
una donna. La stanza è in penombra, anzi no è quasi al
buio perché a noi serve così, perché Steve non deve
riconoscere la faccia dell’uomo. Diciamo che lo immagina
bello e il bel ragazzo è dietro Linda, ora le sta
tirando i capelli, la chiama amore ed altro. Steve
sente nitidamente come e cosa, ma mai riuscirà a
ripetere quelle parole, perché non c’è mai stata una
prima volta. Ora lui la sta stringendo, la stringe così
forte da impedirle il respiro, ma lei non si ribella,
anzi con la voce strozzata lo supplica di continuare.
Immagina come ed immagina Steve sorpreso, incredulo,
perché mai lui proverebbe piacere in quel tipo di sesso,
così violento, così irruento. Non concepisce quel tipo
di amore. Per lui l’amore è una rosa adagiata tra i
seni, è un fascio di luce che fa le onde alla seta, è
uno chignon sciolto lentamente in una cascata di
capelli. Ma si fa forza e continua a spiarli, ora
grondanti di sudore, ora madidi di quel flusso magico di
passione. Dentro quel letto si cercano e si fondono,
bollenti come lava, colanti come cera, come se le loro
anime si scambiassero di posto o ne occupassero uno a
malapena. Ecco ora, immagina lei che lo accoglie,
immagina la posizione, con il seno ciondolante, con le
natiche già pronte, ecco così, da esperta, come se non
fosse la prima volta e di sicuro neanche l’ultima.
Immagina ora il tempo che passa, immaginalo per lui,
perché Steve impietrito su quella soglia non si rende
conto di quanto ne stia passando. I secondi lì
equivalgono a minuti, e i minuti alle ore. Spero
soltanto che non ti sia mai capitato, vedere la tua
donna così accondiscendente, perché si soffre sai, si
soffre da cani e non sai perché sei lì, anzi non sai
cosa fare, forse vorresti gridare, ma aspetti, aspetti,
aspetti, con il cuore in affanno aspetti, con il sangue
che pulsa, aspetti, fino a quando con movimenti sincroni
e strozzati li senti arrivare al culmine del rapporto. E
Linda urla e il ragazzo le tappa la bocca, mentre Arlo
Guthrie canta… perché questo non è un remake, questo è
quello vero, reale, come quei due che rimangono
attaccati come cani sui marciapiedi.
Ed ora la
senti la canzone, distingui le parole: “You can get
anything you want, at Alice’s Restaurant, Walk right in
it’s around the back, Just a half a mile from the
railroad track, You can get anything you want, at
Alice’s Restaurant…” Ma, nonostante la mano di lui,
Linda continua ad urlare, Dio come urla. Urla e si
avvinghia intorno a quel corpo statuario, a quel viso
che lui non vede. Sembra non sia sazia, sembra voler
andare oltre, superare i limiti fisici e pretendere che
il suo bell’amante arrivi oltre la natura, sperando che
si rimpicciolisca fino al punto di diventare così
piccolo da accoglierlo come un feto nel suo ventre. Beh
forse questo è troppo, ma tu immaginalo lo stesso, ma
non ti dimenticare di Steve, lì senza più parole, che
pensa convinto che lì ci sia un’altra donna, oppure che
lui sia un altro uomo. Addirittura pensa che sia un
delitto interromperli ed in effetti non lo fa, anzi
torna indietro a passi lenti lasciando che si sazino di
baci, di quelli buoni dopo l’amore, di quelli caldi per
un altro giro, mentre lui come un ladro torna indietro e
delicatamente esce, chiudendo dietro sé la porta di
casa.
Immagina di nuovo Steve seduto nel bar che
chiama Robert e gli ordina una nuova pinta, immagina lo
stesso rumore della moneta da mezzo dollaro e Maggie che
sbuffa e Steve che scuote la testa reputando davvero
strano che ogni qualvolta beva quella marca di birra
inevitabilmente ripensi a quel maledetto giorno. Fosse
davvero la Samuel Adams la causa della sua depressione?
Ma poi il suo sguardo va verso la coppia che nel
frattempo si è seduta a due tavoli di distanza. Ora vede
chiaramente l’uomo. Sembra uscito da una copertina di un
45 giri di Elvis. Ora lei è di spalle con i capelli
legati che lascia intravedere tutta la sua
disponibilità, ridendo e muovendo a ritmi regolari la
coda di cavallo. Lo stesso movimento che aveva fatto
Linda il giorno della sentenza di divorzio...
Ecco, come vedi è inevitabile! Basta un niente e il suo
pensiero corre sempre lì, a lei, alla sua Linda, alla
sera stessa di quel giorno maledetto. Immagina Steve che
vaga per la Statale, senza meta come un ubriaco, che
piscia addosso ad un muro, che prende a calci un palo
della luce. Immaginalo che sbanda, barcolla, cade,
s’addormenta, sputa, bestemmia e poi rientra a casa,
molto tardi. Immagina ora Linda, che lo aspetta sveglia,
lei indossa una insolita camicia da notte bianca, si è
fatta la doccia, ma Steve sente ancora quell’odore, di
sesso, di femmina soddisfatta. Sa che da quel giorno
diventerà indelebile, diventerà il suo odore e tutti lo
riconosceranno per quello, anche ora che si sta
annusando la camicia. Ecco, ora immaginali appoggiati
alla spalliera del letto, eh già, lo stesso letto. E’
lei a parlare per prima. Parole semplici e pause lunghe,
tipo: “Senti Steve” con un doppio respiro alla fine. Ma
non è una finzione teatrale, semplicemente non le
vengono le parole! Steve non capisce perché Linda abbia
voglia di parlarne, immagina che lei quella mattina
l’abbia sentito entrare oppure solo perché ritiene che
sia giunto il momento di dirlo. Lui comunque non avrebbe
mai detto nulla, si sarebbe disteso su quel letto, si
sarebbe turato il naso ed avrebbe preso sonno cercando
di dimenticare al più presto quel tradimento, perche in
cuore suo sapeva che prima o poi sarebbe accaduto,
chissà dove, chissà quando, ma forse non immaginava in
quel letto. Poi pensa che il posto non ha nessuna
importanza. Se fosse successo in cucina o fuori di casa
sarebbe stato diverso? Non è assolutamente quello il
punto, ma, mentre lei parla, di una cosa è sicuro! Linda
non ritiene che quello sia stato un tradimento e non si
sente affatto in colpa. Infatti parla, qualche volta
piange, ma non per lei, lei non ha nulla da
rimproverarsi, Linda piange per lui, perché le fa pena.
Ed in effetti lui sa di farle pena, lo vede dai suoi
occhi. Non parla, come al solito ascolta. Poi le fa una
sola domanda. “Da quanto tempo?” E la candida Linda
risponde. “Da sempre.” Anche se a dire il vero Steve ne
ha in mente un'altra, che non fa: “Chi è?”
Ecco
ora fai un salto di due anni, durante il quale lei ha
chiesto la separazione e poi il divorzio. Nel documento
ufficiale non è scritta la causa, ma tu immagina quale
possa essere. Sicuramente non è il tradimento. Ora torna
ai giorni nostri, a quel 21 Gennaio, con il nostro Steve
seduto davanti ad un boccale di birra vuoto. Alza la
mano e chiama Robert, mette le mani in tasca per un
altro mezzo dollaro, ma poi non lo dà a Robert. Ecco,
fai attenzione, questo è il momento! Immagina che si
apra la porta. Ecco è lei, entra Linda. Te lo aspettavi?
Ora blocca tutto. Ci sono dei momenti della vita che
vanno vissuti a frammenti, a pixel, a pennellate, ecco
questo è uno di quelli. Lei è vestita di rosso, con una
maglietta e un paio di pantaloni strettissimi. Guarda le
sue forme, sanno d'amore facile, come una pizza a portar
via. Ha una grossa cintura nera poggiata sui fianchi e
un paio di stivali col tacco altissimo sempre neri. Ecco
immagina il rumore dei tacchi, pesante, ma non farla
andare veloce, ora girati e guarda Steve. Lui non la
vede entrare, è assorto nei suoi pensieri. Ha perso ogni
speranza, mai e poi mai penserebbe ad una fortuna del
genere, anzi se la vedesse penserebbe ad un miraggio, un
sogno, una fata morgana. Comunque non la vede. Ecco
appunto il 21 gennaio, dopo due lunghi anni, sarebbe
stato il giorno del riscatto, la catarsi dell’attesa, la
liberazione da un incubo, invece…
Fermo ora!
Guarda! Robert gli sta servendo un’altra pinta di Samuel
Adams, e lui, chissà perché poi, butta l’occhio sui
jeans di lui. Sono comuni "Wranglers" ma la patch è
cucita sulla tasca posteriore sinistra anziché su quella
destra ed è stranamente di stoffa nera con la scritta
gialla anziché di cuoio con la scritta rossa. Già, i
ricordi a colori di prima, esatto! Mentre Linda è sempre
lì tra la porta e la cassa, invisibile a Steve, lui ha
un flash, ora è di nuovo dentro l’alone di quel
maledetto giorno, lungo quel corridoio, rivede il fucsia
dei pantaloni di Linda sul pavimento, ma accanto eccoli,
ora messi a fuoco, quei jeans neri, quell’etichetta, la
stessa!!! Di colpo gli si aprono scenari diversi,
piccoli frammenti che magicamente vanno a loro posto.
Tutte le volte che Linda l’aspettava, in attesa che
finisse il giro con il camion, seduta lì, proprio dove
lui ora è seduto, oppure davanti al bancone a
chiacchierare con Robert, a ridere... Lei rideva sempre
alle sue battute. Ecco immagina ora Steve, mentre sta
pensando a quella scena, che guarda dritto verso il
bancone, ecco sì, proprio in quella direzione e vede lei
in piedi vestita di rosso, come fosse vera, e lui con
uno straccio in mano, come fosse vero, che parlano del
più e del meno… Ecco, li vede, ma Steve non crede ai
suoi occhi, li stropiccia, li chiude e li riapre.
Niente, sempre quell’immagine appannata di Robert e
Linda che parlando divisi dal bancone. Noi sappiamo che
la scena è reale, ma per Steve è solo un ricordo a
colori. Pensa di avere bisogno di una boccata d’aria,
forse di un medico. Va verso la cassa, fa girare sulla
pietra rozza la moneta da mezzo dollaro e mentre nel
locale si diffonde quel rumore fastidioso, lui esce.
Immaginalo ora fuori sul piazzale che si guarda intorno,
ora a giorno fatto. Lo senti vero l’odore della nafta
dei camion che sfrecciano sulla Statale? Lo vedi Steve
sconsolato e preoccupato per la sua vista, che va verso
il suo camion e si accende una sigaretta? Ecco guardalo,
lui ormai è convinto che Robert sia stato l’amante di
Linda e non saprà mai che Linda ora è davvero lì dentro.
Sente solo un grosso vuoto dentro che neanche la stessa
Linda potrà più colmare.
Ecco, la storia finisce
qui, senza sapere se Linda sia entrata nel locale per
chiedere notizie di Steve o per altro oppure perché è
davvero l’amante di Robert. Allora facciamo una cosa,
rientriamo nel locale perché effettivamente lei e Robert
stanno parlando. Immagina ora Linda, falla camminare,
decidi tu dove farla andare, potrebbe andare dietro il
bancone o entrare in quella porta dove è scritto
“Riservato” e fare l’amore con Robert, inginocchiarsi se
vuoi, oppure sollevare la maglia rossa ed attendere la
bocca di Robert sul suo seno. Fai tu insomma, ma
potresti anche immaginare che tra lei e Robert non ci
sia mai stato niente e quell’etichetta sui Wranglers sia
stata solo una banale coincidenza. Linda davvero è
entrata in quel bar per chiedere di Steve, ma purtroppo
quando è entrata non l’ha visto, anzi mai l’avrebbe
potuto vedere perche Steve, come sai, a causa di quel
maledetto vuoto, non pesa, non odora, non fa rumore, non
occupa spazio e volume. Immagina ora Robert, è con
il dito alzato che indica a Linda il camion che sta
partendo. Ora immagina Linda che corre su quei tacchi,
va troppo piano lo so, maledettamente lenta e non lo
raggiungerà mai, ma corre ugualmente, esce e sbatte la
porta, il fumo del camion la invade. Ora di nuovo tu
torna nel locale. Lo senti il silenzio vero? Robert sta
pulendo il bancone con uno straccio sporco, la coppia si
bacia, il flipper muto emette luci rosse e verdi, il
juke-box è spento, Maggie guarda oltre i vetri e la
moneta da mezzo dollaro continua a girare… .. .. |
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
Photo Kristina Kazarina
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