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Adamo Bencivenga
Amor che nulla vuole
Amor che non pretende, amor che nulla vuole,
amor che brama e sente se nulla gli appartiene.
Ecco immagina un paesino,
diciamo mille anime, immerse dentro il gelo della
Francia occidentale, forse in Normandia poco distante da
Rouen, nella terra di quel sidro ambrato come miele,
fatto di mele gialle fermentate con le pere. Comunque
quattro case, troppo umide e strette, per chi sogna
un’altra vita, sfarzi, lussi e palazzi o quanto meno è
devota al sogno che rincorre sin dalla prima infanzia o
appena adolescente.
Il suo nome è Carolina
Isabel Russikova, vive in una villa all’entrata del
paese, tra colonne vittoriane e fontane d’acqua pura,
figlia di un antiquario cugino dello zar e di un’ebrea
parigina, pittrice affermata, morta di parto proprio lo
stesso giorno quando Carolina venne in questo mondo.
Ecco la vedi? Ora lei a trent’anni è una signora
raffinata, per alcuni già zitella, per altri terra di
conquista, elegante nei suoi modi, cortesi e ben
studiati, e non ha smesso di sognare e legge Paolo e
Virginia. Si nutre di passioni nei versi di Lamartine
che alimentano la brama e la voglia di fuggire, credendo
che ogni uomo possa essere un eroe o quanto meno un
grimaldello per scardinare la sua noia, o quanto meno un
salvatore in sella al suo cavallo, che un giorno
arriverà per condurla in altri mondi, per portala dove i
sensi si nutrono d’emozioni, di sogni in pieno giorno,
di baci quelli buoni.
E quest’uomo poi arriva,
certo che arriva, non è bello e non è giovane, ma il
solo a disposizione, è l’unico uomo adulto che entra in
quella casa, è il medico di suo padre, ammalato
gravemente. Ecco immaginalo austero, uomo colto e di
rispetto, per lei indica la fuga e la sete d’evasione,
quel romanzo che ogni sera scrive e legge nel suo letto.
Perché lui è gentile e le rivolge la parola, sa di città
e di maniera, di sigari e cognac, ed ha la barba grigia
come sempre lo ha sognato, occhialetti tondi d’oro ed un
ghigno di rispetto, uno sguardo penetrante che la lascia
senza fiato.
Ecco immagina il suo cuore quando
prende la rincorsa, a volte poi si ferma e a strattoni
ricomincia, anche se lei è scettica, sapendolo sposato,
diffidente quanto basta per costruirci dei castelli,
perché sua moglie è ricca, perché sua moglie è giovane
da quello che si dice, bella e affascinante anche se non
l’ha mai vista. E nelle notti di luna piena si
rivolta nel suo letto, e prega, e implora Dio “Fa che
non accada!” Ecco immaginala in ginocchio, con i suoi
seni in trasparenza, rigogliosi e ancora intatti,
accarezzati dalla luce, e i suoi occhi stretti stretti e
i suoi muscoli in tensione, per zittire la sua brama e
scacciare i desideri. Ma si sa che il destino prima
prova e poi riprova e quando lui l’ha visita, per una
banale influenza, scatta in lei la voglia matta d’essere
amata, scatta quella molla che fomenta la sua smania,
che la tiene sveglia nel cono della luna e la fa vibrare
nell’ombra che ripara, e la porta altrove in cui c’è
solo insicurezza, che l’amore quando è amore non ha
vizio e né peccato.
E sono inviti e ammiccamenti
e sguardi languidi e velati, e sono notti passate al
buio da sola nel suo letto, consumate dentro il sogno
d’averlo accanto a sé, in quel cono della luna che
trasforma le sue carezze, in mani vere tra le gambe e
fiati caldi sopra i seni, e baci umidi sulla pelle lungo
l’arco di quei fianchi, e fanno curve, onde e seta, il
profilo in penombra. Ecco ora immagina un giorno,
uggioso e senza sole, immagina il suo viso come si
rischiara, immagina la luce quando apprende la notizia,
che la moglie del dottore è morta per una banale
influenza, e lui può chiedere la sua mano, semmai lo
volesse, e lui può chiedere quel corpo di pesca
vellutata, riempire la voragine di brama infinita.
Ecco, ora immagina le nozze, immagina la sposa,
immagina la carrozza trainata da cavalli, e lei è bella
come un fiore, vergine illibata, e poi la sera a casa,
regina in attesa, immaginala nuda davanti ad uno
specchio, in attesa di quel maschio come sempre lo ha
sognato, in attesa di quel sesso che la lasci senza
fiato. Ecco immagina che quel sogno rimanga solo un
sogno e lui ora l’accarezzi come fosse una rosa, leggero
in superficie per paura di sgualcirla, e lui che fa
l’amore ma non affonda e non contiene, quell’anima
affamata che ha bisogno di altro pane, quel fiore
rigoglioso che aspettava altro concime, quegli occhi ora
sbarrati che guardano il soffitto, e credevano che
l’amore fosse altro e fosse meglio, e rimpiangono i
sogni, quelli dentro il suo letto, interrotti solo
all’alba dal canto del suo gallo.
Ecco la vedi?
Bastano pochi mesi e lei si rende conto, perché lui è
vecchio, perché lui è grigio dentro, umile e poco
maschio, mai presente nei suoi sogni, perché lui è un
marito e non la fa volare, sulle ali di fantasie che
hanno bisogno d’altre ali, e non riempie la sua brama ma
raramente il suo sesso, costretta a passare giorni e
notti in silenzio, e legge ancora Lamartine e legge
Paolo e Virginia, pentendosi amaramente di quella scelta
scellerata. Eccola la vedi? Passa le ore allo specchio,
raccoglie e scioglie i suoi capelli, viziandosi di
gelati, e dolci e pasticcini, e passa giorni a
commiserarsi, a chiedersi come mai, sia così malevole la
sorte, sia così beffardo il suo destino.
Ecco,
immagina di sentirla: “Dio mio, perché mi son sposata?
Dio mio, son io che son sbagliata!” E vagheggia
situazioni dentro gli argini del peccato, e sogna uomini
affascinanti tutti più di suo marito, e sono ben
vestiti, galanti cavalieri, e sono balli, sfarzi e cene,
a lume di candela, e tavole imbandite e coppe di
champagne, signore eleganti e lei non è da meno. Ma
immagina anche altro, bettole di quartiere, tanghi veri
e calze a rete che intossicano il sangue, e un uomo con
i baffi bello come Dio, che la invita per un ballo, che
la guida per quei sensi, per quei vicoli del porto,
teatro di duelli, e lame dentro il buio che rivendicano
l’onore, al suono della Vecchia Guardia, musica sporca e
latina.
Eccola, immaginala persa, smarrita nel
suo sogno, al punto di vedere in ogni uomo il grande
amore, al punto di percepire l’odore d’ogni maschio,
dentro i suoi orgasmi fitti e solitari, e alla fine
arriva, arriva il grande amore, ha il viso di un cliente
in uno studio notarile, è un giovane avvocato e con le
parole ci sa fare, e le fa i complimenti per il vestito
ed il cappello, e le dice che i suoi occhi sono laghi ed
albe gialle, e le lancia occhiate fisse penetranti come
lame, le stesse dei duelli che sogna ogni notte, per
esser la contesa, la lite e la questione, per essere il
trofeo, la preda ed il bottino.
Ecco, la vedi?
Leggera come una piuma, danza e non cammina, anche se
non lo conosce, se non sa chi sia davvero, ma crede nel
destino e torna in quello studio, con la speranza di
incontrarlo e lui le rivolga la parola, e gira a vuoto
giorni passeggiando nel quartiere, finché un pomeriggio
lui è lì ad aspettarla, e sa che la signora, lo cerca e
poi lo vuole, e sa che è una moglie in cerca di
attenzioni, e sa che è una donna in cerca di carezze, di
prosa e poesia dentro le sue notti, di coccole bollenti
dentro il suo letto.
Ecco la vedi? Immaginala col
cappello, i fiori e il nastro rosa, immaginala con i
guanti per quel primo appuntamento, seduta all’aperto
col frusciar di quelle stoffe, vestita bianco panna per
il primo pomeriggio, e cerca di sorridere per coprire la
sua ansia, e tira il fiato grosso per cercare le parole,
ed il seno che abbonda sotto i pizzi ed i ricami, e lui
le fa la corte davanti a quel caffè, e le dice che un
sogno non può essere più bello, e le dice amore dolce
anche se è troppo presto, e le dice diva e fata per
prendersi la chiave, del cuore e della stanza al piano
superiore…
Ecco immagina quella stanza, lì al
primo piano, immagina le tendine che nascondono l’amore,
lei non ha alcun dubbio a diventare la sua amante, e lui
non cerca altro se non quel corpo caldo, e la riempie di
dolcezze, di baci e di carezze, di sogni voluttuosi, di
Parigi e belle case, convincendola che non è nata per
essere una moglie, per vivere in quel posto, d’umido e
di muffa, ma per essere amante, concubina e preferita,
per esser la compagna di tutti e di nessuno. Ecco
immagina l’effetto durante i loro amplessi, di queste
sordide parole che fanno centro e fanno smania, e fanno
brividi di seta sulla sua pelle bianca, che lui governa
e poi ristora sotti i colpi del suo sesso.
Ecco
immagina la difficoltà, al tempo per una donna, immagina
la padrona, l’inserviente e la pensione, e la voce e la
malizia che salta da ogni bocca, e va su ogni orecchio
tranne quello del marito, e tutti sanno e tutti
additano, ma a lei non importa… Ecco la vedi
passeggiare? La domenica mattina con i suoi cappelli
floreali, con i suoi foulard di seta rosa accanto a suo
marito, oggetto d’ogni brama che mostra le sue forme, è
bella sì, più bella d’ogni sempre, la pelle color pesca
e il sesso le fa bene.
Lei è gelosa del suo
uomo, folle e possessiva, fino a prospettargli di
fuggire insieme, e confessare a suo marito che ha un
altro uomo, a dirgli ogni dettaglio, d’amore e di sesso,
e ciò che poi succede sotto le lenzuola. Ecco immagina
suo marito, la guarda e non parla, ogni tanto annuisce,
altre ascolta solamente, si preoccupa soltanto per la
faccia e per l’onore, e le dice d’esser cauta, di non
dare troppo all’occhio. Ma lei non s’accontenta e la sua
anima è inquieta, ha paura che il suo amante la tradisca
ogni notte, perché lui è un buon amante e con i baci ci
sa fare, perché lui è bello bello quanto il Dio
dell’Amore. E allora cerca in qualche modo di essere
indispensabile, lui non è ricco e lei lo copre di
gioielli, fino a prosciugare di tutti i suoi averi, e
poi quelli di famiglia, la casa di suo padre.
Ecco guardala è sempre più inquieta, passa le notti
insieme a lui, vanno insieme a teatro, ormai è scandalo,
vergogna ed imbarazzo, ma lei vuole il suo possesso,
ogni suo minimo respiro, carpire ogni sguardo, consumare
ogni istante. E’ folle, romantica e gelosa al punto di
proporgli d’esser madre di suo figlio, e di vivere
insieme in casa col marito. Ecco immagina il bell’amante
col suo sorriso soddisfatto, immagina il vecchio medico,
stanco e senza forze, ama sua moglie al punto
d’accettare, ogni suo capriccio, ogni onta e desiderio,
e sentirla ogni notte che geme urla e gode, che dici
ancora e basta e poi ne rivuole, nella stessa casa,
sotto un altro maschio, nello stesso tetto, sotto il
cono della luna.
E poi si sa come vanno queste
cose, l’amante insaziabile le chiede il grande passo,
lei dubita e tentenna e non sa cosa fare, lui
velatamente la minaccia e la consola, alla fine si
convince ed accetta la proposta, e una notte come tante
suo marito muore, non si sa la causa forse crepacuore,
oppure di vecchiaia comunque accidentale, così dice il
referto, così dice quell’amore, immortalato un mese dopo
davanti ad un altare.
Ecco la vedi? Guarda il suo
viso, guarda i suoi seni, bastano pochi mesi, e ritorna
tutto come prima, perché lui ora è un marito, una
presenza fissa, perché lui è cosa certa, e non riempie
le sue vene, e legge ancora Lamartine e legge Paolo e
Virginia, pentendosi amaramente di quella scelta
scellerata. Eccola la vedi? Passa le ore allo specchio,
raccoglie e scioglie i suoi capelli, viziandosi di
gelati, e dolci e pasticcini, e passa giorni a
commiserarsi, a chiedersi come mai, sia così malevole la
sorte, sia così beffardo il suo destino, illusa di
vedere in ogni uomo il grande amore, al punto di
percepire l’odore d’altro maschio, dentro i suoi
orgasmi, di nuovo solitari, e alla fine arriva, arriva
un altro uomo, ha il viso di un passante lungo il viale
di tigli in fiore, e lei leggera come piuma, danza e non
cammina, anche se non lo conosce, se non sa chi sia
davvero, ma crede nel suo fiuto e torna in quella
strada, con la speranza di incontrarlo e le rivolga la
parola, e gira a vuoto ore e giorni, passeggiando nel
quartiere.
Ecco immaginala col cappellino, il
frusciar di quelle stoffe, vestita bianco panna, per il
primo pomeriggio, e cerca di sorridere per coprire la
sua ansia, come se fosse il primo giorno, come se fosse
la prima volta, innamorata dell’amore, illusa dal suo
cuore, perché lui sa d’amante, inganno e tradimento, sa
d’amore in fretta consumato di nascosto, sa di
sconosciuto di nulla già previsto, finché un pomeriggio
lui è lì ad aspettarla, e sa che la signora, lo cerca e
poi lo vuole, e sa che è una moglie in cerca di
attenzioni, e sa che è una donna in cerca di carezze, di
prosa e poesia dentro le sue notti, di coccole bollenti
dentro il suo letto, lenzuola spiegazzate che sanno di
stazione, lì dove non c’è certezza, e nulla è scontato,
lì dove nessun marito potrebbe mai entrare, dove l’amore
è sensi e fiati, l’amore è una scommessa, amor che non
pretende, amor che nulla vuole, amor che brama e sente
se nulla gli appartiene. ..
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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