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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
FotoRomanzo




 


Dentro un foto romanzo ti lasci rapire, nei vicoli stretti di una Roma sparita, come quando bambina t’immergevi in segreto, nei bianchi e nei neri di storie a fumetti. Vorresti nel sogno sfidare te stessa, per dimostrare convinta che non occorre l’amore, perché quello che indossi ha bisogno di mani, di occhi e passanti che t'additano bella. Alle volte ti chiedi perché solo nel sogno, ti trucchi la faccia da ballerina di circo, lasciando che il vento ti scoperchi la gonna ed un uomo qualunque s'accontenti di un prezzo.

Vorresti essere giudicata per le scarpe che porti, sono alte chanel d'un nero deciso, come la trama della calza di pizzo, che esce vezzosa dalla gonna più stretta. A volte ti chiedi dove sono finiti i maschi d’un tempo, quelli che non hanno bisogno di scuse, che ti seguono e ti fanno sentire regina, ti fischiano dietro e ti dicono bella.

C’è uomo che guarda e a caso e s’accorge, che stai cercando un portone per essere bella, mentre fingi la parte che guarda altrove, stringendo una busta di pane e di frutta. Non cerchi un amante, un signore distinto, perché quello lo trovi ogni sera nel letto, lo trovi che legge, che dorme e poi russa, e se a volte succede è soltanto un marito. Non cerchi qualcuno che ti chieda permesso o ti faccia sentire una signora borghese, che mai ha confuso il sesso all’amore, e lo chiami d’istinto con un nome volgare.

Lui ti guarda e ti segue, ha capito qualcosa o è solo il cappello che l'imbroglia e lo truffa, oppure i tuoi tacchi che strascichi appena, mentre sali le scale e fanno rumore. Perché lui non sa che il tailleur che ti fascia, o il cappello, il rossetto e questo paio di calze, è un’immagine presa da un servizio di foto, di un giornale di moda per signore di classe.

Lo senti che è dietro anche se non ti volti, perché tanto lo sai quando apri la porta, che l’istinto di maschio non può certo aspettare, vedere che sfumi nella penombra di casa. E tu indugi per via della spesa, perché ora è il momento che non sente ragioni, un attimo solo per non sentirti già persa, un ricordo velato di voglia rappresa.

Ecco la mano che decisa ti prende, che stringe il tuo braccio e tu ti fingi sorpresa, e l’illudi e l’inganni che cedi alla forza, di un fascino maschio e non puoi negarti. Ecco la mano che tu hai guidato, e nessuna ragione può più trattenerla, perché il desiderio diventa una sfida, ed una donna una preda che cede e s'arrende.

Lo guardi e non dici perché non serve nient’altro, ai tuoi occhi che soli gli hanno dato il consenso, e si eccitano al brivido d’un antro di scale, o un luogo più adatto di croste di muri. La senti la mano che risale la gamba, premurosa si ferma e poi riparte decisa, stringendo la pelle per sentirla più soda, per misurare il tempo che manca alla meta.

Sarà che cammini dentro questo vicolo stretto, in fretta per quanto possa andare sui tacchi, perché quello che vuoi è solo ad un passo, come dentro il tuo sogno che ti rincorre ogni notte. Perché non cerchi amori che si sfilacciano al tempo, che dolciastri ti lasciano appiccicosa la pelle, cerchi altro, zaffate d’odori, che ti colpiscano intensi ed evadano presto.

Perché l’uomo poi viene, sicura che viene! Mentre aspetti seduta e ti senti regina, e ti sfiori la gonna e vibri al contatto, di labbra, di mani, di forme che offri. Perché l’uomo poi viene, sicura che viene! E componi il tuo viso da finta inesperta, di fronte a chi guarda e non pensa davvero, che il piacere che senti è solo potere.

Ti guarda, ti fissa e poi s’affoga deciso, lo vedi che non sta più nella pelle, che vorrebbe vedere cosa c’è sotto, che odore può avere una fica borghese. Respiri l’odore e ti pare menzogna, di questo profumo che fruttato gli lascia, lo strascico finto di chissà quale donna, che ha ceduto all'ardore d'uomo mai visto.

Fruga e ti cerca sotto la gonna di Fendi, poi ti bacia e capisce che sei una donna diversa, perché quello che chiedi è la bellezza che offri, è il potere che senti tra le tue gambe gemelle. Le senti le mani che ti stringono forte, che sanno d’abuso perfino d’insulto, che ti trascinano forti tenendoti ferma, senza accortezze per guadagnarsi fiducia. Ora ti spinge, ti preme, ti dice che t’ama, ma come può amarti se ti conosce da poco, mentre giocavi col vento per mostrare le gambe, e t’impigliavi nei ferri delle grate di Roma. Ancora le senti le mani ad artigli, mentre in un angolo scopre il tuo seno, che bianco e riflesso lo lasci toccare, avido d’essere ingordo al piacere.

Lui sussurra parole come se fosse il tuo amante, eccitato e confuso ti tocca le tette, prima una, poi l’altra e poi ci ritorna, come un gelato, dai gusti diversi. Ti prende, ti bacia, sorpreso da tanto splendore, ti preme, ti schiaccia sui tacchi che punti, per essere stabile nel momento che entra. Eccolo lo senti, sa di incuria e di sporco, di sudore che lecchi, di femmina munta che si lascia bagnare, di sogno che viene puntuale ogni notte, che fissi ogni giorno dentro questo romanzo.

Poi tutto finisce, svanito nel nulla, ti ricomponi i capelli, le labbra, il cappello, abbassi la gonna e riaggiusti la calza, convinta che nulla sarebbe servito, se dovessi voltarti per chiedere amore. Amore! Ma che dici? Amore di niente. Che stronza parola ti infarcisce la bocca, e t’illude le vene per il solo motivo, di esser regina che regola umore.

Perché quello che fai ha un senso comunque, quando apri la borsa e tiri fuori il compenso, la misura e l’essenza di quello che vuoi, mentre lui sorpreso non crede ai suoi occhi, d'essere pagato per quello che ha fatto. Tu accenni a un sorriso ed orgogliosa insisti, perché una femmina è femmina quando prova piacere, ma è ancora più femmina se il gioco che sente, è nido che invoglia e culla d'inverno, che guida gli uccelli come il porto le navi, che ignari l'attira e ne paga l'ardore.

Sarà che ora soddisfatta cammini, come se nulla fosse successo, signora per bene che ha sbagliato la strada passeggiando e strusciando lungo i muri più zuppi, come gatta in calore che ha lasciato le tracce, perché qualcuno s'è illuso d'ingozzarti d'odore, di rivoli a grumi che si spaccano a gocce.

Contenta ritorni sui passi di sempre, con l'aria di donna sognatrice e vagante, come se nulla fosse accaduto, perché il tuo vestito di Fendi, non si è sgualcito per niente. C’è solo un pensiero che sottile t’angoscia e ti lascia sospesa a sudare nel dubbio, quale calza domani abbellirà le tue gambe, quale merletto stavolta aggrazierà questi seni.

Sarà che aspetti la sera per immergerti ancora, per leggere una pagina di questo fotoromanzo e un desiderio lontano si scioglie e t’imbroglia, tra un uomo che fischia e l’altro che guarda, e corre tra le sponde e bonifica terre, foce di fiume che si deposita in mare, mentre il vento che soffia t’asciuga le pieghe e chiudi il tuo libro e ricominci a sognare.

 







 




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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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Photo  Erica Fava

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