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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
C'è un'altalena vuota


 


  
C’è un’altalena vuota che dondola sospesa, spinta da una brezza leggera e mattutina, un solo cigolio lento e cadenzato, riempie tutto intorno il buio di silenzio. Distante a due passi una donna fa fatica, cammina ed arranca con una mano sulla schiena, nell’altra ha un ombrello anche se non piove, anche se il sole alto è andato già a dormire. Inciampa sui pensieri come fossero dei sassi o stecchi di rami secchi senza più le spine, oppure un cigolio di ruggine e catene che lento si propaga a ciuffi sopra l’erba, che lento si disperde ed indietro poi ritorna come una filastrocca ripetuta a ninna nanna od un pendolo che oscilla, ciondola e traballa.

Ogni tanto poi si ferma ed ascolta ed accarezza quel ricordo acerbo in grembo che si muove e s’accovaccia, ogni tanto poi si ferma e guarda verso l’alto, la luna incompleta appannata e rarefatta, da una nuvola sorretta, da un alito di vento, da un soffio di profumo di mimosa marzolina. La fissa e la misura, la cerchia con un dito, come fosse un compasso puntato contro il cielo, per convincersi che è tonda, piena come un ventre, che culla le tristezze d’un figlio poi smarrito, quello non voluto concepito una mattina, tra i fiati appesantiti di vino fermentato, di latte sui fornelli che bolle e spegne il fuoco, ed un odore inteso d’acido quagliato.

E’ solo un pensiero che torna ogni sera, un dolore che ripone tra gli scarti in soffitta, perché niente può sfiorarla tranne le sue rose, che cura e poi ci parla come belle creature, che bianche le recide per farne più corone, dentro il suo recinto senza più confini. Ogni tanto una panchina l’accoglie e la rilassa, ogni tanto un pasticcere si ferma e poi riparte, e lei che si riposa e lei che s’accarezza, la pancia come torta di ribes e di mele, ormai pronta se per caso ci fosse un altro frutto.

C’è un’altalena vuota che dondola sospesa, spinta da una brezza leggera e mattutina, un solo cigolio lento e cadenzato, riempie tutto intorno l’aurora di silenzio. Distante a due passi una donna fa fatica, seduta fissa il vuoto e fissa l’altalena, quel lento vai e vieni, che poi torna e non rimane, quell'eterno sospirare come doglie della luna, e in mano ha un ombrello, anche se non piove, anche se la notte, che l’avvolge e la dirada, è una notte già passata o che deve ripassare.
   





Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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