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Adamo Bencivenga
Coffee Time
Sarà dentro un caffè che una donna si sveglia, in un
letto qualunque che nessuno ha disfatto, nel caldo
vapore d’una pensione in collina, dopo una notte
passata in attesa, tra le lenzuola bianche intatte,
da sola. Sarà che impaziente si desta e si veste, ed
ora cammina dentro un vicolo stretto, in fretta per
quanto possa andare sui tacchi, in fretta s’immerge
negli odori di muffa, nel bianco e nero d’amanti
d’una vacanza lontana.
Lei non cerca una
storia o un signore distinto, non cerca qualcuno che
le chieda il permesso o la faccia sentire una sposa
fedele, o le parli di case, di figli e progetti o
peggio di anni trascurando i secondi. Non cerca
amori che si sfilaccino al tempo, che dolciastri le
lascino appiccicosa la pelle, come quei tanti
lasciati a decine, nelle stazioni di treni, negli
aeroporti del mondo, o nei letti sempre pieni, caldi
di sesso, che barattavano amore in cambio di niente.
Lei cerca se stessa in un paese senza tempo,
lontana un secolo per sentirsi nel sogno,
assaporando un caffè dal gusto di terra, d’istinto e
natura, di femmina calda, nero bollente che brucia
il palato, la lingua, le ossa e denso la scaldi,
lasciando che il vento le scoperchi la gonna, ed un
uomo del posto s'accontenti di altro, di vederla
seduta mentre accavalla le gambe.
Alle volte
si chiede perché solo nel sogno, si trucca la faccia
da ballerina di circo, giudicata soltanto per i
tacchi che porta, per il bordo più nero della trama
di calza, che vezzoso poi esce, certo che esce, tra
il vedo e non vedo di un’anima calda.
Come ora si
chiede perché si lascia rapire, da quel gusto
intenso davanti ad un Sale & Tabacchi, sognando
quell'uomo dagli occhi vissuti, che sappia trattare
la pelle di donna, il seno, le labbra e le parti
migliori, e sappia usare parole opportune, volgari o
meno per quello che basta.
Aspetta seduta e
si sente regina, e sfiora la gonna e vibra al
contatto, di due occhi impazienti che la penetrano
ovunque, curiosi di vedere cosa ci sia lì sotto,
quale odore può avere una donna borghese, se è fatta
di carne o solo menzogna, di profumo fruttato che
solo gli lascia, lo strascico finto di donna fatale,
che ha ceduto all'ardore d'uomo mai visto.
Perché l’uomo poi viene certo che viene, le dice
buongiorno ma è ruvido e rozzo, poi la fruga e la
cerca sotto la gonna, e sorpreso si chiede perché
non sappia di stalla, ma di suite ed alberghi, di
grattacieli nel mondo, di rossetto di fragola e
smalto francese, mentre lei cede alle mani che la
stringono forte, e sanno d’abuso, d’insulto e di
mucca, e la fanno volare tenendola ferma, senza
accortezze per guadagnarsi fiducia.
Ed ancora
le sente le mani rugose, quando beve il caffè fino
all’ultima goccia, quando quel gusto le invade la
gola, è nero che tinge, d’arabica forte, e lui le
sussurra parole d'amanti, avido, ingordo al piacere
che offre, eccitato e confuso quando tocca il suo
seno, prima uno, poi l’altro e poi ci ritorna, come
un gelato, dai gusti diversi.
Sarà che ora
aspetta la sera per risvegliarsi domani, per sentire
quel gusto ed entrare nel sogno, e un desiderio
lontano si scioglie e la imbroglia, e corre tra le
sponde e bonifica terre, foce di fiume che si
deposita in mare, mentre il vento che soffia le
asciuga le pieghe, e lei guarda il fondo, l’ultima
goccia, ancora un sogno e finisce di bere, prima di
alzarsi e salutare quell’uomo.
Coffee Time
Ph. Marco Maria D'Ottavi
Testo di Adamo
Bencivenga
© All rights reserved
https://www.liberaeva.com/2015/FOTO/12/marcodottavi/caffe/1.htm
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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Foto Marco Maria
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