Sarà che stasera il vento
di fuori, ulula come una cagna in amore, e soffia fischiando tra le
serrande più scure, sulle vetrate appannate di questo albergo di Roma, di
quest’alcova che dà gioia e calore, e ti fa sentire davvero come se
potessi essere altrove, magari a Touzer se ci arrivassero i treni, a bere
di gusto nettare e palma, lungo
lo stupore di un miraggio che corre, tra il lago salato ed il deserto che
incombe.
Perché quest’albergo è della stessa catena, ed ogni oggetto ti ricorda
quel posto, la penna la carta il posacenere nero, la spalliera del
letto di radica e pelle.
Ma sarà che l'attesa è sempre
la stessa, ovunque tu vada, ovunque lo aspetti, perché lo sai che è sposato e stasera non viene, ed
tu hai fatto chilometri per ritrovarti da sola, e li hai fatti in un fiato
attraversando la neve, lasciando alle spalle montagne più alte, dove il
giorno si tinge tra gli squarci di cielo, e dalla finestra si vede
stentato, uno spicchio di luce che confondi col mare.
Lo sai che è sposato e non può chiamarti nemmeno, che è lì a due passi e
tremendamente distante, ma lui non sa che ci vieni ogni tanto, perché il
ricordo sia vivo, consistente e reale, e si nutra di cose che il sogno
attutisce.
Questa
stanza è impregnata del suo odore di talco, di una sera la sola che ci hai
fatto l’amore, e alle volte ti chiedi quanti clienti nel tempo, ci hanno
dormito, hanno riso e poi pianto, ed tu ogni volta che senti limpido e
intatto, l’odore che prende dalle parti del cuore, ti imbraca e ti
abbraccia e ti sussurra negli occhi, che sei bella davvero nell’anima
dentro, che sei la sola ad averlo distratto.
E tu che ci credi perché non avrebbe alcun senso, dirti ti amo senza
averglielo chiesto, e tu che ci credi e non c’è voluto del tempo,
baciargli la fronte e sentirgli le labbra, che calde impacciate, socchiuse
nel freddo, hanno avvolto discrete il tuo bisogno d’amore.
E tu che ci credi in un
ristorante di Roma, in abito nero e la voglia evidente, d’essere femmina
per sentirlo più uomo, d’essere madre per sentirlo più bimbo.
E lui che ti guarda e t’accarezza leggero e sbircia il tuo seno finalmente
capace, d’amoreggiare con gli occhi che paiono lame, che penetrano dentro
i tuoi petali schiusi, come rosa d’inverno al primo raggio di sole.
E tu che ci credi e lasci che il tempo, non abbia le ore per chiedere quanto,
può durare una notte prima che l’alba, e rischiari un uomo dentro questa
vetrata, e rischiari una donna che è bella davvero e fanno l’amore, eccome
lo fanno, e fanno l'amore di labbra e di fiati, senza che i corpi si
rendano conto, d’essere solo strumenti d’un sogno che cuce e rammenda due
anime in cerca.
Lo
sai che è sposato e domani è diverso, ma giuri non conta non ha senso
stasera, se quei gemiti intensi si mischiassero insieme, tra la pioggia
che fuori batte e ribatte, e nitido senti quanto è bello il rumore, d'un
treno che passa, d'un'autostrada che corre.
Sarà che stanotte ti lasci cullare, dalla certezza d’averlo perché senti
l’odore, e netto trasuda tra le pelle del cuore, come se ora suonasse il
portiere, e ti dicesse signora perdoni il disturbo, ma un uomo a quest’ora
sta salendo le scale.
E senti i suoi passi, Dio che bello il rumore, e ti chiama col nome che ti
sussurrava la notte, e ti chiama Eva anche se non è questo il tuo nome, ma
poco ci manca e glielo lasci gridare, perché sazi i suoi occhi e li scambi
di posto, gli scomponi i capelli contandoli a ciocche.
E senti i suoi passi, sarà lui davvero, chi
mai nella notte potrebbe essere certo, che in quest’albergo di Roma c’è
una donna che aspetta, che è pronta e che chiede, d’essere femmina bella,
ancora una volta, tra le braccia, le sole, che ti piace sentire, che ti
stringono dove è più vivo il dolore, di anni passati a chiuderti a riccio,
ad aprirti a chiunque t’offrisse una rosa.
E senti i suoi passi, non puoi più sbagliarti, ti metti soltanto un filo di
trucco, chiudi la luce e scalza cammini, socchiudi la porta e lo aspetti
nel letto, perché non c’è luogo per accoglierlo meglio, non c'è posto per
sentirti più donna, per sentire l’odore e consumarlo di fretta, che avido
chiede, che sazia trattieni.
E senti i suoi passi e lo aspetti in
silenzio, per sentirgli il respiro che ti bacia e ti prende, che ti recita
a mente parole d’amore, che sanno di uomo, di sesso e d’umore, che sanno
di donna che ora dorme serena, con un ghigno che ride e la mano che
stringe, un uomo stanotte che è venuto a trovarla, in un albergo di Roma
mentre fuori pioveva.
Sarà che stanotte hai sentito più forte, le mani impazienti che ti
raschiavano il cuore, ed ora in quest’alba che inonda il tuo letto,
abbracci il cuscino e ti fai coccolare, e limpido senti l’odore di talco,
come se fosse ancora qui nel tuo letto. Gli baci le rughe quando ride con gli occhi,
gli baci la barba, il mento, la fronte, mentre giuri convinta d’averci fatto l’amore,
poi un attimo dopo ricomincia a pensare, e scaldi la parte più fredda
del letto, per non lasciare al tuo dubbio di pensare se è vero, che il
portiere stanotte non ha chiamato nessuno, che il rumore di passi l'hai
sentito nel sogno, e la porta s’è chiusa con un
colpo di vento, senza una mano che l’accompagnasse da dentro, senza che un
uomo s'infilasse nel letto.