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RACCONTI
 
 

Adamo Bencivenga
La Cena degli Artisti



 


 
 


Pensione Stardust due Stelle.
Primo e Secondo Piano. Interno pomeriggio.

Personaggi principali:
Il Mezzosoprano Drammatico
L'Aiuto Regista
L’Impresario
Il Contralto Lirico
Il Fidanzato del contralto lirico
Il Commissario di Polizia vero
La Moglie del Regista



Le luci gialle dell’insegna STARDUST si espandevano intermittenti sul pavimento bianco e nero impolverato della stanza al primo piano. Fuori un leggero soffio di neve autunnale velava l’asfalto del marciapiede della stazione.
All’interno, nella penombra del piccolo salotto si presentò una ragazza mora dalla pelle bianca e gli occhi grandi come noci. Bella come un’attrice portava un cappello rosa, una valigia pesante e un vestito bianco lungo, stropicciato dal lungo viaggio. Sulla sua guancia destra un piccolo tatuaggio a forma di nota musicale, intorno agli occhi un trucco pesante carico di nero e vita vissuta.

La reception era vuota.
Attese un attimo per riprendere fiato, poi suonò due volte il campanello sul bancone di legno, ma nessuno rispose. Con un gesto d’insofferenza iniziò a passeggiare avanti e indietro, era decisamente una bella ragazza e la sua presenza contrastava con l’incuria e la sporcizia di quel luogo.
Le bastò un’occhiata di sfuggita per vedere la carta da parati a fiori ingiallita dal tempo e dal fumo, il posacenere stracolmo di cicche e un grande strappo orizzontale che tagliava in due la poltrona a fiori.

Si accese una sigaretta.
Al lato della stanza un grande vetrata correva lungo la parete e dalla quale provenivano voci, risate e rumori. Qualcuno raccontava una barzelletta, qualcun altro intonava il refrain di un vecchio successo di Charles Aznavour. L’appuntamento con l’impresario era previsto per le quattro in punto. Ora il grande orologio sopra il bancone di legno segnava quasi le cinque. Attese ancora qualche minuto, poi stanca di aspettare, aprì la porta della vetrata. Davanti a lei una grande sala da pranzo a forma circolare. Senza varcare la soglia disse: “Salve sono il Mezzosoprano Drammatico.”

Attorno al grande tavolo contò almeno venti persone, tutte vestite da scena, gli uomini in nero liso e le donne in lamè trasandato. Nessuno dei commensali commentò. Solo l'aiuto regista accennò ad un piccolo saluto, ma rimase seduto. Non aveva la faccia dell’aiuto regista e neanche la cravatta adatta per cui lei ignorò chi fosse.
“Evidentemente mi stavano aspettando.” Pensò comunque la ragazza non sapendo cos’altro pensare.
Poi agitò le piume del grande cappello da scena e rimase in attesa.
Guardò di nuovo l’orologio, erano le cinque e un quarto, strana ora per mangiare. Poi si chiese se fosse cena o pranzo, oppure tutti e due.
Sapeva che doveva attendere, ma non esattamente quanto. Allora richiuse la porta, si appoggiò al bancone della reception e tirò fuori dalla valigia una trousse rossa tempestata di brillantini.

Ancora cinque minuti e finalmente arrivò l'Impresario con una vistosa gardenia sul completo grigio gessato. Lei notò la tinta fresca e rossiccia dei capelli e le scarpe mocassino di coccodrillo lucido decisamente demodé. A quel punto lo riconobbe anche se non lo aveva mai visto e non sapeva che viso avesse un Impresario.
“Salve sono il Mezzosoprano Drammatico.” Disse lei sorridendo.
Lui di contro non sorrise e non si presentò, perché era l’Impresario e perché era giusto fare così.
Senza guardarla in viso, con un forte accento francese meridionale chiese spiegazioni per quel ritardo. Ma non la rimproverò anzi con un gesto da attore consumato chinò platealmente il capo e sospirò sottovoce: “Enchanté.”
A quel punto lei si sentì in dovere di parlare del servizio lento dei treni sotto la neve e di un contrattempo alla biglietteria ferroviaria anche se non era quella la causa del ritardo.
Lui capì ed attese che la ragazza finisse di guardarsi nello specchietto dorato della trousse.
“Mia cara mi occorrono i suoi documenti. Se sarà scelta dovrà firmare il contratto.” Disse arrotando la erre e guardandole le tette.
Lei si mise di profilo per meglio orientare lo sguardo dell’Impresario ed ostentare le forme tonde di quelle grazie, poi facendo finta di cercare le carte frugò nella valigia, ma tirò fuori un paio di mutandine di pizzo e una crema depilatoria.
“Che sbadata, devo averli dimenticati in treno!”
“Quanti anni ha signorina?” Disse l’Impresario non credendo alla dimenticanza.
“Sono maggiorenne.” Rispose lei.
“Ovviamente…” Replicò lui, ammiccando un sorriso che non aveva nulla di professionale.
Poi la pregò di poggiare il cappello sopra il bancone e di fare un altro tentativo.
“Ci saranno dei problemi?” Chiese lei con voce fintamente preoccupata e decisamente svenevole.
“Oh no signorina, risolveremo tutto. Il Commissario è nostro amico.”
Lei smise di cercare e lui constatò tra sé che la ragazza era esattamente il tipo di donna che stava cercando nonostante la penuria di soprani drammatici.
“Vedrà signorina, la prova del pomeriggio sarà una pura formalità.” La rassicurò ormai convinto della scelta nonostante aspettasse ancora il Contralto Lirico.
Poi aprì la porta della grande vetrata. Alla vista dell’Impresario la sala si zittì di colpo. Lui con ampi gesti pregò il Soprano Drammatico di accomodarsi al tavolo con gli altri artisti indicandole una delle sedie rimaste vuote.
Lei obbedì e sapendo di essere osservata camminò lentamente in modo che l’Impresario fosse ancora più convinto della scelta. Poi si sedette più leggera di una una piuma al posto indicato, davanti ad una scodella colma di minestra fumante.
Disse di nuovo: “Salve sono il Mezzosoprano Drammatico.”
E lo disse così con tale enfasi che gli altri credettero davvero che lo fosse.
Qualcuno questa volta rispose al saluto.
“Buongiorno Signorina.” Disse l’Uomo senza Parte.
“Buonasera.” Rispose lei a caso non individuando l’interlocutore.
“Ha fatto buon viaggio?”
Lei rispose parlando del servizio lento dei treni sotto la neve e di un contrattempo alla biglietteria ferroviaria.

L’Impresario intanto prese posto a capo tavola ed impaziente esclamò: “Ora siamo tutti.” Benché mancassero il Contralto lirico e il regista.
Qualcuno gli fece notare l’assenza, ma lui si sentì in dovere di anticipare il discorso di benvenuto. Dalla tasca del gessato grigio prese un foglietto spiegazzato e senza leggerlo proseguì a braccio lasciandosi andare all’enfasi dell’orgoglio di aver messo in piedi quella meravigliosa Compagnia di Artisti.
Tutti applaudirono tranne il flautista magico innamorato dell’Impresario.
Ma l’Impresario non aveva più occhi per lui e continuò a guardare la nuova arrivata. Era davvero un bel tipo! Poi non sapendo cosa dire le chiese a voce alta se ricordasse la parte.
“Oh sì, l’ho ripassata in treno.” Disse lei con voce impostata.

Quella non era la prima stagione della Cena degli Artisti e i vecchi attori sapevano benissimo cosa provocasse alle endorfine dell’Impresario un urlo prolungato intenso e corposo. La donna ignara a quel punto si sfilò i guanti e prese il cucchiaio.
Notò che nessuno di loro usava le posate ed allora inclinò leggermente le spalle ed il capo e, portando la scodella verso la bocca, bevve il brodo di scena. Era così leggero che il suo gusto era simile all'acqua poi le venne il dubbio che fosse il sapore dell'acqua ad essere simile al brodo.
L’Impresario le chiese se fosse di suo gradimento.
Lei accennò ad un piccolo sorriso, ma non rispose.
Proprio in quel momento lui pensò che dopo la cena l’avrebbe invitata nella sua stanza. Lei non pensò nulla perché si stava chiedendo chi avesse dovuto occupare l’altra sedia rimasta vuota.
Poi si ricordò di essere in prova e ben presto i suoi dubbi si dissolsero.

Infatti arrivò una ragazza bionda dall'aria slava e il mento pronunciato in compagnia del suo fidanzato. Disse qualcosa in un russo incomprensibile, forse un saluto, forse un’imprecazione, poi stanca si appoggiò al bancone della reception e si tolse le scarpe. Poi si massaggiò i piedi maledicendo il tacco alto e le scarpe a punta. Il ragazzo invece si accomodò sul lungo taglio della poltrona a fiori. Per ammazzare l’attesa si accesero entrambi uno spinello. Sapeva di fragola, ma aveva il gusto di erba. Lei scalza si avvicinò alla finestra e guardò oltre le veneziane. Quel marciapiede velato di neve le ricordò l’infanzia. Una patina di tristezza incupì il suo viso, poi tornò indietro e spazientita suonò il campanello, l’Impresario era distratto e allora lei lo pigiò di nuovo. Poi si rimise le scarpe e con fare deciso spalancò la porta della grande vetrata.
Solo in quel frangente l’Impresario si accorse della nuova arrivata e lei ingentilita da quella attenzione disse a voce alta: “Salve sono il Contralto lirico.” Ma non superò la soglia.
Anche questa volta gli altri commensali non commentarono.
L'Impresario a quel punto si alzò e rispose al saluto, poi dando un’ultima occhiata al seno del MezzoSoprano Drammatico, decisamente contrariato, andò verso la nuova arrivata e chiese a voce ancora più alta spiegazioni per quel ritardo. Lei parlò del servizio lento dei treni sotto la neve anche se non era quella la causa. Poi prese la trousse dalla valigia ed iniziò a truccarsi gli occhi e le labbra.
L’Impresario tra sé e sé apprezzò quella grazia. Era bella come un’attrice, abbondante come una cantante lirica, pensò ammirando le sue tette. Decisamente era il suo tipo. Ammorbidì la sua espressione in un sorriso radioso e anziché rimproverarla le fece un inchino identico a quello precedente, ma questa volta non pronunciò alcuna parola.
Poi le chiese i documenti, lei fece finta di frugare nella valigia. Ovviamente non li trovò, ovviamente lui le chiese se fosse maggiorenne, ovviamente lei disse di sì, ovviamente lui disse di non preoccuparsi.
A quel punto la invitò nella sala grande e la pregò di sedersi sulla sedia rimasta vuota.
Poi diede al fidanzato la chiave della stanza numero 7, la stanza dei fidanzati in attesa.

Il MezzoSoprano Drammatico seduta di spalle non si accorse della nuova arrivata. Il Contralto lirico disse: “Permette?” E il MezzoSoprano Drammatico tolse a mala voglia i guanti ed il cappello dalla sedia poggiandoli sulle sue gambe e solo allora il Contralto lirico prese posto e disse di nuovo: “Salve sono il Contralto lirico.” Gli altri commensali la salutarlo pur continuando a sorseggiare il brodo di scena, mentre il MezzoSoprano Drammatico la guardò di traverso chiedendosi in una frazione di secondo chi delle due avesse il seno più grosso.
“Ora siamo tutti.” Disse di nuovo l’Impresario.
Il Commissario di Polizia Vero seduto accanto alla moglie dell’Uomo senza Parte lanciò un'occhiata alle nuove arrivate. “Alla fine della serata una delle due sarà mia.” Pensò convinto, non sapendo quale fosse la prima scelta dell’Impresario, il quale, sostituendo momentaneamente il regista, per ovvi motivi avrebbe comunque avuto la precedenza.

Mai come questa volta l’Impresario era così indeciso. Allora pensò di invitarle entrambi nella sua stanza al secondo piano.
Qualcuno chiese del regista. Nessuno rispose. E allora l’Impresario diede il via alla prova. La finta orchestra intonò l’overture dell’Ermelinda di Georg Friedrich Händel. Tutti i commensali portarono le tazze alla bocca. L’Impresario fu soddisfatto di quel perfetto sincronismo. Tutti quei gesti si accordarono perfettamente. La cena degli artisti sarebbe stato un successo, pensò. Poi come da copione la Bella senza Anima chiese all’Uomo senza Parte di quale materiale fosse fatta un’anima. Lui in dubbio rispose di vetro o di carne specificando comunque che non tutte le anime erano uguali. Qualcuno domandò dove fosse localizzata, alcuni dissero sotto il seno, altri più giù, altri più su, altri fuori dal corpo. Addirittura qualcuno azzardò che l’anima non fosse altro che Dio stesso. Sta di fatto che la riunione acquistò spessore, tutti cercarono di disquisire, ma era evidente che quei discorsi fossero solo un pretesto, tanto che un enorme baccano dietro le quinte si sovrappose all’overture e al brusio. La scena si tinse di giallo. Un enorme fumo che rappresentava il dramma invase la sala. L’occhio di bue vagò per il palco puntando i volti attoniti. Finché una donna a seno nudo si materializzò dalla vetrata. Fece due passi e cadde in ginocchio. Era la moglie del regista e coprendosi il volto con le mani insanguinate disse con voce affannata: “Salve, sono la moglie del regista.” Poi nella disperazione della parte disse tra i singhiozzi strazianti di aver trovato suo marito morto pugnalato al cuore. Tutti a quel punto poggiarono le scodelle sulla tovaglia e si chiesero chi fosse l’assassino. Lei senza alcun dubbio disse: “E’ stato il mio amante!” Le voci si accordarono per uno stridulo brusio di sottofondo allarmato. Tutti di nuovo si chiesero chi fosse. Qualcuno disse il flautista magico, ma visto che era presente pensarono a quanti amanti avesse la moglie del regista.
A quel punto, come da copione, il Mezzosoprano Drammatico con una sublime puntualità si alzò gettando cappello, valigia e sedia in terra e assumendo una postura eretta cacciò un urlo così potente che fece tintinnare i calici vuoti e la finta argenteria disegnata nelle credenze. Il fumo di scena si diradò evaporando dentro un vortice giallo tendente al nero che rappresentava rispettivamente l’enigma e il mistero. Un boato di un finto tuono gracchiò da due altoparlanti esterni.
L’aiuto regista era soddisfatto, l’Impresario incredulo.
La voce calda, piena, ricca e acuta continuava a riempire di pathos gli astanti e spaziava dalla zona centrale a quella angolare con una vocalità cantabile e grave allo stesso tempo. Il timbro scuro e il volume intenso avevano raggiunto verso la fine dell’urlo accenti forti e drammatici. L’onda lunga fece vibrare la vetrata e contemporaneamente vibrarono i vetri delle finte finestre e le scodelle sul tavolo. L'aiuto regista fermò il cronometro. 27 secondi e due decimi! Raggiante gridò “Stop!”

Tutti a quel punto si alzarono da tavola e si abbracciarono calorosamente, tutti si sentirono causa di quel trionfo, chi per aver sorseggiato con cura il brodo, chi per aver contribuito al brusio, chi per la postura, chi per aver semplicemente partecipato all’evento. L’Uomo Senza Parte grido: “Magnifica!” Altri si aggiunsero al Coro. L’Impresario che non stava più nella pelle si distinse gridando: “Voglio l’esclusiva!” Così dicendo si diresse verso il Mezzosoprano Drammatico, la quale attorniata dal capannello degli artisti stava stringendo mani, baciando guance e firmando qualche autografo. Qualcuno le toccò il sedere, qualcuno la coscia per intuire quanti e quali merletti aggraziassero la sua lingerie, ma lei non ci fece caso.
“Ho bisogno di voi.” Disse l’Impresario con voce austera camuffando le intenzioni, ma tutti si accorsero con uno sguardo che non si trattava di una proposta di lavoro. Anche il Mezzosoprano Drammatico si accorse che quella frase conteneva propositi osceni. Fissò il suo interlocutore e disse: “Avrò una scrittura?”
“Signorina lei è stata a dir poco fantastica.” Poi dopo una pausa riprese. “Venga nella mia stanza per formalizzare il contratto.” Ma lo disse guardando il seno grande della ragazza.
Poi rivolgendosi agli altri disse di effettuare comunque la seconda prova con il Contralto Lirico. Naturalmente era solo uno scrupolo visto che la scelta era già stata fatta.
Poi si diresse verso la vetrata e il Mezzosoprano Drammatico in mezzo all’occasione della sua vita prese la valigia e il cappello da terra e lo seguì ancheggiando a dovere. “Ogni esame che si rispetti ha bisogno di due prove.” Pensò lei mentre saliva le scale.
“Quella scritta e quella orale.” Disse lui intercettando il suo pensiero.
Salirono al secondo piano.
Prima di chiudersi in stanza incontrarono il fidanzato del Contralto Lirico che, rimasto colpito dall’acuto era uscito dalla stanza n. 7 e non era lì a caso. Poi non sapendo cosa dire, disse: “Buonasera.”
Loro non risposero e si chiusero in stanza.
Il viso di lui cambiò colore rendendosi conto che la parte era ormai assegnata e per la sua fidanzata russa non ci sarebbe stato più nulla da fare. Allora agì senza perdere tempo.

*****

“E’ risaputo che il successo è effimero.” Questo pensava il Mezzosoprano Drammatico intenta a svolgere diligentemente il suo compito al secondo piano. L’impresario nel clou dell’incontro le chiese più volte di ripetere l’urlo. Lei non si fece pregare, ma circa un quarto d’ora dopo dal piano inferiore si udì un urlo più potente che sovrastò quello più simile ad un gemito del Mezzosoprano Drammatico.
Tutti si accorsero che non si trattava di una finzione. Era la voce del Contralto Lirico che nessuno conosceva, ma tutti riconobbero. Quell’urlo durò 54 secondi. “Esattamente il doppio!” Pensò l’aiuto regista con il cronometro in mano. L’intensità salì fino al do sopracuto con una incredibile e assoluta padronanza della coloratura e nel contempo fino alle orecchie dell’Impresario affaccendato in altre faccende. Nudo quasi svenne. Disse al Mezzosoprano Drammatico di rimandare la prova e di vestirsi immediatamente. Lei non capì visto che avevano già fatto l’amore o quel surrogato che seguiva la prova scritta. Maledisse comunque la sorte. Non aveva ancora firmato il contratto e quell’urlo avrebbe sicuramente pregiudicato la sua futura carriera. Come ultimo tentativo tentò di emettere un urlo ancora più convinto, ma uscì un misero sibilo insignificante.
Scesero insieme di corsa le scale e si precipitarono nella sala grande.

Nella grande sala, attorno al tavolo, tutti stavano applaudendo il Contralto Lirico. L’Impresario alle prese con le sue endorfine si fece spazio tra il capannello degli artisti e gridò: “Voglio l’esclusiva!”
Lei fissò il suo interlocutore e chiese in perfetto italiano: “Avrò una scrittura?”
“Signorina lei è stata a dir poco fantastica.” Poi dopo una pausa riprese. “Venga nella mia stanza dobbiamo formalizzare il contratto.” Ma lo disse guardando il seno grande della russa e si accorse ad occhio e croce che superava almeno di una taglia quello del Mezzosoprano Drammatico. Lei allora prese la valigia e lo seguì ancheggiando a dovere.
“Ogni esame che si rispetti ha bisogno di due prove.” Pensò lei mentre saliva le scale.
“Quella scritta e quella orale.” Disse lui intercettando il suo pensiero, ma ignorando che quell’urlo non scaturiva dalla sua più o meno arte drammatica o da una raffinata tecnica canora, ma da un vero e proprio spavento reale difficilmente riproponibile nella finzione.
Lui le accarezzò i fianchi, lei se li fece accarezzare ed insieme entrarono nella stanza al piano superiore e chiusero la porta.



FINE



P.S. Va detto che per ogni soluzione esiste un problema e che per ogni problema non sempre esiste una soluzione. In questo caso il problema e la soluzione coincidevano in modo perfetto: vale a dire che il regista era morto veramente.
C’erano voluti quindici minuti prima che gli altri se ne rendessero conto.
Quell’urlo del Contralto Lirico non era stato una finzione di scena, ma di una donna terrorizzata in preda al panico.
Il Commissario interrogò tutti i presenti, tranne l’Impresario e il Contralto Lirico. E tutti, compreso l’aiuto regista, per paura di perdere la scrittura, si guardarono bene dal dire la verità. Alla fine il Commissario chiuse il caso come morte accidentale anche se la chiave, il movente e l’arma erano nelle mani del fidanzato del Contralto Lirico.
Quest’ultimo conoscendo le doti della sua ragazza aveva intuito che solo con un evento così drammatico lei avrebbe potuto accaparrarsi la parte e rubarla al Mezzosoprano Drammatico. Quindi nel momento in cui l’impresario era al piano superiore in dolce compagnia del Mezzosoprano drammatico, si era introdotto nella stanza del regista e con il pugnale di scena, che purtroppo non era finto come il brodo, aveva compiuto il delitto. Poi a fatica aveva trascinato il cadavere lungo le scale e nascosto dal fumo lo aveva introdotto nella sala da pranzo ed adagiato sulla sedia lasciata libera dal Mezzosoprano drammatico accanto alla sua donna. Diradato il fumo la donna alla vista di tutto quel sangue aveva lanciato quell’urlo incredibile.
Ora il Contralto Lirico mentre con una mano faceva l’amore e l’altra firmava il contratto si stava chiedendo se nella finzione sarebbe davvero stata in grado di replicare quell’urlo intenso fino al do sopracuto con una incredibile e assoluta padronanza della coloratura per ben 54 secondi!
Quando scese le scale il suo fidanzato, con il pugnale di scena in mano e pronto per un nuovo uso, la tranquillizzò. L’impresario avrebbe sicuramente scelto un altro regista.


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Il racconto è frutto di fantasia.
Ogni riferimento a persone e fatti
realmente accaduti è puramente casuale.


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TUTTI I RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
Photo  Michel Keppens

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