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Adamo Bencivenga
LA LADRA
Interno di
notte di lampadari a gocce, due signore eleganti vestite di
nero, un incontro inatteso apparentemente casuale, nella hall
dell’albergo, sui rossi velluti, uno sguardo, un’intesa e parole
cortesi, come se fossero amiche da sempre, un drink, un Martini
e parole più fitte, che si sgranano calde sui tacchi che ora, si
lasciano andare su una scala che sale, un ascensore di specchi,
riflessi di forme, di intreccio di mani, segrete e bollenti.
Interno di
notte di luce soffusa, interno e suite all’ultimo piano, interno
di notte, ombre sui muri, che si fondono insieme nelle pareti di
stoffa, interno di Roma d’estate alle porte, interno di notte di
pioggia leggera, che smette e riscende indecisa sul fare, e
trasmette gli effluvi di resina e terra, e sale e s’insinua come
alito caldo, come brezza che viene lontano dal mare, e raccoglie
passando gli istinti e le voglie, d’amore e vapore, d’odore
lascivo, che spaia i capelli e li conta e spareggia, su povere
terre di malva e d’ortica, sui campi di spighe quando ondeggia
sui grani, nell’interno di cuore sulla pelle di ambra, odore
d’amore, di rosso penombra, di sesso e sudore, di femmine sole,
nell’interno di notte, sul letto disfatto.
Interno di
notte, interno del Plaza, dell’altra che dorme consumata d’amore,
abbracciata al cuscino, s’accovaccia e si gira, come un dolce segreto, un
feto mai nato, nelle onde di seta che l’accolgono a letto, nelle righe di
luce che s’affinano a notte, tra gli scuri accostati, sulle antenne e i
gatti, tra i chiari di luna sulle terrazze assonnate.
Interno
di notte, interno del Plaza, di ocra moquette, di calze e merletti, di lei
che si alza, clandestina e illegale, in un sordo silenzio, furtivo e
segreto, di seta e lenzuola, di fiato felpato, di gatte acquattate sui
tetti di sera, che chiedono e danno senza alcuna decenza, perché è un
interno di passi cadenzati e sicuri, fruscio di ricami e barbagli di seta,
di guanti longuette per fare bene l’amore, per non lasciare le impronte
come ora nell’ombra, scalza cammina, quatta s’accosta, imbroglio e bellezza
in un muto sospiro, delicata armeggia tra le dita di raso, i numeri in
serie digitati e perfetti.
Interno di
notte, silenzio ovattato, l’orecchio che sente il minimo
scatto, quattro tic di fila e mano sicura, come gocce
nell’acqua cadenzate al secondo, sette… otto… tre… cinque…,
poi un filo d’attesa, nell’interno di notte, interno di
ladra, lei trattiene il respiro, poi un attimo lungo e come
d’incanto si spalanca il tesoro, un lampo di notte, uno
squarcio di cielo, più prezioso di labbra che poco prima nel
raso, s’inumidivano al tatto, ai baci rubati, tra le mani le
gioie, tra la bocca quel seno, leggere e perfette nel
disegno e nel piano, di finirla al più presto, di vederla
annientata, per vederla dormire soddisfatta d’amore.
Interno di
notte, di cuore che picchia, lo sportello che s’apre, pesante e leggero,
come fosse un incanto, un miracolo vero, tra le dita si sgrana lo
splendore di perle, il luccichio di diamanti, tesori e preziosi, e il
chiarore che sbatte ed avanza deciso, tra le pareti e il soffitto sfavilla
nell’ombra, e l’iride ride avido e attento, di lei che si lascia rapire
dagli occhi, dalla luce che ora avvicina alla bocca, come se avesse un
odore e un sapore, come volesse trattenere ogni gusto, sentire il potere e
carpire ricchezza.
Interno di notte, dell’interno del Plaza, soddisfatta allo specchio si
lascia rapire, mascherina di ladra, mascherina d’amore, un ghigno leggero,
un sorriso sottile, paga e contenta, fiera arrogante, coi segni evidenti
di una notte trascorsa, la valigia stipata, il seno arrossato, l’altra che
dorme viziata di sesso, sulle labbra il sapore di baci bugiardi, come per
dire che anche stanotte, da ladra perfetta ha rubato due volte.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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Photo YannisHatzianastasiu
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