|
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIE POLICY
RACCONTI
Adamo Bencivenga
La locanda delle Signore Belle
Photo Andy Julia
La
locanda delle Signore Belle era fuori dal paese, in cima
ad una collina chiamata Poggio Antico, vi si accedeva
per una strada d’ulivi secolari, lungo il muro ricoperto
di erba parietaria, e in fondo al rettilineo dove il
sole fa la curva, un pergolato d’uva nera, s’apriva a
tutta vista. Sopra tre finestre ognuna con un nome,
sopra tre finestre ognuna per cantare, s'aprivano
all’amore come una rosa di mattina, si schiudevano a
quel sole che generoso tutto l’anno, maturava i pescheti
e l’uva di costiera, le piantagioni di tabacco nelle
lande di pianura, e si fondevano ai colori verde
d’acquarello, dei versanti a pineta scoscesi fino al
mare.
Nella locanda delle Signore Belle non c’era
giorno di riposo, perché più propriamente non era un
ristorante, e neanche una casa di cura e d’accoglienza,
oppure un ricovero per novizie forestiere, un albergo
per turisti alla Festa del Patrono. Vedendola di sbieco
somigliava ad una signora, con il volto a tinte forti e
il rossetto screpolato, un foulard attorno al collo per
i segni e per l’inverno, le gambe secche secche e le
dita magre magre, ricoperte da un guanto abbellito di
ricami.
Ma a guardala ancora non era altro che
una casa, circondata da olive grasse ed indorate, ed un
recinto muro muro, ed un cancello nero nero, come tante
altre in quei posti di collina, come tante altre con
l’aia ed il piazzale, e un cane che dormiva con un occhio
solo, tra gli attrezzi di campagna per vendemmie e
mietiture. Ma la locanda delle Signore Belle era meta
tutti i giorni, di uomini curiosi, d’occhi inopportuni,
di donne più discrete dai sorrisi maliziosi, che
volevano toccare la leggenda con le mani, che volevano
vedere quanto ci fosse di reale, su ciò che si narrava,
su ciò che si diceva, attorno alla locanda a fine anni
trenta, e anche nei quaranta nel bel mezzo del
conflitto.
Perché la locanda delle Signore Belle
era meta tutte le sere, di uomini importanti e gerarchi
della zona, e membri del Partito che venivano da Roma,
che venivano di sera sempre dopo cena, anonimi o in
divisa celati da quel buio, che fitto si fondeva con le
ombre della casa, dentro quel salone di pareti
damascate, di stivali neri lustri, di mostrine e di
medaglie, che s’appartavano un’ora o tutta la nottata,
sopra quei divani di pelle e di velluto, con un goccio
d’anisetta ed un sigaro toscano, gustavano la seta, il
macramè ed i merletti, i cappelli e le perline, le gonne
con le frange, di tre signore belle oppure ad una ad
una, a seconda del livello e dei giochi preferiti, delle
voglie e della fretta dell’ospite di turno.
E le
Signore Belle venivano da tutta Italia, fuggivano dalla
fame e dai posti della guerra, ed erano provinciali,
venete e bresciane, ragazze contadine nate dalla terra,
fertile di fiume, salmastra lungo il mare, che
arrancavano in salita sotto l’ombra degli ulivi, che
avanzavano a fatica con la valigia nella mano, lungo
quel pendio in attesa del traguardo, ogni quindici del
mese, il giorno del ricambio, qualcuna timorosa senza un
filo d’esperienza, altre un po’ scollate che mostravano
le quarte, tonde e saporite, con un accenno di mestiere,
che sapevano di terra, sapevano di buono, e lasciavano a
quegli uomini un senso d’abbondanza, di campi sconfinati
gialli di frumento, di malghe di montagna cariche
d’odori, di mucche partorienti, di latte appena munto.
Perché erano donne belle, baresi e siciliane, perché
erano donne in carne, grasse come olive, qualcuna di
città con un cuore di rossetto, sopra quelle labbra che
muovevano ad arte, anche solo per parlare, altre per
fumare, per mandare baci rossi, per un saluto con la
mano, ed apparire affascinanti durante quel tragitto, di
fianchi generosi ostentati lentamente, dentro pizzi e
trine come tovaglie contadine, qualcuna con i guanti,
tutte col cappello, s’atteggiavano a puttane senza
averlo ancora fatto.
Perché nella locanda
venivano solo le novelle, e in genere rimanevano solo
due settimane, qualcuna anche un mese. ma era
un’eccezione, sperdute in quel paese era un vero
noviziato, aspettando la buona sorte oppure il grande
salto, nel lusso dei palazzi di Napoli o di Roma, tra le
pareti spesse che attutivano i cannoni, aspettando un
uomo buono perso e innamorato, che chiedeva quella mano,
che chiedeva quella bocca, per averla sempre pronta, per
averla in esclusiva, e far di lei un’amante, segreta ed
ufficiale, andandola a trovare nel talamo a giorni
alterni, infilandosi di sera come un ladro circospetto,
dentro quei portoni angusti e fuori mano, dentro quelle
stanze profumate di violetta, di giovane mantenuta, di
giorno a debita distanza.
Nella locanda le
Signore belle passavano le ore, ricamando sulle tele, di
lino a trama larga, e coi fili colorati seguivano i
disegni, di rose e d’orchidee, di un volto di contessa,
di un muso di gattino, di un giovane soldato, aspettando
poi la sera, quei rumori di stivali, per sentirsi
principesse nel salotto a conversare, e poi regine
venerate nelle stanze al primo piano, in quei letti di
campagna senza rango e condizione.
Perché nella
locanda delle Signore belle si era tutti uguali, e
nessuno domandava chi fosse quel cliente, se fosse
importante, membro del partito, oppure del governo o
solo generale, perché nella locanda delle Signore belle,
non c’erano ceti e classi, né divise e né vestiti
infangati dal rancore, né gerarchi esaltati obbedienti
al potere, né puttane umiliate per fame e per dovere, né
un esercito allo sbando di eroi o disertori, ma solo
uomini e donne ignari del domani, due corpi caldi e nudi
che cercavano il piacere, e cercavano il riscatto
all’ombra della Storia, sopra quelle reti che scandivano
l’amore, dentro quelle stanze scaldate da quei fiati,
tra i lampi di una guerra ormai alle porte, tra i
bagliori di una luna, dentro un’alba già vicina.
|
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
© All rights
reserved
TUTTI I
RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
Photo Andy Julia
© Adamo Bencivenga - Tutti i diritti riservati
Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, senza il consenso
dell'autore
Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori.
Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.
If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti
|
|