|
HOME
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIE POLICY
RACCONTI
Adamo Bencivenga
L'ansa del fiume
Certe volte succede che rimani la sera, sotto quella veranda ad ascoltare
le onde, a sentire il rumore che trasborda dell’acqua, e porta umido e
freddo che penetra piano, e porta gli odori di pesce pescato, di lampade
ad olio nelle barche di notte, perché certe volte succede che porti un
cappello ed uno scialle di lana ti avvolge le spalle, e ti lasci cullare
da una sedia di giunco, e ti lasci ninnare e rilassi i pensieri, le voglie
scomposte di essere dove, non conosci le facce, non conosci gli odori, e
non sai dargli un nome, o quanto meno la rotta, sai solo che è distante e
lo chiami Altrove, e perfino Amore se la luna si increspa e la scia
lambisce quel porto lontano.
Certe volte succede che rimani la sera, sotto quella veranda ad ascoltare
le onde e senti tuo marito che sale le scale, la sua ombra pesante con una
lampada in mano, e segui i suoi passi ed un fascio di luce, prima che sia
notte e sia troppo tardi, ed appena disteso cade nel sonno, e lo senti che
russa, e lo senti che è stanco, e tu che ti chiedi come faccia a non
provare, quello che dentro ti rigurgita e bolle, quello che fuori sono
brividi a pelle, fino a pensare che ogni volta che dormi, sono avanzi di
ore lasciate marcire.
Come puoi pensare di essere stanca, come puoi pensare che un sonno
rilassi, se quello che fai è solo lavoro, apparecchi e sparecchi e porti
da bere, ai pochi clienti che capitano a caso, in questa punta di terra
dove non arriva la strada, dove il vento che fischia arriva dal mare. C’è
solo un canale al di là della duna e solo pescatori conoscono il posto,
portano pesce che tuo marito cucina, e sventra le pance e le
riempie di aglio, di prezzemolo e pepe, di pane raffermo, e mai hai capito
se piace davvero, se vengono solo per quel bottone slacciato, da cui
s'intravede la pelle più bianca, dove fa capolino un lembo di donna, dalla
stessa vestaglia che porti da sempre.
Lui dice che fa più clienti, che dà un tono al locale, senza sapere che a
volte succede, che uno di loro si accorga e ricambi, affogandoci il naso,
il fiato e la voglia, e sono mani di fretta che stringono forte, sono
carezze ruvide e crespe, aliti d’aglio lungo la schiena, nel bagno
all’aperto fuori in veranda o dietro i cespugli al di là del canale. E’
gente di mare cotta dal sole, che non ha visto per giorni un accenno di
donna, non hanno parole per fare la corte, non hanno del tempo per
apprezzare le forme, nel gradire l’odore di una donna in amore. Hanno solo
l’istinto che guida il piacere, e ti toccano dove la tua pelle s’arrossa,
lasciandoti lividi indelebili ai giorni, lasciandoti segni che tuo marito
non vede, marchi che agli altri non lascerebbero dubbi e decisi ti
prendono come se fosse dovuto, come se il seno fosse fune di molo, o rete
da pesca a strascico in mare.
Certe volte succede che il vento si gira e fa mulinello e sfiora la duna,
porta sabbia e suoni dell’altra parte del mare che secca le mani e ti
nutre il ricordo, di un viso di uomo cotto dal sole, di una barba incolta
da incuria e da giorni, ed a volte ritorna e gonfia il tuo seno, e a volte
si siede e gli offri da bere. Ma è solo un sogno e non può essere altro,
visto che viene sempre a quest’ora, mentre tuo marito sale le scale e tu
ancora l’aspetti perché ti ha detto ti amo, perché dentro i suoi occhi ci
hai visto le barche, a vela ed a remi che solcavano onde, e la senti la
sabbia, riconosci l’odore, è fina e densa impalpabile al tatto, e vela il
tuo seno dalla parte del cuore, e t’appanna le gambe di voglia bollente.
Certe volte succede che ricordi i dettagli, lui seduto di spalle che
guarda lontano, ma poi ti ridesti e non vedi che vuoto, dove il canale fa
l’ansa alla foce, fa ricamo alle luci che si specchiano altrove e le reti
riposte che sfiorano l’acqua ti fanno sentire tremendamente più sola.
Certe volte succede che poi ci ritorni e il pensiero ti porta dentro il
locale, lui vestito di bianco e la barba da maschio, lui non ha pesce e
non è un pescatore, ordina sempre cotoletta e verdura, senza mai
distogliere lo sguardo da fuori, dalla finestra nonostante gli parli, dai
gabbiani che planano sul lembo di terra, dall’ansa che curva e vale più
del tuo seno.
Certe volte succede che ti volti di scatto, perché ti vergogni di quell’accenno
di seno, perché lui lì davanti non si lascia rapire, dalla pelle più
bianca che vorresti donare, dal livido in mostra che è un segno evidente,
un invito sfacciato, un ordine muto, di seguirti in veranda, nel bagno di
fuori. Ma poi tutto cambia se per caso i suoi occhi, incrociano il seno in
controluce all’ansa, e sfumata ti fermi nella posizione più adatta, dove
barche e battelli ci vanno a morire, nel profilo che ora ha un bottone di
meno. Come un fotografo che dipinge l’istante, il suo sguardo ti chiede di
non respirare, perché il seno preciso rimanga all’altezza, delle reti da
pesca che sfiorano il fiume. Immobile e fissa ti lasci guardare, e
d’incanto rapita slacci un altro bottone, un contorno di luce che gioca
con l’ombra, un profilo di carne, un tutt’uno con l’acqua, che segui col
dito e accarezzi leggera.
Tuo marito del resto non s’accorgerebbe nemmeno, quando l’uomo si alza e
lambisce la luce, che c’è poesia nella mano che ora ti sfiora e ti tocca
ed allinea il profilo, in modo che l’acqua sia calda e bollente, in modo
che tu sappia di fiume e gabbiani, di tinte celesti che colorano barche,
come i suoi occhi che nutrono il seno, come la bocca che ora ti bacia,
bacia il tono e la tinta, la sfumatura leggera, e sospira che amore è
uguale a bellezza.
Certe volte succede che aspetti l’invito, una frase, uno sguardo che ti
accompagni là fuori, che fremi ai suoi occhi che ti scavano dentro, sotto
il cespuglio al di là della duna, ti dice ti amo e ti raccoglie i capelli,
ti dice che mai s’era fatto stregare, dalla luce che corre sulla forma
d’un seno, dall’ombra che è carne, che è brividi e pelle. A breve t’illudi
che ti faccia volare, che il pranzo che ha chiesto sia tra le sue mani,
che un sospiro più intenso ti trascini di fuori, ma lui si risiede e ti
chiede da bere, perché una nuvola sparsa ha velato la luce e il gabbiano
ha deciso di riprendere il volo.
E’ stato un istante, un momento soltanto, col tuo seno proteso che non
sapeva di aglio, né di sesso e di pesce, di odore di cesso, di boccate di
vino e parole volgari, di pescatori che avidi in piedi e veloci,
s’ingozzano di sesso per fame di mare. E’ stato un istante, un momento
soltanto, un attimo che fugge e tuo marito che chiama, perché è pronta la
carne e ti devi sbrigare, di colpo ti desti e allacci i bottoni, e in
fretta ti copri e corri in cucina, perché l’uomo ha fame e ti devi
sbrigare, perché l’uovo freddo del resto ha un cattivo sapore...
.. |
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
© All rights
reserved
TUTTI I
RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
Photo Maurizio Pappisi
© Adamo Bencivenga - Tutti i diritti riservati
Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, senza il consenso
dell'autore
Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori.
Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.
If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti
|
|