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Adamo Bencivenga
LA PROVA
"Avvocato mi creda, io non l’ho uccisa! Non ho fatto
nulla di male! Sì certo ero lì, ma l’avevo solo seguita.
Erano circa le sette e mezza, le commesse stavano
chiudendo i negozi. Adoro quel momento, quel vociare di
fretta, i saluti, e poi quel frastuono che fanno le
serrande metalliche e dopo un attimo tutto silenzio.
Come se la vita finisse lì… Sa, a quell’ora d’inverno
è già buio fitto. Tra l’altro cadeva una minuscola
pioggia leggera. Ecco proprio in quell’istante l’ho
vista, da lontano, attraversava la strada e non potevo
non vederla! Aveva l’ombrello aperto. Era graziosissimo
quell’ombrellino arancione e giallo a cerchi
concentrici. Una nota di colore su quel marciapiede
ormai grigio e silenzioso. Mi ha colpito quel suo andare
di fretta a passi corti per evitare le grate, a passi
leggeri e il bacino stretto come fosse una farfalla.
Avvocato mi creda, io non l’ho uccisa. Ho visto che
si dirigeva lungo via Marmorata, e come mi capita spesso
ho cominciato a ricamarci una storia. Era molto
elegante, portava un tailleur scuro, non so forse
marrone oppure grigio. Sicuramente non nero. La gonna
era di quelle a tubino che fasciano i fianchi. Sull’orlo
dietro si apriva un leggero spacco con dei ricami
bianchi che riprendevano i polsini della giacca. I
tacchi li portava altissimi, ricordo come se fosse ora
quelle scarpe eleganti con la suola rossa e il laccetto
alla caviglia. Io adoro quel tipo di scarpe, credo si
chiamino Louboutin o qualcosa del genere, ma soprattutto
ero colpito dalla cucitura della calza stile anni
quaranta. Non potevo non notarla, non potevo non
seguirla.
Avvocato mi creda, era solo curiosità!
Si è solo fermata un attimo, ed io l’ho quasi raggiunta,
proprio all’altezza di un negozio di dolciumi e caffè.
Conosce quell’antica torrefazione, forse Trombetta,
oppure no, ora mi sfugge il nome. Ok devo essere
preciso. Farò del mio meglio. Credevo volesse entrare,
ma in realtà si era avvicinata alla vetrina solo per
avere un po’ di luce. Era l’unico negozio aperto su quel
marciapiede. E lei sempre con l’ombrello aperto l’ho
vista rovistare nella borsa, forse in cerca del
telefono. Ecco, ora ricordo bene, ho sentito nitidamente
la suoneria della Primavera di Vivaldi. Lei ha risposto.
Pronto, pronto, ma evidentemente non ha fatto in tempo.
Dio che voce! Senza nessun accento, sembrava quasi
impostata. Poi è uscita ed ha ripreso a camminare, di
fretta, come se avesse un appuntamento.
Avvocato
mi creda, davvero io non l’ho uccisa! La seguivo solo
per poi scrivere un racconto, ero in cerca di
sensazioni, ma giuro non c’era altro. Avvocato no, non
mi guardi così, almeno lei mi deve credere! Dov’eravamo
rimasti? Ah già il cellulare, Vivaldi. Mi mantenevo ad
una leggera distanza, volevo che lei non se ne
accorgesse, in modo da non spaventarla e poterla seguire
più a lungo, ma soprattutto volevo che si sentisse
libera nei movimenti, senza essere condizionata dalla
mia presenza. Era fondamentale per me vederla libera ed
al naturale, avevo in mente una figura retorica che
passeggia nella notte con l’incedere elegante che va
incontro al suo destino. Forse non riesco a spiegarmi,
ma lei era così romantica con i suoi passi così regolari
e le gambe d’altri tempi. Lei avvocato sa che donne così
non esistono più? A parte rare eccezioni, si intende…
Portava un cappellino rosso sceso fino alle sopracciglia
e dei delicatissimi guanti di rete con un leggerissimo
ricamo.
D’improvviso, come se si fosse ricordata
di qualcosa, è tornata indietro. Non sapevo cosa fare,
ripeto non volevo che mi vedesse e allora ho cercato di
farmi da parte, ma è stato uno scrupolo eccessivo. Ci
siamo incrociati con gli occhi e il suo sguardo era
completamente assente, come se vivesse in un altro
mondo, come se in quel momento fosse altrove. Non so
come spiegarle… forse imbambolata, ma non è il termine
giusto. Mi ha guardato, questo sì, ma quegli occhi
assenti mi hanno dato la sensazione di essere totalmente
invisibile.
Pioveva ancora, ha percorso circa
trenta mentre, poi ha chiuso l’ombrello ed è entrata
nella torrefazione, sì questo lo ricordo, si è
avvicinata al bancone ed ha chiesto tre etti di caffè in
una confezione regalo. Ha messo il pacchetto in borsa e
si è diretta alla cassa. Dio come era bella con quelle
labbra rosso sangue. Ha sorriso alla commessa ed è
uscita. La seguivo con gli occhi nascosto dietro la
vetrina e pensavo che una donna che compra tre etti di
caffè sfuso è una donna all’antica. Mi dava l’idea di
essere sola e che quel regalo fosse destinato a qualche
nipote oppure alla mamma anziana o a sua nonna.
Avvocato mi creda, a volte mi basta un dettaglio per
ricamarci sopra una storia, anzi lo faccio spesso. La
mia professione è scrivere e sono abbastanza famoso. Ha
letto qualcosa di mio? Sono contento sa! Anche se so che
se davvero mi avesse letto lo ha fatto solo per lavoro.
Tra l’altro in questo periodo ho aperto un blog dove
scrivo i miei appunti, le mie storie d’altri tempi,
ricevo molti complimenti sa! È un modo per tenermi vivo
e sicuramente mi tengono compagnia, giorno dopo giorno.
Sa, io vivo da solo col mio gatto, per questo scrivo,
per questo seguivo quella donna senza impegno ed orario.
Avvocato mi creda, avrei potuto proseguire ad occhi
chiusi. Seguivo quel profumo di caffè e seguivo lei.
Pensavo già al mio prossimo racconto. Forse lei non può
capire, ma c’è un momento preciso nella testa di uno
scrittore, è un lampo breve lungo il quale scorre tutta
la storia, comprese le immagini e le sensazioni, parole
e colori. Ecco in quel momento era già tutta nella mia
mente, ero felice, anche se non l’ho più scritta, anche
se non lo sarà mai. E lei era lì, interprete del mio
sogno, protagonista della notte, attrice fuori scena.
Perché aveva tutta l’aria di essere un’attrice di
teatro. Ha presente quelle attrici che non escono mai
dalla parte? E alla sera tornano a casa vestite come se
stessero ancora recitando? Ecco così! Comunque si
riconoscono… un rossetto sbordato, una matita colata,
una stoffa lamé attorno al collo o sulle spalle, il
cappello, la veletta e qualche luccichino tra i capelli.
Ecco quel tipo di figura decadente. Mi capisce vero? Già
un’attrice, e le attrici sono tutte belle per
definizione!
Avvocato mi creda, io non l’ho
uccisa! Ho visto che si dirigeva verso il Lungotevere.
Alla fine di via Marmorata c’è una stazione di taxi,
credevo che dovesse appunto prendere un taxi. Ma poi ha
attraversato la strada, facendo attenzione dove mettere
i tacchi e non scivolare sui binari del tram. La strada
era deserta, stranamente senza traffico a quell’ora di
punta. Per un attimo l’ho persa di vista tra i rami dei
salici fitti di foglie che pendono sul fiume. Poi ho
tirato un sospiro di sollievo quando mi è apparsa d
nuovo. Si è diretta verso la fermata del 72 barrato, ha
guardato gli orari del bus. Ecco se avesse preso
quell’autobus ora non sarei qui a spiegare, a
giustificarmi di ciò che non fatto. Sì perché lei è
andata oltre lungo il marciapiede destro del fiume in
direzione del ponte.
Mi tenevo distante, forse
trenta metri, ma sentivo benissimo il rumore dei suoi
tacchi sull’asfalto bagnato. Adoro quel dolce suono,
quel ritmo identico ai battiti del cuore. Una volta sono
riuscito a catturarlo con un piccolo registratore.
Avvocato, mi creda, non sono un maniaco. Sì, sì, alle
volte faccio anche con foto e video, ma non questa
volta, e poi non le pubblico in rete! Le tengo per me.
Tutto questo mi serve per avere uno spunto, per
raccontare storie, per calarmi esattamente nella parte.
Per bagnare le parole, perché solo quelle che trasudano
di emozioni hanno un senso!
Non rida, avvocato,
la prego. Le giuro, a volte è sufficiente una punta di
colore di rossetto più acceso, una piega della calza, un
monile d’argento alla caviglia per fecondare il mio
estro e buttare giù fiumi di parole immergendomi in un
mondo dove il vento soffia a onde e m’accarezza con la
cresta e mi sfiora con la curva fino a raggiungere
l’oblio di pause e di nessi, di punti e sottintesi, di
detto e di non detto, come un vortice che annega ed un
mulinello che trascina… Scusi se mi lascio andare, ma le
ripeto sono solo parole, nulla a che vedere con quello
che è accaduto.
Sa, se non fosse che con quel
gesto la ragazza mi ha cacciato in un mare di guai,
penso spesso che sarebbe giusto da parte mia
concentrarmi sul motivo, almeno per rispettare la sua
memoria. Perché l’ha fatto? Quale tragedia, quale
tempesta nel suo cuore? Quale malessere interiore? Dio
mio quanto era bella, ed è ingiusto che una donna così
bella provi tutto quel dolore. È un vero peccato perché
il male scarnisce la pelle e deturpa il viso,
l’espressione. La sofferenza ci dilania dentro e fuori!
No, no, per l’amor del Cielo non voglio dire che queste
cose debbano capitare solo alle persone brutte. Mi
capisca, la prego…
Avvocato mi scusi perdo sempre
il filo, ogni tanto divago, ah sì, il rumore dei tacchi…
i battiti del cuore, come potevo non seguirla? Ero
curioso sa. Sempre per il vizio di ricamarci una storia,
mi domandavo dove quei tacchi la stessero portando, dove
quelle scarpe eleganti, quella cucitura della calza, ma
lei andava, nonostante la pioggia. Mi sono immaginato un
uomo fermo all’incrocio ad aspettarla. Un uomo bello e
ombroso di quelli maledetti e bastardi. Forse un amante,
un uomo sposato, forse un addio. Oppure una storia, un
dolore, lei che poco prima aveva ritirato le analisi
scoprendo di essere incinta, insomma volavo con la mia
mente e tutto ciò era davvero linfa per il mio prossimo
racconto! Oppure non so, qualcosa di più frivolo, ho
pensato che avesse un appuntamento da Consolini.
Avvocato, lei non è di Roma vero? Beh proprio lì a due
passi, c’è uno dei più esclusivi ristoranti della città.
È fatto a terrazze, molto elegante, e poi si mangia
benissimo. Le consiglio una spigola al cartoccio, e poi
non si faccia mancare il gelato ai frutti di bosco. È
davvero sublime! Comunque il ristorante merita davvero,
ci sono sempre in agguato paparazzi e fotoreporter, sa,
è frequentato da gente dello spettacolo e calciatori
famosi.
Avvocato mi creda, io non l’ho uccisa! Ha
tirato avanti verso il ponte, non c’era nessun uomo ad
aspettarla, niente impermeabile bianco e Borsalino,
niente Bogart, niente noir da anni trenta. Lei non ci
crederà, ma data la zona, ho avuto un attimo di
apprensione per quella figura così esile. Inghiottita
dal buio attraversava la strada come un uccellino
sospettoso. Pensavo che in caso l’avessero aggredita
l’avrei sicuramente difesa. Anzi lo speravo! Non rida,
la prego! In quel momento mi sentivo il suo
guardaspalle, il suo eroe per un quarto d’ora. Davvero
ho sperato che qualcuno potesse importunarla, non so,
due ragazzi in moto per uno scippo, oppure qualche
vizioso in cerca di una facile avventura, sarebbe stata
l’occasione per conoscerla e scambiare due parole.
Beh sì a quel punto, lo confesso, stavo cercando
un’occasione. Chissà, parlando, potevamo avere qualche
amicizia in comune, qualche artista se fosse stata
davvero un’attrice di teatro. O chissà magari aveva
letto qualcosa di mio. Avvocato, mi creda, a questo
pensavo e sicuramente non immaginavo in quel momento che
nel suo cervello frullasse altro.
All’altezza
dello spartitraffico dove iniziano le strisce pedonali
ha rallentato e si è accesa una sigaretta. Sa, una di
quelle sottili… anche quello denotava eleganza.
Avvocato, lei immagini, quella sigaretta stretta così
delicatamente tra due dita ingentilite da una rete
impalpabile di guanto. Lei immagini il cappello rosso e
la gonna stretta, quel velo leggerissimo di calza,
quella suola rossa. Mi creda, per un attimo ho pensato
ad altro, che in realtà mi fossi sbagliato sul suo
conto, non so per quale motivo, ma ho pensato davvero
che fosse una di quelle. Mi capisce vero? In fin dei
conti alla fine di quel ponte inizia Porta Portese ed a
quell’ora è normale incontrare sotto l’arco donne
straniere che fanno il mestiere. A quel punto ho pensato
di fare solo qualche altro passo e poi andarmene per i
fatti miei. Giuro era solo curiosità! Comunque ero
stupito! Che strano, una persona così a modo, non potevo
credere che davvero lavorasse in quel posto. Non perché
io abbia delle riserve morali verso quelle persone,
assolutamente no, anzi adoro quelle figure retoriche ai
bordi delle strade, quei fuochi che tengono la merce in
caldo, ma lei era così, come dire, fragile e spaurita e
se di donne mi intendo non dava quell’idea.
Avvocato mi creda, io non l’ho uccisa! A metà del ponte
si è fermata. Si è affacciata sul fiume nella direzione
della corrente. Ho creduto che stesse ammirando il
panorama. Verso Ostia si intravedeva ancora qualche
timido squarcio rossastro. Poteva essere benissimo
un’artista che contemplava il suo prossimo quadro. Vede?
Cercavo in tutti i modi di darle un alone diverso! Io
ero praticamente a dieci metri da lei, non potevo più
fermarmi, altrimenti avrebbe pensato che fossi lì per
lei. Beh sì infatti lo ero, ma mai avrei potuto
importunarla! Allora ho proseguito e a meno di un metro
ho percepito chiaramente il suo profumo alla violetta.
Lei senza voltarsi mi ha chiesto l’ora. Era evidente che
si era accorta della mia presenza e chissà da quanto! Ho
notato le sue unghie rosse sotto i suoi guanti a rete, i
suoi capelli, quei riccioli vezzosi che uscivano ribelli
dal cappello. Poi ha sorriso in faccia al fiume, non ne
vedevo il motivo, lo stesso che aveva regalato alla
cassiera, ma sicuramente non era per me.
Non
sapevo cosa fare se proseguire oppure scambiare quattro
chiacchiere, ma lei aveva lo sguardo assente… ha
presente avvocato quegli occhi umidi che vedono e non
vedono? Esatto, proprio così! Le ho chiesto il suo nome,
non so perché, generalmente non mi prendo certe
confidenze, forse volevo soltanto che mi suggerisse un
nome da dare al mio personaggio, ma lei ha sorriso di
nuovo dicendo sottovoce che non aveva un nome, anzi
forse ha detto che non lo aveva mai avuto un nome. Dio,
ora non ricordo bene… Di sicuro ricordo che ha lanciato
la sigaretta ancora accesa nel fiume e poi con lo
sguardo attento ha seguito il percorso della scia
luminosa fino a che si è spenta nell’acqua. Ecco
avvocato, in quell’attimo ho visto tanta serenità nei
suoi occhi, poi mi ha guardato fisso di nuovo
inespressiva, oppure interrogativa non so. Ecco vede, se
in quel momento avessi avuto una prontezza di spirito
ora non sarei qui a raccontarle, ma mi creda, è stato un
attimo, un niente.
Avvocato mi creda, io davvero
non l’ho uccisa! Non mi sono reso conto in tempo e
questa è la mia sola colpa, avrei dovuto capire e
distoglierla da quel pensiero. Invece l’unica mia
preoccupazione in quell’istante era di non importunarla
più di tanto, ero quasi deciso ad andare via quando mi
ha chiesto di badare alla sua borsa poggiata sul
parapetto. Lo so che la domanda era alquanto insolita,
ma giuro, in quel momento ho pensato che se avessi avuto
la mia Canon avrei fatto una foto con l’ombrello in
primo piano e lei dietro sfocata nell’oscurità, oppure
le avrei detto di sorridere ancora, appena appena senza
guardare la camera. Poi ha chiuso l’ombrello, non le
dico con quanta cura e quanta lentezza. Evidentemente
aveva già deciso e stava solo pensando tecnicamente come
fare. Lì davvero avrei avuto tutto il tempo per
fermarla.
Avvocato, mi creda, è stato un attimo.
Si è alzata la gonna, ha fatto forza con il piede
sinistro poggiandolo sull’incavo della colonnina di
marmo e con la gamba destra ha scavalcato il parapetto.
Credevo che si volesse mettere seduta, non so, fare
qualcosa di stravagante, sedersi a cavalcioni oppure
stare alla mia altezza per poter parlare meglio. Ma
quando l’ho vista portare l’altra gamba oltre il muretto
mi sono reso conto ed ho cercato di afferrarla,
sicuramente ho gridato qualcosa, ma ormai era troppo
tardi. Mi è scivolata tra le braccia come sabbia di
mare, come il profumo di donna dopo l’amore. Mi è
rimasto soltanto il suo giacchino in mano mentre lei
cadeva nel vuoto. Pensi, ho tentato più volte di
stringere quella giacca alla ricerca vana del suo corpo.
Era così drammaticamente vuota senza di lei.
Avvocato mi creda, io non l’ho uccisa! I fatti sono
andati come ho riferito alla polizia, niente di più. Mi
hanno fatto ripetere la storia non so quante volte!
Giuro, è andata così. Ero incredulo in quel momento, non
sapevo cosa fare, credo di aver urlato ancora o forse
no. Ho avuto solo l’istinto di salvarla, ed ho preso la
borsetta e ho cominciato a correre verso la fine del
ponte. Cercavo qualche apertura che mi portasse giù sul
greto. Tra le altre cose io non so nuotare, ma davvero
la mia intenzione era quella di salvarla, non so in che
modo, ma in quel momento pensavo solo a quello.
Avvocato mi creda, io non l’ho uccisa! Quale motivo
avrei avuto per farlo? Alla fine del ponte, una
pattuglia della polizia, insospettita dalla mia corsa
frenetica mi ha fermato. Ho cercato di divincolarmi.
Gridavo, ero esagitato, ho urlato che bisognava salvare
una donna. Loro invece, forse per la borsetta che tenevo
stretta in mano ed il giacchino nero, hanno creduto che
fossi uno scippatore e che stavo solo scappando.
Ho cercato disperatamente di convincerli, li ho portati
dove era rimasto l’ombrello. Ma niente, mi hanno fermato
e poi portato in questura senza chiamare i soccorsi. Beh
non dico cosa è successo lì! Piangevo, non mi importava
niente della mia situazione, pensavo solo a quella donna
che in qualche modo poteva ancora essere salvata. Poi il
resto lo conosce. Alla fine li ho convinti, troppo tardi
però, hanno mandato una squadra di sommozzatori, ma
ormai non c’era più nulla da fare. Credo la mattina
seguente. L’hanno ritrovata impigliata tra le sterpaglie
vicino ad un pilone di Ponte Testaccio.
La donna
è morta ed io, per loro, sono diventato un assassino,
forse se la polizia mi avesse creduto ora sarebbe salva.
Non so. I poliziotti mi hanno chiesto più volte se fosse
mia amica, o se per qualche motivo la conoscessi, ma io
non l’avevo mai vista prima di allora. Le giuro avvocato
era la prima volta che vedevo quella donna. E poi a me
non interessava lei, non mi interessava la donna. Io ero
colpito dall’immagine e un’immagine non si uccide, o
meglio sì, si può anche uccidere un’immagine, ma per
questo non si va in galera.
Avvocato mi creda, io
non l’ho uccisa! Io scrivo solo racconti e l’unico fine
era raccontare una storia. La prego, avvocato, non si
faccia di me un’idea sbagliata. Lo so che ha letto la
mia storia, che non ho la fedina penale pulita, che
nella mia vita ci sono stati altri episodi analoghi. Ma
io quella donna non l’ho uccisa! Ha letto i referti dei
vari psichiatri vero? Lo so, tutti dicono la stessa
cosa. Che sono ossessionato dalle donne eleganti in
tailleur, cappello e guanti, ma soprattutto quando
indossano calze nere con la riga dietro. Dicono che mi
trasformo e potrei anche uccidere oltre che violentarle.
Sono state solo delle coincidenze sfortunate avvocato.
Solo delle disgraziatissime coincidenze! Del resto è una
mia prerogativa farmi sempre trovare nel posto sbagliato
al momento sbagliato.
Avvocato mi creda, anche
questa volta è andata così! Anche se qualche volta è
successo di sentirmi attratto. Tutto qui. Non è mai
successo nulla. Lo giuro. Non ho mai violentato nessuno,
anzi che dico, non ho mai sfiorato una donna senza il
suo permesso. Non creda a quei medici! Non è vero che
sono affetto da un disturbo ossessivo-compulsivo come
hanno scritto. Non è vero che non resisto davanti ad una
donna vestita in quel modo! Non è vero che la mia mente
diventa succube dei suoi stessi istinti e perde la
ragione.
Lei lo sa vero che sono innocente? Lo
dovrebbe sapere. Altrimenti non mi spiego perché dopo
meno di un mese il giudice stasera mi ha fatto avere la
libertà provvisoria ed ora sono qui a casa sua. La cena
è stata ottima, il vino sublime, grazie. E poi non
immaginavo tanta accoglienza. Ora può dirmelo che dietro
quella porta ci sono almeno due poliziotti in agguato.
Che quando esco di qua mi riporteranno dritto a
Rebibbia. E lei sta recitando la parte scritta nel
copione del referto. Avvocato lo so che è stata una
prova, e ne sono certo da quando mi ha aperto la porta.
Lei è una persona estremamente coscienziosa e credo che
non sia stata scelta a caso per difendermi vero?
Altrimenti non capisco. Non capisco più nulla...
Lei è il mio avvocato d’ufficio. Se non lo dico a lei a
chi lo dico? Deve avere fiducia in me, altrimenti che
senso ha difendermi! Non lo so, forse è meglio non dire,
non vorrei peggiorare la mia situazione. Comunque volevo
confidarle che due gambe accavallate mi procurano un
certo effetto e specialmente se sono fasciate da calze
nere velate, e specialmente se vengono ostentate. Mi
basta una rapida occhiata per distinguere un banale
collant da una calza da reggicalze… Ok mi fermo! Ora
è meglio che vada.
Ah dimenticavo… complimenti
avvocato per il tailleur grigio, le Louboutin e
soprattutto la riga alla calza… lei è davvero una donna
sensuale. Come vede sto uscendo e lei non ha dovuto
chiedere aiuto. Mi difenderà ora?”..
.. |
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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