|
HOME
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIE POLICY
RACCONTI
Adamo Bencivenga
LA SIGNORA MARGHERITA
Quando la signora Margherita
venne ad abitare da noi, era una domenica assolata di
inizio giugno, la città era vuota e ricordo nitidamente
il grande chiasso dei trasportatori nell’androne e sulle
scale. Un via vai di gente sudata che si affannava e
gridava con grandi carichi sulle spalle. Quando passai
davanti a quella porta mi fece uno strano effetto
vederla aperta. Per anni era stata disabitata dopo la
morte della vecchia padrona e davvero avevo creduto che
quella casa fosse abitata da fantasmi e fu quasi una
liberazione non vederla chiusa.
Quando la signora
Margherita venne ad abitare da noi io avevo 16 anni e
mezzo e frequentavo la terza liceo. La scuola stava per
finire ed io ero contento! Ancora pochi giorni e sarei
stato promosso in quarta. La professoressa Ricci di
lettere mi aveva confidato che quel cinque e mezzo
striminzito in latino sarebbe diventato una sufficienza
piena. Per il resto avevo ottimi voti tra i quali
spiccava un bel 9 in matematica.
Quando la
signora Margherita venne ad abitare da noi, mia madre
era andata via da pochi mesi. La sera stessa la nostra
casa precipitò in un silenzio assordante. Alcuni giorni
dopo mio padre per consolarmi mi fece trovare in garage
un fiammeggiante Cruiser Piaggio rosso metallizzato e
nella mia piccola stanza sopra la scrivania un personal
computer con collegamento ad internet 24 ore su 24 ed
una pila di videogiochi di ultima generazione.
Quando la signora Margherita venne ad abitare da noi,
mia madre telefonava tutti i pomeriggi prima delle
cinque e qualche volta anche di mattina quando sapeva
che non avevo scuola o per qualche motivo ero rimasto a
casa. Non chiamava mai di sera perché sapeva che avrebbe
risposto mio padre. Lei parlava tanto, io per niente e
dopo qualche mio sì, va bene, attaccava dandomi “un
bacione”. Non accennava mai alla sua nuova situazione,
ai suoi umori, ma io sapevo bene che abitava da sola in
un villino al terzo piano a poca distanza da noi. Ero
riuscito a scovare l’indirizzo tra le carte
dell’avvocato di papà ed a giorni regolari passavo per
quella strada e nascosto dietro una siepe mi fermavo a
fissare la finestra sempre chiusa.
Quando la
signora Margherita venne ad abitare da noi, mio padre,
dopo cena, passava ore al telefono guardando la tv
seduto sul divano in sala. Non so con chi parlasse, ma
il tono della sua voce era molto confidenziale. Katrine,
la ragazza ucraina che viveva con noi, rimaneva in
cucina a sparecchiare, caricare la lavastoviglie e
spazzare il pavimento. Ogni volta mentre sentivo quei
rumori mi domandavo come riuscisse a mantenere le sue
unghie rosse così lunghe e perfette.
Quando la
signora Margherita venne ad abitare da noi, il mio gatto
Terence aveva da poco compiuto cinque anni. Era un bel
soriano grigio di razza europea stranamente a pelo
lungo. La signora Margherita amava i gatti e nel periodo
di vacanza Terence andò a stare nel suo giardino
facendosi praticamente adottare. Come ogni anno avrei
passato l’estate a Giulianova. Ero su di giri, avrei
rivisto i miei amici tedeschi e soprattutto Christine e
suo fratello Marc. Già assaporavo le interminabili sfide
di doppio a ping-pong. Marc faceva coppia fissa con
Federica, la figlia più piccola del farmacista.
Quando la signora Margherita venne ad abitare da noi,
mio padre decise di invitarla a casa nostra per una
specie di Happy Hour di benvenuto. Non era solito fare
questo tipo di festeggiamenti, ma per la signora
Margherita lo fece. Lei ne fu entusiasta, io un po’ meno
perché dovetti saltare la mia ultima lezione di
pianoforte dell’anno. Mio padre mi chiese espressamente
la cortesia di rimanere ed io mi resi utile preparando
salatini e un aperitivo analcolico a base di kiwi ed
arancia.
Quando la signora Margherita venne ad
abitare da noi, mio padre invitò anche i signori
Ficcadenti del secondo piano, la signora Ester e le sue
quattro figlie, e la moglie di Gianni, il signore
tuttofare dell’ultimo piano. Lui si scusò per un impegno
improvviso e non venne. Anche Katrine ci rimase male. La
signora Margherita fu l’ultima ad arrivare, si presentò
con un’enorme torta di mele preparata con le sue mani e
per l’occasione sfoggiò un nuovo taglio di capelli,
corto e spettinato. Il look aggressivo era completato da
una scollatura importante e un acceso Rosso Ferrari per
le labbra.
Quando la signora Margherita venne ad
abitare da noi, la luce delle scale sempre fulminata si
accese per magia. Quel pomeriggio mio padre passò tutto
il tempo a farle i complimenti trascurando gli altri
ospiti. Lei rideva compiaciuta da quell‘attenzione. Io
non dissi una parola, mentre mio padre sciorinò tutto lo
scibile della sua cultura cinematografica inframmezzando
battute a memoria di Totò ed Alberto Sordi con piccoli
aneddoti di vita vissuta. Lei tenne a precisare che
amava il genere comico italiano, ma la sua passione era
tutta concentrata sui film francesi anni sessanta in
lingua originale.
Quando la signora Margherita
venne ad abitare da noi, io non avevo ancora fatto
l’amore, diciamo completo. Con Christine l’estate
precedente ci eravamo andati molto vicino, ma poi, dopo
lunghi preliminari sotto una stupenda luna di fine
agosto, lei decise di rimandare all’estate successiva.
Io e Christine non stavamo insieme, ma avremmo voluto
condividere quella prima volta.
Quando la signora
Margherita venne ad abitare da noi, mio padre dapprima
cambiò la sua vecchia berlina Mégane con una BMW Serie 3
Cabrio giallo limone e poi nella stessa giornata si
iscrisse ad un corso serale di lingua francese. Mio
padre si occupava di arredamenti di interni, la signora
Margherita era una consulente legale esperta in
direttive Europee e lavorava saltuariamente presso un
famosissimo studio di avvocati dalle parti di Piazza
Mazzini.
Quando la signora Margherita venne ad
abitare da noi, mio padre, dopo l’happy hour di
benvenuto, la invitò per una granita ad Ostia, lei fu
contenta di salire sulla BMW giallo limone. Mio padre le
confidò che per la scelta del colore si era ispirato al
vestito di lei indossato il primo giorno. Alla signora
Margherita la cosa fece molto piacere, ma in cuor suo
sapeva che mio padre quel giorno era andato in
confusione scambiando il colore del suo vestito arancio
con quello di sua sorella effettivamente giallo. Non gli
confidò mai l’errore.
Quando la signora
Margherita venne ad abitare da noi, sui prati di Roma
erano fiorite le prime margherite. Un giorno, durante il
ritorno da scuola, mi fermai dal mio amico Mohamed e
decisi di acquistarne una dozzina di quelle giganti. Per
non farmi vedere da mio padre scavalcai l’inferriata che
divideva i due giardini. Lei gradì molto le margherite
domandandomi il motivo di quel bellissimo regalo. Le
dissi che non c’era nessun motivo tranne il nome in
comune. Lei sorrise. Ma in realtà le avrei voluto dire
altro.
Quando la signora Margherita venne ad
abitare da noi, la sera dopo cena rimanevo pochi minuti
in chat con i miei amici, giusto il tempo per scambiarci
gli appuntamenti per il giorno dopo. Non vedevo l’ora di
mettermi a letto. Naturalmente non dormivo. Pensavo a
lei… ed il più delle volte la immaginavo nuda o con la
vestaglia aperta senza intimo sotto. Ma ero anche un po’
deluso. Credevo che dopo quel mazzo di fiori la
situazione potesse in qualche modo evolversi a mio
vantaggio, ma lei ogni volta non perdeva occasione per
elogiare mio padre. Decisi solennemente in quei momenti
che appena compiuti diciotto anni avrei guidato una BMW
Serie 3 Cabrio.
Quando la signora Margherita
venne ad abitare da noi, tornavo subito a casa dopo
scuola. Mi accertavo che mio padre fosse al lavoro e poi
bussavo regolarmente alla sua porta. Lei mi accoglieva
sempre con un grosso sorriso, ma i bottoni della
vestaglia erano sempre rigorosamente allacciati. Decisi
che quel taglio di capelli non le stava poi tanto male.
La scusa era sempre la solita, Terence da recuperare nel
suo giardino, ma lei mi pregava di sedermi e farle
compagnia almeno fintanto che avesse preparato il
pranzo. Mangiava grosse insalate verdi, ogni tanto
accompagnate da tonno e sardine.
Quando la
signora Margherita venne ad abitare da noi, mio padre
tornava sempre puntuale dal lavoro e sempre con la
stessa scusa di Terence bussava alla sua porta.
Puntualmente mi mettevo ad origliare attraverso la
parete confinante. Una mattina, prima di andare a
scuola, la incontrai per le scale, lei mi disse a bassa
voce che avrebbe accettato la corte di mio padre. Chiese
addirittura il mio parere. Poi concluse dicendo che mio
padre era un uomo solo e che sapeva tutto della storia
con mia madre, ma evitò di dare giudizi.
Quando
la signora Margherita venne ad abitare da noi, mi invitò
una sera a casa sua approfittando dell’assenza di mio
padre, a Genova per lavoro. Mi comunicò che stavano
ufficialmente insieme, ma mi pregò di non dire nulla.
Disse che era compito di mio padre informarmi. Notò la
mia tristezza. Tra le altre cose mi disse che ero un
ragazzino molto sensibile. Con un solo gesto mi
accarezzò la guancia sinistra e mi spettinò i capelli.
Poi rise. Mi diede anche un bacio di sfuggita.
Quando la signora Margherita venne ad abitare da noi,
sempre la stessa sera lei preparò qualcosa ed io
l’aiutai ad apparecchiare la tavola. Quando ci sedemmo
notai i primi due bottoni della vestaglia slacciati. Il
ricamo del reggiseno color avorio colpì ancor più la mia
attenzione. Dopo cena ci trasferimmo nella stanza degli
ospiti sulla poltrona-letto a fiori. Vedemmo un po’ di
tv, lei mi chiese di nuovo se effettivamente mio padre
non sarebbe tornato quella notte. Attraverso le tendine
un fascio di luna la illuminava bella. Per la prima
volta in vita mia sentii il calore di una donna matura.
Ero felice.
Quando la signora Margherita venne ad
abitare da noi, dopo aver letto i quadri a scuola,
partii il giorno seguente per le vacanze estive a
Giulianova. Mi accompagnò mio padre, notai la sua fretta
di tornare immediatamente a Roma. La sera stessa
confidai a Christine, sotto la medesima luna dell’anno
precedente, che l’inverno era stato molto lungo e non
l’avevo aspettata. Quindi per me non sarebbe stata la
prima volta. Lei non ci rimase male.
..
.. |
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
© All rights
reserved
TUTTI I
RACCONTI DI ADAMO BENCIVENGA
Photo
DollyLamour
© Adamo Bencivenga - Tutti i diritti riservati
Il presente racconto è tutelato dai diritti d'autore.
L'utilizzo è limitato ad un ambito esclusivamente personale.
Ne è vietata la riproduzione, in qualsiasi forma, senza il consenso
dell'autore
Tutte
le immagini pubblicate sono di proprietà dei rispettivi
autori.
Qualora l'autore ritenesse
improprio l'uso, lo comunichi e l'immagine in questione
verrà ritirata immediatamente. (All
images and materials are copyright protected and are the
property of their respective authors.and are the
property of their respective authors.
If the
author deems improper use, they will be deleted from our
site upon notification.) Scrivi a
liberaeva@libero.it
COOKIE
POLICY
TORNA SU (TOP)
LiberaEva Magazine
Tutti i diritti Riservati
Contatti
|
|