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Adamo Bencivenga
Lilly del West Omaggio a Stefano Rosso
Lilly del West io l’ho
incontrata sull’ottava,
aveva due labbra di velluto e un seno da vetrina, l’aria un po’ vissuta e
la pioggia tra i capelli, un trucco da farfalla e due gambe da regina.
Ricordo che era quasi l’imbrunire, quando una pioggia fitta ci
sorprese a Mercer Street, poi di corsa guadagnammo il buio di un portone,
lei disse: “Piacere” ed io le chiesi il nome: “Lilly.” Rispose. “Lilly del
West.”
Lilly del West io l’ho incontrata sull’ottava,
aveva il fiato corto e un cappello da rivista, la guardai e dissi: “Ok”
senza alcun motivo, e forse per l’imbarazzo non trovai altre parole e
forse per l’impaccio balbettai una canzone. Lei invece ne trovò e
guardandomi negli occhi, mi disse: “Sei simpatico, come tutti gli
italiani.” Ma poi non disse altro e il rumore della pioggia riempì quel
vuoto muto nell’attesa che spiovesse.
Lilly del West io l’ho
incontrata sull’ottava, aveva il sangue caldo e un ghigno da
mestiere, mi offrì una sigaretta, ma non aveva l’accendino, mi propose un
giro a piedi sotto i cornicioni. Parlammo poi del tempo, della vita e del
destino, di quando a tredici anni posò come modella, di quando a ventidue
salì sopra un palco, calze a rete e trucco forte, ma perse l’occasione,
poi mi raccontò del suo gatto nano, ed io di una zia che non avevo ancora
visto.
Facemmo il giro dell’isolato e nell’ombra di Green Street,
misi la mia mano sopra i suoi fianchi, e lei non disse niente, ma non era
il momento, faceva ancora freddo e le proposi un pasto caldo. Lei allora
disse: “Bene!” e mi fece cenno di seguirla, ed entrammo in un locale pieno
di fumo e donne sole. Ordinammo pizza rossa e due boccali di birra scura,
poi una fetta calda di torta alle more, allora lei sorrise ed io poco
meno, sentivo ancora il gelo nelle vene e nei polmoni.
Lilly
del West io l’ho incontrata sull’ottava, aveva la pelle scura come
una zingara nostrana, un’aria di chi ha deciso come passare una notte, e
quando ci sedemmo le raccontai del mio amico Brady, si era innamorato di
una californiana incinta, ed aveva pensato bene di lasciarmi lì da solo, a
vagare per New York senza dire una parola, a vagare da straniero in cerca
di calore, ma avevo due soldi in tasca e tanta voglia di due seni e Lilly
ora era lì pensai guardando il suo profilo, morbido come una culla per
farci sogni buoni, grande come un tetto per ripararsi quando piove.
“Artista?” Chiese lei indicando il mio cappello. “Ci provo.”
Risposi tirando fuori il fumo. “Che fai qui?” Disse seria. “Cerco
ispirazione.” “Allora davvero sei un artista?” “Per questo ti ho
cercata.” “Cercavi proprio me?” “Cercavo una donna sull’ottava.”
“Perché proprio qui?” “Dicono che questo posto è un po’ il cesso del
mondo.” “Chi lo dice?” “La prima strofa della mia canzone…”
“Allora l’hai già scritta.” “No, ma so che tra non molto verrà fuori in
un fiato.” “Oh sì.” Lei rispose. “Vedrai come viene bene!”
Lilly del West io l’ho incontrata sull’ottava, aveva due labbra
grandi come un gioiello da vetrina, aveva un tatuaggio con un cuore sopra
il seno, rimase in silenzio ed io ordinai altre due birre scure, poi
chiamai un ragazzo indiano che vendeva fiori. “Posso offrirti una
rosa?” Dissi. “Perché? Ti sembro un tipo da rose?” “No, ma mi
sembrava romantico.” Sospirai. “Lo sai che sei un tipo curioso, vero?”
Disse accettando la rosa. “Sono un narratore di donne!” Risposi
allungando un dollaro all’indiano. “Ah ecco. E le narri con le rose?”
“Oh sì, posso dipingerle, raccontarle oppure solo amarle.” “Allora
farai bene l’amore…” Disse, affogando nei petali il suo naso. “No! Mi
serve farlo per scrivere canzoni.” “Mi sembri a dir poco stravagante…”
“E’ un complimento?” “La maggior parte della gente fa l’amore per
farlo.” Posò la rosa sul piatto come fosse un avanzo. “Pensi che sia
fine a stesso?” “Io non penso, ma mi rendo utile.” Disse gonfiando i
suoi seni. “A me invece piace raccontarlo…” “E cosa scrivi? E’
sempre così meccanico e ripetitivo…” “Colgo i contorni come le rose…”
“Allora sì che sei un vero artista…” A quel punto la interruppi. “E tu
lo fai bene l’amore?” “Chissà… lo saprai dopo che avrai scritto la
canzone.” Questa volta non risposi e chiamai la cameriera, poi presi il
boccale e mi scolai l’ultimo sorso. Lei fece altrettanto e mi chiese di
andare. Si alzò di scatto dimenticando la rosa sopra il piatto, come se
avesse fretta e si fosse fatto tardi. “Allora la vuoi scrivere questa
canzone?” Chiese.
Uscimmo dal locale. Lilly del West io l’ho
incontrata sull’ottava e sull’ottava abitava in un buchetto lì
vicino. La presi sottobraccio ed affrettammo il passo. “Io abito
al 21, ma non ti aspettare niente.” Disse. “E’ solo un posto umido con un
letto per l’amore.” Io mi alzai il bavero del giubbotto e le cinsi i
fianchi caldi, il rumore dei suoi cerchi mi mise di buonumore. Lilly
del West io l’ho incontrata sull’ottava e sull’ottava passeggiammo
tra il via vai dei tacchi alti, e sull’ottava comprai a buon prezzo due
bottiglie di vino rosso.
Davanti ad un portone di ferro scuro
frugò nelle sue tasche. “Non trovo mai questa maledetta chiave.”
Disse. Poi suonò a caso i campanelli del citofono e qualcuno aprì senza
parlare. Entrammo. “La casa è tutta qui.” Disse. Una stanza con un
letto senza finestra al piano terra. Il bagno era in corridoio e mi pregò
di non fare troppo rumore, ma un forte odore di disinfettante mi fece
starnutire. Poi mi chiese se fosse un posto adatto per scrivere canzoni,
io pensai alla mia casa con il cane ed il giardino. “Proprio quello che
cercavo.” Risposi seguendo una striscia nera di muffa lungo il muro.
Lei si mise seduta sul bordo di quel letto e si tolse i tacchi alti
lanciandoli a due metri. Io poggiai le due bottiglie sul pavimento sporco.
“Fai un po’ di caffè?” Le chiesi senza pensare. Lei
sbuffò, si alzò a fatica e disse “Sì.” Si diresse scalza verso
l’angolo cottura, prese il bollitore e lo mise sui fornelli. “Vuoi del
fumo?” Disse frugando nella borsa. Annuii cercando un posacenere. Lei
rise. Accese le sigarette sotto il bollitore, poi mi raggiunse tenendole
tra le labbra. “Mettiti comodo.” Disse indicandomi il letto. Poi
bevemmo il caffè, tiepido e senza zucchero, e lei mi raccontò quando
insieme ad una sua amica, passò tre giorni dentro per un banale
contrattempo. Non mi chiese soldi e mi parve strano, anzi si spogliò
gettando i jeans sulla spalliera, poi si rannicchiò aspettando il primo
bacio. Esitai e lei mi chiese. “Ci hai ripensato?” “No, pensavo
alla canzone.” “Cosa ci volevi fare con la rosa?” “Le rose aiutano a
trovare rime.” Mentii. “Solo quello?” “Adoro i contrasti.”
“Allora sarei io la donna sull’ottava?” Non risposi e la baciai, sapeva
di birra e di fumo, ma le sue labbra erano morbide come il velluto del mio
divano. Lei ne approfittò per togliersi il reggiseno. Lilly del
West io l’ho incontrata sull’ottava, aveva fianchi larghi e un seno
da vetrina, mi disse: “Prendilo, ma costa molto, più di quanto saresti
disposto con una di quelle sull’ottava.” Assaporai la normalità di
quell’incontro, ma indugiai lo stesso. Lei mi disse ancora:
“Prendilo.” Ed io non mi feci più pregare. Poi sospirando disse: “Non
sono una puttana.” Ed io non dissi nulla convinto che stesse
scherzando. L’amore non fu romantico, ma ci baciammo tutta la
notte e solo allora mi convinsi che forse aveva un po’ ragione. Comunque
l’amore fu come venne, ma per fortuna c’era il vino, non era un
granché, ma lo finimmo prima dell’alba. Prima di addormentarmi baciai
ancora il suo seno e lei mi disse grazie ed io mi chiesi il motivo, poi mi
accarezzò la fronte e intonò una ninna nanna.
Mi risvegliai che
era quasi mezzogiorno non c’era più nemmeno un soldo nei calzoni.
La stanza era vuota e di Lilly rimaneva solo il suo profumo. Chiesi di
lei alla donna che puliva. Una signora grassa con una fascia rossa
tra i capelli. “Qui ne passano tante e ogni sera hanno un nome
diverso.” “Ma io cerco Lilly, Lilly del West, l’ho incontrata ieri
sera sull’ottava col cuore in tasca e due polmoni da vetrina, fumava il
filtro e aveva un seno che parlava… pensavo che fosse sua questa stanza…
o quanto meno l’avesse affittata.” “Quella? E chi la conosce quella
lì!” Disse sospirando. “Le ha rubato tanti soldi?” “Tutto.”
Risposi.
Lei sospirò scuotendo la testa, io mi alzai sconsolato,
vidi una rosa rossa sopra il comodino ed un biglietto verde con scritto:
“Scriverai una meravigliosa canzone. Lilly.” Eh già Lilly, Lilly
del West, io l’ho incontrata sull’ottava… Presi i pantaloni ed uscii
da quella stanza. Andai in bagno e mi guardai allo specchio, vidi
inconfondibili i segni di quella notte. Mi era costata molto, però
qualcosa c’era stato di bello in fondo… Le mie vene erano calde ed io
sentivo già le note della mia canzone e sognai di stare a casa a
scrivere le strofe, col mare a fianco e col giardino tutto intorno, dove
avevo lasciato il cane e pochi libri buoni.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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Massimo Passalacqua
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