Immagina un venerdì qualunque, oppure un martedì,
l’importante che sia un giorno preciso della settimana. Immagina ora un
piccolo cimitero, il viale con i cipressi, il rumore della ghiaia, l’odore
dolciastro dei fiori recisi, una pioggia leggera, i rintocchi regolari di
una piccola campana. In lontananza sotto quel cielo terso si scorgono le
cime innevate del Nevada. Fa freddo sì. Anche perché sono le sette del
mattino e il giallo stinto della luce non scalda e non fa ombra.
Immagina ora un uomo, immagina un nome, è sufficiente Nick perché il
cognome non ci serve, un cappello grigio, un cappotto spinato poco più
scuro e il bavero alzato, una mano in tasca e l’altra che tiene un mazzo
di gerbere multicolori. Cammina a passo svelto nella solitudine di quel
posto. Sarà che è mattina presto, sarà che è venerdì, sarà che è inverno,
sarà che fa freddo, ma ha la netta sensazione di essere l’unico essere
vivente nel giro di centinaia di metri. Ecco lo vedi? Ora rallenta a metà
del viale, dove i cipressi si diradano e lasciano spazio ad una serie di
tombe disposte perpendicolarmente al viale. Davanti ad una di queste si
ferma, è una tomba importante, di marmo e granito rossiccio di dimensioni
più grandi rispetto alle altre. Lì riposano i suoi parenti, le sue zie, i
suoi nonni e soprattutto sua madre.
Guardalo ora con quanta cura dispone i fiori nei due vasi di rame in modo
che siano più o meno uguali e abbiano lo stesso effetto cromatico.
Guardalo poi quando si avvicina alla lapide e bacia la foto di sua madre.
E’ un leggero tocco di dita discrete, quasi la sfiora, quasi intimorito,
ma tu immagina quanto sia intenso quel gesto. Poi immobile rimane a
fissarla. Non importa quanto tempo, ma immagina che quest’uomo oggi abbia
più tempo del solito ed invece di andarsene rimanga lì a guardarsi
intorno. Va bene lo so, non è di sicuro il posto più ambito del mondo, ma
per la nostra storia è importante che lui rimanga ancora qualche minuto
fino a che, a una certa distanza, grosso modo a dieci metri da lì, in
direzione del cancello di ferro battuto, qualcosa si muove.
Ebbene sì, vede una donna assorta, in raccoglimento davanti ad una tomba.
Si domanda come mai non l’abbia vista arrivare e non abbia sentito alcun
rumore. Ecco, lascia Nick ora ai suoi pensieri di spettri, fantasmi e
luoghi comuni, e tu immagina la donna, ha un nome dal sapore europeo,
Emanuelle, ma è americana di Portland. Immaginala vestita di nero, con la
veletta a trama fitta, con i capelli raccolti e un cappello di panno, ma a
noi piace immaginarla oltre, con i tacchi alti, il rosso acceso delle sue
labbra e l’ovale del viso dai tratti regolari. Muove la bocca, sembra che
stia parlando con qualcuno, in realtà dice solo qualche parola rivolta
verso la tomba, ma fondamentalmente sta piangendo, piangendo
sommessamente.
Ecco, ora torna all´uomo, cosa può immaginare secondo te? Che sia
senz’altro vedova e non da molto tempo, che non abbia superato ancora il
dolore per la perdita del marito e che forse non è un bene legarsi troppo
ad una persona. Ora guarda la scena, lei piange, con dignità piange, ha in
mano un fazzoletto che ogni tanto porta al viso poggiandolo delicatamente
sulle guance. Lui ha smesso di parlare mentalmente con sua madre e guarda
con la coda dell’occhio quella signora, colpito dal contrasto del bianco
del fazzoletto con la figura interamente nera e soprattutto da una certa
somiglianza che non ricorda e non riesce a identificare.
Certo sì, è una figura retorica, e fin qui tutto normale, ora però fai
attenzione, perché improvvisamente qualcosa cambia. Come se rispondesse ad
un suo tacito ordine interno, lei smette immediatamente di piangere e
dalla piccola borsa di pelle nera tira fuori una busta da lettere. Ecco,
immaginala ora mentre fa due passi sul granito e mette la busta in una
fessura della lapide di marmo. Poi, guardandosi intorno, dà un bacio alla
foto e si allontana in direzione del cancello. L’uomo sente i suoi passi
sulla ghiaia, giura di percepire una nube di profumo, ma in realtà sono
solo i fiori recisi. Poi rimane a pensare colpito soprattutto dal fatto
che lei si sia guardata intorno prima di inserire la lettera ed avendolo
visto ha baciato quella lapide, come per rendere più vera la scena e
distogliere il nostro uomo da altri pensieri. Ma forse, vedendolo, ha solo
provato imbarazzo.
Nick è sorpreso, ma scuote la testa, immagina il dolore, forse un rimorso,
comunque non accade tutti i giorni di vedere una donna in lacrime che
infila una lettera nella fessura di una tomba. Lui immagina una
spiegazione mancata, un desiderio incontrollato di comunicare le proprie
ragioni, un modo per tenerlo in vita, un altro per non morire. E’ inutile
descriverti ora la curiosità di Nick, quel desiderio di sapere che cresce
esponenzialmente ad ogni passo di lei. La segue con lo sguardo, vorrebbe
in qualche modo raggiungerla, ma poi resta lì immobile fino a che quella
figura così fragile scompare oltre l’uscita.
Immaginalo lì, fermo, che pensa, ma non sa cosa fare, finché in lontananza
sente il rumore di un’auto allontanarsi. Ora è di nuovo solo, si avvicina
a quella tomba. Legge il nome e guarda la foto. Larry Hodley, morto due
mesi prima, a 43 anni… Anche quel nome e quella foto gli dicono qualcosa,
ma non sa cosa, non ricorda.
Ora immagina la foto, immagina che quel volto in bianco e nero rida
spensierato, fragorosamente. Fa sempre un certo effetto in quel posto
percepire quell'allegria così ostentata! Ora immaginalo fermo a pensare,
immagina quanto sia combattuto. Sente il desiderio di tirare fuori quella
busta e di leggerne il contenuto, ma resta a fissare il punto in cui è
infilata la lettera. Nota addirittura una piccolissima crepa sulla cornice
di marmo. Avvicina la mano e la ritrae, si volta e non c’è nessuno, Dio
non ci vorrebbe niente! Prenderla e leggere il contenuto. Ricorda il
pianto così sommesso, quelle lacrime dignitose, e allora immagina una
confessione, forse un pentimento, una semplice spiegazione, oppure una
storia forse d’amore, e la sua fantasia vola, ma poi decide di
allontanarsi. Troppo ligio, troppo sensibile per violare quella privacy.
La rivede mentre si allontana, rivede quel non so che di familiare. Forse
il profilo, forse il modo di camminare, oppure il cappello, o forse solo
quell’alone, quell’aria quasi mistica.
Ecco immagina cosa possa pensare, se ora decidesse di andare via non
avrebbe più alcuna occasione per incontrarla e soprattutto scoprire cosa
le ricorda. Infatti fa pochi metri e poi si ferma. Eccolo che sul viale
di ghiaia torna, raggiunge di nuovo la tomba, stessi dubbi di prima,
stesse cime innevate, stesso silenzio, la purezza e il dolore, i
sentimenti onesti. Con fare circospetto si guarda di nuovo intorno e con
un gesto deciso tira fuori la busta...
Ecco ora immagina che la legga tutto d’un fiato, anzi divori le parole,
perché è una lettera d’amore, di passione sfrenata, ma anche di bruciante
dolore. Immagina le dita rosse e tremanti che tengono stretto quel foglio.
La lettera è lunga, ma lui non perde una parola.
Ebbene sì è una confessione a cuore aperto, un’ammissione di colpa senza
scuse. Una moglie che parla con il proprio marito e sinceramente ammette
ciò che in vita non ha mai avuto il coraggio di dirgli. “Ricordi vero
Larry? Era il ’92 ed io soffrivo di una grave crisi depressiva. Per colpa
mia non facevamo l’amore da anni, per colpa mia non c’era armonia in casa.
E fosti tu a consigliarmi di prendermi una settimana di vacanza da sola,
per stare con me stessa e capire fino in fondo quel malessere che mi
dilaniava. Presi al volo la tua proposta e ti ringraziai infinite volte
perché vedevo in quell’offerta un atto d’amore senza pretendere nulla in
cambio. Non persi tempo e scelsi il posto più lontano, un agriturismo in
Italia dalle parti di Siena. Amavo quelle verdi vallate, ossigeno e
natura, terra di olivi e di vino, ma soprattutto terra natia di mia nonna
materna.
Ecco Larry, ricordi vero come tornai rigenerata? Ma tu non hai
mai saputo il vero motivo ed io non ho trovato mai il coraggio di dirtelo.
Larry ho fatto l’amore! Quell’amore che ogni sera ti rifiutavo divenne
improvvisamente un bisogno! Già dalla prima sera! Indossavo ancora i
vestiti del viaggio e non avevo ancora disfatto le valigie quando un
signore distinto mi avvicinò. Aveva quarant’anni ed era di Portland come
me, parlavamo la stessa lingua e in seguito scoprimmo di aver frequentato
la stessa università in anni differenti e di avere lontane amicizie in
comune. Fu molto gentile ed io d’un tratto non mi sentii più sola. A cena
l’ho invitato al mio tavolo. Ti prego non mi chiedere il motivo, ma
sentivo di farlo.
Sarà stato il suo profumo italiano, la candela sul
tavolo, il suo vestito nero gessato, una musica gradevole… sarà stato
questo e quant’altro ma la notte stessa l’ho ospitato nella mia stanza…
Lui non ha dovuto forzare nulla, non mi ha dovuto corteggiare, ha solo
letto nella mia anima e seguito il suo istinto. Sono stata insieme a lui
quattro giorni interi, tu mi chiamavi la sera ed io ti dicevo che ero
ancora depressa, ma non era vero Larry, in realtà mi sentivo libera e
felice tra quelle lenzuola, mi accarezzava, mi baciava ed io non mi
sentivo in colpa. Era una sensazione unica e sicuramente insolita, forse
perché non lo amavo, ma lo sentivo maschio. Era il mio sostegno, la mia
cura, la terapia adatta alle mie ansie. Larry, non mi era mai successo,
non ti avevo mai tradito, ed ogni giorno mi ripetevo che era solo un uomo
nel mio letto e niente di più. Per lui non fu così, lui si innamorò
veramente ed io mi adagiai in quel sottile gioco.
Però Larry non è questo
il punto, o meglio se fosse stato solo questo non te lo avrei mai detto.
Ho dentro un peso ben più grande Larry che devo assolutamente dirti. Il
bel quarantenne americano dopo quei quattro giorni è dovuto andare via. Mi
fece giurare che ci saremmo rivisti, ma in cuor mio sapevo che non sarebbe
mai più accaduto.
Ebbene, dopo la sua partenza, ho passato due giorni in
completa solitudine. Mi sentivo bene, la mattina mi alzavo all’alba,
facevo delle lunghe passeggiate a cavallo, leggevo libri, mangiavo cibi
sani, mi intrattenevo in dolce conversazione con una signora di Madrid e
la sera andavo a letto presto. Ma due sere prima di partire conobbi un
antiquario di Venezia. Seduti su un divano della piccola hall iniziammo a
parlare del suo lavoro e immediatamente mi affascinarono i suoi discorsi
sui vari stili e le caratteristiche dei legni utilizzati.
Mi diceva:
“Signora Emanuelle, ogni legno ha la propria anima, esattamente come le
persone…” Non era bello, non era magro, anzi era abbastanza in carne con
una evidente pancetta malcelata. Mi piaceva ascoltarlo e non rifiutai il
suo invito a cena. Larry non avevo alcun bisogno fisico, dico di sesso e
non c’era alcuna attrazione, ma quando lui mi chiese di proseguire il
discorso nella sua camera non opposi resistenza.
Ebbene sì Larry, ho fatto
l’amore anche con lui, consapevole della mia femminilità, in un certo
senso, l’ho sedotto. Quella sera è scattato in me uno strano meccanismo,
mi sono sentita padrona del mio piacere, mi sono fatta accarezzare dal
fascino del potere. Potevo tutto Larry e tutto ho fatto!
La mattina
seguente ho aperto la finestra, ancora in camicia da notte, lui dormiva
ed io ho respirato a pieni polmoni l’aria frizzante della
Toscana. Ti rendi conto? Ho fatto l’amore con due persone diverse nel giro
di pochi giorni. Tu ricordi vero quando tornai a casa? Ero felice come una
bambina e soprattutto sentivo dentro una serenità indescrivibile.
Solo in
seguito mi sono resa conto dell’immoralità del gesto e dello scandalo che
mi procurava dentro ogni qualvolta incrociavo i tuoi occhi. Ed ogni volta
mi ripetevo che avevo tempo per dirtelo, e che sicuramente lo avrei fatto!
Non mi davo pace, ma rimandavo, rimandavo…
Invece è andata come è andata,
tu mi hai lasciata da un giorno all’altro senza darmi la possibilità di
confessare. Maledetto quell’incidente, maledetti i soccorsi che non sono
arrivati in tempo. Tieni conto Larry che quel tizio americano, per diversi
anni, ha tentato di contattarmi in nome di quell’indimenticabile soggiorno
italiano. Larry, anche se le cose tra noi non andavano benissimo, ho
sempre rifiutato i suoi inviti. Per me era stato solo un uomo nel mio
letto, niente di più!
Questa è tutta la verità, non c’è altro, ti prego
solo di non considerarmi una vigliacca per non avertelo detto in vita. Ti
amo, Emanuelle.”
Ecco ora immagina Nick, guarda la sua faccia, è allibito e soprattutto
sorpreso, al punto che per un attimo decide di rubare la lettera per
rileggerla con più calma, ma poi ci ripensa, la rilegge più volte in modo
da fissare alcuni passaggi importanti. Poi la rimette nella fessura. Ecco
ora immagina cosa stia pensando, anzi no, non puoi saperlo, allora
guardalo sta uscendo e all’altezza del cancello incontra il guardiano. Si
ferma, è più forte di lui e non può non chiedere all’uomo informazioni
sulla signora uscita poco prima. L’atteggiamento dell’addetto è poco
amichevole, ma infine riesce a sapere che dal giorno del funerale ogni
venerdì, alle sette in punto, la bella signora sempre impeccabile si reca
alla tomba del marito defunto.
Ecco ora fai un salto di una settimana e immagina Nick senza ombrello
perché oggi non piove, ma immaginalo con le gerbere in una mano e
nell’altra un biglietto. Beh possiamo immaginare che durante questa
settimana abbia dormito poco. E’ teso, si vede da come cammina. Fuma senza
aspirare la sigaretta. Mette e toglie il cappello. La giornata è rigida,
forse perché è molto presto. Lui si guarda intorno e guarda l’orologio.
Poi la tomba di sua madre, poi quella di Larry, ma della signora vestita
in nero neanche l’ombra. Lui è deciso ad incontrarla e per l’occasione
indossa il vestito nero gessato e la cravatta italiana. Immaginalo lì in
piedi, davanti alle tombe. Ora il cimitero si sta riempiendo, a poca
distanza un funerale. E lui lì che aspetta ed assiste all’intera
tumulazione. Guarda l’orologio e aspetta, con il cappello in mano e la
lettera. Dopo tre ore di attesa desiste. Immagina la delusione sul suo
volto. Forse un contrattempo o forse il guardiano si era rivelato
semplicemente inaffidabile. Comunque desiste, sconsolato desiste e decide
di andare, non prima di aver lasciato la lettera e confidando nella buona
sorte per il venerdì successivo.
Ora immagina che sia il pomeriggio dello stesso giorno, immagina il rumore
dei tacchi sulla ghiaia, immagina lei con lo stesso cappello di panno e le
labbra rosso fuoco. Immaginala timorosa per via di quella lettera lasciata
la settimana prima. Teme il giudizio di suo marito. Per questo si è presa
un po’ più di tempo ed è arrivata al cimitero solo ora. Eccola, guardala,
lei è una donna romantica, una figura inaccessibile, virtuosa e fedele e
nessuno vedendola immaginerebbe mai quello che noi sappiamo. Eppure è
successo. Sarà stata l’Italia, o la Toscana, il buon cibo, il rapporto con
il marito, e poi le candele alla vaniglia, il grande specchio alla parete.
Eppure è successo. Sarà stato il desiderio di sesso, l’ansia, la cura e la
terapia, il buon vino, oppure, come dice lei, l’assoluta mancanza di
ragioni… Eppure è successo.
Immaginala ora quasi tremante avvicinarsi alla tomba e poi baciare la foto
di Larry. Lui ride e lei si tranquillizza. In fin dei conti non è successo
nulla di grave, pensa. Comunque ha un’altra lettera in mano, sta per
infilarla nella fessura, quando scorge un lembo di una busta azzurra
diversa dalla sua della settimana precedente. E’ a dir poco sorpresa.
Immagina il suo volto, quelle rughe d’espressione che la fanno più bella,
quelle rughe d’età che la fanno signora. Non pensava davvero che i morti
potessero rispondere e men che meno scrivere. Anche le sue mani ora
tremano mentre stringono quel foglio di carta come se avesse timore che
potesse sfuggirle dalle mani, come se ci fosse vento, come se qualcuno potesse rubarglielo. Fa due passi e poi si ferma, deve leggerla, assolutamente,
non può aspettare: “Mia cara Emanuelle, Dio che bello è stato
rivederti. Di colpo mi sono sentito vivo e il mio cuore palpitante al solo
pensiero di averti ancora tra le mie braccia. Ricordo benissimo quel
viaggio in Toscana e mai dimenticherò la tua felicità. Certo sì, al tuo
ritorno immaginavo qualcosa, ma non pensavo mai che un altro uomo avesse
preso il mio posto. Quando ti ho vista qui al cimitero per me è iniziata
una nuova vita. Ti amo anch’io tanto e non c’è alcun bisogno di chiedere
il mio perdono. Tu sei bella così, non cambiare mai. Farò del tutto perché
tu non possa mai sentirti sola, perché tu possa amarmi sempre. A costo di
non muovermi mai da questa tomba, ti aspetterò ogni giorno, ti aspetterò
ogni venerdì, ti aspetterò per sempre, ti voglio ancora…”
Ecco, immagina Emanuelle che legge e rilegge quella lettera, non sta nella
pelle, non crede ai suoi occhi. Ora non si chiede più come abbia fatto un
morto a scrivere quella lettera, anzi gelosamente vorrebbe che nessuno mai
le svelasse quel mistero. Da sempre confidava nella bontà di suo marito,
ma mai avrebbe pensato fino a quel punto. E’ vero che i morti sono in
un’altra dimensione, è vero che dall’aldilà si vede e si giudica in
maniera diversa considerando le cose terrene come delle piccolezze di
vita.
Sollevata alza gli occhi al cielo, respira quell’aria tersa a pieni
polmoni e si sente di colpo leggera tanto che un soffio di vento la
farebbe danzare come piuma. Ebbene sì, pensa che l’aldilà esista davvero
come esiste l’amore infinito, totalmente sconosciuto a noi terreni.
Eccola la vedi? E’ felice, bacia la foto di Larry e bacia la lettera.
Gelosamente la tiene stretta nella sua mano. Immagina ora con quanta cura
la riponga nella borsa, immagina le sue lacrime di gioia, la sua andatura
senza gravità…
Immaginala ancora mentre si avvia verso l’uscita, immagina l’odore
dolciastro delle gerbere recise. Eccola, la vedi? Sta diventando un
puntino nero, la storia finisce qui, e non immaginare altro, che ne so io,
un incontro con il bell’americano, ora che lui sa che suo marito è morto e
lei è libera, magari una notte d’amore magari in Toscana nello stesso
letto. No, no non immaginarlo, lasciamo Emanuelle sospesa in quell’alone
di benessere, leggera e sollevata… riappacificata con se stessa, con suo
marito, con la sua anima. Immagina che lei creda che esiste davvero
l’aldilà e che i morti possano scrivere, perdonare, amare e soprattutto
che non ci lascino mai soli.
Ecco si, immagina questo e naturalmente l’odore dolciastro dei fiori
recisi.