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Adamo Bencivenga
Lo sbarco
Vatti a fidare del sole
di marzo, che scrolla le tette e alleggerisce i vestiti, vatti a fidare
del vento che scalda, che alza le gonne e fa volare i cappelli. Come
gabbiani planano bianchi e rasi sull’acqua si lasciando andare,
s’abbandonano al mare e rimangono a galla e una donna l’insegue bagnandosi
i piedi. Vatti a fidare del mare di marzo, che ruffiano ti accoglie, ti
bacia e ti scalda, ma all’improvviso si gira e cambia d’umore e fa la
cresta sull’acqua ed alza le onde, e bagna la donna e bagna quel seno, che
bianco traspare come un brivido intenso.
L’uomo per caso ha un telo bianco di lino, che agita al vento come una
resa, vatti a fidare del sole di marzo, che gemma gli arbusti al di là
delle dune e fioco s’accuccia sotto le nuvole nere, e lascia la donna e
lascia quell’uomo al vento che tira senza riparo. La donna lo chiama ma
lui non l’ascolta, o meglio è in allerta guardando il suo cane, un pastore
gallese che somiglia al padrone, che sbava uno stecco di legno e di sabbia
e chiede abbaiando di rincorrerlo ancora, ma a volte sta fermo e muto lo
aspetta, come ora che punta e il lavoro lo chiama.
L’uomo si ferma deciso che fare, equidistante dal cane e dal dovere che
incombe, nella mano sinistra ha un guinzaglio di pelle, nell’altra quel
panno di stoffa leggera e sotto la giaccia un manganello di ferro, che il
destino ha deciso di materializzarlo all’istante. Lui lascia il cane
insospettito dal canto, la donna si accorge e strizza i suoi occhi, ha le
mani occupate da una borsa di piume, da trucchi, vestiti e calze di seta,
dal timore che la riva sia ancora distante, e questa terra un sogno non
ancora concesso. Vatti a fidare di un regista che gira, poco lontano uno
sbarco dal mare, ed inquadra la donna, le dune di sabbia, mentre il cane
che corre annusa la donna e l’uomo la blocca e le ammanetta le mani.
Stringimi lemani stringimi lemani,
sopra questomare spolpami iseni
preda peruccelli esca perlaluna
che canta dolcemare che pesca nel miocuore.
Vatti a fidare del sole di marzo, che scrolla le
tette e alleggerisce i vestiti, vatti a fidare di quel sorriso che
inganna, di quel foglio di via scolorito e bugiardo, di quella fede che
brilla all’anulare sinistro, chissà se ha mai avuto un marito, se le calze
di seta nella mano sinistra, sono servite per farci l’amore. L’uomo è un
poliziotto e sa cosa fare, ma la guarda e gli fa tenerezza, la gonna
bagnata la rende più nuda, mentre parla una lingua che lui non conosce, i
suoi santi stranieri hanno barbe da slavi, belli come maschi da volerli
sposare, forti come stecchi d’averne timore.
Lui
sente quel canto e sedotto desiste, le annusa la pelle ed allenta la
presa,
ora la chiama e l’avvolge nel lino, la donna di spalle nasconde
i suoi dubbi, ha la pancia occupata e un foglio di via, ha un filo di
perle e lo gira tre volte, nell’attesa lo sgrana ma non sono preghiere,
ogni cinque s’impunta sulla perla più grossa, ogni dieci lo stringe contro
il suo petto. Porta con sé due scarpette da bimbo, ma non ha ancora capito
se è un figlio o un aborto, se sanno d’amore che inganna l’attesa, se sono
gli avanzi di un corredo da sposa.
L’uomo ha una divisa e gli occhi di cane, stringe nelle mani quel
documento sgualcito, Marika il nome e una foto che ride, ha le labbra di
foglia che slarga in un fiore, ha una bocca di fragola che sa di mestiere,
che bello che voglia lasciarsi rapire, sentire il caldo del fiato,
sentirla alitare. Vatti a fidare di una donna che scioglie, i capelli più
lunghi che s’inzuppano al mare, tinti di rosa dove spuntano i seni, pere
di Tirana, figlie d’oltremare, e un cerchietto sulla testa per ricordarsi
le parole, di questo canto in italiano che altro non sa dire, e fermo lui
l’ascolta perché è difficile capire, dove inizia l’orizzonte, dove finirà
il suo dovere.
Stringimi lemani Stringimi lemani
Arrossami lafaccia Succhiami lelabbra
Succhia imieidomani Sopra Questaterra
Albore oltre ilnero Cheschiara imieitimori.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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AlexanderKharlamov
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