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Adamo Bencivenga
Poker a due
...
..Che tutto abbia un senso, come le carte nel gioco di poker, dove ognuna ha
un valore, un seme e un colore, che s’associa e s’abbina in un nesso
evidente, la ragione per cui si osa e si rischia, la causa, la punta, i
numeri in fila, la scala ad incastro, il piatto di parola, il buio e il
rilancio, l’apertura ai kappa.
Che tutto abbia un senso come il fumo intorno, una nube che sale densa al
soffitto e vela la stanza e vela le facce, per poi diradarsi nella notte
più fonda, attraverso uno spiraglio della finestra accostata, che manda
suoni e voci, uno spiffero d’aria, perché tutto abbia un senso, regola e
legge, le macchine in corsa sull’asfalto bagnato, la carta argentata e
l’odore di focaccia, perché domani sarà festa, domani sarà Pasqua e
dormiremo tranquilli fino a giorno inoltrato.
Che tutto abbia un senso, questa doppia che ho in mano, che ora scarto per
tre carte e trattengo le due donne, per tentare la mia sorte ed ottenere
solo il meglio, perché non è una doppia o una scala la mia meta e neanche
un full di donne cambierebbe poi qualcosa, perché lui è qui davanti
impassibile e fiero, che bussa il suo servito rifiutando altre carte, che
beve il suo passito e mi guarda di traverso.
Che tutto abbia un senso come l’odore delle carte, che sa di gioco e sa
d’azzardo, che sa di bisca e malavita. Anch’io ora lo sto guardando, ma
non carpisco poi nulla, neanche un ghigno a caso per intuire la sua mossa,
neanche una smorfia per essere più certo, che ha un poker di mano e non
scarta l’altra carta, oppure sta bleffando e non ha nemmeno una coppia, ma
ormai la scelta è fatta e chiedo le tre carte, tra il rumore delle fiches
sul piatto di parola, il doppio click dell’accendino che esplode in una
fiamma, la luce sopra il tavolo che si propaga verde e gialla, la poltrona
d’alcantara e tutt’intorno solo ombre…
Che tutto abbia un senso, come voi due sul divano, mogli belle e poste in
palio come i tuoi occhi che intravedo, elegante ed austera, che bella, che
signora, che affabile stai parlando ed intrattieni l’altra posta, il
trofeo che tra poco uscirà da questa mano. Sono rosse le tue labbra, nere
le sue calze, ormai in bella mostra, ormai manca poco, tu sei la mia
mancia e sei il mio piatto, la vincita e il premio, la coppa ed il
bottino, la giusta ricompensa che quest’uomo già assapora, perché non c’è
pareggio in questo poker a due, e chi vince prende tutto e chi perde sta a
vedere, distante quanto basta per leccarsi le ferite e sentirsi un
pescatore all’alba senza pesce.
Che tutto abbia un senso, regola o principio, come le carte che ho in mano
che non hanno un rapporto, come le carte in fila indiana ognuna al proprio
posto, come in una scala, come credo che lui non l’abbia, sicuro che ha un
poker ed io solo una coppia. Tu parli e poi fumi, sei quasi nella parte,
sorridi a sua moglie, le dici “mia cara”, e nessuno di voi due fa cenno e
fa menzione, di essere la posta, un premio messo in palio, che aspetta
impaziente la fine dell’attesa, perché comunque come vada avrai il tuo
compenso, perché comunque poi vada rimarrà un uomo a bocca asciutta, in
questa notte che finisce oltre l’alba e l’intenzione e domani sarà Pasqua
e dormiremo fino a tardi.
Che tutto abbia un ordine, una norma o un precetto, come i cani in fila
indiana che aspettano il turno, o i gatti questa notte che sento sopra il
tetto, il tempo che poi passa e non salta un secondo, come ora che mi
guardi, ma non ti interessa di sapere, se vinco o se perdo e chi prende
tutto il piatto, e si gode questa posta di tacchi e di rossetti, di seni
in bella mostra che non stanno a loro posto, ma ammiccano copiosi tra il
vedo e il non vedo, vestiti poi quel tanto come i re e le regine, come
quadri e come picche perché in fondo hai ragione, non resta che vedere se
è entrato un altro asso, e per questo rilanciare perché non si sa mai, e
perché proprio sul più bello non è concesso avere dubbi, oppure pentimenti
o addirittura rinunciare.
Che tutto abbia un senso come le carte che ora scopro, lui mi guarda ed è
sicuro, ora fuma ed ora muto, aspetta che io parli che dia un senso a
questo gioco. Poi si alza soddisfatto con l’aria di chi ha vinto, per un
sorso di passito, per accostare la finestra, e poi va incontro al suo
trofeo con le gambe accavallate e si siede sul divano e parla amabilmente,
sicuro che il servito gli darà quella vittoria, che già tocca con la mano,
e tocca e poi ritocca, che già apprezza con la bocca ed alza quelle gonne,
per vedere nel dettaglio la trama della calza, il colore del ricamo, la
posta tra le gambe, il merletto che ora spunta e lo lascia senza fiato.
Che tutto abbia un senso come le donne che ho in mano, che sono solo di
carta dura anziché di carne vera e intanto scopro le altre, la prima è un
kappa senza storia, e poi un fiori ed è una donna, la guardo e la
riguardo, avverto un groppo in gola ed il respiro che s’ingrossa. Dio non
sto più nella pelle quando vedo l’altra carta! E’ un cuori ed è una donna.
Poker!!! Mi muovo e fremo sulla sedia! Lui s’accorge e si interrompe,
perplesso si risiede, dubbioso torna al proprio posto, mi fissa e guarda
le sue carte, dico parola al servito, lui rilancia sicuro del suo punto ed
io non posso che vedere, un attimo d’attesa, silenzio tutto intorno, si
sentono i rumori, lontani all’aperto, i gatti sopra i tetti, le cagne in
calore, le auto di corsa che sfrecciano sull’acqua, una serranda che si
abbassa, un volume che si alza, di una vecchio ritornello rifatto in
italiano. Si sentono i respiri, i nostri e quelli delle signore, che ora
in silenzio seguono attente, che ora impazienti sbirciano le carte.
Che tutto abbia un senso come l’ansia e la tensione, timidamente ripeto
“Vedo.” Lui scopre le sue carte e dice quasi rassegnato. “Scala ai dieci…”
Prolungando la i del dieci per ridurre quell’attesa, per far sì che io
aggiunga prontamente il mio punto, ma lo fisso dritto con una specie di
sorriso, poi mi volto e guardo lei, dio quanto è bella, con quel vestito
scelto insieme, l’ombretto grigio perla, da farfalla e da falena sfumato
all’infinito, e poi le scarpe con la zeppa e poi le calze con la riga,
tutto quanto già deciso per una dea e un feticcio, per essere la posta di
questo poker a due.
Che tutto abbia un senso come l’attesa che si quieta, lei mi guarda ed ha
già deciso, poi si scioglie e mi sorride, alza quel tanto la sua gonna
semmai avessi dubbi, ricordandomi quel patto che comunque avremmo vinto,
ricordandomi le notti passate a immaginare, d’essere il trofeo, la volpe
della caccia, d’essere la gloria che spetta al vincitore, perché tutto
avrà un senso come ora la mia risposta mentre sparpaglio le mie carte
mescolandole alle altre, per nascondere quel poker e vincere la posta,
mentre dico a voce bassa, in un bisbiglio, in un sussurro, che la scala è
quanto basta ed io ho solo una coppia… di donne ma di carta, mentre lui
quelle vere..
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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