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Adamo Bencivenga
Tutto in una notte 5
CAPITOLO XIII
Sono stravolta. Fabio
sta vedendo un film in bianco e nero senza volume.
“Fabio ti sei addormentato?” In effetti ha la faccia da
sonno. “Vado un attimo in bagno.” Mi guardo allo
specchio. “Dimmi che non sono io, dimmi che non è vero
niente.” Chissà perché mi guardo le labbra, cerco un
nesso logico, ma non c’è. “Ma che significa, cosa ha
voluto dimostrare?” Forse davvero è un gay represso.
Voleva fare il pieno di benzina psicologica. Ora per un
po’ non avrà complessi di colpa.
Sento il
telefono attraverso la porta. “Oddio ancora squilli,
cavolo!” Ma stavolta non smette, cinque, dieci, quindici
squilli. Non è un contatto! Anche la segreteria
telefonica è impazzita. Non s’attiva! Mi precipito in
ingresso. Rispondo. Devo rispondere. “Oddio Luca di
nuovo.” Sto pensando seriamente al suicidio. “Ti ho
svegliata?” Come al solito non mi lascia rispondere.
“Senti tesoro…” “Non mi chiamare tesoro!” Urlo.
“Questa frase se non sbaglio l’ho già sentita…” Sospira
dietro di me Fabio che ne frattempo si è svegliato dal
torpore! Se sapesse cosa è successo negli ultimi dieci
minuti, non so proprio come mi giudicherebbe!
Al
telefono Luca balbetta. “Senti Marianna, ora Daniela
dorme, sembra che la tempesta sia passata. Avevo pensato
per domani, se potessimo incontrarci tutti e tre nel bar
sotto il tuo ufficio, così ci spieghiamo tutto. Tu fai
finta di essere una mia collega… Così giustifichiamo
anche quell’incontro della scorsa settimana.” Pausa.
Non rispondo, Ho mal di testa, devo prendermi qualcosa!
Pazientemente rimango a sentirlo, voglio vedere dove
vuole andare a parare. Riprende. “Io lo faccio per
noi. Se lei non si tranquillizza non potremo più
vederci. Che ne pensi?” Non ce la faccio più. Sento
salire una rabbia a forma di tsunami, un boato che
precede un terremoto! “Luca vaffanculooooo!!!!!”
Scaravento la cornetta per terra.
Fabio mi
guarda, è allibito. “E’ la prima volta che ti sento
dire una parolaccia.” Abbasso lo sguardo. “Ti
giuro, non le ho mai dette. E’ la prima volta che…”
Oddio, ma mi sto giustificando? “Mi rendo conto
d’aver perso molte puntate della tua vita.” Dice con
fare disgustato. “Beh, se è per questo, non è colpa
mia! Non trovi?” Mi tremano le mani e la voce. “Ora
per favore esci immediatamente da questa casa. Grazie
per la visita, quella è la porta.” Non riesco a
controllare la voce. Esce stridula e piagnucolosa. Vado
verso la porta, la apro. La lascio aperta per un attimo,
poi mi rendo conto… Oddio, ma che sto facendo? Fabio
non c’entra nulla ora. Questa notte mi ha esasperata ma
non me la posso prendere con lui. Mi viene vicino.
“Scusa Marianna, davvero non volevo offenderti.
Calmiamoci dai!”
Sono stremata, mi accascio sul
divano, ma lui non se ne va. Mi segue con lo sguardo.
Capisce che sto per esplodere ancora. Si siede accanto.
Che scema, dovevo resistere, resistere. Non devo
piangere. “Resisti Marianna, resisti!” Mi dico.
Lui non mi deve vedere così… Nessuno mi deve vedere
così, io ce la faccio da sola, ce l’ho fatta finora e ce
la farò ancora. Sì vabbè ho fatto degli sbagli. Stanotte
qualcuno ha fatto il comodo proprio, altri mi hanno
preso per cavia, per misurare che effetto possa fargli
ancora una donna ed io gliel’ho consentito! Ma adesso
non voglio nessuno e non mi serve nessuno!
Le
lacrime di rabbia non si fermano. Cerco invano di
asciugarmi con il dorso della mano. Lui ne approfitta,
mi viene più vicino, ora è in ginocchio sul tappeto di
fronte al divano. Mi prende la mano. L’accarezza,
delicatamente la bacia ed io glielo faccio fare. Mi
rendo conto e mi sorprendo di essere diventata una donna
remissiva. Faccio fare tutto a tutti! Lui si avvicina
ancora, lo sento è impaziente, si siede di nuovo
accanto, mi cinge le spalle, mi tocca i capelli. Ora il
collo. Sento le sue labbra quasi umide sulla guancia.
Ecco un altro uomo, un altro maniaco! Si ferma, arretra,
poi cerca la mia bocca. Mi volto verso di lui e lui non
si fa sfuggire l’occasione. Sembra che si siano messi
d’accordo tutti seguono lo stesso processo mentale,
tutti lo stesso percorso, iniziano tutti dal viso, dal
collo, le mani si snodano in un leggero tatto, le parole
sussurrate come velluto.
Come volevasi
dimostrare… la vestaglia improvvisamente ha due bottoni
slacciati. La cintura pende su uno dei due braccioli del
divano. Ora sento la sua mano, è sul mio seno, è vero
sono senza reggiseno, senza volontà di reagire...
Ormai non ci capisco più nulla, sono confusa,
confondo gli odori, le labbra, i baci. Mescolo il tutto.
E’ un minestrone di maschi, una zuppa, una babele di
lingue, ma di quelle umide. Avanti le prossime! Eccole,
immancabilmente pronte a succhiarmi gli ultimi pezzi
d’anima.
Eccole, s’adagiano sulle mie. Lui le
preme leggermente, ma non va oltre, aspetta… come da
manuale! Sono fili di fiati, umidi e caldi, sono quasi
parole senza virgole e punti. Poi la lingua si
intrufola, sa di buono e di caffè. Niente a che vedere
con quelle promiscue del poliziotto, niente con quelle
bugiarde dell’emigrante. Sento il suo sapore, lo stesso
di sempre. Il sapore della tranquillità, del marito, del
rubinetto che perde, dei tempi perduti e di quelli
belli. Il sapore del pane appena cotto nelle nostre gite
in campagna. La salsedine e l’acqua marina. Il sapore
del riparo, dell’ombrello quando piove… La tana e la
culla… Lo so che ogni giorno non faccio altro che
mentire a me stessa, lo so cosa cerco negli occhi degli
altri, mai più un rapporto duraturo, niente elemosine di
oboli d’affetto. Autostima? Forse no, neanche quella. Lo
so che sono bella.
Lui intanto è andato avanti,
molto avanti, ha tra le labbra il mio seno, tra le dita
la stoffa delle mie mutande… la mano che preme. Oh
Fabio, Fabio… Eccola la sento, sento le dita, ora
l’indice e il medio, ora il pollice, le muove in
sintonia perfetta, sono dita di attesa che aspettano il
turno, ferme ed attente come un gatto in agguato, sanno
che non è il loro posto, sanno che sono in una terra
straniera, sanno che una mossa maldestra rovinerebbe
ogni cosa. E allora stanno lì come cani da punta,
impercettibilmente avanzano, pronte a cogliere l’attimo
o almeno gli avanzi o ciò che il destino stasera può
offrire. Oh Fabio, lo sai vero che sono avanzi? Spero
che tu non t’accorga che un altro uomo, non meno di un
quarto d’ora fa, mi ha fatto assaggiare la sua
consistenza, così per sfizio senza un piacere reale,
forse solo per avere una donna davanti a sé in
ginocchio, o forse per distinguere la saliva di un uomo
da quella di una donna. Oh Fabio, non affogarti, non
serve sono davvero avanzi! Non andare giu, rimani sul
seno, scopriresti un usato sicuro, una seconda mano
visto che un altro due ore fa ha issato la sua bandiera
da vincitore nel posto più intimo che una donna può
offrire.
Ecco vorrei ribellarmi, ma una parte di
me lo invita ad andare, almeno a provarci, perché non ho
più le forze e questa notte mi ha stremata, qualcosa in
me si è rotto e lui se ne accorge. Oh Fabio, Fabio…
se tu fossi ancora mio sarebbe un’alba stupenda, saresti
stato quel pittore che colora i miei domani e non ci
sarebbe stata questa notte buia, né Luca e né sua
moglie, né il maniaco o il falso contatto. Non mi sarei
fatta denigrare da Renzo. Non mi sarei fatta violentare
da Christian. Dio mio mi vergogno solo a pensarci. Ora
sta con la moglie, magari insaziabile lo starà facendo
ancora. Che ipocrita. Che schifo!
E tu Fabio non
ti saresti perso le chiavi perché non avresti avuto
bisogno di scuse e Laura non sarebbe a Parigi e non ti
starebbe tradendo… Fabio, l’ho capito sai? Ma perché non
me lo hai detto? Te l’ho chiesto ed avevi la risposta
pronta, perché non ammetterlo? “Sì Laura mi tradisce ed
io mi faccio la ragazzina!” Ah già dimenticavo sei un
uomo… Vedi non ci sarebbe stato tutto questo, o forse
sì. Ti ho dato mille opportunità, ho taciuto pur
sapendo, sperando che quella storia avesse una fine e ti
avrei accolto di nuovo. Volevo solo salvaguardare la mia
dignità… Ma non è successo, come ora non sta succedendo
niente. Sei distante Fabio, sei solo un fantasma, forse
non ci sei, forse sono sola o forse sono solo ragioni di
una donna che ha perso, solo un pretesto per accettare
questa mano…
Lui non ascolta perché io non parlo.
Lui insiste, lo sento, ma non ci sono ragioni nella sua
mano, non c’è logica per andare d’accordo, solo la
voglia di sentire che cedo, solo una donna che
s’abbandona lentamente, ed io cedo, cedo senza rimorso,
cedo come prima nella camera da letto, come se in me ci
fosse un motivo più grande, del tradimento, della sua
compagna e della sua nuova amante.
Tanto lo so
Fabio che se ora ti cacciassi di casa non andresti a
dormire, lo so che la chiave è una scusa e di sicuro ti
accontenteresti di un’altra. Vabbè è una ragazzina, ma
con la bocca ci sa fare, dillo Fabio, a me puoi dire
tutto, ti ho fatto da madre e non posso condannarti.
Andresti da lei vero? Del resto come Christian, del
resto come qualsiasi altro uomo. Lo so. Busseresti
disperato già pieno di voglia e le diresti tesoro ed
amore solo per bisogno. Sono meccanismi che conosco,
Fabio. Le diresti che è l’unica al mondo e lei si
commuoverebbe offrendoti la bocca. Oppure no,
sicuramente vive con i genitori e bussare a quest’ora
sarebbe troppo. Allora andresti per i viali alberati,
rallenteresti con la macchina, scruteresti tra gli
avanzi del mondo, ma non sceglieresti la più bella, ma
quella con le labbra più grandi. Conosco i tuoi vizi
Fabio! Se ti cacciassi certo, ma non lo faccio, sono
confusa, e poi cosa avrei risolto?
Lui non
smette, eccolo lo sento, mi preme, sul fianco sento la
sua erezione, tra le mie gambe la mano che esperta si
muove e precisa conosce il mio ritmo lento. Fabio, non
puoi accontentarti di una ragazzina! Ha la freschezza di
un fiore certo! Ma dopo colto appassirebbe
immediatamente come un fiore reciso… Lui intercetta
il pensiero e non attende un secondo, sento la sua mano
che preme sulla mia testa, ma non sta accarezzando i
capelli o coccolando i pensieri che vanno da soli, lui
mi sta solo accompagnando dove batte più forte la sua
voglia impellente. Eccolo il maschio, ecco di nuovo un
vincitore! E’ il terzo stasera… ed io mi lascio
trasportare.
Ancora qualche secondo e la mia
testa scende, lentamente scivola senza strappi ed
intoppi, e mentre scende lo vedo maschio e forte che
spunta tra la stoffa e la lampo. Ancora qualche secondo
e non mi faccio pregare, lo afferro e m’aggrappo, come
fosse un sostegno, la base e l’appoggio che cercavo da
tempo, la sicurezza perduta in questi due anni. Un
albero, un fusto, un campanile gotico… Lo sento, sì che
lo sento, è pieno di desiderio, solido e saldo come un
rimpianto, sferzante e crudele come una colpa. Ancora
qualche secondo, lui preme ma io ancora resisto, mi
sento confusa, ma gonfia di orgoglio, chissà se la
ragazzina potrebbe fare di meglio.
Ancora qualche
secondo, ma una luce si accende, è viola, rossa e
violenta mi acceca. Poi un tuono, un fulmine che a rami
si spacca, vedo riflesso il livore, la sofferenza
passata. Vedo la faccia di Christian ed io qui con il
seno nudo e nella stessa posizione. Oddio ma che sta
facendo? Non so quanti sessi prenda ogni sera una
puttana, ma di sicuro io stanotte mi ci sento. Sono una
zoccola Fabio! Che cavolo ci fai qui? Che cavolo ci
faccio io! Oddio ma che sto facendo? Ma come è possibile
che io sia qui con lui? Ma come è possibile che stia
facendo un’altra volta l’amore nel giro di qualche ora?
E poi questa bocca sul seno… questa mano… il suo piacere
che tende. Dio che pazza!
Uno sprazzo di
lucidità. Mi divincolo in un lampo. Scatto in piedi come
una molla. Trattengo il respiro, mi gonfio tutta e poi
esplodo! Ma questa volta di rabbia! Caccio un urlo
disumano, tintinnano le tazzine del servizio buono, i
calici del nostro prosecco dopo l’amore! “Fabioooooo,
alzati immediatamente ed esci!” Visto l’impeto e la
collera, non c’è bisogno di ripetersi.
Silenzio.
Lui si riallaccia velocemente i pantaloni. Prende la
chiave e senza il minimo rumore va verso la porta.
Quell’urlo mi ha tolto le ultime energie, crollo sul
divano. Sento la porta chiudersi, finalmente sono sola,
di nuovo sola. Che tristezza tutto questo! Che tristezza
mio marito, gli uomini tutti! Per loro il sesso è una
cosa a parte, indipendente da tutto il resto. Vive di
luce propria, non ha un passato, un futuro. Che
squallido!
Dio mio, mi alzo, mi trascino, non
riesco a stare in piedi. Mi metto seduta sul bordo della
sedia in cucina. Fisso le piastrelle gialle e blu del
pavimento. Mi prendo la testa tra le mani. Leggermente
mi massaggio le tempie. Sento lievitare da ogni parte
del mio corpo punte violente di stanchezza mentale. Ma
non è sonno genuino. E’ ansia. Sono esausta. Cerco di
reagire, non posso abbattermi così.
Mi alzo.
Un’altra moca sul gas. Questa luce arancione mi fa le
mani rugose e piene di vene bluastre. Che tristezza! Sto
invecchiando e non me ne accorgo. Forse sono già vecchia
dentro e non me ne sono accorta. Di fuori l’alba non
accenna ad aprirsi ed io ho perso ogni energia, ma non
ho più sonno. Guardo tra il vapore dalla moca la mia
infinita tristezza di essere sola e la mia saggezza di
non volere più nessuno.
Squilla di nuovo il
telefono, rimango seduta. “Sarà un contatto!”
Sicuramente è un contatto. Mi convinco mentre metto
quattro cucchiaini di zucchero nella tazzina. Sorrido,
amara sorrido, pensando alla dieta. Tanto a che serve?
Domani troverò il tempo di andare in palestra.
Domani, sì domani, intanto il telefono continua a
squillare… Non rispondo! A che servirebbe?
Chiunque sia che importanza potrebbe avere ora? Fabio,
Luca, Christian, Renzo, il signore del terzo piano,
l’impiegato di banca o semplicemente uno stupido e
innocuo maniaco?
Eh già, chi telefona a
quest’ora, può essere solo un uomo che chiede o ti fa
chiedere aiuto.
|
FINE
Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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