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Adamo Bencivenga
Via Appia
Sarà che cammino su questo
viale di pini, in fretta per quanto possa andare sui
tacchi, incontro ad una luce che ancora non vedo e mi fa
sentire smarrita ed ancora più sola, come se al mondo
tutte le donne a quest’ora, avessero il calore ed il
giusto compenso, ed io l’unica in strada in cerca
d’amore, per questo cammino, per questo mi sbrigo, verso
un’insegna che è la mia meta, in un parcheggio
all’aperto di un supermercato notturno.
Chissà se
mi aspetta impaziente che fuma, oppure è in ritardo per
vedermi per prima, perché non m’ha mai vista e io
nemmeno, ed ora non ricordo nemmeno se è alto, se m’ha
detto che è moro o ha perso i capelli. È la prima volta
che accetto un invito, da uno sconosciuto che ho sentito
per giorni, e solo stasera mi sono decisa, ad
interrompere un sogno di una voce che calda, mi parlava
d’amore senza guardarmi negli occhi, m’addormentava
serena ogni sera nel letto, accompagnando le voglie per
filo e per segno, alle forme del seno, alle gambe più
belle.
Per questo cammino, per questo m’affretto,
ma mi sento ridicola a pensarlo già bello, che cortese
mi dice che gli sembro un incanto, uguale e perfetta
all’idea d’amante, che un uomo modella quando scende la
notte, e la inventa castana se bionda è un po’ troppo,
l’ovale del viso, i capelli a caschetto, magari un
cappello per covarci le voglie, magari un rossetto per
pensare al mattino, che ha fatto l’amore con una signora
di classe.
Per questo cammino, per questo
m’affretto, per questo non scorgo ancora le luci, ed ho
lasciato la macchina troppo lontano, perché non voglio
che veda la targa e possa rintracciarmi se in caso non
sbocci, l’amore o qualcosa che ci si aspetta di sera,
dopo una cena e la candela finita, tante parole che non
dicono niente, e gli occhi si guardano per domandarsi se
è ora, l’ora più giusta perché quegli sguardi, diventino
baci e poi saliva e capelli.
Guardo per terra ed
evito i sassi, i rami ed i vetri per non strusciare le
scarpe, che mi costano un occhio ma mi fanno
ancheggiare, mi fanno sentire una donna fatale,
all’altezza del gioco che stasera m’aspetto. Sarebbe un
peccato se addirittura cadessi, pensando al vestito che
è la prima volta che metto, di seta cinese scollato quel
tanto, che un uomo qualunque non farebbe fatica, a
pensare che vado ad un appuntamento galante, che sto
andando da un uomo che mi fissi e m’ammiri, dove senza
imbarazzo ho voglia che guardi, che s’affoghi e si perda
mentre mi versa da bere, sul suo divano di pelle, nella
sua casa del mare, che è qui a due passi almeno mi ha
detto, dove il sole s’immerge e rimane il bagliore, come
se il giorno non diventasse mai notte e l’alba domani
un’attesa che freme.
Oddio che voglia di sentirmi
rapita, d’essere creta per due mani leggere, d’essere
paglia per due occhi di fuoco, che sussurrano amore
perché non serve la voce, quando l’anima calda le attira
e le vuole, nel punto che ora lascio che il vento, si
convinca sorpreso che non porto mutande, che mai le
porto quando in fondo alla notte, c’è un’insegna di luce
ed un uomo che aspetta. Ma stasera davvero sarà una
notte diversa, da tutte le altre quando sola nel letto,
cerco sudata la parte più fredda, per rabbonirmi le
voglie che vengono in sogno e mi fanno sentire preda e
saccheggio, di mandrie in attesa che aspettano il turno.
Stasera davvero sarò l’ombra di un uomo, che ora
sotto un lampione s’allunga e s’accorcia, senza spessore
perché non abbia più posto, per contenere il cuore o
l’anima tutta, per non avere i sensi che mi fanno
gioire, né la coscienza che mi fa male davvero. Nel
sogno succede che sono pelle e poi sesso, col viso
sfibrato senza occhi né forma, perché non serve
all’amore uno sguardo profondo, e mai nessuno m’ha
chiesto di vederci un tramonto, né aghi di pino che
cadono a grumi, né arance succose quando viene
l’inverno.
Le macchine sfrecciano e fanno paura,
mi tengo la gonna sollevata dal vento, non sia mai che
qualcuno potesse pensare, che una donna a quest’ora che
cammina sull’Appia, non è altro che un sogno a portata
di tasca, due gambe gemelle a portata di mano, un seno
ammiccante a portata di bocca. Se fosse poi vero
comunque che cambia, sto andando da un uomo che neanche
conosco e non so se è pelato o ha gli occhi di ghiaccio,
se ha un cuore che batte ogni tanto più forte, semmai
abbia preso a volte il coraggio, di dire ad una donna
che l’ama davvero, di passarci una sera come spero
stanotte, perché il giorno non sia sempre uguale domani,
svegliandomi sfatta sotto un altro soffitto.
Per
questo cammino e non vedo la fine, il chiarore gassoso
alla fine di un tunnel, nell’attesa che sale ad ogni
passo che affretto, ad ogni respiro che gonfia il mio
petto, che è bello abbondante e stasera davvero, lo
mostro e lo offro quando seduta l’aspetto, che mi serve
da bere e mi dica mia cara, e mi chieda discreto se un
po’ l’ho rifatto, perché non cala e sta dritto e strappa
l’ardore a chiunque stasera ringrazi la sorte, di
stargli vicino o addirittura lo tocchi. Chiunque
stasera… rallenti e ci pensi…
E se non fosse lui,
ma un altro? Se ha chiesto a un suo amico di fargli un
favore, d’incontrare una donna e di farci l’amore?
Perché magari è sposato oppure impotente, oppure stasera
ha avuto altro da fare… Del resto lui o un altro che
cambia stasera? Per me cambierebbe soltanto la voce,
quella che m’accompagna di notte e poi sale, sale e
s’insinua senza rendersi conto, che sono i miei sogni e
non c’è niente di vero, e magari al parcheggio non trovo
nessuno, neanche un commesso che fa il turno di notte,
neanche un suo amico o una guardia notturna, neanche una
squillo per avvertirmi che tarda.
Ma poi se ci
penso non cambierebbe poi molto, perché quello che
voglio è quest’attesa che dentro, mi dà ansia e mistero
e nutre il mio cuore, mi fiacca le gambe che ora più
lente, lasciano al dubbio se è lui o un suo amico, se ha
i capelli castani o li ha persi da tempo. Per questo mi
fermo, per questo ci penso, mentre guardo l’insegna e
l’Appia è deserta e nel parcheggio c’è un’ombra che
freme e che fuma, ma è troppo distante e non distinguo
la faccia.
L’ansia mi prende e gli volto le
spalle, lasciando ad un sogno la strada che resta,
perché quello che cerco è la sensazione che provo,
quello che sento è linfa che scorre, e stasera davvero
ho incontrato l’amore, che è dentro me stessa e non può
essere altrove.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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