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UN FATTO DI CRONACA SCONCERTANTE
Il Delitto di via Poma
Un assassino ancora in
libertà
Roma, 7 Agosto 1990. Quel giorno in una
elegante palazzina al civico 2, sede degli uffici
dell'Associazione Italiana Alberghi della Gioventù viene trovata
morta Simonetta Cesaroni
Adamo cosa è successo in via Poma il 7
agosto 1990? Quel giorno, un martedì, nello stabile
al civico 2 trovò la morte una ragazza ventenne, la
povera Simonetta Cesaroni.
Un fatto di cronaca
sconcertante ancora irrisolto… Purtroppo l’assassino
è ancora in libertà nonostante furono fatte svariate
indagini e ipotizzate varie piste investigative. Nel
corso degli anni furono accusate di omicidio tre
persone, il portiere dello stabile, il nipote di un
architetto che viveva nel palazzo e il fidanzato della
stessa Simonetta.
Secondo te come mai non c’è
ancora un colpevole? Ci sono state difficoltà
oggettive ed errori gravi. Non si è mai avuta certezza
del movente, dell'arma del delitto, dei presenti nel
comprensorio di via Poma quel giorno e neppure dell'ora
della morte della vittima. Non si è mai saputo se si
trattasse di un delitto passionale, attuato da qualcuno
che Simonetta conosceva bene, oppure di un delitto
casuale, attuato per ragioni istintive da qualcuno che
la vittima non conosceva.
Chi era Simonetta?
Una ragazza romana di 21 anni. Viveva nel quartiere di
Don Bosco. Era fidanzata da due anni con un ragazzo di
tre anni più grande di lei. Da poco più di un mese
lavorava in quello stabile come segretaria contabile
presso la A.I.A.G. Associazione Italiana Alberghi della
Gioventù dalle 16.00 alle 19.30 nei pomeriggi di martedì
e giovedì.
La famiglia? La famiglia era di
origini umili, il padre Claudio lavorava presso
l’A.co.tra.l, azienda tranviaria di Roma. La madre Anna
faceva la casalinga. Aveva un'unica sorella di sei anni
più grande. Caso curioso: nessuno dei più stretti
congiunti di Simonetta era a conoscenza dell’ubicazione
degli uffici dell'A.I.A.G.
Perché? Simonetta
era un tipo molto taciturno e riservato e non parlava ai
suoi familiari neppure delle telefonate anonime
provocatorie che riceveva.
Il luogo del delitto?
L'edificio è uno stabile di prestigio costruito negli
anni trenta, con un cortile che ha nel centro una
fontana. È formato da sei palazzine con i portoni ai
lati del cortile e si trova nella zona elegante del
quartiere Della Vittoria, a pochi passi da piazza
Mazzini. Gli uffici dell'A.I.A.G. si trovavano nella
scala B, al terzo piano, nell'appartamento numero 7.
Nella stessa scala abitava l’architetto ormai anziano e
bisognoso di assistenza: ad occuparsi di lui era lo
stesso portiere dello stabile.
Alcuni anni prima
nel ’84 nello stesso stabile era accaduto un altro fatto
inquietante… Era stata già trovata morta un’anziana
donna benestante, soffocata con un cuscino sul viso, nel
cui appartamento non era mai stato trovato alcun segno
di scasso; l’inchiesta seguita al suo omicidio non
riuscì mai ad accertare chi l'avesse uccisa.
E’
stato ricostruito l’ultimo giorno di vita di Simonetta?
La mattina di martedì 7 agosto verso le 15.00 Simonetta
esce dalla sua abitazione insieme a sua sorella a bordo
di una Fiat 126 per recarsi alla fermata metropolitana
Subaugusta, distante poco più di un chilometro. La
metropolitana di Roma impiega circa quaranta minuti nel
tragitto che compie Simonetta, ovvero tra la fermata
Subaugusta e Lepanto. Calcolati i tempi del tragitto a
piedi fino a Via Poma gli inquirenti sono arrivati a
stabilire che Simonetta è entrata in ufficio alle 16.00
Quindi? L’ufficio quel giorno è chiuso al
pubblico… Lei entra usando un mazzo di chiavi a suo
disposizione. Nell’ufficio non c’è nessuno e Simonetta è
sola. Alle 17.20 sappiamo che è ancora viva, le viene
fatta una telefonata riguardo informazioni sul lavoro.
Sappiamo inoltre che alle 18.20 avrebbe dovuto avere un
impegno telefonico, ma Simonetta non farà mai quella
telefonata.
Quindi l’ora del delitto è tra le
17.20 e le 18.20? E già. I familiari l'attendono a
casa per le 20:00. Passata mezz’ora si preoccupano e
cominciano le ricerche. Sua sorella contatta il titolare
dell’azienda ed insieme a lui si reca in via Poma. Qui,
alle 23.30 trovano Simonetta distesa sul pavimento,
supina con le gambe divaricate e le braccia aperte, in
posizione scomposta, la testa inclinata verso destra.
Sul petto porta vistosi segni delle coltellate intrise
di sangue.
Qualcuno era entrato… Tutti i
portieri degli stabili che si riuniscono ogni giorno in
cortile sono concordi nel riferire che non hanno visto
entrare nessuno dall’ingresso principale in
quell’orario. Quindi gli inquirenti pensano ad una
persona interna al palazzo oppure esterna ma entrata
prima delle 16.
Quindi qualcuno la stava
aspettando? E’ una ipotesi. Secondo le ricostruzioni
degli inquirenti, c’è con ogni probabilità un uomo
nell’ufficio. Simonetta si spaventa visto che gli
sfugge, dalla stanza a destra dove lavora, fino a quella
opposta a sinistra, dove verrà ritrovata.
Poi
cosa accade? Qui viene immobilizzata a terra,
qualcuno è in ginocchio sopra di lei e le preme i
fianchi con le ginocchia con tanta forza che le lascerà
degli ematomi. La colpisce con un oggetto, oppure le
sbatte la testa violentemente a terra, ad ogni modo per
via di questo trauma cranico Simonetta sviene. A questo
punto l’assassino prende un tagliacarte e inizia a
pugnalarla a ripetizione. Saranno 29 alla fine i colpi
inferti, di circa 11 centimetri ciascuno di profondità.
Sei sono i colpi inferti al viso, all’altezza del
sopracciglio destro, nell’occhio. Otto lungo tutto il
corpo, sul seno e sul ventre. Quattordici dal basso
ventre al pube, ai lati dei genitali, sopra e sotto. Su
uno dei capezzoli c’è una ferita che sembra un morso.
Simonetta viene trovata nuda? Sì. Porta indosso
il reggiseno allacciato, ma calato verso il basso, con i
seni scoperti. Non si troveranno più i pantaloni, la
giacca e gli slip. Le scarpe da ginnastica sono riposte
ordinatamente vicino alla porta.
Altri indizi?
Nella porta d’ingresso della stanza del delitto viene
ritrovato del sangue sulla maniglia. Il sangue
analizzato dirà che appartiene ad un uomo con sangue di
gruppo A. Nelle altre stanze non vi sono tracce di
colluttazione, tutto è ordinato e non c’è alcun segno
che possa far pensare che il corpo sia stato trascinato.
Sempre nella stanza di Simonetta, viene rinvenuto anche
un appunto, su un pezzo di carta. C’è scritto "DEAD OK"
con disegnato un pupazzetto a forma di margherita.
L’autopsia? Dall’analisi della ferite si è
evidenziato che Simonetta è stata colpita da un’arma da
punta e taglio, con lama bitagliente. I lati della lama
sono bombati, curvi, non affilati, la penetrazione è
avvenuta per la pressione inflitta e per la punta
aguzza. Quindi un tagliacarte. Le mani sono pulite, le
unghie sono lunghe, curate e intatte, niente segni di
graffi dati. Non sono trovati alcol né stupefacenti nel
corpo.
Ci sono tracce di violenza sessuale?
L’assassino presumibilmente avrebbe tentato di
violentare la vittima, ma all’atto non è riuscito ad
avere un'erezione e in questo status di frustrazione ha
sfogato con colpi violenti la sua ira. Resosi conto
dell’accaduto, ha tentato di pulire tutto, riordinare
l’ufficio e far sparire il corpo. Qualcosa o qualcuno lo
hanno interrotto.
Dove si dirigono le indagini?
La mattina dell’8 agosto 1990 la polizia sveglia tutti
gli occupanti dello stabile di via Poma 2. Vengono
interrogati i portieri, il caso punta verso una
soluzione semplice. I quattro portieri sostengono di
essere rimasti attorno alla vasca del cortile per tutto
il pomeriggio, dalle 16.00 alle 20.00. Stando a ciò che
dicono, l'assassino non può essere entrato nella scala B
senza essere stato visto. I poliziotti setacciano
l’intero palazzo alla ricerca degli indumenti che
mancano a Simonetta, ma non trovano niente.
Quindi i quattro portieri si scagionano a vicenda?
Dalle voci raccolte dalla polizia il portiere della
scala B non era con tutti gli altri portieri giù nel
cortile nell’orario che va dalle 17.30 alle 18.30, cioè
l’orario in cui Simonetta è stata uccisa. Viene
rinvenuto nella sua casa uno scontrino sospetto: ha
comprato dal ferramenta, alle 17.25 un frullino. È
testimoniato che alle 22.30 il portiere si è diretto a
casa dell’anziano architetto.
Ci sono altre
persone sospettate? No, nella scala B quel pomeriggio
del 7 agosto 1990 ci sono solo due persone: l’architetto
anziano e Simonetta. Nessun estraneo è stato visto
entrare. Per cui viene sospettato il portiere
cinquantottenne. In un paio di suoi calzoni vengono
trovate macchie di sangue. Visto che si è assentato
proprio dalle 17.30 alle 18.30, orario dell'omicidio gli
inquirenti credono sia questa la soluzione del caso. Il
portiere passa 26 giorni in carcere
Perché viene
scarcerato? Ad un esame approfondito, le tracce di
sangue sui pantaloni risultano essere del portiere
stesso, che soffre di emorroidi e quelle sulla maniglia
della porta dell’ufficio non sono del portiere. Quindi
nessuna prova. Rimane comunque indagato: gli inquirenti
sospettano che lui fosse a conoscenza del vero
colpevole.
Immagino la campagna mediatica nei
suoi confronti… Alla fine non ha retto. A 20 anni di
distanza dal delitto, il 9 marzo 2010 è stato trovato
morto in mare: si è legato ad un albero per una caviglia
e si è gettato in acqua. Ha lasciato una scritta su un
cartello: "20 anni di sofferenze e di sospetti ti
portano al suicidio".
Archiviato il portiere la
polizia brancola nel buio… Direi proprio di sì finché
a marzo del ’92 spunta un austriaco, un tipo molto
ambiguo, il quale afferma di sapere chi ha ucciso
Simonetta.
Bene e chi sarebbe? La circostanza
è molto particolare, racconta infatti alla polizia che
qualche mese prima del delitto, durante una telefonata
con un amico in una cabina telefonica, per un guasto
viene messo accidentalmente in contatto con una donna
anch’essa al telefono. Chiarito l’incidente, tra i due
nasce un'amicizia e iniziano a frequentarsi. Dopo
qualche giorno la donna gli confessa di essere
divorziata e di avere un figlio di nome affetto da
disturbi psicologici per via della separazione dei
genitori.
E cosa c’entra con il delitto? Il 7
agosto 1990, giorno in cui viene uccisa Simonetta, alle
16.30 mentre parlano al telefono lei mostra forti
preoccupazioni per il figlio, che è andato a fare visita
al nonno architetto in via Poma, ma non torna. Sempre in
quel palazzo, il padre del ragazzo ed ex marito della
signora, ha uno studio di avvocato.
Immagino che
il nonno sia lo stesso architetto anziano della scala B
del quale mi parlavi prima… Esatto. La sera dello
stesso giorno l’austriaco e la signora si parlano
nuovamente, lei è sconvolta perché suo figlio è tornato
a casa sporco di sangue e ha un taglio alla mano. Alcuni
giorni dopo la donna decide di interrompere le
conversazioni con l’austriaco.
Mhhh gatta ci
cova… Dopo due anni di vuoto nelle indagini una bella
boccata d’aria fresca per la polizia… Gli inquirenti
indagano sul giovane. Spunta subito il movente:
l’ipotesi lo vuole accecato dalla rabbia per la
relazione che suo padre avrebbe con la giovane
Simonetta. Ma lui si proclama estraneo ai fatti ed in
effetti il test del DNA lo scagiona, non è suo il sangue
sulla maniglia. La madre intanto smentisce pubblicamente
l’austriaco. Asserisce di conoscerlo, conferma le
circostanze, ma di non essersi mai confidata con lui.
L’ex marito afferma di non aver mai conosciuto Simonetta
ed esclude così una qualsiasi relazione con lei.
Immagino che gli inquirenti non si arrendano…
Assolutamente no, scoprono alcune testimonianze false,
pressioni della madre del ragazzo per fornire un alibi
falso al figlio, ma le prove risultano insufficienti e
il giovane è prosciolto da ogni accusa nel giugno del
1993. L’austriaco si scoprirà essere un truffatore di
professione che ha contatti con l'alta finanza,
diventato poi informatore della polizia di Roma in
cambio di piccoli favori. Le informazioni che ha venduto
su via Poma, però, si rivelano false.
Quindi si
riparte dal via! Cambiano i magistrati e cambiano
anche gli strumenti di rilevazione. Con i nuovi mezzi
più sofisticati si cercano nuovi indizi. A febbraio
2005, all’incirca 15 anni dopo, viene prelevato il DNA a
30 persone incluse in una lista di sospettati per il
delitto. Tra loro anche il fidanzato di Simonetta ai
tempi del delitto. I DNA vengono messi a confronto con
la traccia biologica prelevata dal reggiseno di
Simonetta. 29 soggetti vengono scartati alla prova del
DNA. Le tracce corrispondono solo al DNA del fidanzato
il quale viene iscritto nel registro con l’ipotesi di
reato di omicidio volontario, divenendo formalmente un
indagato.
Essendo il fidanzato mi sembra naturale
che il reggiseno di Simonetta possa contenere tracce
della sua saliva. La sorella aveva dichiarato che
Simonetta aveva indossato indumenti intimi puliti il
giorno in cui fu uccisa. Successivamente con un’analisi
più approfondita viene isolato il DNA del fidanzato
anche sulle tracce di sangue rinvenute sulla maniglia
della porta. Tra le altre cose un testimone smentisce
l’alibi del fidanzato, nell'aprile 2009 la nuova
indagine si conclude con il rinvio a giudizio del
fidanzato per omicidio volontario aggravato dalla
crudeltà. Il 26 gennaio 2011, al termine del processo di
primo grado il giovane viene riconosciuto colpevole
dell'omicidio di Simonetta e condannato a 24 anni di
reclusione. Ma al processo di secondo grado viene
assolto dall'accusa per non aver commesso il fatto.
E le tracce di DNA sul reggiseno? Vengono
ritenute circostanziali e compatibili con residui che
avrebbero potuto resistere a un lavaggio blando della
biancheria. La madre di Simonetta dichiarò che era
solita lavare a mano con sapone da bucato.
Nel
2014 viene definitivamente assolto dalla Cassazione…
In quell’occasione dichiarò: «Sette anni della mia vita
sono stati distrutti. Posso capire cosa prova la
famiglia, che dopo 24 anni non c'è un colpevole. Ma
tutti dovrebbero comprendere anche il mio dramma. Adesso
voglio essere lasciato in pace».
Conclusioni?
Simonetta è vittima non solo del mostro ma anche degli
errori macroscopici, delle inadeguatezze degli
investigatori e della grossolanità con la quale sono
state condotte le indagini… e anche dalla fortuna stessa
dell’assassino. Se il delitto fosse stato commesso in
questi giorni, con le tracce telefoniche e l’attuale
metodica di analisi della scena del crimine, l'assassino
non avrebbe avuto scampo.
Ma allora chi ha ucciso
Simonetta? Benedetto ragazzo, cosa vuoi che ti dica?
Ti faccio rispondere da un noto criminologo che ha
seguito tutto il processo: Carmelo Lavorino. “Di certo
era un soggetto mancino, un territoriale, da ricercare
fra il portierato e l'ufficio dove lavorava Simonetta
come segretaria. Lei lo conosceva. Lui ha ucciso colto
da un impeto di rabbia distruttiva. Cominciato con lo
schiaffo e culminato con le 29 coltellate che hanno
colpito, in maniera istintiva quattro zone simboliche
del corpo della vittima: il petto che corrisponde alla
vita; gli occhi e il volto, per profanare la bellezza
femminile; il ventre e l’inguine che punisce la
maternità e la sessualità della giovane...
Non si
è trattato di un delitto premeditato ma scattato da un
impulso dovuto probabilmente a un rifiuto di tipo
sessuale. Lo dimostra l’arma del delitto, un
tagliacarte. Simonetta è stata uccisa prima delle
16,50 e non dopo le 18,30. Rimane ancora in piedi
l’ipotesi di un complice… Dopo averla massacrata di
coltellate qualcuno ha cancellato le tracce e messo a
posto la scena del crimine. Simonetta è stata ritrovata
nuda lasciata in una posizione offensiva, sguaiata: un
segno di disprezzo tipico del rifiutato, il soggetto che
ha commesso l’omicidio. Ma il corpo aveva gli occhi
chiusi e il corpetto di pizzo era stato poggiato e
disposto sul ventre: un atto di pietas, di negazione
psichica, di accomodamento. Non può averlo fatto
l’assassino, ma qualcun altro, qualcuno che lui chiamò
forse con quel telefono e a cui chiese aiuto.”
Simonetta riposa nel piccolo cimitero comunale di
Genzano di Roma.
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INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:
https://it.wikipedia.org/wiki/Delitto_di_via_Carlo_Poma
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Lavorino-Via-Poma-Simonetta-Cesaroni-assassino-fortunato-complice-a1093a01-a88a-4028-9626-5fd4f98f07dc.html
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