|
|
|
HOME
CERCA NEL SITO
CONTATTI
COOKIE POLICY
INTERVISTE IMPOSSIBILI
Adele
Bloch-Bauer
La musa di Gustav Klimt
Adele fu la donna d’oggi in un mondo di ieri
Dalla
Mitteleuropa a Manhattan, dalla Belle Epoque al
terzo millennio: inseguito per anni da una
donna attraverso due guerre e gli abissi del
nazismo. È il viaggio di un quadro. Olio su
tela, argento e oro, datato 1907. Il titolo
è «Adele Bloch-Bauer I», capolavoro di Gustav
Klimt, oggi è custodito nel cuore degli
Stati Uniti: la «Neue Galerie» il museo
d’arte tedesca sulla quinta strada. Ma chi
era la modella?
(1881-1925)
Madame lei è passata alla storia come la musa di Gustav
Klimt lei come si definirebbe?
Senza ombra di dubbio
Woman in Gold
Dicono che non fu solo musa… anzi
la descrivono come la femme fatale che fece perdere la testa a
Klimt.
Direi amica, amante e mecenate, ma
soprattutto musa visto che sono stata la protagonista dei suoi
quadri più famosi, da Giuditta alla Goldene Adele, ad Adele
Bloch-Bauer II.
Le sue origini?
Appartenevo ad una famiglia ebraica molto benestante. Mio padre
Moritz Bauer era direttore Banca di Vienna e presidente delle
Ferrovie orientali. Mio fratello Eugen era direttore generale
della Associazione azionaria delle miniere della Boemia
occidentale.
E lei?
Crebbi in questa
famiglia benestante molto agiata e famosa all’epoca. Ebbi modo
di studiare, cosa insolita per una donna del tempo! Avevo
particolari interessi nell'ambito delle letterature straniere
(conoscevo perfettamente l'inglese e il francese) e una spiccata
predilezione per l'arte.
Ancora più ricca dopo
il matrimonio…
E già… Il mio matrimonio con il
figlio del barone Bloch, uno dei più importanti produttori di
zucchero del mondo, consacrò la mia posizione sociale. Vivevo a
Vienna in una sfarzosa casa di Elisabethstrasse, luogo di
ritrovo per intellettuali, scrittori, compositori e artisti. Ero
l’anima di un salotto nel quale fra gli ospiti capitava di
incontrare Gustav Mahler e Richard Strauss ed io fui molto di
più che una semplice padrona di casa che accoglieva e metteva a
proprio agio ogni illustre personalità.
E’ la
Vienna a cavallo dei due secoli…
La Vienna dove
convivevano Freud, Wittgenstein, Musil e ovviamente Gustav
Klimt.
Come conobbe Gustav Klimt?
L’incontro con Gustav avvenne in uno di questi ricevimenti, dove
si respirava una ventata di novità culturale che non sempre i
salotti viennesi di fine Ottocento avevano voglia di accettare.
A quanto pare il suo merito fu quello di anticipare
i tempi…
Esatto, mi resi conto che i tempi erano
abbastanza maturi perché una parte della società viennese
recepisse quelle novità culturali che stavano cambiando
l’Europa.
Rischiando di essere una donna
incompresa…
Vero, mia nipote mi definiva addirittura
una donna infelice. Del resto avrei voluto frequentare
l’università inaccessibile alle donne del tempo. Ero una
idealista atea, ma dalle idee molto chiare. Soffrivo il ruolo
dato alle donne senza diritto di voto in quella società.
Infelice?
Ero molto critica verso me stessa,
una donna di oggi in un mondo di ieri. Fumavo, ero sempre
sofferente di emicrania ma allo stesso tempo ero continuamente
alla ricerca di emozioni e sollecitazioni intellettuali.
Torniamo a Klimt?
Klimt si innamorò di
me. Diceva fosse stato catturato dal mio fascino. La consideravo
una cosa singolare visto che la sua vita intima e privata era
costellata da molte bellissime e giovanissime modelle.
Ma solo lei venne rappresentata chiaramente per ben tre
volte...
Comunque fu una simpatia reciproca… Lo
consideravo come l’artefice di quel rinnovamento culturale che a
fatica e molto a rilento veniva recepito nella sorda e
tradizionale capitale asburgica. Con l’appoggio finanziario di
mio marito decisi di sostenerlo incondizionatamente.
Ok, ma visto che lei non era una modella mi sfugge il
motivo per il quale Klimt le chiese di posare…
Non
andò esattamente così. Fu mio marito, Ferdinand Bloch-Bauer, a
commissionare un mio ritratto.
E venne fuori un
capolavoro…
Oh sì, Il Ritratto di Adele Bloch-Bauer
I. In quella tela la figura della donna si staglia su una sorta
di prato dorato e finemente cesellato di tasselli colorati. Una
fitta decorazione a foglia d’oro avvolge e ricopre tutto il suo
corpo. In mezzo a tanta preziosità spicca il volto, che riassume
l'ambiguo contrasto tra erotismo e caducità della vita, comune
ai migliori ritratti di Klimt. Per realizzare l’opera, Klimt
impiegò quasi 3 anni. E quella donna ero io!
Fu
l’occasione di una conoscenza più intima, immagino…
E già… Certamente Gustav aveva le sue abituali modelle, ma a
detta sua io ero diversa, una donna che inseguiva la sua
indipendenza, anche sessuale. Mi chiamava la musa delle muse che
riassumeva in sé tutte le peculiarità che Klimt desiderava in
una donna e quindi in una modella.
Quindi musa,
amante e complice…
Di certo non l’avevo attratto per
la mia bellezza, ma di certo per la mia mente "illuminata",
volitiva e coraggiosa, la cui forza erotica risiedeva
innanzitutto nell’l'intelligenza.
Klimt la
dipinse in seguito in altri quadri…
Oh sì, tra i
quali le due versioni della “Giuditta I”, entrambi del 1901, nei
quali la provocante e bellissima Giuditta, ci fissa dall'alto
con i suoi occhi obliqui appena aperti, le labbra dischiuse e
dal passo biblico tiene in mano la testa del decapitato
Oloferne, diventando l’eroina che libera gli ebrei.
Un’amicizia lunga dodici anni…
Il mondo
culturale di allora girava intorno alla corte dell’imperatore
Francesco Giuseppe d’Asburgo stretto nella maglia di istanze
conservatrici. Ecco, il nostro connubio artistico scardina
questa rete perché guarda al di là del proprio tempo, recependo
tematiche europee, ma non certo austriache.
Che
fine fecero i suoi ritratti?
I miei quadri furono
sempre conservati dalla mia famiglia.
Ovviamente
Adele non può sapere a causa dell’improvvisa morte per meningite
avvenuta nel 1925 che durante la Seconda Guerra Mondiale i
nazisti fecero razzia di molti patrimoni delle famiglie ebree.
Il marito di Adele rimasto vedovo dovette fuggire in Svizzera.
Nel suo testamento del 1945, Bloch-Bauer designò il suo
patrimonio alla nipote Maria Altmann.
Molti quadri di
quell’immenso patrimonio artistico, furono trafugati o
distrutti. Quelli di Klimt però, essendo apprezzati dal
governatore nazista dell’Austria, furono esposti e tenuti a
Vienna. Alla fine della guerra però non furono restituiti agli
eredi Bloch-Bauer, ovvero Maria Altmann, la quale nel frattempo
si era trasferita in California acquisendo la cittadinanza
americana. Per tornare in possesso dei quadri la nipote dovette
citare in giudizio addirittura lo stato austriaco davanti a una
corte della California. Finalmente, nel 2006, al termine di una
lunga battaglia, ottenne la restituzione di cinque Klimt. Tra
questi c’era il famoso Ritratto di Adele Bloch-Bauer I. Come
richiesto da Maria Altman il ritratto venne esposto in mostra
permanente nella Neue Galerie di New York di Lauder (il museo
dell’arte tedesca e austriaca di New York al 1048 della Quinta
Strada). |
|
|
|
|
|