Cosa accade se una donna ha
l'ardire di tenere un diario in cui descrive le proprie
passioni, i sogni più intimi e i desideri sessuali? Questa è la
storia di Isabella Robinson, una madre, moglie e adultera di
mezza età, che visse e amò nell’Inghilterra vittoriana.
Madame la sua vicenda ha ispirato diversi libri…
Immagino quanto abbiano scavato nel mio diario. Comunque tutto
nacque nell’estate del 1858 quando iniziò la causa di divorzio
chiesta da mio marito.
L’accusa madame?
Adulterio.
Siamo in Inghilterra, in piena era
vittoriana.
Fino a quel momento un matrimonio poteva
essere sciolto soltanto da decreto parlamentare, poi fu cambiata
la legge in modo da recidere il vincolo coniugale in maniera più
rapida attraverso un processo. Nel 1858 furono in centinaia a
presentare domanda portando in aula storie di tradimenti e
conflitti, i cui protagonisti erano uomini violenti e,
soprattutto, donne dai facili costumi.
Anche a
lei capitò un fatto analogo.
Esatto, mio marito
ingegnere civile e uomo meschino ed arrogante portò in tribunale
come prova del mio adulterio il mio diario segreto. Tenga conto
che Henry mi aveva sposato, vedova con un figlio, per il mio
denaro senza, tra le altre cose, mettermi a conoscenza di avere
già due figlie avute da un’amante segreta. Ovviamente a mia
insaputa divenni madre delle sue figlie.
Al tempo
per legge, una volta sposata la donna diventava a tutti gli
effetti proprietà del marito…
Esatto, come un mobile
o una casa, ed era privata di ogni diritto politico e civile
anche sui figli, il marito si impossessava della sua dote e a
lui spettava anche l'eventuale denaro da lei guadagnato.
Perché scrisse il diario?
Come tante mogli
era disperata, prigioniera della mia condizione di donna e di un
matrimonio degradato, mi sentivo inutile, non amata e ansiosa
d'amore.
Quindi decise di scrivere un diario
compromettente…
Guardi che per trovare sollievo alla
mia inquietudine, dapprima mi ero rivolta a George Combe, un
pioniere della frenologia in Inghilterra che, analizzando la
forma del mio cranio, mi aveva informata che avevo molto estesa
la zona dell'Amatività, cioè dell'amore sensuale: il che mi
rendeva indifferente alla legge, alla religione e alla morale e
soprattutto non esistevano cure mediche. Solo allora decisi di
scrivere il mio diario.
Il diario assomigliava ai
turbamenti di Emma Bovary di Gustave Flaubert…
Raccontava nei dettagli la mia insoddisfazione nell’aver sposato
un uomo poco istruito, di mentalità ristretta e temperamento
violento, egoista, orgoglioso, che viveva solo per gli affari.
Ero molto diversa da mio marito e in quelle pagine esprimevo il
mio desiderio di poter discutere di letteratura e politica,
scrivere poesie, imparare le lingue e leggere gli ultimi
articoli su temi scientifici e filosofici, ma purtroppo avevo
sposato un uomo di tutt’altro genere.
Ma in
quelle pagine naturalmente c’era un lui…
L’insoddisfazione nei confronti di mio marito mi portò a
fantasticare su un altro uomo, il dottor Edward Lane, genero di
una mia amica e stimato medico idroterapico, di dieci anni più
giovane di me, a sua volta sposato. Edward svolgeva la sua
professione in una elegante clinica privata molto alla moda al
tempo della quale ero paziente.
In quelle pagine
lei descrive nei dettagli i momenti del suo tradimento…
Racconto speranze, delusioni ed anche passeggiate romantiche,
parole sussurrate, baci. E mi lascio andare a pensieri tipo:
“Non avrei mai sperato di vivere questo momento, né che il mio
amore fosse ricambiato, ma è successo.”
Non le
chiedo quanto ci sia di reale…
Guardi che, per i
giudici, a rendere sconvolgente la storia non fu tanto il
desiderio di tradimento, ma il fatto che descrissi in modo
particolareggiato ogni scintilla della mia passione.
Lei davvero in quelle pagine non risparmiò alcun impulso
della sua bramosia…
Mi lasciai andare a descrizioni
minuziose e alle volte erotiche in cui alternavo angoscia ed
euforia, proprie di una donna inquieta e infelice. Ovviamente la
lettura, fuori dal contesto intimo, fu giudicata scandalosa, ma
in realtà fu lo scrivere stesso che mi portò a romanzare la mia
vicenda e con l’aiuto delle mie sensazioni esagerai, abbellii e
resi realistiche le mie fantasie.
Beh con quel
diario, così particolareggiato, ha provocato esclusivamente la
sua rovina…
Le miei intenzioni erano diverse ovvero
descrivere le sensazioni di una donna libera nella mente e nel
cuore, ma fui giudicata malata e povera vittima del demone
isterico.
Anche la stampa non fu tenera nei suoi
confronti…
Mi insultarono dandomi della peccatrice
ed elencarono le varie cure escogitate da celebri luminari per
placare le smanie sessuali femminili. Senza avere la prova
provata del tradimento mi consigliarono: sanguisughe sulla testa
rasata, all'inguine, alle grandi labbra, clisteri freddi,
elettrodi al bacino, oppure rimozione del clitoride.
I suoi avvocati cosa dissero?
Avanzarono la
tesi che in realtà i miei scritti fossero l'abbozzo di un libro
sotto forma di diario, come usava allora.
E la
controparte?
Gli avvocati di Henry non avevano che
quelle pagine per dimostrare la mia colpa; gli avvocati di
Edward Lane, vista la condizione di sposato del loro cliente,
sostenevano ovviamente che mi ero inventata tutto.
Era il 14 Giugno del 1858 vale a dire il primo processo
di divorzio nella storia…
Il diario fu letto e
analizzato in aula. Al tempo la scienza moltiplicava gli studi
sui misteri del corpo e della psicologia delle donne,
immaginandole capaci di ogni perversità soprattutto sessuale.
Molti furono i medici chiamati a testimoniare al processo allo
scopo di chiarire se soffrissi di quei "disturbi uterini",
allora molto diffusi, che potevano fare di una donna una
ninfomane, una pazza, una criminale.
E i medici
cosa dissero?
Ovviamente fu impossibile per i medici
dare dei responsi oggettivi, visto che non c’erano prove del mio
tradimento, per cui i giudici si concentrarono sul diario ed io
ebbi il timore che quelle letture contenessero tutti i
presupposti per una mia condanna.
Fu così?
Clamorosamente i giudici ritennero il diario più un’opera
immorale e licenziosa che la prova di un adulterio, quindi un
diario di una donna prigioniera della sua solitudine. Andarono
avanti per cinque giorni finché non stabilirono che in quelle
pagine c’era soltanto una donna infelice, dal cuore deluso, ma
non vi erano prove della mia pazzia, né tanto meno di una
confessione di colpa.
Fu assolta?
Direi io stessa incredibilmente assolta. Avevo davvero temuto il
peggio. Mio marito, che mi aveva denunciata e aveva messo in
piazza il diario, quindi il mio disprezzo e le mie disillusioni,
uscì da quel processo senza più un soldo e soprattutto umiliato
dal mio diario.