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INTERVISTE IMPOSSIBILI

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Jacqueline Kennedy
UN UNICO GRANDE AMORE
(Southampton, 28 luglio 1929 – New York, 19 maggio 1994)
Parla la First Lady più affascinante della storia: Il grande amore per John, la relazione scandalosa con suo cognato Bob, e poi Marlon Brando, William Holden, Onassis. “Io ho amato solo un uomo nella mia vita ed ho sempre pensato che anche John mi amasse con la stessa intensità.”



 

Madame, le sue origini?
Il mio nome è Jacqueline Lee Bouvier, sono nata in una famiglia dell'alta società newyorkese, come primogenita di John Bouvier e di Janet Norton Lee. Mio padre era un broker di borsa di origine francese, mia madre invece era figlia di un direttore di banca.

La sua infanzia?
I miei divorziarono quando avevo undici anni e mia madre si risposò due anni dopo con l'erede della Standard Oil, Hugh Dudley Auchincloss, Jr. Trascorrevo le mie vacanza estive nella tenuta dei nonni paterni a East Hampton, dove ebbi modo di praticare l'equitazione.

Si mormora che iniziò prima a cavalcare che a camminare…
Divenni un'esperta cavallerizza e vinsi da giovane numerosi trofei e medaglie.

Da giovane la descrivono come una delle ragazze più eleganti del XX secolo…
Frequentavo le migliori scuole private di New York ed a diciotto anni venni eletta “Debuttante dell’anno” a Merrywood.

Quindi era molto bella?
Un cronista di un giornale locale mi descrisse ai suoi lettori in questo modo:
“Una brunetta regale, dai lineamenti classici e dalla carnagione che ricorda la porcellana di Dresda’.

Poi?
Continuai gli studi presso il prestigioso Vassar College, la Sorbona di Parigi e la George Washington University di Washington, dove mi laureai in letteratura francese e nel 1951 trovai un lavoro presso il Washington Times-Herald, inizialmente come fotografa, poi come giornalista. Durante un party conobbi John Kennedy.

E John non si fece scappare l’occasione…
Mi giudicò subito una ragazza giusta per lui e così dopo alcuni mesi mi presentò alla sua famiglia. Il più entusiasta della sua famiglia per la nostra relazione fu suo padre, l’ambasciatore Joseph Kennedy.

E’ vera la storia che si racconta della vostra prima volta?
Oh sì. Eravamo dentro la macchina di John. Quando una pattuglia di controllo illuminò l'abitacolo, io ero nuda e John giocava con il mio seno. Riconoscendolo, l'agente si scusò e disse: «Continui pure, Senatore».

Quando vi sposaste…
Il 12 Settembre del 1953 presso la St. Mary's Roman Catholic Church di Newport, Rhode Island. Il matrimonio fu celebrato dall’arcivescovo di Boston e quattro sacerdoti. Organizzammo un grandissimo ricevimento a cui parteciparono più di duemila invitati.

Come andò il matrimonio?
All’inizio bene, aiutai mio marito a far carriera nella politica e poi come futuro presidente degli Stati Uniti nella sua campagna trionfale verso la Casa Bianca. Nel frattempo nacquero tre figli: Caroline (1957), John (1960) e Patrick, che purtroppo morì due giorni dopo la nascita. Come first lady mi interessai moltissimo di arte.

Passaste i primi anni di matrimonio a Georgetown, District of Columbia.
Fu un periodo caratterizzato da diversi problemi di salute di mio marito, dovuti a traumi vertebrali riportati in guerra, a seguito dei quali dovette sottoporsi a due interventi chirurgici e passare lunghi periodi di convalescenza.

Poi quando si ristabilì si rese conto che suo marito aveva il vizietto delle donne…
Diciamo che fin dall’inizio lo avevo intuito poi davanti all’evidenza tollerai il suo vizietto. Ogni tanto cercavo di affrontare l’argomento, ma parlandogli vedevo che lui non aveva alcun senso di colpa. Del resto ogni volta mi rassicurava: "Jackie ti amo, ti amo profondamente e faccio tutto per te. Non mi pare di comportarmi male, tu sei sempre al primo posto".

Le bastava?
Cosa vuole che le dica? Io lo amavo ed ho sempre pensato che lui mi amasse con la stessa intensità. Ciò che non tolleravo o meglio mi faceva letteralmente imbestialire era l’umiliazione pubblica. Sapevo ad esempio del rapporto intimo che si era istaurato tra lui e le due segretarie e la cosa non mi preoccupava. Quello che non sopportavo era quando lui si portava a letto le mie amiche e le signore del mio ambiente.

E’ vero che suo marito aveva l’esigenza di fare l’amore almeno una volta al giorno.
Senza ombra dubbio lo consideravo un malato del sesso. All’inizio facevo del tutto per restare al suo passo. Credo che in fondo avrebbe voluto essere solo un buon marito e un buon padre, ma continuava a ripetere che se non faceva sesso almeno una volta al giorno gli veniva un gran mal di testa. Quando un amico gli ha chiesto perché avesse così tante amanti, lui rispose: “Non posso farci niente.”

A tale proposito se non sbaglio c’è un episodio gustoso con una stagista…
Ovviamente sono venuta a conoscenza dell’episodio solo dopo la morte di John. Si tratta di Marion Beardsley detta Mimi. Lei confermò in un’intervista che il Presidente non riusciva a resistere… Aggiungendo che a 19 anni gli scrisse per avere un'intervista per il giornale della scuola. Un anno dopo, Mimi fu convocata per far parte dello staff della Casa Bianca come stagista. Quando John la vide durante un cocktail, le disse: “Vuoi fare un tour della residenza, Mimi?” Senza aspettare la risposta la condusse nella camera da letto che divideva con me. La 20enne perse lì la verginità, sul mio letto.

Un incubo per lei…
A un certo punto era diventato più chic non essere andate a letto col presidente, per quanta gente lo aveva fatto. Ogni volta che andavo ad un ricevimento ero certa che almeno metà delle presenti era andata a letto con lui.

Conosceva anche certi sotterfugi di suo marito.
Oh sì sapevo benissimo che quando era presente alla Casa Bianca le amanti di mio marito venivano introdotte dal personale di servizio nel bagagliaio di una macchina o all’interno di un furgone da lavoro per non essere viste da me. Come del resto sapevo di Angie Dickinson che andava su e giù per l'ascensore di servizio del Carlyle Hotel o Marilyn Monroe che aveva un corsia preferenziale. Quello che non riuscivo a capire di tutte queste donne è che sapevano benissimo di essere solo un lecca-lecca da consumare in un giorno stabilito.

Lei però continuava a sperare che JFK si calmasse…
Continuavo a ripetermi: “Non mi importa con quante ragazze va a letto. L'importante è che lui sappia che è sbagliato, e se lo capirà smetterà di tradirmi.”

Ma non fece in tempo a capire…
No, il 22 Novembre del 1963 a Dallas, nel Texas, John fu ucciso in un attentato, io ero seduta accanto a mio marito nella macchina presidenziale. Lo portarono al Parkland Hospital, caddi in ginocchio e pregai mentre i medici eseguivano un massaggio al torace nel tentativo di rianimarlo. Ma non c’era più nulla da fare. John era morto.

Cosa fece?
Ero disperata, baciai le dita di mio marito, la pancia, le labbra tentai di stringere la sua testa tra le mani per tenere insieme quello che rimaneva del cranio. Poi tolsi l’anello di nozze con il sangue incrostato e cercai di metterlo al mignolo, ma era troppo largo.

Posso capire a questo punto il legame con suo cognato, chi era Robert Kennedy?
Vissi per mesi nell’insicurezza e nella sofferenza che cercai di abbattere con alcol e sesso in un turbinio di feste e notti newyorkesi, nei locali più in voga di Manhattan nel tentativo di superare quel lutto terribile, l'ossessione di quel fatidico giorno a Dallas. Bob era il fratello più piccolo di John e quindi mio cognato. Lui mi seguiva passo passo.

Assomigliava molto a suo marito…
Anche lui aveva intrapreso la carriera politica nel Partito Democratico. Da senatore fu un convinto oppositore della guerra in Vietnam e sostenitore dei diritti civili. Fu ministro durante la presidenza di John e candidato alle presidenziali dopo la morte di suo fratello.

Era sposato?
Si sposò molto presto nel 1950, ed ebbe, dalla moglie Ethel, cattolica praticante, ben undici figli, l'ultimo dei quali nacque dopo la sua morte.

Con la moglie sempre incinta, Bob si consolò con lei…
Guardi che la nostra liaison iniziò sei mesi dopo la morte di John e durò quattro anni ovvero fino alla morte di Bob. Complice fu lo straziante lutto di mio marito e suo fratello. Entrambi avevamo perso qualcosa e l’unico modo per non sentire quell’immenso vuoto era rimanere legatissimi anche se in verità è stato davvero inquietante, sembrava di essere sedotta di nuovo da mio marito.

Chi dei due fece il primo passo?
Questa è una domanda da mille punti… Io ero stata educata secondo la più rigida etichetta aristocratica della privacy, per cui dopo il tragico evento decisi di sparire dalla scena pubblica vendendo la mia casa in Virginia e acquistando un appartamento a NY. Ecco lì credo sia stato il primo passo perché Bob non esitò a seguirmi prendendo anche lui un appartamento nel complesso dei grattacieli Plaza dell’ONU.

Lei aveva altre relazioni? Si parla anche di rapporti estemporanei…
E’ normale che essendo la vedova Kennedy, una delle donne più in vista del secolo scorso, suscitassi l’attenzione morbosa di tutti i rotocalchi del settore. Erano sufficienti delle foto innocue e dei testimoni più o meno attendibili per infarcire una relazione d’amore segreta con dettagli scabrosi e curiosità piccanti, e il gioco era fatto. Quando leggevo quelle stupidaggini mi facevo delle grasse risate, ma posso dirle che tra tante falsità una con un certo fondo di verità è stata la breve storia con Marlon Brando.

Come accadde?
Ci incontrammo ad una cena insieme ad altri amici vicino Hollywood. Dopo cena ballammo con passione. Lui mi riempì di complimenti, ma fondamentalmente esitava…

E lei?
Beh… avevo accanto Marlon Brando uno degli uomini più affascinanti del secolo… e allora dopo qualche esitazione mi buttai: "Vuoi passare la notte con me?". Gli dissi sorridendo.

E lui?
Passammo due notti insieme, ma sinceramente non sapevo bene cosa stessi facendo, sessualmente parlando. Dopo quelle due notti lo lasciai.

E’ vero quello che andava dicendo in giro William Holden vale a dire che le ha insegnato il sesso orale perché JFK non amava quel tipo di sesso?
Ascolti, i miei approcci con i miei partner sono sempre stati un po’ freddini, ma poi una volta preso il ritmo non mi fermavo più. John era un tipo bollente ma non era un grande amante, voleva una cosa rapida. Dopo l’amore si girava subito dall'altra parte per dormire. E io restavo lì a sentirlo russare, quasi in lacrime per non essere stata soddisfatta come donna.

Torniamo a Bob… era davvero innamorato di lei?
Eravamo due teenagers in amore… Ogni occasione era quella giusta per scambiarci gesti d’affetto e di complicità e per suscitare stupore tra gli amici.

E la cattolicissima Ethel, moglie di Bob, come la prese?
Bobby non fece mai nulla per occultare il nostro rapporto. La moglie sapeva e tollerava il tradimento. Pensi che durante una cena sullo yacht presidenziale USS Sequoia, Bob mi costrinse a scendere sottocoperta, lasciando Ethel di sopra con il resto dei commensali. Quando tornammo eravamo abbastanza rilassati ed Ethel non disse niente anzi continuò a parlare affabilmente con il resto del gruppo.

Gustoso anche l’episodio di Palm Beach…
Ormai non ci nascondevamo più, quella volta, nella villa di Ted Kennedy, stavo prendendo il sole in topless e Robert mi raggiunse. Ci baciammo appassionatamente poi mi mise una mano sul seno e l'altra dentro lo slip.

Quindi la vostra storia era alla luce del giorno…
Ripeto non perdevamo occasione per scambiarsi effusioni e questo avveniva ovunque, anche in Senato. Un giorno il funzionario del Commerce Department Kenneth McKnight entrò senza bussare e mi trovò seduta sulle ginocchia di Robert.

Tutti vedevano di buon occhio questa relazione…
Beh a parte la moglie di Bob e Aristotele Onassis. L’unico che cercò di contrastare la nostra relazione minacciandoci di rivelare pubblicamente la vicenda.

Cosa c’entra Onassis?
Aristotele Onassis era un armatore greco, l’uomo più ricco del mondo ed amico della famiglia Kennedy. Al tempo tra noi c’era una certa intesa ed io sinceramente favorivo quel corteggiamento.

Vedo una donna arrivista…
Tenga conto che per essere la donna più elegante del mondo dovevo mantenere un tenore di vita non indifferente e le mie rendite di vedova non sarebbero mai state sufficienti. Aggiunga inoltre che Bob non mi avrebbe mai sposata perché non avrebbe mai lasciato la moglie, madre dei suoi undici figli.

E Bob come vedeva questo triangolo rosa a fosche tinte?
Bob era gelosissimo tanto che alcuni amici durante un party lo sentirono urlare:
“Se Onassis vuole avere Jackie, deve passare sul mio cadavere!!!”.

Quindi per Onassis la morte di Bob fu una specie di liberazione…
Direi proprio di sì. Ci sposammo nello stesso anno della morte di Bob, circa quattro mesi dopo. Quando appresi la notizia dell’attentato a Bob mi trovavo sullo yacht Christina di Aristotele.

Con Bob fu amore vero?
C’era una forte attrazione tra noi e le tragiche circostanze ci avevano portato insieme. Quando spararono a Robert, volai subito al suo capezzale e mia cognata Ethel si fece subito da parte, permettendomi di restare sola con lui fino all'ultimo. Bobby era cerebralmente morto, ma la cattolicissima moglie si rifiutava di staccargli la spina e il fratello Ted non era psicologicamente in grado di intervenire. All'1 e 20 di mattina del 6 giugno 1968 fui io ad ordinare ai medici di lasciarlo morire, dopo aver firmato l'autorizzazione, come da protocollo ospedaliero.


Come tutte le storie clandestine la loro è stata una bella storia passionale, rovente e senza speranza. Jackie sposò l’armatore greco Aristotele Onassis, di 23 anni più vecchio. Il matrimonio fallì, ma durò formalmente fino alla morte di lui, nel 1975. Il 19 Maggio del 1994 Jacqueline Kennedy Onassis morì a causa di una malattia (linfoma di Hodgkin).
Bowles, un inviato speciale di Vogue, ha recentemente definito Jacqueline Kennedy:
“Una delle grandi icone di stile della storia che influì profondamente su come un'intera generazione di donne decise di vestirsi e di comportarsi”.
Lei stessa descrisse la sua vita, poco prima di morire:
“Mi sono capitate diverse cose brutte ed ho anche sofferto molto, ma ho avuto anche tanti bei momenti. Ogni momento che si vive è differente dall’altro. Il bello, il brutto, le cose difficili, la gioia, la tragedia, l’amore, la felicità formano una cosa unica, che è quello che si chiama vita. Non si può separare il buono dal cattivo e forse non c’è nemmeno bisogno di farlo”.




 


 

 
 
 



L'INTERVISTA A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
E' STATA REALIZZATA
 GRAZIE A:
www.psicolinea.it
http://pensierimadyur.blogspot.com
http://www.ccsnews.it
www.adnkronos.com
http://www.vip.it/bobby-and-jackie/
www.lastampa.it
www.blitzquotidiano.it
http://www.ilgiornale.it/news/esteri/sfrenata-e-libertina-faccia-nascosta-jackie-kennedy-quante-1023382.html
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/jackie-my-god-superare-flashback-cruenti-dell-assassinio-85504.htm

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