Madame le sue origini?
Sono parigina di nascita, il mio vero nome è Jeanne Louise
Beaudon. Sono figlia di un nobile italiano e nonostante lui non
mi abbia mai riconosciuta vissi con i nonni paterni fino all’età
di nove anni.
E sua madre?
Mia madre
svolgeva il mestiere più antico del mondo e non aveva tempo per
me. Purtroppo a 9 anni persi mio padre per cui i nonni mi
mandarono in un convento di suore, qui venni educata ed
istruita.
Poi sua madre venne a prelevarla in
convento…
L’intenzione di mia madre era quella di
farmi diventare la sua domestica e, se fossi cresciuta bella,
scaltra ed avvenente come lei, al raggiungimento di un’età
giusta, anche una prostituta.
Com’era la vita
con sua madre?
Lei aveva un carattere duro ed io
quotidianamente subivo le sue angherie, maltrattamenti e
percosse. Mi faceva vivere in un clima di terrore continuo.
Un’adolescenza difficile.
Ero già
abbastanza grande, piena di complessi e senza futuro quando
tentai il suicidio gettandomi nella Senna. Venni salvata da un
gruppo di prostitute, le quali mi adottarono. Con loro ebbi modo
di conoscere la Parigi notturna, in particolare il mondo dei
locali da ballo dove la differenza tra prostituta e ballerina
era allora molto labile.
Cosa fece per uscire dal
tunnel?
La mia cura fu appunto il ballo! Ebbi modo
di perfezionare la tecnica quando fui ricoverata per anni presso
l’Ospedale Salpêtrière nel reparto di Grandes Hystériques. Del
resto la danza, la grazia dei movimenti, il ritmo del corpo, li
avevo già nel sangue e mi diedero la spinta necessaria per
confrontarmi con il mondo.
C’è qualche traccia
di lei nelle più lussuose sale da ballo di Montmartre...
Esatto, il ballo diventò ben presto la mia professione, e
quando, il fondatore del Moulin Rouge mi spalancò le porte del
famoso palcoscenico parigino, la mia autostima tornò a dei
livelli accettabili.
Quindi niente più
depressione…
Fu un’ascesa rapida, diventai ben
presto una delle ballerine più famose di Parigi. Conosciuta con
diversi nomi tra i quali: «Jane la Folle» e «La Mélinite». Per
me Charles Zidler inaugurò la tradizione della ballerina solista
con i mutandoni rossi, per distinguerla dalle altre ballerine di
fila che continuavano ad indossarli bianchi.
Cosa
rappresentava per lei il Moulin Rouge?
L’Olimpo
delle danza, ma anche la notorietà, l’intreccio degli sguardi,
le cene rubate, i tanti regali, i mazzi di rose rosse e le
promesse di appuntamento concesse a grappoli ai cavalieri più
ricchi e generosi.
Il Moulin Rouge… il tempio
della trasgressione…
Era stato inaugurato nel 1889
sull'onda del successo del Moulin de la Galette, un ristorante
danzante ricavato dentro un vecchio mulino a vento nella parte
alta di Montmartre. Charles Ziedler pensò di creare un cabaret
sullo stesso stile ai piedi dello stesso quartiere costruendoci
sopra un mulino ovviamente finto. Divenne ben presto un luogo di
ritrovo per artisti ed intellettuali di ogni genere.
Si instaurò immediatamente un buon rapporto di amicizia
con gli artisti che gravitavano intorno al locale.
Riscuotevo un buon successo anche negli ambienti letterari. Del
resto avendo studiato ero, al contrario delle mie colleghe, una
giovane educata ed istruita. Feci amicizia con artisti,
scrittori e letterati, tutti assidui frequentatori del Moulin
Rouge. Diventai la modella preferita di Henri de
Toulouse-Lautrec, che mi immortalò in diverse opere insieme ad
un’altra mia amica e collega, famosa ballerina dell’epoca “La
Goulue”.
Chi era “La Goulue”?
La
Golosa in realtà si chiamava Louise Weber, aveva due anni più di
me, anche lei vera parigina. Era più esperta di me visto che
aveva già lavorato per Zidler al Moulin de La Galette. Fu lei
nel 1891 ad inaugurare il Moulin Rouge ed a inventarsi di sana
pianta le mosse del can-can francese. Diventammo amiche, poi
però nel 1895 ci abbandonò per intraprendere una carriera nel
mondo del circo.
Ebbe successo?
Inizialmente sì, poi però si trasformò in un triste fallimento.
Durante uno spettacolo lei e suo marito furono attaccati dai
leoni, non si ripresero più. Suo marito morì in guerra mentre
lei cadde in depressione e, dissipata la fortuna guadagnata,
tornò a Parigi. Visse gli ultimi anni in una piccola roulotte:
per mantenersi, vendeva sigarette, fiammiferi e noccioline
proprio qui all’angolo con il Moulin Rouge. Mi faceva pena e
cercai di aiutarla in tutti i modi. Morì alcolizzata, obesa e
malata ai polmoni, a 62 anni.
Durante gli inizi
del XX secolo, il repertorio del locale fece a meno delle
ballerine di can-can e si trasformò lasciando grande spazio
all'operetta.
Con l’inizio del nuovo secolo i gusti
cambiarono aprendo la strada verso il successo alla mia amica
Mistinguett, oggi riconosciuta a giudizio unanime come la più
famosa vedette del genere.
Torniamo a lei madame…
la sua fama cominciava a diffondersi al di là dei confini della
Francia.
Ben presto mi esibii anche in altri locali:
Décadents, Divan japonais, L'Eldorado, au Jardin de Paris,
Tabarin, fino al trionfo alle Folies Bergère dove furoreggiai
con un balletto di mia creazione: L'arc-en-ciel.
Come mai ebbe così successo?
A ballare bene eravamo
in tante, forse la mia caratteristica principale era l’assenza
di qualsiasi volgarità e sfrontatezza. Era una danza quasi
pudica, e questo mi permise di portare il can-can in molte
capitali europee sempre con grande successo.
A 43
anni si sposò…
Era il 1911 sposai il pittore Maurice
Biais, mi ritirai definitivamente dalle scene e andai a vivere
con lui a Jouy-en-Josas.
Nel 1926, quando il marito
morì, lei scoprì che il suo dolce maritino le aveva dilapidato
l'intero patrimonio.
Si esibì per l'ultima volta nel 1935 in
compagnia di Max Dearly. Morì in povertà estrema nel 1943 nella
casa di riposo per artisti dove era entrata l'anno precedente
grazie all'intervento di Sacha Guitry, venendo poi sepolta nel
Cimitero di Père-Lachaise poco distante dalla tomba di
Mademoiselle Clairon, altra ballerina dell'epoca.
Nel
film Moulin Rouge realizzato nel 1952 da John Huston il suo
personaggio viene interpretato da Zsa Zsa Gabor. Ispiratrice dei
più riusciti manifesti di Lautrec, tra i quali Divan Japonais e
Jardin de Paris, Jane Avril strinse un duraturo rapporto di
stima e confidenza con l'artista. Sono proprio i manifesti di
Henri de Toulouse-Lautrec che hanno portato fino ai nostri
giorni la fama e la popolarità di Jane Avril, una delle stelle
più luminose del palcoscenico del Moulin Rouge.