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INTERVISTE IMPOSSIBILI
Marilyn Monroe
"Io dormo solo con
due gocce di Chanel"
(Los Angeles, 1 giugno 1926 – Brentwood, 5
agosto 1962)
Il suo mito supera di gran lunga il talento
artistico di un'attrice sicuramente fuori
dal comune. Un sogno proibito per milioni di
uomini. Il fascino che emanava dal grande
schermo e dalle copertine in carta patinata ha
contribuito a farne un sex symbol fuori da
ogni tempo.
La fragilità che ha contraddistinto la sua
esistenza (per molti versi tumultuosa e
culminata in una morte tanto prematura quanto
misteriosa) l'ha resa una vera e propria
icona della cultura popolare. Esplosiva,
irresistibile, unica. È il simbolo della
sensualità per eccellenza. L'attrice più
imitata nel look e negli atteggiamenti, resta la
regina incontrastata delle star
hollywoodiane, a più di mezzo secolo dalla
morte.
Il suo mito supera i tempi e le mode. La
notte tra il 4 e il 5 agosto del 1962, al
12305 Fifth Helena Drive- Brentwood, California,
Norma Jeane viene trovata esanime,
completamente nuda, sul suo letto. Omicidio,
suicidio, complotto, solo ipotesi sulla morte di
una delle donne più sognate di tutti i
tempi…. AVEVA 36 ANNI
..Madame, la sua vita è stata tutto un mistero sin dal nome…
In effetti quando nacqui fui battezzata Norma Jeane Baker. Mia
madre era Gladys Pearl Monroe, ma su mio padre ci sono molti
dubbi.
Perché?
Sul mio certificato
di nascita è indicato il nome di Martin Edward Mortensen, il
secondo marito di mia madre, ma non sono sicura che fosse il mio
vero padre. Mia madre più volte mi disse che ero figlia di un
impiegato delle vendite dello studio cinematografico nel quale
lei lavorava al montaggio, ma secondo me neanche lei era tanto
sicura…
Come visse i primi anni?
Mia
madre soffriva di gravi disturbi mentali che la costringevano a
frequenti ricoveri in ospedali psichiatrici. Per questa ragione
da piccola venni affidata fino all’età di sette anni ad una
famiglia molto religiosa di Hawthorne vicino Los Angeles. Crebbi
con la convinzione che quelli fossero i miei veri genitori.
Poi tornò con sua madre?
Ci fu un
tentativo, ma dopo l’ennesima crisi lei fu ricoverata di nuovo e
venni presa in custodia dalle autorità statali, finché un’amica
di mia madre, Grace McKee, si prese cura di me diventando di
fatto la mia tutrice.
Un’adolescenza a dir poco
travagliata…
Non è finita… da lì a poco Grace si
sposò ed io fui rimandata prima all'orfanotrofio di Los Angeles
e poi affidata a ben dodici diverse famiglie…
Finché conobbe James Dougherty…
Ah vedo che è molto
documentato! Diciamo che in questa situazione di sostanziale
carenza affettiva cercavo un punto forte di appoggio, una
certezza e una guida. Trovai in questo ragazzo ventunenne tutto
ciò di cui avevo bisogno.
Quindi si sposò…
Già, avevo soli sedici anni. Ero una ragazza con poca
autostima, ma anche con un lato aggressivo ed opportunistico. Il
matrimonio in effetti poteva essere una strada logica… ma
purtroppo quel legame era evidentemente troppo prematuro ed
infatti non durò molto. Divorziamo dopo appena quattro anni nel
1946. Lui ha sempre sostenuto che avevo manie di successo e che
quindi dipendesse da me la causa della separazione.
Norma, al tempo lei lavorava?
Nel 1945 ero
impiegata presso un’industria aeronautica svolgendo le mansioni
di collaudatrice di paracaduti finché un fotografo impegnato a
documentare il lavoro femminile nel periodo bellico, fu colpito
dalla mia bellezza, mi notò e mi chiese di posare.
L’attività di modella l’affascinava?
Dovetti
decidere in fretta e in completa solitudine dato che mio marito
in quel momento svolgeva servizio presso la Marina militare e si
trovava assai lontano da casa. Insieme a mia suocera mi recai in
una agenzia di modelle e firmai il mio primo contratto che a
breve mi fruttò un contatto con la 20th Century Fox.
Da Norma Jeane a Marilyn Monroe, come avvenne?
Fu un impiegato della Fox a suggerirmi "Marilyn" e
Monroe era il nome da nubile di mia madre. Appena ventenne come
detto divorziai da mio marito e mi schiarii i capelli, ero bruna
al tempo. Fu quella la metamorfosi radicale che mi spalancherà
le porte del successo fino a divenire una sex-symbol del 20°
secolo.
Ma quando avvenne la vera svolta?
La notte di Capodanno del 1949 ad una festa del
produttore Sam Spiegel conobbi Johnny Hyde che al tempo aveva
già scoperto Lana Turner ed annoverava tra le sue clienti Rita
Hayworth. Non so quanto lui credesse davvero nel mio talento, ma
sono sicura che, benché sposato e vecchio a sufficienza per
essere mio padre, Hyde si innamorò follemente di me. Con la sua
insistenza, comunque, mi fece inserire nei cast di Giungla
d'asfalto ed Eva contro Eva.
Innamorato pazzo!
Eh sì. Mi chiese addirittura e ripetutamente di
sposarlo, assicurandomi, con un testamento alla mano, che sarei
stata una ricca vedova. Mancava solo la firma… se avessi
acconsentito lui avrebbe divorziato il giorno successivo. Ma
rifiutai. In tutta onestà gli volevo bene, ma non lo amavo.
Lo considerava un vecchio appiccicoso?
Credo di sì. Ma quando lui ebbe un attacco di cuore fatale mi
presi tutta la colpa dilaniandomi nel rimorso. La moglie mi
cacciò dalla casa che condividevo con lui e il giorno del suo
funerale tentai il suicidio. Comunque prima di morire Hyde, per
dimostrarmi eterno amore, mi aveva garantito un futuro
professionale procurandomi un contratto di sette anni con la Fox
ed un compenso di 750 dollari alla settimana.
Quindi carriera assicurata!
A partire dal gennaio
del 1951 girai una serie di film in parti secondarie. Verso la
fine dell’anno, la Fox si convinse del mio talento provvedendo
ad un buon lancio pubblicitario. Apparvi sulle copertine di
numerose riviste tra cui il prestigioso e popolarissimo "Life".
Con la sua sensualità prorompente in breve divenne
la più grande star del mondo…
Forse non era la
sensualità prorompete, ma il candore con la quale la
manifestavo. Comunque milioni di uomini di tutto il mondo
facevano code stratosferiche davanti ai cinema per vedere i miei
film. Nel 1953 fui la protagonista di "Niagara", al fianco di
Joseph Cotten, un successo mondiale! Seguirono "Come sposare un
milionario" e "Gli uomini preferiscono le bionde", con i quali
aumentai la mia popolarità. La consacrazione definitiva avvenne
l’anno dopo con "La magnifica preda" del 1954 e "Quando la
moglie è in vacanza" in cui Billy Wilder mi affidò la parte
della svampita inquilina del piano di sopra.
Nel
1951 era entrato in scena il famoso giocatore di baseball, Joe
Di Maggio …
Dopo due anni di corteggiamenti,
ampiamente documentati dai rotocalchi dell’epoca, ci sposammo a
San Francisco, ma il nostro rapporto fu difficile a causa delle
nostre forti personalità. Entravamo in conflitto su ogni cosa e
Joe era geloso e non riusciva a digerire la mia vita disinvolta.
Si racconta di una lite furibonda dopo la scena
della gonna alzata dall’aria della metropolitana in "Quando la
moglie è in vacanza".
In effetti la scena fu girata
in Lexington Avenue a New York davanti a migliaia di miei fan e
fu la classica goccia che fece traboccare il vaso.
La vostra unione durò poco…
Sembrava che le
nostre carriere si ostacolassero l'un l'altra. Il divorzio fu un
vero dramma per entrambi, ma per fortuna subito dopo conobbi il
commediografo Arthur Miller e nel 1956 ci sposammo con doppia
cerimonia civile ed ebraica. Ci fu anche un cambiamento della
mia vita artistica…
Si era stancata dei ruoli di
oca bionda e giuliva?
Ruppi il contratto con la Fox
e mi trasferii a New York per studiare all'Actor's Studio. Il
fallimento del mio primo matrimonio mi aveva lasciato una ferita
profonda e incancellabile. L’esperienza a l'Actor's Studio mi
rigenerò facendomi dimenticare in parte i miei travagli
interiori.
Come andò con Miller?
Fu
il colpo di fulmine. Credevo davvero di aver trovato l'uomo
della mia vita. Ma ben presto anche questa relazione traballò.
Praticamente mantenevo economicamente mio marito, oltre a pagare
gli alimenti alla sua ex moglie!
Le tentazioni
erano dietro l’angolo…
Non ero capace a
sopravvivere, nella mia vita ho sempre amato con intensità e i
continui litigi con Arthur mi buttarono tra le braccia di un
nuovo amore, segreto e clandestino. La nuova fiamma della mia
passione si chiamava Yves Montand con cui nel 1960 girai
"Facciamo l'amore". Il nostro flirt fu breve, ma travolgente.
Quindi anche la relazione con Miller fallì?
Ripeto, volevo vivere la mia vita come fosse l’ultimo
giorno, iniziai a fare uso di droghe ed alcol. Quando girammo
"Gli spostati" il matrimonio era già naufragato. Lui mi
rimproverava di non avergli dato dei figli, ma sapeva sin
dall’inizio che soffrivo di endometriosi e purtroppo dovetti
interrompere due volte la gravidanza.
Dopo il
divorzio da Miller sembra che ci fu un riavvicinamento con Di
Maggio. E’ vero?
Eravamo solo amici e ci
incontrammo più volte anche se la stampa scandalistica ci lavorò
sopra e non poco! L’episodio incriminato fu quando nel febbraio
del 1961 fui ricoverata in una clinica psichiatrica, Joe mi
rimase accanto per tutto il tempo riuscendo anche a farmi
trasferire in un’altra clinica più affidabile.
Poi la relazione con Frank Sinatra…
Lui aveva tante
donne e non poteva andare… Da parte mia mi sfogavo con scenate
di gelosia anche violenti finché nel gennaio 1962 mi lasciò
definitivamente, annunciando il suo matrimonio con Juliet
Prowse.
Sinatra comunque non si sposò…
Non aveva importanza, aveva mancato la promessa che mi
aveva fatto tempo addietro, ovvero che ci saremmo sposati. Tenga
anche conto che in quel periodo il mio ex marito Miller convolò
a nuove nozze con Inge Morath.
Tempi duri…
Sempre più provata dimagrii a vista d’occhio perdendo
sette chili. Aggiunga che avevo una viscerale paura
d’invecchiare, e soprattutto di perdere ciò che mi aveva resa
una diva, una dea, un mito per milioni di persone in tutto il
mondo: ovvero la mia bellezza.
Sinatra si era
comportato male con lei, ma quell’incontro le aveva permesso di
conoscere i fratelli Kennedy…
Era un periodo
difficile per me, avevo da poco abortito, chiesi a Frank un
incontro con il senatore John Kennedy, così per scherzo, adoravo
fare cose pazze, lui mi prese in parola e mi fece da
intermediario. Dopo una prima volta a casa di amici ci rivedemmo
ripetutamente ovviamente sempre di nascosto. I nostri erano
incontri indimenticabili, ma quando gli regalai un Rolex d'oro
con incisa la frase «Jack, with love as always from Marilyn, May
29th 1962» lui mi reputò inaffidabile e prese le distanze da me,
credeva lo volessi incastrare dichiarando al mondo intero la
nostra relazione. Seppi tempo dopo che quell'orologio finì al
polso di un dipendente della Casa Bianca.
E la
relazione con suo fratello Robert Kennedy?
Bob lo
conobbi tramite il Presidente e fu il mio ultimo amante. Ci
mettemmo insieme quando John decise di non frequentarmi più. Bob
invece, al contrario del fratello, aveva promesso di sposarmi.
Ci aveva creduto?
Oh sì, tanto che
andavo in giro dicendo ai miei amici che sarei diventata moglie
di un uomo molto importante. Tra l’altro aspettavo un figlio da
lui e quella volta avevo deciso di portare avanti la gravidanza
a rischio della mia salute.
E Bob come reagì?
Lui non voleva assolutamente quel figlio e mi organizzò
un viaggio in Messico in una clinica specializzata. Abortii
accompagnata da un famoso medico statunitense oltre confine.
Poco tempo dopo, il 5 agosto del 1962 Marilyn fu
trovata morta tra le lenzuola rosa del suo letto nella sua casa
in California, aveva 36 anni. La causa fu overdose di Nembutal,
un forte barbiturico. Sul comodino, diverse boccette di pillole
vuote. La stampa parlò subito di suicidio e la notizia fece il
giro del mondo.
Il cadavere fu scoperto dall’infermiera
assegnata a Marilyn dal suo psichiatra, sembra che durante
quella notte Marilyn fosse stata portata all'ospedale St. John
di Santa Monica, ma l'ospedale rifiutò di accettare il caso, per
l'eccessiva notorietà della vittima e che le autorità vennero
avvertite solo cinque ore dopo il decesso.
Alcuni ricollegarono la sua morte alla rottura della
sua relazione clandestina con il presidente degli Stati Uniti
John F. Kennedy e successivamente con il fratello Robert. Questo
fatto indusse molti a pensare che fosse stata uccisa. In un
documento recente dell’FBI si avanza invece l’ipotesi di un
finto suicidio. Nel senso che Marilyn avrebbe solo voluto
simulare il suicidio per attirare l’attenzione di Bob Kennedy e
costringerlo a lasciare la moglie. Ma ormai scomoda fu lasciata
morire tradita da Peter Lawford, marito della sorella di Bob,
Patricia Kennedy. Si sarebbe messa d’accordo con lui per farsi
trovare in tempo ed essere salvata. Marilyn prese un’overdose di
barbiturici, come aveva annunciato a Lawford e ad altri pochi
amici intimi, ma venne lasciata morire senza che nessuno facesse
nulla per salvarla. La stessa FBI per avvalorare la tesi riporta
la registrazione di un’agghiacciante telefonata avvenuta tra
l’attore Lawford e Bob Kennedy la notte del suicidio di Marilyn,
in cui Kennedy chiede: «Allora, Marilyn è già morta o no?».
L’ex marito Di Maggio si occupò dei funerali. Si prese
cura di tutte le pratiche. Per vent'anni fece recapitare sulla
tomba di Marilyn una dozzina di rose rosse tre volte alla
settimana. Da notare che a differenza degli altri uomini che la
conobbero intimamente, non parlò mai pubblicamente di lei e non
scrisse mai un libro sulla loro relazione.
Sembra uno scherzo del destino, ma con il suo gesto
estremo Marilyn non ha fatto altro che fissare per sempre nel
tempo l’icona di ciò che voleva essere. “Voglio semplicemente
essere meravigliosa”, aveva detto… sembra lo sia stata, è lo è
ancora adesso, dopo oltre 50 anni dalla sua scomparsa…
Marilyn fece promettere al suo truccatore
personale che alla sua morte si sarebbe occupato del trucco. Il
truccatore rispose scherzando che l'avrebbe fatto se il suo
corpo gli fosse portato ancora caldo. Alcuni giorni dopo,
ricevette dei soldi e una nota: "Caro Whitey, mentre sono ancora
calda, Marilyn". Il truccatore mantenne la sua promessa con
l'aiuto di una bottiglia di whisky.
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ARTICOLO A CURA DI ADAMO BENCIVENGA
FONTI:
www.cosenascoste.com/marilyn/marilyn.php
www.corriere.it
http://it.wikipedia.org/wiki/Marilyn_Monroe
http://biografie.leonardo.it www.internottola.it
http://web.dsc.unibo.it www.archivio.raiuno.rai.it
www.mymovies.it
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