Madame le sue origini?
Nacqui a Torino l’8
settembre del 1749 il giorno della Vergine. Mia madre, la
Principessa Cristina Enrichetta d'Assia, sebbene in uno stato di
gravidanza avanzata, si stava recando ad una festa. Avvertì dei
dolori improvvisi, poi la rottura delle acque... fu così che
venni alla luce. Ero la quarta figlia di Luigi Vittorio di
Savoia-Carignano.
Dove trascorse la sua
infanzia?
A Torino nella casa di città della mia
famiglia, il Palazzo Carignano in un ambiente tranquillo e
lontano dagli sfarzi di corte. Passavo le estati nel Castello di
Racconigi, residenza estiva dei Savoia-Carignano.
La descrivono di indole tranquilla e sensibile…
Lo ero sì e questo mio carattere spinse il duca di Penthièvre a
scegliermi come sposa per suo figlio Luigi Alessandro di
Borbone, principe di Lamballe, noto per la sua vita smodata e
amante delle belle donne di qualsiasi casta sociale.
Lei come accolse la notizia?
Sapendo i
trascorsi del Principe caddi in un profondo sconforto, ma il
ritratto dello sposo inviatomi alleviò le mie pene: il mio
futuro sposo era davvero bello e molto affascinante! Mi feci
coraggio, del resto sapevo che il padre, il Duca di Penthièvre,
era un uomo retto ed aveva saputo fare la felicità della moglie
circondandola di sconfinate attenzioni e tenerezze. Ero certa
che il figlio avrebbe fatto lo stesso con me.
Quando si sposò?
Nel 1767 avevo diciotto anni, mio
marito era il pronipote di Luigi XIV e di Madame de Montespan,
uno dei principi più ricchi d'Europa. Entrai nel mondo dorato
della corte di Versailles ove la libertà, lo stile, il gusto,
regnavano sovrani. La Francia rappresentava per me la Patria di
tutte le donne e premiava in modo esemplare la bellezza, la
grazia e la spregiudicatezza.
Ma la vita
coniugale non le portò la felicità…
I figli non
vennero e purtroppo, ben presto, il principe cadde di nuovo nel
vizio. Lui era, fin dall’adolescenza, intimo amico del Duca di
Chartres. Quest’ultimo lo condizionava al punto di coinvolgerlo
senza alcuna sosta con giovani viziosi, divertimenti, orge con
uomini e prostitute anche di basso rango.
E lei?
Passavo i miei giorni e le notti in estrema solitudine e
nell’assoluta trascuratezza. Mi sfogavo con mia madre attraverso
un doloroso carteggio. Del resto non avevo fatto nulla per
irritarlo o allontanarlo, non avevo nessuna colpa se non ero
ancora incinta. In fondo erano trascorsi solo 4 mesi. Piangevo
praticamente tutto il giorno e iniziai a soffrire di depressione
e malinconia...
Il 6 maggio del 1768 suo marito
morì dopo aver contratto una malattia venerea...
Questa condotta di vita peggiorò la situazione di salute di mio
marito. La mattina del 6 maggio alle 7.30 circa come al solito
stavo imboccando mio marito per somministrargli dello sciroppo,
ma mi accorsi che la piccola dose non riusciva a passare per la
gola. Era morto! Mi ritrovai vedova a soli diciannove anni.
Cosa fece?
Terminato il lutto tornai
alla vita di corte. Continuai a vivere in casa di mio suocero e
mi dedicai ad opere caritatevoli. Il Re mi circondò di
attenzioni, di sicuro sarei potuta divenire la nuova Regina,
essendo il Re vedovo. Ma non lo desideravo: lui aveva oltre 60
anni, quindi oltre quarant’anni più di me. Il Re non si crucciò
del mio rifiuto. Pieno di charme trovò ben presto una nuova
amante nella bella Madame Lange.
Perché non si
risposò?
Non volevo perdere i diritti come
principessa del sangue, comunque ebbi al mio fianco M. de
Vapoulier un caro amico.
Poi divenne amica intima
di Maria Antonietta la futura regina di Francia.
Forse per i miei modi garbati feci una favorevole impressione
all'arciduchessa d'Austria tanto che nel 1775 Maria Antonietta
mi conferì la prestigiosa e ben remunerata carica di
Sovraintendente della Casa della Regina. Quel ruolo mi poneva al
di sopra di tutte le dame del seguito e comportava anche il
compito non facile di organizzare i divertimenti della regina.
Com’era la Regina?
Maria Antonietta
mi chiamava “Mio cuore adorato” e a corte ero soprannominata
“Angelo buono”. La Regina mostrava sempre un grande
apprezzamento per me. Desiderava spesso ammirarmi con abiti
provocanti, che lasciassero scoperto il seno e la pelle bianca
alabastro. Eravamo belle e giovani, e sempre insieme
organizzavamo balli e feste.
Ci fu anche qualche
maldicenza…
Le carezze e i baci appassionanti che ci
scambiavamo in pubblico, fecero malignare le altre nobildonne
fino a mormorare che fossimo amanti o quanto meno tra noi due ci
fosse un amore vizioso.
Quell’idillio con la
Regina non durò a lungo…
Ero troppo legata
all’etichetta di corte che lei detestava e forse non ero né
seducente e né divertente come lei avrebbe voluto per cui
qualche tempo dopo mi sostituì con Madame de Polignac, la quale
ben presto prese il suo posto come "favorita" della sovrana.
Subì un vero e proprio declassamento…
Sebbene offesa, non dissi nulla, comunque diradai la mia
presenza a Corte ed apparvi molto più raramente alle feste. Ma
non ridimensionai mai l'affetto che provavo per la Regina.
Poi cosa fece?
Mi trasferii dapprima a
Plombières, quindi ripresi le mie attività caritatevoli, e il 12
febbraio 1777 aderii alla massoneria nella loggia di adozione La
Candeur, di cui il 18 gennaio 1780 divenni Maestra venerabile.
Al tempo le logge femminili avevano superato quel pregiudizio
secondo cui le femmine non essendo capaci di mantenere un
segreto, non potevano esser iniziate ai riti massonici.
Nel 1789 scoppiò la Rivoluzione…
La regina
contrariamente al Re cominciò a rendersi conto degli errori
commessi dalla monarchia e soprattutto del pericolo imminente,
ma ormai non c’era più tempo e dopo la presa della Bastiglia
dovetti fuggire all'estero, come molti altri nobili, sotto
l'ordine dei regnanti stessi.
Pur distante non
smise di preoccuparsi della sovrana…
La Regina
comprese che ero stata l'unica sua vera amica. Feci invano
innumerevoli disperati tentativi, cercando appoggi esteri,
viaggiando per l'Europa, pur di salvare la regina e l'ideale nel
quale credevo ciecamente, ovvero la monarchia francese.
Quando arrestarono la famiglia reale lei cosa fece?
Mi imbarcai a Boulogne per l'Inghilterra col proposito
d'interessare Giorgio III ed il governo britannico alla sorte di
Luigi XVI e di Maria Antonietta, ormai prigionieri della
rivoluzione. Non avendo trovato che indifferenza, mi recai ad
Ostenda e di là a Bruxelles e poi a Liegi. Nella prima metà di
luglio giunsi ad Aquisgrana, e poi a Spa, cercando dovunque
appoggi a favore della famiglia dei Borbone.
Poi
tornò in Francia…
In quel periodo continuavo una
fitta corrispondenza con Maria Antonietta la quale mi supplicava
di non tornare a Parigi. Ma ero così preoccupata che non
ascoltai la Regina. Feci testamento e rientrai in patria.
Come andò?
Raggiungi la Regina e da
amica fedele rimasi lì sempre dietro la Regina, come fossi la
sua ombra: non la lasciavo mai. Lei continuava a consigliarmi di
lasciare Parigi per rifugiarmi nelle province. Ed ogni volta le
ripetevo che preferivo la morte piuttosto che lasciarla.
Il 10 agosto del 1792 la folla inferocita invase il
palazzo Reale….
Insieme alla famiglia reale mi
rifugiai nel vecchio palazzo delle Tuilleries, cercavo di
rendermi utile, confortare la mia amica, sebbene tremassi io
stessa. Tre giorni dopo venne proclamata la decadenza dei reali
e fu decisa la loro prigionia presso la Torre del Tempio. Qui ci
divisero, pianti ed urli non valsero a nulla, mi gettai per
l’ultima volta nelle braccia di Maria Antonietta.
Fu arrestata?
Venni rinchiusa nella prigione
di La Force, il 3 settembre 1792 e fui portata davanti al
tribunale rivoluzionario. Mi fu chiesto: «Giurate di amare
l’eguaglianza, la libertà, e di odiare i re e le regine?»
Risposi: «Volentieri giuro di amare la libertà e l’eguaglianza;
ma non posso giurare odio al re e alla regina, perché ciò non è
nel mio cuore». Uno dei giudici mi disse sottovoce: «Giurate, o
siete perduta!». Abbassai il capo e dissi: “Non ho nulla da
dire, morire prima o dopo mi è indifferente. Sono pronta al
sacrificio della vita”.
Poi cosa accadde?
Varcai così la porta fatale ed inorridii alla vista del mucchio
di corpi delle vittime appena giustiziate: inzuppai i piedi nel
sangue sparso sul pavimento. All’uscita fui insultata dalla
folla, che vedeva in me l’amante lesbica di Maria Antonietta e
sua compagna di sperperi. Il tribunale mi aveva condannato a
morte.
Nei primi giorni di settembre del 1792 a
Parigi e in altre città francesi ebbero luogo i "massacri di
settembre" che segnarono l'inizio del Regime del Terrore. La
folla travolse le difese di diverse prigioni nelle quali erano
detenuti gli aristocratici. La principessa di Lamballe,
principalmente a causa della sua intimità con la regina fu
trascinata all'aperto nel cortile della prigione e fu sottoposta
a torture prima di venire decapitata con un coltello e
squartata.
Nell’occasione il boia, cercando riparo dal senso
di colpa, si era affidato al vino. Ubriaco e con la mano per
nulla ferma, sbagliò mira, finendo per colpire il sopracciglio
della Principessa. Ci vollero più tentativi per compiere quello
scempio. I tamburi rullarono rapidamente la principessa era
stata decapitata e il corpo venne gettato su un mucchio di
cadaveri nell'angolo di Rue Saint-Antoine.
I disordini
intorno alla Torre finirono all’alba e con essi la vicenda
terrena della torinese che visse a Versailles e che fu l’amica
più devota che la regina di Francia potesse avere. Quello che
restava della principessa fu inumato da alcune mani pietose nel
Cimetière des Enfants-Trouvés nel XII arrondissement di Parigi.
Il suocero di Maria Teresa Luisa, il vecchio duca di Penthièvre,
cercò di recuperare, senza riuscirvi, i resti dell’amata nuora
per seppellirli nella tomba di famiglia, in quella che è
l’attuale cappella del Castello di Dreux.
Nel 1929 papa Pio
XI attribuì alla principessa di Lamballe la qualifica di
martire, dichiarandola "venerabile".