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INTERVISTE IMPOSSIBILI
Silvana Mangano
Ritratto di una diva immortale, mondina e
aristocratica
"Non sono felice, ma ho avuto più di quanto
meritassi"Roma, 21 aprile 1930 – Madrid, 16 dicembre
1989
Silvana Mangano donna speciale di una bellezza
speciale, fuori dal comune, prorompente e
segreta, con il suo profilo aristocratico, le
mani affusolate e nervose. Donna piena di
fascino con i suoi pensieri misteriosi, viveva
in uno stato di perenne, profonda timidezza
che la rendeva più desiderabile di tutte le
altre.
Non ha mai fatto niente per ringiovanirsi,
non si tingeva neanche i capelli. Bella
Silvana, inquieta, introversa, sensibile,
enigmatica, indimenticabile.
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Interprete di numerosi film, interprete del
Novecento è stata l'attrice di Visconti, De Sica e
Pasolini. Ha saputo far piangere, ridere, ma
soprattutto innamorare. Per quell’aria solenne,
austera, Visconti vedeva in lei sua madre. Per
questo le aveva affidato il ruolo della madre di
Tadzio in Morte a Venezia.
Lei intanto in quelli
anni doveva combattere contro la bellezza potente
della Loren, ma quella di Sofia era una bellezza per
il cinema, non vi era l'ardere profondo di qualcosa
dentro. Era bella la Loren certo, ma era tutta lì.
Invece Silvana diventava più bella a guardarla
dentro, il suo sguardo emanava una continua
drammaticità.
Mai mossa da vanità diceva di
lei: “Non sono felice, ma nella vita ho avuto più di
quanto meritassi.” E poi ancora: “Ho tutti i difetti
che una donna possa avere. Non mi sono piaciuta né
quando ero una ragazza tonda, né quando sono
diventata magra e sottile.”
E intanto passava i
pomeriggi a ricamare, a badare ai figli, a
passeggiare per le strade di San Lorenzo, il suo
quartiere, forse anziché un’attrice avrebbe voluto
fare solo il mestiere di madre, o forse no, avrebbe
davvero voluto vivere da grande star, ora calda, ora
fredda, addirittura mutevole con i suoi stati
d’animo contrastanti. Ebbene sì, tante anime e una
sola donna: Silvana Mangano.
Madame le sue origini?
Sono figlia di
Amedeo, un ferroviere siciliano addetto ai vagoni
letto, e Jackie Webb, una ballerina inglese. Seconda
di quattro figli, vissi in una famiglia molto unita
nel popolare quartiere di S. Giovanni a Roma.
Come iniziò la sua carriera?
Grazie a mia madre iniziai a seguire alcuni corsi di
danza classica di Jia Ruskaja, poi fui notata dal
famoso costumista francese Georges Armenkov il quale
cercò di convincermi a seguirlo a Parigi per
intraprendere l’attività di indossatrice.
E lei?
Dopo un po' di titubanza,
decisi di partire per la Francia. Fui ingaggiata
dalla maison Mascetti e fu proprio a Parigi che
apparvi nel 1945 come comparsa nel mio primo film:
Le jugement dernier di René Chanas.
Le servì quell’esperienza?
Insomma... Tornata a Roma, frequentai un corso di
recitazione. Era il ’46 e con la ripresa
dell'attività cinematografica dopo la guerra,
insieme a mia sorella Patrizia e molte altre
aspiranti attrici, mi mettevo in fila davanti agli
studi di Cinecittà in cerca di una scrittura come
generica.
Partecipava anche a
svariati concorsi di bellezza…
Più che
altro erano le mie colleghe ad invogliarmi a sfilare
più o meno di quartiere. A Ostia ad esempio
conquistai il titolo di Miss Roma e ricevetti come
premio un portasigarette e un porta cipria
d’argento.
Nel ’47 la ritroviamo tra
le partecipanti di Miss Italia.
Non andò
bene, la concorrenza era agguerritissima. Pensi che
oltre alla vincitrice Lucia Bosè in quell’edizione
parteciparono Gianna Maria Canale, Gina
Lollobrigida, che arrivò terza, ed Eleonora Rossi
Drago.
Intanto aveva incontrato un
ragazzo di bell’aspetto e belle speranze…
Oh sì, a Cinecittà tra una comparsata e l’altra
avevo conosciuto Marcello Mastroianni, il mio primo
grande amore. Abitavamo nello stesso quartiere e
frequentavamo la stessa scuola di recitazione.
Come fu il rapporto con Mastroianni?
Fu un amore a prima vista. Io sedici anni, lui
ventidue. La relazione durò poco, ma Marcello non mi
ha mai dimenticato, anche perché una volta, mentre
ci baciavamo su una panchina di Villa Borghese,
sorprese un guardone. Lo affrontò, lo prese a male
parole, gli tirò un pugno, ma quello si scansò... e
Marcello colpì un tronco d'albero. Dio che ridere!
Così, negli anni, ogni volta che quel pollice gli
faceva male si ricordava di me.
Appena diciannovenne fu scelta per il film
neorealista Riso amaro accanto a Vittorio
Gassman…
Mi presentai al provino insieme
a Lilli Saraceni, tutte e due con abiti vistosi,
capelli cotonati e truccatissime. Il regista
Giuseppe De Santis ci scartò immediatamente. Qualche
giorno dopo però, passeggiando per via Veneto, per
un caso fortuito lo stesso regista mi notò sotto la
pioggia senza trucco, coi i capelli completamente
bagnati, una rosa in mano e un aspetto semplice
quasi sofferente. Mi fermò per strada e mi invitò
immediatamente per un secondo provino. Così ottenni
la parte.
Il film ottenne un successo
straordinario e lei s'impose nel mondo del cinema
come sex symbol nazionale…
Evidentemente
avevo saputo incarnare in maniera perfetta
l’immagine della mondina nelle risaie del vercellese
con un velo di malizia. E così con la maglietta
attillata e le calze nere a metà coscia diventai
molto popolare.
Subito dopo lavorò in
altri due film ancora con Gassman. Alcune voci la
volevano fidanzata con l'attore…
I
giornali scandalistici rimasero delusi perché non
c’era nulla da rovistare nel mio privato. Io avevo
già incontrato sul set di Riso Amaro il mio
futuro marito, era Dino De Laurentiis allora
direttore di produzione della Lux. E dopo sposata
non ho mai avuto amanti!
Le biografie
dicono che non fu un matrimonio d’amore.
Lui si innamorò di me e nei primi tempi ricevette
solo una serie infinita di rifiuti. Però non si
diede per vinto ed alla fine cedetti.
E’ vero che per tutta la vita chiamò suo
marito per cognome?
Dapprima era solo un
gioco, ma qualcuno mi fece notare che evidentemente
volevo mantenere certe distanze. Sì forse in effetti
non era il mio uomo ideale, ma non mi lamentai mai
di lui, non avevo nulla da rimproverargli tranne il
fatto che non mi ero potuta sposare in chiesa.
Comunque non è vero che lo chiamavo solo per cognome
alle volte anche “Dottore” o meglio “Dottò” alla
romana.
La sua fama attraversò
l’oceano…
I critici americani mi
paragonarono a Rita Hayworth e ricevetti varie
proposte dalle major di Hollywood, ma rifiutai.
Quello stesso anno sposai Dino, dal quale ebbi
quattro figli: Veronica, Raffaella, Federico e
Francesca.
Poi vennero registi come
Alberto Lattuada, Vittorio De Sica, Mario Camerini
Monicelli, Lizzani, Bolognini ecc..
Con
Lattuada girai Anna, primo film italiano a
toccare il miliardo di lire d'incasso, con Camerini
girai il mio primo film internazionale a fianco di
Kirk Douglas e Anthony Quinn.
Grande
risalto giornalistico ebbero nel 1956 le riprese del
film Uomini e lupi…
Durante una
pausa della lavorazione, nelle montagne della
Majella in Abruzzo, venni assalita da uno dei lupi
utilizzati per le scene, sfuggito al proprio
domatore. Giuseppe Celano, uno degli attori
protagonisti, rischiando coraggiosamente, riuscì a
deviare l'aggressione dell'animale, che fu poi
abbattuto da un cacciatore che si trovava nella
zona.
Poi ancora un film
internazionale La diga sul Pacifico diretto
da René Clément e tratto da un romanzo di Marguerite
Duras.
Lavorai a fianco di due mostri
sacri del cinema, vale a dire: Anthony Perkins e
Alida Valli
Come mai rifiutò la
proposta di Federico Fellini per La dolce vita?
Il protagonista maschile era Marcello Mastroianni e
mio marito per gelosia mi spinse a rifiutare la
parte affidata in seguito ad Anouk Aimée. Quella non
fu l’unica volta.
Poi finì sulla
copertina della rivista statunitense Life..
Oh si con i capelli tagliati a zero! Era il 1960
stavo girando Jovanka e le altre di Martin
Ritt e interpretai una donna slava che lotta contro
le forze naziste. Per ragioni sceniche dovetti
raparmi.
Famosa la sua
interpretazione del personaggio di Edda Ciano nel
film Il processo di Verona di Carlo
Lizzani…
Iniziavano gli anni sessanta. I
ruoli si facevano sempre più tormentati,
introspettivi e raffinati. Per quel film ottenni il
David di Donatello come migliore interprete
femminile. Ne ottenni un altro nel 1967 nel film
Le streghe.
Poi il trasferimento
negli Usa…
Dopo una fase critica per la
sua casa di produzione, mio marito decise di
trasferirsi negli Stati Uniti con tutta la famiglia,
puntando sulle coproduzioni con Hollywood.
Naturalmente lo seguii pur senza particolare
entusiasmo. Risultato: per due anni rimasi lontana
dalle scene!
Tornata in Italia la sua
carriera spiccò il volo… i registi facevano a gara
per accaparrarsi la sua bellezza raffinata e
malinconica…
Nel ’71 recitai in
Morte a Venezia di Visconti, nel ’72 Lo
scopone scientifico accanto ad Alberto Sordi,
Bette Davis e Joseph Cotten che mi valse il terzo
David, nel ’73 Ludwig con Romy Schneider,
nel ’74 Gruppo di famiglia in un interno
con Burt Lancaster ed Helmut Berger.
A fare da contrappunto al suo successo
professionale, vi furono difficoltà nella vita
privata.
A causa delle mie crisi
depressive tendevo ad isolarmi anche da mio marito e
dai miei figli. Detestavo il mio aspetto fisico e
soffrivo di persistenti disturbi di insonnia. La
morte di mio figlio Federico, avvenuta a causa di in
un incidente aereo in Alaska, aggravò i miei
malesseri.
La sua amica Suso Cecchi
d'Amico diceva di lei: “Non ha mai avuto il fuoco
dell’arte.”
Beh sì, per essere
un’attrice non ero assolutamente esibizionista anzi
mi ritenevo una donna molto riservata. Facevo film
perché amavo stare insieme a persone di cui sentivo
il calore e l'affetto, l'unica cosa che mi spingesse
a fare un film.
Sua figlia Raffaella
e suo marito hanno confermato nel tempo che non era
mai stato un suo desiderio fare l’attrice …
Beh chi meglio di loro potevano conoscere a fondo le
mie aspettative? L'esperienza di Riso amaro
nelle risaie con le mondine mi era piaciuta
tantissimo, pensi che avevo imparato tutte le
canzoni delle mondine a memoria. Mi ritenevo una di
loro, ovvero una donna umile e semplice, capitata
per caso nel mondo del cinema.
Tra
le altre cose dicevano che lei fosse convinta di non
saper recitare…
Furono i grandi registi
a farmi rendere conto di essere una vera attrice, a
me piaceva recitare, ma non pensavo assolutamente di
essere all’altezza. Anzi quella paura di essere
inadeguata mescolato all’orgoglio della
perfezionista mi ha sempre bloccata. Forse solo dopo
La grande guerra di Monicelli e le commedie
con Alberto Sordi non mi sono più sentita fuori
posto. Avevo i tempi giusti e mi divertivo molto.
Amava molto i suoi figli vero?
Pensi che quando nacque Veronica mio marito voleva
che prendessimo una balia. Lo lasciai parlare poi
con calma risposi: “Perché? Non ho bisogno di
controfigure.”
Si considera una
donna con molti difetti, vero?
Oh sì, ho
tutti i difetti che una donna può avere, e anche
qualche difetto non tipicamente femminile e di
contro non credo di poter essere fiera di nessuna
qualità.
Difetti non tipicamente
femminili madame?
Lascio ai maligni o ai
più perspicaci indovinarli… comunque bevo volentieri
vodka, gioco a carte, mi piace scommettere, giro per
i casinò, non parlo, dormo poco e fumo molto!
Di pregi tipicamente femminili invece?
Amo la scultura, ho fatto busti di bronzo a tutti i
miei figli. Adoro ricamare a piccolo punto.
Tovaglie, arazzi, tappeti. Del lavoro ad ago mi
piace la tranquillità, il poter lavorare in perfetta
solitudine. E’ anche un modo per proteggermi dalle
forti passioni.
La Mangano divorziò da
Dino De Laurentiis e, ammalatasi di un tumore allo
stomaco, si ritirò a vita privata. Intuendo
l'avvicinarsi della fine, si riappacificò con De
Laurentiis e lavorò ancora con Marcello Mastroianni
nel capolavoro di Nikita Mikhalkov Oci ciornie nel
1987.
Si trasferì a Madrid dalla figlia
Francesca, ma non superò mai il dolore della perdita
del suo unico figlio maschio.
Morì di cancro il
16 dicembre 1989, lasciando il ricordo di una
attrice dotata che seppe ottenere stima di grande
interprete. Una diva segreta senza eredi; nessuna,
tra le attrici che sarebbero diventate famose negli
anni successivi, le assomiglia.
Aveva 59 anni. E’
sepolta a New York, nel cimitero di Pawling, là dove
riposa suo figlio.
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