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INTERVISTE IMPOSSIBILI
Édith Piaf
Étoile sans lumière
Parigi,
19 dicembre 1915 – Grasse, 10 ottobre 1963
«Non, rien de
rien, non, je ne regrette rien, ni le bien qu'on
m'a fait, ni le mal. Tout ça m'est bien égal.»
(No, niente di niente, no, non rimpiango niente,
né il bene che mi è stato fatto, né il male. Per
me è lo stesso.)
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Édith Piaf è uno pseudonimo
vero? Il mio nome vero è Édith Giovanna Gassion.
Edith era il nome di una infermiera inglese, Édith Cavell,
fucilata per aver aiutato dei soldati francesi a scappare dalla
prigionia tedesca durante la prima guerra mondiale.
Le sue origini, Madame? Sono nata da una
famiglia di origini molto umili: mio padre Louis Alphonse era un
normanno e faceva il contorsionista e saltimbanco. Mia madre,
Anita Maillard, era nata a Livorno. Era di origini berbere e
faceva la cantante di strada.
La leggenda vuole
che sua madre l’abbia partorita per strada. Eh già.
Davanti al numero 72 di rue de Belleville, aiutata da un
poliziotto
Il suo certificato di nascita, però,
indica l'ospedale Tenon, vicino Belleville… Dopo la
nascita fummo ricoverate in quell’ospedale. Mia madre diede il
nome falso di Line Marsa
Suo padre?
Prima che mia madre partorisse si era allontanato alla ricerca
di un medico. Ma durante il tragitto si fermava in ogni bistrot
per festeggiare il lieto evento e tornò completamente ubriaco.
Dopo cosa successe? Fummo dimesse
dall’ospedale il 25 dicembre. Ma subito dopo iniziarono le
difficoltà. Il lavoro dei miei genitori non permetteva loro di
allevare un figlio, per cui venni depositata per due anni dalla
mia nonna materna Aïcha.
Una donna molto
particolare sua nonna… Sì, era una cabila di origini
algerine, ammaestratrice di pulci. Abitava in Rue Rébéval n.91
molto vicino all’abitazione dei miei.
E’ vero
che riempiva il suo biberon di vino rosso? Lei era
convinta che il vino rosso uccidesse i microbi. Quando mio
padre, tornato dalla guerra, lo venne a sapere mi affidò alla
nonna paterna Louise Léontine Descamps, tenutaria di una casa di
tolleranza a Bernay, nell'Alta Normandia.
Dalla
padella alla brace… Io ero felice, ricevevo molte
attenzioni e mi pareva di avere molte madri. Rimasi in quella
casa fino ad otto anni.
Poi? Per
rimediare qualche moneta insieme a mio padre iniziammo a
esibirci per strada. Io cantavo sotto lo pseudonimo di “Miss
Édith, phénomène vocal” mentre mio padre si esibiva come
contorsionista antipodista. Colpiva la mia voce ruvida e molta
gente si fermava a sentirmi. Poco dopo allargai la mia platea
cantando nelle caserme, insieme ad una mia amichetta Simone
Berteaut.
Intanto cresceva… Giovanissima ebbe una
figlia vero? Sì a 17 anni da Louis Dupont che
riconobbe come figlia legittima. La chiamammo Marcelle Carolina.
Purtroppo viveva in strada con me e all’età di due anni fu
colpita da meningite. Morì subito dopo.
A
vent’anni la svolta della sua carriera... Venni
scoperta dall'impresario Louis Leplée e, dopo un'audizione al
"Le Gerny's", cabaret vicino agli Champs Elysées, debuttai nel
1935 sotto lo pseudonimo, scelto dall'impresario, La Môme Piaf.
Fu un successo incredibile… Molti
furono i personaggi famosi che accorrevano per ascoltare la mia
voce: uno fra tutti, Maurice Chevalier.
Nacque il
mito dell'usignolo… Un anno dopo ottenni un
contratto con la casa discografica Polydor ed incisi il mio
primo disco “Les Mômes de la cloche” con il nome di Èdith Piaf.
In amore? Lì ottenni meno successo e
molti uomini tra i quali: Raymond Asso, il mio impresario, Jean
Cocteau, Norbert Glanzberg, Yves Montand, Gilbert Bécaud, Leo
Ferré, Charles Aznavour, Georges Moustaki… Come un’ape volavo di
fiore in fiore cercando la mia anima gemella ma solo più tardi
mi resi conto che sarebbe stata una missione impossibile.
Il suo rapporto con Yves Montand fu sulla bocca di
tutti. Era il 1944 e mi innamorai di Yves. Lui era
un perfetto sconosciuto e lo lanciai nel mondo della canzone
rendendolo famoso. Duettammo insieme al Moulin Rouge, facemmo
insieme un film: Etoile sans lumière e incidemmo "C'est
merveilleux” un brano che ebbe molto successo. La relazione
andava a gonfie vele fino a quando si interruppe bruscamente
quando Yves iniziò ad essere famoso.
Nel 1946
scrisse le parole della celeberrima La vie en rose..
Di lì a poco diventerà l'inno alla nuova vita di una Francia
schiacciata dalla guerra.
Cosa provava nel
cantare? Cantare era tutto per me, mi avvinghiavo
alle mie corde vocali, stringevo di solito nella mano destra un
piccolo crocifisso che portavo sempre al collo e chiudevo gli
occhi. In quel momento rivedevo scorrere tutta la mia vita.
Rivedevo mia madre che mi abbandonò ancora in fasce, rivedevo
mio padre, saltimbanco di circo, rivedevo mia nonna, il
bordello. Mi sembrava ancora di sentire l’odore di quella casa
chiusa. Sono state le prostitute, le mie madri adottive, ad
insegnarmi l’amore, merce che non si compra pur mettendola loro
in vendita. Rivedevo le mie grandi delusioni ed i miei piccoli
amori, i lutti e i traguardi. Rivedevo le bambole che non ho mai
avuto e i lampioni che riflettevano i marciapiedi ed i miei
capelli rossi che inutilmente cercavo di nascondere sotto il
cappello, lo stesso cappello col quale poi andavo a chiedere
l’elemosina.
Nel 1948 conobbe il pugile Marcel
Cerdan, originario di Casablanca, sposato e padre di 3 figli.
Era la prima volta che mi legavo a qualcuno che non facesse
parte del mondo dello spettacolo. Nonostante lui fosse sposato
ero innamorata pazza, ma purtroppo, a causa del nostro lavoro,
comunicavamo solo attraverso corrispondenza.
Ma
la felicità durò poco… Purtroppo sì. Il 28 ottobre
1949 l'aereo che trasportava Marcel da Parigi a New York
precipitò tragicamente sulle Azzorre. Ci eravamo sentiti la sera
prima della partenza. Ricordo ancora quella maledetta frase che
pronunciai: "Amore, prendi l'aereo, ti prego. Se prenderai la
nave avrò il tempo di morire, mi manchi troppo."
Quella sera volle cantare lo stesso… Sotto forti
dosi di ansiolitici gli dedicai il mio repertorio, soprattutto
Hymne à l'amour. Aprii lo spettacolo dicendo: "Questa sera canto
per Marcel, solo per lui..." Purtroppo persi i sensi e crollai
sul palco non riuscendo a terminare lo spettacolo.
Nel 1952 sposò il compositore Jacques Pills…
Chiesi alla mia amica Marlene Dietrich di farmi da testimone.
Lei accettò a condizione che avrebbe scelto anche il mio vestito
da sposa. Il matrimonio durò quattro anni fino al 1956. Fu una
relazione tormentata, a causa anche delle mie crisi di
astinenza. Mi stavo sottoponendo ad una cura di
disintossicazione dai farmaci, assunti massicciamente, per
combattere la depressione.
Nel 1955, all'età di
quarant'anni, approdò finalmente all'Olympia… Ero
strafelice, l’Olympia era il tempio parigino della musica. Poi
partii per gli Stati Uniti, mi esibii alla Carnegie Hall di New
York. Fu un trionfo mi salutarono con ben sette minuti di
applausi in standing ovation.
Edith fu colpita poco dopo da una tremenda
artrite reumatoide, che le portò grandi dolori: da quel momento
in avanti cominciò a fare uso di morfina. Nel 1961 sposò il
cantante Théo Sarapo. Dopo una broncopolmonite, Edith si
recò col marito nel sud della Francia a Grasse per passarvi la
convalescenza, ma una ricaduta le fu fatale: morì il 10 ottobre
del 1963. Venne trasportata segretamente a Parigi, città nella
quale avrebbe voluto morire, a bordo di un'autoambulanza. Al
suo funerale presero parte migliaia di persone. Il suo corpo
riposa nel cimitero parigino delle celebrità, il Père Lachaise:
l'elogio funebre venne scritto da Jean Cocteau che però morì
d'infarto poche ore dopo aver appreso la notizia della morte
della cantante.
Edith era una donna minuta che cantava
l'amore per l’amore ed aveva bisogno d'amore come dell'aria che
respirava. Non si sa quanto abbia guadagnato nella sua carriera,
ma è certo che rimase una donna molto sobria. Molto raffinata
nel vestire rimase sempre fedele alla "Petite Robe Noire" senza
mai sfoggiare la propria ricchezza. Le sue canzoni sono
spesso popolate da un universo di persone umili, di storie meste
e sconsolate tese ad infrangere i facili sogni, cantate con
quella voce tipica che trasmette il mondo dell’umanità
quotidiana con il suo sconfinato e straziante dolore.
Nella tomba della "Famille GASSION-PIAF" riposano con lei anche
il padre Louis Alphonse Gassion, la figlia Marcelle ed il marito
Théophanis Lamboukas. Sulla tomba c'è scritto: "Madame LAMBOUKAS
dite EDITH PIAF 1915 - 1963". La città di Parigi le ha dedicato
una piazza e recentemente anche una statua, nel 20.mo
arrondissement. Nel 1982 l'astronoma sovietica Ljudmila
Georgjevna Karachina ha scoperto un asteroide classificandolo
col numero 3772 e denominandolo Édith Piaf.
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