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INTERVISTE IMPOSSIBILI

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Tamara de Lempicka
L'ambiguità sottile

Varsavia, 1898 – Cuernavaca, 1980
Cuernavaca è la capitale dello stato messicano di Morelos. È nota come la "città dell'eterna primavera" per la sua costante temperatura di 27 °C.
Alla stazione dei bus un taxista mi offre di accompagnarmi in un hotel che lui conosce. In spagnolo stentato mi faccio capire che sto cercando la villa Tres Bambus, residenza della famosa pittrice Tamara de Lempicka. Ma lui non la conosce. Mi guarda con aria smarrita, ma dopo varie consultazioni con i suoi colleghi riusciamo a prendere la strada giusta.



 


Tamara mi accoglie nella sua grande veranda con un’immensa vista sull’altopiano. Durante il viaggio pensavo per quale diavolo di motivo una grande donna europea, vissuta nella mondanità e nel lusso più sfrenato di inizi Novecento, avesse scelto questo posto sperduto nel mondo.

Ora avevo le risposte, seduta comodamente su una poltrona di vimini davanti ad una tazza fumante di tè. La guardo timidamente e non nascondo un certo imbarazzo. “Lei è italiano vero?” Mi fa un certo effetto questa parola a migliaia di chilometri di distanza. Il suo sguardo con quell’espressione languida mi fa tornare immancabilmente al suo Autoritratto sulla Bugatti verde.
Come fossi un vecchio amico inizia piacevolmente a conversare. Mi ricorda una sua mostra a Roma nel ’57 alla Galleria Sagittarius, che passò praticamente inosservata ed un'altra, credo a Parigi nel ‘62, in una retrospettiva degli Anni Venti dove fu riscoperta dopo tanti anni di anonimato.

 
“Signora De Lempicka, le dispiace se la chiamo così?”
“Lempicki era il nome del mio primo marito. Tante cose sono cambiate da allora!”

“Che effetto le faceva, a suo tempo, essere più famosa per la sua mondanità che per la sua pittura?”
“Erano altri tempi ed era estremamente difficile per una donna essere riconosciuta come un’artista. I critici dell’epoca preferivano concentrarsi sui miei modi eccentrici di vivere la vita.”

“A soli 13 anni scopre la sua passione per l’arte.”
“Da bambina, come da tradizione della famiglia, mia madre mi fece fare un ritratto. A me non piacque assolutamente! E così decisi di prendere tela e pennelli. Mia sorella fu la mia prima modella. Ma solo nel 1911, durante un viaggio in Italia insieme alla mia nonna materna, misi a fuoco la mia passione. Tra quegli splendori avevo capito davvero cos’era l’arte.”

“Com’era a quel tempo il rapporto con i suoi genitori?”
 “Direi burrascoso. I miei si erano già separati quando a 16 venni mandata dalla nonna in una scuola a Losanna. In seguito disobbedendo a mio padre mi trasferii a San Pietroburgo nella casa di mia zia Stefa e lì purtroppo ho dovuto interrompere gli studi.”

“Poco dopo il grande amore…”
“Ho conosciuto mio marito durante una festa, Tadeusz Lempicki era un giovane avvocato e me ne innamorai pazzamente. Ci siamo sposati nel 1916 all'interno della cappella dei Cavalieri di Malta a San Pietroburgo. Poco prima dello scoppio della rivoluzione russa.”

“Si narra che avevate una vita brillante nonostante gli stravolgimenti politici.”
“Facevamo la vita di sempre.”

“La rivoluzione russa segnò l’inizio di un periodo difficile per lei.”
 “Fino ad allora avevo vissuto in un ambiente agiato, ma durante la rivoluzione d'ottobre perdemmo tutto. Mio marito venne anche arrestato per la sua militanza nelle file controrivoluzionarie, ma grazie alle mie conoscenze, venne presto liberato.”

“Si parla di un amante diplomatico svedese presso il quale lei si era rifugiata durante i primi giorni della rivoluzione. “
Ride
“Considerata comunque la situazione politica decidemmo di trasferirci a Parigi, dove nacque mia figlia Kizette.”

“E lì riprese il suo vecchio sogno dell’arte.”
“Nel 1920, poco dopo la nascita di Kizette, il mio matrimonio iniziò a naufragare ed allora decisi di dedicare tutta me stessa alla pittura frequentando l'Académie de la Grande Chaumière. Nel contempo prendevo lezioni da Maurice Denis e André Lhote. Direi con ottimi risultati, visto che nel ‘22 partecipai al Salon d'Automne. Le mie preferenze erano il comporre nature morte e ritratti di mia figlia. Devo ringraziare soprattutto André Lothe, famoso per il "cubismo sintetico", dal quale appresi l'armonia delle linee ripetute in geometria e la predilezione per la scomposizione dei volumi.”

“Ma il suo genere preferito era comunque il ritratto…”
 “Soprattutto uomini e donne dell'alta società, borghesi ed aristocratici, in ambienti lussuosi e con atteggiamenti disinvolti e seducenti che testimoniavano lo stato sociale molto elevato.”

“A tale proposito si parla di una intensa vita mondana con legami sentimentali sia maschili che femminili.”
“Volevo di nuovo essere ricca e famosa, riprendermi tutto quello che mi era stato tolto in seguito al mio trasferimento a Parigi. Mi tenevo distante da La rue Daru, dalla chiesa ortodossa e i ristoranti russi odoranti d'aglio. Le mie frequentazioni erano all’insegna della mia testardaggine e della mia voglia di libertà. Sì ero una donna ribelle e disinibita.”

“Era di moda a Parigi in quegli anni che le 'amazzoni' (ndr. sinonimo, a quel tempo, di lesbiche) dichiarassero apertamente la propria omosessualità, come la cantante-romanziera Suzy Solidor. A proposito quel ritratto è il mio preferito!”
 “Io ho sempre amato le persone che ho ritratto, donne o uomini che fossero! Naturalmente occorrerebbe mettersi d’accordo sul termine amare.”
 
Contemporaneamente alziamo le nostre tazze di tè per un piccolo sorso. Poi riprende.

“E nella mia produzione non potevano certo mancare i ritratti di Madame P., quello della duchessa De la Salle in tenuta da amazzone, e i nudi della meravigliosa modella-prostituta Rafaèla.”

Prendo dalla 24 ore un blocco notes e inizio a leggere.... - Tamara de Lempicka personaggio del suo tempo con un'immagine di raffinatezza e seduzione, che si immergeva a suo agio nel mondo nottambulo, spregiudicato, trasgressivo, sessualmente libero, in cerca di successo e notorietà. - ”
 “Dividevo quelle notti con tanti nomi famosi di pittori, grandi sarti, romanzieri. Non dimenticando Coco Chanel, Jean Cocteau, Marinetti e tanti altri.”

“Quindi… Felice reincarnazione degli Anni Ruggenti con un misto di Russia zarista, Parigi mondana e la studiata ambiguità sessuale.”
 “Non fu tutto merito mio. Ho avuto la fortuna di vivere quegli stupendi Anni Venti e in parte Trenta, e in un certo senso di rappresentarli. Per me fu il periodo di maggiore creatività, quello in cui le mie immagini divengono il segno inconfondibile di un'epoca, rivelatrici di un'adesione totale allo spirito del tempo.”

“Ufficialmente pittrice nel 1925 parte per l’Italia una seconda volta.”
“Andai con mia madre e mia figlia. Volevo studiare i classici e far conoscere a Kizette la vera Arte. A Milano conobbi il conte Emanuele Castelbarco, proprietario della galleria d'arte Bottega di poesia, che organizzò la mia prima mostra personale. Durante quella permanenza incontrai il drammaturgo e dongiovanni più celebre d’Europa, Gabriele D'Annunzio, volevo fargli un ritratto, naturalmente per indubbi ritorni pubblicitari.”

“Il ritratto non ebbe mai luce.”
 “Diciamo per reciproche incomprensioni…..”
Fa una piccola pausa e poi riprende sorridendo.
“Vabbè sono passati tanti anni…. La verità è che dovetti subire una corte così serrata che ben presto rinunciai al mio intento. Comunque, nonostante il suo fascino non cedetti.”

“Sempre in quell’anno dipinse “Autoritratto” il suo quadro più famoso.”
“Amavo ritrarmi bella, seducente, ricca e annoiata. Quel dipinto mi fu commissionato nel 29 dalla rivista tedesca di moda "Die Dame". In quel dipinto sono a bordo di una lussuosa Bugatti verde, in perfetto stile anni Venti, simile al personaggio di Daisy creato dalla fantasia dello scrittore americano F. S. Fitzgerald nel "Grande Gatsby". Volevo rappresentare la “donna eccessiva” connubio di bellezza e perversione senza trascurare l’eleganza della figura. Insomma il prototipo del moderno e spregiudicato dinamismo costruito sull'immagine simbolica del femminile negli anni venti e trenta.”

“Questi sono i suoi anni migliori. I critici iniziano finalmente ad accorgersi della sua arte.”
Di nuovo leggo: - Compone opere che si impongono per stile, raffinatezza, e perfezione tecnica. Per mezzo del volume, delle linee, e di pochi colori di base modulati in tutte le loro tonalità riesce a "congelare" le figure in una immobilità scultorea in cui serpeggia il gioco sottile degli sguardi, la seduzione del corpo femminile. -
Vedo che non mi segue, ma mi lascia terminare.

“Molte mie opere furono acquistate dal Museo di Nantes e dalla Galerie di Luxembourg. Iniziai a ricevere premi e riconoscimenti da tutta Europa”

“Nel 1928 divorziò da suo marito e si legò immediatamente al ricchissimo barone Kuffner, grande collezionista delle sue opere.”
“Tra noi ci fu subito un’attrazione artistica e un forte legame sentimentale. Lo seguii addirittura oltre oceano.”

“Nel 1929 inizia la costruzione della sua villa in Rue Mechain.”
“Ci tenevo molto. Fu progettata ed arredata da professionisti all'ultima moda e decoratori famosi. Collaborò anche mia sorella Adrianna Groska, che nel frattempo era diventata un bravissimo architetto.”

“Quindi nel ‘33 il secondo matrimonio.”
 “Divenni baronessa e trascorsi la mia vita tra luoghi mondani e residenze lussuose aprendo la mia casa all’alta società. Insomma tutto quello che avevo sperato quando ragazzina avevo lasciato San Pietroburgo.”

“Ma quasi in concomitanza la sua pittura subisce un netto cambiamento.”
“Non nascondo che dentro di me stava cambiando qualcosa, un lungo divenire, una lunga ricerca che mi portò a prediligere soggetti a carattere religioso.”

“Finalmente l’America!”
 “A Parigi stava per arrivare la guerra, era l’estate del ‘39, si sentiva in lontananza il fumo acre della morte. Ci trasferimmo a Beverly Hills in California. Il ricordo di quel fumo mi fece agire concretamente contro la sofferenza della guerra. Organizzai feste di beneficenza per la Croce Rossa e mi arruolai nel corpo femminile d'emergenza di Beverly Hills.”

“Non trascurando la bella vita…”
 “Il mio atelier era frequentato da divi come Greta Garbo e Tyron Power.”

“Le tele del periodo risentono subito delle suggestioni americane offerte dai paesaggi metropolitani, popolandosi delle solide e inconfondibili presenze dei grattacieli.”
“Ero affascinata dal quel mondo. Iniziai ad allestire mostre a New York, Los Angeles e San Francisco. Dopo un lungo periodo di silenzio, nel 1957 presentai le mie nuove opere a Roma alla Galleria Sagittarius.”

“Il suo secondo marito mancherà nel 1962 per infarto. Si parla di una sua forte crisi depressiva.”
 “Lasciai New York per trasferirmi da mia figlia Kizette a Houston. Mi ributtai nella pitture cercando nuove soddisfazioni. Cominciai a dipingere opere vicino all’arte astratta sviluppando una nuova tecnica che consisteva nell'utilizzo della spatola al posto del pennello.”

“Ma venne accolta freddamente dalla critica.”
“Ricordo che giurai di non esporre più i miei lavori in pubblico. Ma poi nel ’69 tornai a Parigi riprendendo ad esporre le mie opere. Una grande mostra antologica, organizzata presso la Galerie de Luxembourg nel 1972 fu un trionfo.”

I suoi occhi si illuminano.
“Nel 1978 venne qui a Cuernavaca, un luogo di ritiro per miliardari.”
“Da allora mi dedico al solo rifacimento delle opere che mi hanno dato il successo..”
 

 

Tamara de Lempicka nasce il 16 maggio del 1898 a Varsavia, muore nel sonno il 18 marzo 1980 a Cuernavaca, Messico nella sua villa di Cuernavaca detta Tres Bambus .
Come da sua volontà, il suo corpo venne cremato, e le ceneri vennero sparse dalla figlia Kizette sul vulcano Popocatepetl. Affidando quindi al gesto ineffabile di un ultimo soffio di vento la volontà di disperdere quella forza vitale che per un'intera vita ha cercato strenuamente di trattenere presso di sé. Della sua produzione molti dipinti sono scomparsi e tutti i disegni sono andati dispersi; le opere sopravvissute sono dislocate fra il Museo d'Orléans, il Petit Palais di Ginevra e varie collezioni in Egitto, a Parigi e a New-York.

 





 

 
 
 



L'INTERVISTA E' A CURA DI ADAMO BENCIVENGA





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