Tamara mi accoglie nella sua grande veranda
con un’immensa vista sull’altopiano. Durante il
viaggio pensavo per quale diavolo di motivo una
grande donna europea, vissuta nella mondanità e nel
lusso più sfrenato di inizi Novecento, avesse scelto
questo posto sperduto nel mondo.
Ora avevo
le risposte, seduta comodamente su una poltrona di
vimini davanti ad una tazza fumante di tè. La guardo
timidamente e non nascondo un certo imbarazzo. “Lei
è italiano vero?” Mi fa un certo effetto questa
parola a migliaia di chilometri di distanza. Il suo
sguardo con quell’espressione languida mi fa tornare
immancabilmente al suo Autoritratto sulla Bugatti
verde.
Come fossi un vecchio amico inizia
piacevolmente a conversare. Mi ricorda una sua
mostra a Roma nel ’57 alla Galleria Sagittarius, che
passò praticamente inosservata ed un'altra, credo a
Parigi nel ‘62, in una retrospettiva degli Anni
Venti dove fu riscoperta dopo tanti anni di
anonimato.
“Signora De
Lempicka, le dispiace se la chiamo così?”
“Lempicki era il nome del mio primo marito. Tante
cose sono cambiate da allora!”
“Che
effetto le faceva, a suo tempo, essere più famosa
per la sua mondanità che per la sua pittura?”
“Erano altri tempi ed era estremamente difficile per
una donna essere riconosciuta come un’artista. I
critici dell’epoca preferivano concentrarsi sui miei
modi eccentrici di vivere la vita.”
“A soli 13 anni scopre la sua passione per l’arte.”
“Da bambina, come da tradizione della famiglia, mia
madre mi fece fare un ritratto. A me non piacque
assolutamente! E così decisi di prendere tela e
pennelli. Mia sorella fu la mia prima modella. Ma
solo nel 1911, durante un viaggio in Italia insieme
alla mia nonna materna, misi a fuoco la mia
passione. Tra quegli splendori avevo capito davvero
cos’era l’arte.”
“Com’era a quel
tempo il rapporto con i suoi genitori?”
“Direi burrascoso. I miei si erano già separati
quando a 16 venni mandata dalla nonna in una scuola
a Losanna. In seguito disobbedendo a mio padre mi
trasferii a San Pietroburgo nella casa di mia zia
Stefa e lì purtroppo ho dovuto interrompere gli
studi.”
“Poco dopo il grande amore…”
“Ho conosciuto mio marito durante una
festa, Tadeusz Lempicki era un giovane avvocato e me
ne innamorai pazzamente. Ci siamo sposati nel 1916
all'interno della cappella dei Cavalieri di Malta a
San Pietroburgo. Poco prima dello scoppio della
rivoluzione russa.”
“Si narra che
avevate una vita brillante nonostante gli
stravolgimenti politici.”
“Facevamo la
vita di sempre.”
“La rivoluzione
russa segnò l’inizio di un periodo difficile per
lei.”
“Fino ad allora avevo vissuto in
un ambiente agiato, ma durante la rivoluzione
d'ottobre perdemmo tutto. Mio marito venne anche
arrestato per la sua militanza nelle file
controrivoluzionarie, ma grazie alle mie conoscenze,
venne presto liberato.”
“Si parla di
un amante diplomatico svedese presso il quale lei si
era rifugiata durante i primi giorni della
rivoluzione. “
Ride
“Considerata comunque la situazione politica
decidemmo di trasferirci a Parigi, dove nacque mia
figlia Kizette.”
“E lì riprese il suo
vecchio sogno dell’arte.”
“Nel 1920,
poco dopo la nascita di Kizette, il mio matrimonio
iniziò a naufragare ed allora decisi di dedicare
tutta me stessa alla pittura frequentando l'Académie
de la Grande Chaumière. Nel contempo prendevo
lezioni da Maurice Denis e André Lhote. Direi con
ottimi risultati, visto che nel ‘22 partecipai al
Salon d'Automne. Le mie preferenze erano il comporre
nature morte e ritratti di mia figlia. Devo
ringraziare soprattutto André Lothe, famoso per il
"cubismo sintetico", dal quale appresi l'armonia
delle linee ripetute in geometria e la predilezione
per la scomposizione dei volumi.”
“Ma
il suo genere preferito era comunque il ritratto…”
“Soprattutto uomini e donne dell'alta società,
borghesi ed aristocratici, in ambienti lussuosi e
con atteggiamenti disinvolti e seducenti che
testimoniavano lo stato sociale molto elevato.”
“A tale proposito si parla di una
intensa vita mondana con legami sentimentali sia
maschili che femminili.”
“Volevo di
nuovo essere ricca e famosa, riprendermi tutto
quello che mi era stato tolto in seguito al mio
trasferimento a Parigi. Mi tenevo distante da La rue
Daru, dalla chiesa ortodossa e i ristoranti russi
odoranti d'aglio. Le mie frequentazioni erano
all’insegna della mia testardaggine e della mia
voglia di libertà. Sì ero una donna ribelle e
disinibita.”
“Era di moda a Parigi in
quegli anni che le 'amazzoni' (ndr. sinonimo, a quel
tempo, di lesbiche) dichiarassero apertamente la
propria omosessualità, come la cantante-romanziera
Suzy Solidor. A proposito quel ritratto è il mio
preferito!”
“Io ho sempre amato le
persone che ho ritratto, donne o uomini che fossero!
Naturalmente occorrerebbe mettersi d’accordo sul
termine amare.”
Contemporaneamente
alziamo le nostre tazze di tè per un piccolo sorso.
Poi riprende.
“E nella mia produzione
non potevano certo mancare i ritratti di Madame P.,
quello della duchessa De la Salle in tenuta da
amazzone, e i nudi della meravigliosa
modella-prostituta Rafaèla.”
“Prendo
dalla 24 ore un blocco notes e inizio a leggere....
- Tamara de Lempicka personaggio del suo tempo con
un'immagine di raffinatezza e seduzione, che si
immergeva a suo agio nel mondo nottambulo,
spregiudicato, trasgressivo, sessualmente libero, in
cerca di successo e notorietà. - ”
“Dividevo quelle notti con tanti nomi famosi di
pittori, grandi sarti, romanzieri. Non dimenticando
Coco Chanel, Jean Cocteau, Marinetti e tanti altri.”
“Quindi… Felice reincarnazione degli
Anni Ruggenti con un misto di Russia zarista, Parigi
mondana e la studiata ambiguità sessuale.”
“Non fu tutto merito mio. Ho avuto la fortuna di
vivere quegli stupendi Anni Venti e in parte Trenta,
e in un certo senso di rappresentarli. Per me fu il
periodo di maggiore creatività, quello in cui le mie
immagini divengono il segno inconfondibile di
un'epoca, rivelatrici di un'adesione totale allo
spirito del tempo.”
“Ufficialmente
pittrice nel 1925 parte per l’Italia una seconda
volta.”
“Andai con mia madre e mia
figlia. Volevo studiare i classici e far conoscere a
Kizette la vera Arte. A Milano conobbi il conte
Emanuele Castelbarco, proprietario della galleria
d'arte Bottega di poesia, che organizzò la mia prima
mostra personale. Durante quella permanenza
incontrai il drammaturgo e dongiovanni più celebre
d’Europa, Gabriele D'Annunzio, volevo fargli un
ritratto, naturalmente per indubbi ritorni
pubblicitari.”
“Il ritratto non ebbe
mai luce.”
“Diciamo per reciproche
incomprensioni…..”
Fa una piccola pausa e poi
riprende sorridendo.
“Vabbè sono passati
tanti anni…. La verità è che dovetti subire una
corte così serrata che ben presto rinunciai al mio
intento. Comunque, nonostante il suo fascino non
cedetti.”
“Sempre in quell’anno
dipinse “Autoritratto” il suo quadro più famoso.”
“Amavo ritrarmi bella, seducente, ricca
e annoiata. Quel dipinto mi fu commissionato nel 29
dalla rivista tedesca di moda "Die Dame". In quel
dipinto sono a bordo di una lussuosa Bugatti verde,
in perfetto stile anni Venti, simile al personaggio
di Daisy creato dalla fantasia dello scrittore
americano F. S. Fitzgerald nel "Grande Gatsby".
Volevo rappresentare la “donna eccessiva” connubio
di bellezza e perversione senza trascurare
l’eleganza della figura. Insomma il prototipo del
moderno e spregiudicato dinamismo costruito
sull'immagine simbolica del femminile negli anni
venti e trenta.”
“Questi sono i suoi
anni migliori. I critici iniziano finalmente ad
accorgersi della sua arte.”
Di nuovo leggo: - Compone opere che si
impongono per stile, raffinatezza, e perfezione
tecnica. Per mezzo del volume, delle linee, e di
pochi colori di base modulati in tutte le loro
tonalità riesce a "congelare" le figure in una
immobilità scultorea in cui serpeggia il gioco
sottile degli sguardi, la seduzione del corpo
femminile. -
Vedo che non mi segue, ma mi
lascia terminare.
“Molte mie opere
furono acquistate dal Museo di Nantes e dalla
Galerie di Luxembourg. Iniziai a ricevere premi e
riconoscimenti da tutta Europa”
“Nel
1928 divorziò da suo marito e si legò immediatamente
al ricchissimo barone Kuffner, grande collezionista
delle sue opere.”
“Tra noi ci fu subito
un’attrazione artistica e un forte legame
sentimentale. Lo seguii addirittura oltre oceano.”
“Nel 1929 inizia la costruzione della
sua villa in Rue Mechain.”
“Ci tenevo
molto. Fu progettata ed arredata da professionisti
all'ultima moda e decoratori famosi. Collaborò anche
mia sorella Adrianna Groska, che nel frattempo era
diventata un bravissimo architetto.”
“Quindi nel ‘33 il secondo matrimonio.”
“Divenni baronessa e trascorsi la mia vita tra
luoghi mondani e residenze lussuose aprendo la mia
casa all’alta società. Insomma tutto quello che
avevo sperato quando ragazzina avevo lasciato San
Pietroburgo.”
“Ma quasi in
concomitanza la sua pittura subisce un netto
cambiamento.”
“Non nascondo che dentro
di me stava cambiando qualcosa, un lungo divenire,
una lunga ricerca che mi portò a prediligere
soggetti a carattere religioso.”
“Finalmente l’America!”
“A Parigi stava
per arrivare la guerra, era l’estate del ‘39, si
sentiva in lontananza il fumo acre della morte. Ci
trasferimmo a Beverly Hills in California. Il
ricordo di quel fumo mi fece agire concretamente
contro la sofferenza della guerra. Organizzai feste
di beneficenza per la Croce Rossa e mi arruolai nel
corpo femminile d'emergenza di Beverly Hills.”
“Non trascurando la bella vita…”
“Il mio atelier era frequentato da divi come Greta
Garbo e Tyron Power.”
“Le tele del
periodo risentono subito delle suggestioni americane
offerte dai paesaggi metropolitani, popolandosi
delle solide e inconfondibili presenze dei
grattacieli.”
“Ero affascinata dal quel
mondo. Iniziai ad allestire mostre a New York, Los
Angeles e San Francisco. Dopo un lungo periodo di
silenzio, nel 1957 presentai le mie nuove opere a
Roma alla Galleria Sagittarius.”
“Il
suo secondo marito mancherà nel 1962 per infarto. Si
parla di una sua forte crisi depressiva.”
“Lasciai New York per trasferirmi da mia figlia
Kizette a Houston. Mi ributtai nella pitture
cercando nuove soddisfazioni. Cominciai a dipingere
opere vicino all’arte astratta sviluppando una nuova
tecnica che consisteva nell'utilizzo della spatola
al posto del pennello.”
“Ma venne
accolta freddamente dalla critica.”
“Ricordo che giurai di non esporre più i miei lavori
in pubblico. Ma poi nel ’69 tornai a Parigi
riprendendo ad esporre le mie opere. Una grande
mostra antologica, organizzata presso la Galerie de
Luxembourg nel 1972 fu un trionfo.”
I
suoi occhi si illuminano.
“Nel 1978
venne qui a Cuernavaca, un luogo di ritiro per
miliardari.”
“Da allora mi dedico al
solo rifacimento delle opere che mi hanno dato il
successo..”
Tamara de
Lempicka nasce il 16 maggio del 1898 a Varsavia,
muore nel sonno il 18 marzo 1980 a Cuernavaca,
Messico nella sua villa di Cuernavaca detta Tres
Bambus .
Come da sua volontà, il suo corpo venne
cremato, e le ceneri vennero sparse dalla figlia
Kizette sul vulcano Popocatepetl. Affidando quindi
al gesto ineffabile di un ultimo soffio di vento la
volontà di disperdere quella forza vitale che per
un'intera vita ha cercato strenuamente di trattenere
presso di sé. Della sua produzione molti dipinti
sono scomparsi e tutti i disegni sono andati
dispersi; le opere sopravvissute sono dislocate fra
il Museo d'Orléans, il Petit Palais di Ginevra e
varie collezioni in Egitto, a Parigi e a New-York.