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IL RACCONTO E'
ADATTO AD UN PUBBLICO ADULTO 
A spasso con Daisy
"Non so che
stia facendo questa sera! Perché diavolo passeggio sotto questi
alberi che scolano resina. Cammino senza nessuna parvenza perché
nessuna bugia stasera mi aiuterebbe ad accalappiare questi cani
randagi che s’aggirano avidi intorno alla preda."
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Photo Fatima Cherkaoui
Non so che stia facendo questa sera! Perché diavolo
passeggio sotto questi alberi che scolano resina e
sgocciolano foglie bagnate. E cammino incontro alle luci
senza il minimo ritegno di guardare vetrine o la
parvenza di avere una macchina in panne e chiedere
aiuto. Perché nessuna bugia stasera m’aiuterebbe a
catturare gli sguardi, ad accalappiare questi cani
randagi che s’aggirano avidi intorno alla preda. Non mi
servirebbe vestirmi d’ipocrisia e sperare che qualcuno
osi quel tanto per trapassare quella finta coltre di
nebbia che altre volte m’ha nascosto e dato coraggio.
Oggi non c’è sedile di treno dove fingo d’essere
assorta, non c’è una panchina dove m’impegno a leggere
un libro, non c’è spiaggia dove m’abbronzo ed aspetto.
Classica ed evidente come la luna, chi potrebbe nutrire
il minimo dubbio scorrendo su questa pelliccia slacciata
che scende e non copre, su questo cappello più rosso
delle mie unghie che nasconde solo pensieri malsani. Chi
distratto potrebbe ancora confondersi lungo l’orlo di
questa gonna, tra le pause di questi tacchi che infilano
foglie e bucano vene in astinenza, di drogati di sesso.
Forse solo questo cane che non s’è accorto di nulla e mi
porge col muso una pietra che vorrebbe rincorrere e mi
domanda dubbioso perché stasera gli do meno attenzione.
Eppure era tanto che sognavo d’allontanarmi dal
solito giro dove Daisy fa i suoi bisogni inseguendo
l’odore dei miei, volando sul bordo di questo travertino
fin dove una schiera di donne mostra la merce ad una
coda di fari. Camminando tento di schivare cartacce
senza la decenza di farmi chiamare signora. Perché
signora non sono se continuo ad esporre le mie forme
come becchime ad uccelli affamati, come avanzi di lische
a gatti di strada, se m’ostino a raddrizzare piaceri di
gente che cambia percorso e rallenta e mi scruta senza
fissarmi negli occhi. Perché signora non sono se
m’innalzo su questo tombino dove a quest’ora è più
facile vedere topi che fanno capolino.
Eppure
non so quante volte mi sono fatta vera nel sogno, quante
volte, per provare uno sterile orgasmo, mi sono
aggrappata a questa fantasia che ora reale mi secca la
gola e m’impietrisce la pelle. Credevo che fosse tutto
uguale e allo stesso tempo diverso a quando esco di
giorno, che il solo respirare quest’aria di libertà,
ingiustizia della notte senza regola, fosse il vero
piacere che da anni andavo cercando, dove non c’è
rispetto e non esiste diritto quando mi mostro alla
mercé di sguardi ficcanti, e non c’è legge che possa
misurare il percorso di una bocca che ammicca o la
volgarità di un seno imbrattato dal disprezzo di un
piacere di maschio.
Ma questa sera ho deciso, ho
lasciato madre, sorella e figli a guardare la
televisione, a chiedermi attoniti dove diavolo potessi
andare a quell'ora da sola inghiottita dalla notte che
ingrandisce paure e ti lascia insicura. Dentro una busta
ho messo i miei sogni, dentro la mia testa il coraggio
di uscire e di ritrovarmi sotto questo lampione che più
puttana non avrebbe potuto illuminarmi. Dietro una siepe
ho caricato la mia faccia, nel buio ho allacciato
gancetti ed indossato quanto di più intimo avevo
comprato, quanto di più mignotta ora cerco di mostrarmi
a questi fari che passano lenti e mi fanno le lastre.
Come se avessi una malattia, come se una donna di rango
fosse troppo per i loro sessi che fibrillano nudi dentro
la mano che non tiene il volante.
Mi chiedono
avidi quanto tutto ciò possa costare, rendendosi
immediatamente conto che le stoffe che porto sono più
pregiate della mia carne, del mio sesso che vale quanto
una bevuta all’una di notte, un buco al riparo quando
minaccia di piovere. Ed il tempo non è stato per nulla
clemente, nonostante avessi sognato questa sera da mesi,
tra le tante notti di stelle, m’ha riservato questo
cielo che mi bagna e mi strucca. Se solo non piovesse!
Chissà quanto più belli sarebbero i miei zigomi tagliati
da ciuffi volanti che ora invece si spiaccicano sul viso
come una donna che piange. Quanto sarebbe più morbido il
colore pesca dei miei seni o più netta la riga tra il
vuoto delle labbra che chiunque, lo giuro, avrebbe
voglia di riempire.
E mi guardano ancora
cercando negli spacchi la forza per invitarmi a bordo,
al caldo delle loro macchine che mandano musica ed odori
smielati di alberelli francesi. Ma costo troppo! Non
perché abbia detto il mio prezzo, ma solo perché appaio
come donna inarrivabile! Mi fanno capire delusi che da
queste parti il prezzo che chiedo vale un mese d’amore,
che tra questi palazzi sarebbe già troppo se solo
chiedessi la metà di quanto ho pagato il mio smalto. In
fin dei conti non offro che buchi, intatti ed abbelliti,
ma solo dei buchi che presi da soli valgono quanto
quelli di chi vicino mi fa concorrenza. Mi rivolto, la
guardo! Non posso pensare d’essere preferita a questa
specie di larva vivente che tiene in mano un cartone di
vino e rutta e singhiozza mandando fetore. Non posso
pensare che la mia stoffa di seta leggera possa
confondersi ed imbrattarsi con i suoi jeans non lavati
da mesi, con i suoi seni che lividi pendono come
mammelle di scimmia che allatta.
Mi dà fastidio
pensare che il mio charme di donna perfetta possa
mescolarsi all’elemosina che chiede senza provare
nemmeno disagio, perché di certo nessuno potrà avere il
coraggio d’offrirgli dell’altro, l’ardire di reggere a
tanto disgusto d’infilarsi in quell’antro e provare
piacere. E mi consola pensare che questa sera ho dato un
tocco di sensualità a questo viale di derelitti, che una
donna di classe s’aggira tra gli alberi affittando il
suo profumo, il desiderio d’essere toccata nei punti che
copre, l’idea per niente remota di scivolare le dita di
creme sui loro sessi vogliosi.
Tra meno di un
niente farò la mia scelta e soltanto uno di questa coda
che aspetta paziente potrà accarezzare il colore ed il
prezzo di queste mutande, slargandole se meglio
l’aggrada o strappandole perché a nient’altro nella mia
mente potranno servire. Già, è soltanto una notte, una
voglia che da anni mi spacca il cervello nel momento che
provo piacere. Signora borghese che non salta una messa,
che si veste a lutto per un parente lontano, che porta
ogni sera il suo cane a fare i bisogni, che manda i suoi
figli a scuola privata, ora è qui che passeggia e batte
e risbatte i suoi tacchi perché il rumore riempia ili
desiderio di chi ancora ha dei dubbi sul prezzo che
chiedo. Ma non m’abbasserei ad un centesimo di meno
perché solo una smagliatura di questa calza varrebbe il
danno che fa un temporale prima di un raccolto.
E questi signori credo che ora non avrebbero dubbi se
scegliere di vedermi perfetta o fare beneficenza per chi
ora sta morendo di fame. Sarebbe difficile spiegargli
che non sto vendendo il mio corpo e per questo pretendo
quello che le loro tasche fanno fatica ad accettare,
sarebbe difficile dirgli che stanno soltanto comprando
l’alone che mi rende inaccessibile, l’idea di fare
l’amore con chi lo fa per passione e non ha bisogno di
soldi. E sporcano le mie mani che di giorno cucinano e
fanno rammendi, e insozzano le mie labbra che di solito
baciano la fronte di bimbi febbricitanti, e deliziano
avidi il mio rigore morale che in altri momenti incute
timore e rispetto.
Ma tutto ciò non basta a
farli decidere, mi guardano, mi chiedono e passano
avanti. Fanno la fila per avere due tette a forma di
donna, semplicemente una puttana che non dia l’idea di
essere altro, che non li faccia pensare, come
quest’abbozzo di donna che mi fa concorrenza. Li vedo,
la preferiscono perché desiderano infilarsi comodi nella
carne come questo topo che entra ed esce dal tombino,
senza avere dubbi sulla propria moglie che ora, sicuri,
sta dormendo da sola nel letto.
Ma io non mi
rassegno, perché non ci saranno altre sere, altri
orgasmi per provare piacere. Perché il piacere più
grande è confondermi tra quei alberi e sapere che loro
mi considerano tale. E mi domando quanti uomini, a
quest’ora farebbero a gara per avermi addosso ad una
parete di una stanza d’albergo o legata alla spalliera
del letto nella loro casa di campagna. Quanti sguardi
ogni giorno incrocio per strada, che se solo volessi
diventerebbero in meno di niente complici ed amanti. Ma
io voglio quest’aria che, la sento, penetra da sotto,
dentro questo collant velato! Voglio quest’idea folle
d’abbandono che nasce tra le gambe senza che il cervello
ed il cuore ne siano coinvolti e poi, come prima, che
nulla rimanga, che nessun strascico mi possa far pentire
di quello che ho fatto.
Oramai è tardi,
maledettamente tardi, e le mie gambe sono più
incontaminate di una sorgente che sgorga, più pure di
vergini promesse. Tra poco tornerò sui miei passi ed il
primo che m’inseguirà avrà capito che non mi vendo per
nulla, che non mi svendo per il prezzo che vale il mio
smalto. Mi coprirà di denaro per annusare questo profumo
francese, per accarezzarmi questa crema che riflette
come luna i miei seni. E s’inginocchierà all’altezza del
mio sesso baciandolo fino ad essiccarsi la bocca, come
un cane che sbava e mi porge una pietra, come Daisy che
a quest’ora ha ripreso la via di casa e stanca mi
aspetta sotto il portone. Aspetta la sua padrona che
ancora si ostina ad impregnare d’odore di femmina ogni
lampione, a slabbrare pupille ed a stringere nella mano
soltanto un guinzaglio.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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