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STORIE VERE
Il lupo perde il
pelo ma non il vizio
Guardavo Giulia, la mia ex moglie, erano
circa tre anni che non la vedevo. Era
davvero cambiata e quasi stentavo a
riconoscerla. Aveva raccolto i capelli
sotto un cappello rosso a falde larghe, le sue
labbra erano più rosse di una fragola matura
Photo Georgy
Chernyadyev
Guardavo Giulia, la mia ex moglie, erano circa
tre anni che non la vedevo. Anzi no l'avevo vista l’anno precedente al
funerale di suo padre, ma era nascosta dietro un paio di occhiali grandi
neri ed aveva l'aria dimessa tanto che sembrava invecchiata di almeno
dieci anni. L’avevo appena salutata e poi me ne ero andato senza
partecipare al rito funebre lasciandola all’affetto dei suoi cari.
Ma
ora era diversa, lì nello studio del pretore, con i nostri rispettivi
avvocati prima di entrare in udienza che avrebbe sancito per sempre la
fine del nostro matrimonio.
Mi sembrava addirittura più giovane,
bella no, quello lo era sempre stata, di una bellezza straripante con il
suo seno sodo e abbondante, i suoi fianchi formosi e soprattutto per il
suo modo eccentrico di vestire. Aveva raccolto i capelli sotto un cappello
rosso a falde larghe, le sue labbra erano più rosse di una fragola matura
e poi, ciliegina sulla torta, ostentava con disinvoltura una scollatura
mozzafiato. La guardavo senza staccarle gli occhi di dosso e pensavo:
“Forse lo avrà fatto per me, per farmi toccare con mano quanto per mia
inettitudine ho perso.” Già sì, toccare con mano… in quel momento avrei
desiderato davvero affondare le mie dita nel suo provocante decolleté.
L’impulso era così forte che pensavo davvero di non conoscerla, come se
fosse stata la prima volta e non conoscessi già la dolcezza di quel seno.
Non c’erano dubbi si era vestita in quel modo per farmi scontare tutto il
dolore che le avevo provocato.
Vicino a me, seduta alla mia destra
c'era Sara Pizzi, con i suoi ventisei anni appena compiuti, al cospetto,
sembrava una scolaretta uscita da poco dal liceo, ma era il mio avvocato,
certamente non l'avevo scelta per la sua bravura o per la sua esperienza,
ma semplicemente perché la prima volta che l'avevo vista mi avevano
colpito quelle gambe lunghe e snelle, tanto belle che in quel momento
giurai a me stesso che avrei, di lì a poco, fatto del tutto per conoscere
il meraviglioso colore delle sue mutandine. Così fu perché due giorni
dopo, nel suo stesso studio, dopo averle affidato la mia causa di
divorzio, me l'ero scopata su quella bella scrivania di noce appartenuta a
suo padre, lui sì vero principe del foro.
“Te la scopi vero?” Mi
disse Giulia, seduta alla mia sinistra, in un momento di distrazione degli
altri. “Il lupo perde il pelo ma non il vizio.” Aggiunse sorridendo. Negai
spudoratamente, ma quando vide quel vezzoso merletto dell’autoreggente
uscire dalla gonna della divorzista, mi disse: “Sei un grande stronzo,
Valerio!”
In quel momento Sara Pizzi stava balbettando davanti al
giudice, ma a me non importava nulla di quella causa e quanto lei fosse
convincente o meno, non mi interessava come sarebbe finita quella specie
di pantomima, anzi io l'avrei evitata e nonostante avessi scritto alla mia
ex moglie che avrei ceduto su tutti i fronti ed accolto tutte le sue
richieste, lei non solo non aveva accettato, ma mi aveva risposto
scrivendo: “Voglio distruggerti! Finché non ti vedrò mangiare alla Caritas
non sarò contenta!"
Aveva pienamente ragione... Del resto il nostro
rapporto andava a gonfie vele e non c’era stata alcuna ragione plausibile
per giustificare i miei tradimenti. Ero semplicemente attratto dalle
donne, lei compresa. Gliel'avevo fatta grossa la prima volta quando di
ritorno da un suo viaggio in Kenia per lavoro mi aveva sorpreso insieme ad
una sua collega nel nostro letto. Fu una scena incredibile e allo stesso
tempo penosa. Cercai di scusarmi accusando la donna, ancora nuda, di
avermi istigato per qualche improbabile vendetta lavorativa nei suoi
confronti. Poi piansi ammettendo la mia debolezza.
Come detto era
la prima volta e Giulia dopo una settimana mi fece tornare a casa e mi
perdonò. Poi però successe di nuovo con la figlia della portiera
dell’elegante stabile dove abitavamo. La madre, con la quale avevo avuto
una brevissima relazione, ci colse sul fatto in un angolo buio dello
scantinato del palazzo, io ero in piedi e la ragazza inginocchiata davanti
a me concentrata a farmi apprezzare tutta la morbidezza delle sue labbra.
La portiera cacciò un urlo sovraumano dandomi del porco e dell’ingrato e
il giorno dopo, per vendicarsi, pensò bene di spifferare tutto a mia
moglie. Questa volta non ebbi scuse e, distrutta dal dolore, fu Giulia
stessa a prepararmi la valigia. Piangeva lacrime amare, ma fu irremovibile
tanto che la stessa sera mi ritrovai a dormire in un’oscura pensioncina
maleodorante di via dei Mille.
Circa un mese dopo cercai di nuovo
di contattarla, vivevo malissimo senza di lei, le dissi che ero cambiato,
che mai più l’avrei tradita, e lei alla fine mi accolse di nuovo in casa.
Quell’esperienza però l’aveva segnata, era completamente un’altra persona,
al lavoro si era presa l’aspettativa, era sempre in casa, non si curava
più, totalmente trascurata ingrassava a vista d’occhio. Con lo sguardo
assente, sempre soprappensiero parlava a mezza bocca. Ogni giorno speravo
che si riprendesse, ma evidentemente le avevo fatto troppo male e in lei
non c’era più la minima fiducia verso il mondo maschile. Le mie attenzioni
non le facevano alcun effetto finché, forse anche per il suo bene, dopo
circa sei mesi decisi di andarmene definitivamente da casa lasciandola al
suo destino.
Giulia seduta accanto a me ora era letteralmente
un’altra donna, diversa da quella che ricordavo. Piena di fascino e
brillantezza era davvero cambiata. Con qualche chilo in meno e stretta nel
suo tailleur attillatissimo e nella sua calza nera da donna in carriera mi
stava letteralmente tramortendo, sprigionando una consapevole e
incredibile sensualità. Annusavo nell’aria il suo nuovo profumo e
guardandola attentamente mi accorsi che sotto quella camicetta bianca non
portava il reggiseno, cosa davvero insolita per lei!
Iniziò a
parlare e rivolgendosi ai presenti disse: “Da quanto leggo su questi
documenti siamo d’accordo su tutto. L’appartamento di Roma e la casa ad
Anzio saranno esclusivamente di mia proprietà…”
Sara Pizzi stava
prendendo la parola confermando quella che era sempre stata la mia
intenzione, ma in quel momento presi la parola: “No, non sono più
d’accordo!” Ci fu un silenzio incredibile.
Tra l’imbarazzo generale
l’avvocato di mia moglie disse: “Possiamo sapere le ragioni di questo
cambiamento? Forse ci sono delle novità che non conosciamo…”
“Io non
sono d’accordo sul divorzio, per cui se mia moglie è decisa ad andare a
fondo, non cedo alcun bene che appartiene tuttora ad entrambi.”
Giulia mi fulminò con gli occhi, il suo sguardo passava repentinamente
dalla stizza all’incredulità, dalla rabbia all’odio.
“Valerio cosa
succede, non capisco.”
“Non c’è nulla da capire, ci ho ripensato. Punto
e basta. Sarà il giudice a decidere la spartizione dei beni che credo sarà
sicuramente equa ed imparziale.”
“Ma eravamo d’accordo su tutto, cos’è
cambiato?” “Sei tu che sei cambiata… Io avevo lasciato un’altra
persona, ma oggi dopo tre anni mi ritrovo a parlare con una sconosciuta
che non riesco più a identificare con la mia ex moglie.”
“Quindi?”
“Quindi non posso lasciare una persona con cui non sono mai stato, né
tanto meno ci posso divorziare.”
Giulia sorrise amaramente e il giudice
alzandosi, disse agli avvocati di seguirlo, auspicando un chiarimento tra
le parti, in assenza del quale sarebbe stato costretto ad annullare quel
procedimento consensuale.
Gli avvocati seguirono il giudice e si
riunirono in una saletta privata, mentre io e Giulia rimanemmo da soli.
Giulia si alzò, andò alla finestra e si accese una sigaretta.
“Con la
sigaretta in mano sei ancora più sensuale…”
“Lascia stare Valerio,
dimmi piuttosto perché vuoi mettere proprio ora degli ostacoli, in fin dei
conti sei tu che mi hai prima tradita e poi lasciata dicendomi che ero un
peso morto. Dovresti essere contento ora, di riacquistare la tua piena
libertà.” “Ti scopi qualcuno?”
“E a te cosa interessa?”
“Sei
troppo cambiata per non avere un maschio che onora alla grande la tua
tavola ben apparecchiata.”
“Mettiamo che sia così… Quindi hai deciso di
farmela pagare? “Giulia non è in discussione il divorzio, ma la
modalità, non posso permettere che qualcuno si goda i miei beni. Quando ho
deciso non credevo che tu avessi un altro.”
“Fammi capire sei geloso?”
“Ho appena dichiarato che non ti riconosco, non posso essere geloso, ma
sicuramente invidioso del tuo amante.”
“Non è un amante, dal momento
che ho una relazione stabile e alla luce del giorno. E poi scusa, ma
perché dici di essere invidioso?”
“Perché ti desidero Giulia!”
“Oddio questa è bella! Mi sorprendi!”
“Non cercare di apparire quella
che non sei, non ti riesce. Ammetti che ti sei vestita così per farmi
crepare e farmi venire dentro tonnellate di rimpianti.”
“Lo sai
benissimo che il piatto della vendetta si serve freddo.”
“Allora lo
ammetti?” “Nella misura in cui mi hai fatto penare le pene
dell’inferno, ma ormai è tutto passato.”
“Quindi ho ancora delle
chance?” “Oh credo proprio di no! Valerio fattene una ragione!”
“E
se prima di decidere ti invitassi per un week end ad Anzio, io e te da
soli?” “Non prima di decidere, ma dopo e ad un patto. Quando rientrerà
il giudice poniamo fine a questa commedia. Fai il bravo e firmi quei
documenti senza più rimangiarti la parola.”
“Accetti il mio invito?”
“Prima firma quei documenti!”
“Ok ti concedo il divorzio come
stabilito, sarai padrona delle due case. Sei contenta ora?”
Giulia ora
più distesa si rimise seduta accanto a me, poi disse:
“Forse non ti è
bene chiaro Valerio ma ti ricordo che ho un nuovo compagno?”
“Mi stai
dicendo allora che non sarà possibile vederci…”
“Tu firma, io intanto
ci penso e poi saprai la mia risposta.”
“Ma che senso avrebbe firmare?”
“Non credo che tu abbia altre chance.”
“Dici che sono con le spalle al
muro?” “Non mi sarei vestita così se non avessi conosciuto le tue
debolezze.” “Ma ci vieni o no ad Anzio?”
“Vuoi fare l’amore con me?”
“In questo momento voglio solo scoparti.”
“Beh non credo tu possa
aspirare ad altro…”
Eravamo ancora soli in quella stanza. Lei
accavallò le gambe ed istintivamente poggiai la mano sul suo ginocchio.
Lei non si scompose ed io invogliato dal quel tacito assenso risalai fino
a far scomparire la mia mano sotto la sua gonna.
“Vedo che anche tu
porti le autoreggenti… Sei fantastica Giulia.”
“Mica vorrai paragonarmi
a quella brutta copia di avvocato che ti sei scelto…”
“Lo sai che
preferisco sempre l’originale.”
“Dimmi la verità te la scopi?”
“Dopo che ho visto te, sarà difficile farlo di nuovo.”
Lei schiuse
leggermente le gambe in segno di vittoria e disponibilità.
“Bravo così
mi piaci, continua a desiderarmi.”
A quel punto tolse la mia mano e
aggiunse: “Senti Valerio, firma quei dannati documenti, io ti aspetto
fuori…” “Aspetta! Se esci ora, non firmo.”
“Cosa vuoi?”
“La tua
figa!” “Quella te la scordi, mio caro! Almeno non oggi!”
“Non credo
alla tua promessa, non credo che verrai con me ad Anzio!”
“E allora che
proponi?” Mi disse accavallando di nuovo le gambe e scoprendo un
meraviglioso bordo in pizzo nero.
Mi guardai intorno. “Entriamo in
quella stanza!” “Ma è il bagno privato del giudice…”
“Meglio no?
Voglio almeno baciarti.”
“Ok solo un bacio, ma poi firmi?”
“Firmo
firmo…” La presi per la mano e la condussi nella toilette.
Ero
eccitatissimo e mentre la baciavo e le toccavo il seno le dissi: “Sei
fantastica Giulia, ti desidero tanto!”
Lei non si scompose: “Se non
avessi fatto il cretino questo ben di Dio sarebbe ancora tuo, lo sai
vero?” “Posso sempre recuperare!”
“No tesoro, non ti credo più.”
“Dai ti prego, facciamo come ai vecchi tempi, mettiti in ginocchio.”
“Tu sei pazzo, questa bocca te la devi meritare, per cui ora usciamo e
firmi.”
A quel punto aprì la porta ed uscimmo dal bagno.
Poi
senza sedersi mi disse: “Ora io esco e tu da bravo mantieni i patti ok?”
“Anche tu però, Anzio ci aspetta!”
Sorrise in segno di complicità:
“Oggi hai sentito l’odore, a breve potrebbe essere ancora tua.” Poi uscì
dalla stanza. Rimasi solo, fissai un brutto quadro sopra la mia testa.
In effetti Giulia aveva imparato nei minimi particolari l’arte della
seduzione. Sapevo che tra tutte le donne del mondo sarebbe stata la più
irraggiungibile, ma nonostante questo ed essendo cosciente che tra noi non
sarebbe nato un nuovo rapporto, ma forse solo una notte insieme, decisi di
giocarmi l’ultima ed unica carta a mia disposizione. Quando rientrarono
gli avvocati mi feci dare i documenti e firmai senza esitazione mettendo
sul piatto da gioco due case di valore contro una sola, improbabile ed
effimera notte d’amore con la mia ex moglie.
Mentre firmavo
guardavo l’espressione stupita di Sara Pizzi: “Alle volte non ti capisco
Valerio.” Non risposi.
Quando uscimmo da quella stanza con mia
sorpresa vidi sul corridoio Giulia stretta al suo nuovo compagno, si
stavano baciando. Lui era un tipo alto circa 1,90, abbronzato, occhi verdi
e capello completamente bianco. Mi avvicinai a loro e lei mi disse
semplicemente: “Grazie, ti sei comportato da vero signore.”
“Tu hai
sempre conosciuto l’arte della persuasione.” Risposi fissandola negli
occhi. “Non è vero, non mi attribuire capacità che non posseggo. Mio
caro lo hai fatto spontaneamente e te ne sono grata.”
“Sono soltanto un
maldestro giocatore di poker e vado sempre a vedere anche quando non ho il
punto in mano.” “Lo sapevo.”
“Ok, domani allora ti chiamo e ci
mettiamo d’accordo per gli ultimi dettagli che ti dicevo…”
“Non ne vedo
il motivo Valerio, dopo quella firma ora è tutto risolto e non c’è alcun
bisogno di vederci di nuovo.”
Avevo capito. E mentre la vedevo
allontanarsi sempre stretta al suo uomo, chiamai Sara. Non mi rimase che
dirle: “Sei stata bravissima tesoro, hai impegni ora?”
Lei sorpresa
rispose: “Credevo che l’incontro con la tua ex ti avesse scombussolato.”
Scombussolato non era la parola adatta, in realtà ero stato praticamente
rapito e soggiogato dalla sensualità della mia ex, ed ora ero
incredibilmente eccitato. Mi portai le dita al naso, sentivo ancora il
profumo delle cosce di Giulia e l’amabile fregatura che mi aveva rifilato…
Mi consolai pensando che in fin dei conti avevo perso solo qualche ora
d’amore con la mia ex perché altro non mi sarebbe stato concesso e
comunque adesso mi sarei potuto distrarre immediatamente con Sara pensando
ovviamente alla mancata scopata con la mia ex moglie.
Accostai le mie
labbra al suo orecchio e le sussurrai: “Sì certo, scombussolato dal
meraviglioso merletto della tua autoreggente.” Poi non ancora soddisfatto
della commedia ripresi: “È da questa mattina che ci penso sai?”
Lei
sorrise, poi si mise in punta di piedi e mi baciò sulla guancia
sussurrandomi: “Che ne dici di andare nel mio studio?”
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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