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IL RACCONTO E'
ADATTO AD UN PUBBLICO ADULTO 
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LIBERAEVA
La Cintura
"In una sera
normale di pioggia di fuori e amore, con la tavola apparecchiata per
la cena e una candela accesa profumata alla vaniglia, mio marito mi
abbracciò e mi disse: “Amore. Ti ho fatto un regalo."
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Photo Laurent Kace
In una sera normale di pioggia di fuori e amore, con la
tavola apparecchiata per la cena e una candela accesa
profumata alla vaniglia, mio marito mi abbracciò e mi
disse: “Amore. Ti ho fatto un regalo.” Mentre mi porgeva
la scatola con un fiocco rosso mi baciava ardentemente
il collo. Sorpresa non stavo nella pelle, il fiato mi
saliva fino in gola. Strappai in un attimo la carta
lacerando il fiocco. Appena la vedi però lanciai un urlo
sovrumano, oddio non poteva essere vero! Dentro la
scatola vidi inconfondibilmente una cintura di cuoio che
senza pensarci scaraventai contro la credenza, con tanto
di lucchetto che mandò in frantumi lo specchio della
sala.
“Ma che cavolo è questo coso?” In realtà
sapevo benissimo come fosse e dove la sua fantasia
volesse andare a parare. Ebbene sì una cintura di
castità su cui da mesi a letto fantasticava e mi
ripeteva come un mantra al culmine della suo piacere.
“Ma come è possibile che ti sia venuto in mente?” Sapevo
benissimo che non sarebbe stato solo un simbolo erotico
o un oggetto da utilizzare soltanto nei nostri momenti
intimi. Era di certo qualcosa di più. Lui desiderava che
la portassi per sempre, per essere sua anche quando non
fossimo stati insieme. La guardai di nuovo per trovare
un senso a quell’oggetto inquietante, ma pur sforzandomi
e non deluderlo per il dono, mi provocava solo ribrezzo
vedere quel coso inerte sul pavimento. Lui rimase per
lungo tempo immobile, sicuramente sorpreso dalla mia
reazione e dispiaciuto che il suo desiderio fosse
svanito nel nulla.
Alle volte ci ripensavo e
pensavo: “Ma come è possibile che negli anni Duemila, un
marito possa desiderare la sua donna con la cintura?” Mi
informai, sapevo che nel Medio Evo erano soliti gli
uomini metterla alle proprie donne prima di partire per
la guerra, ma oggi come ieri non aveva davvero senso.
Comunque per mesi non ne parlammo ed evitammo di
proposito l’argomento finché una mattina, da sola in
casa, mentre m’accingevo a fare il bucato vidi le sue
mutandine sporche di rossetto. Le esaminai alla luce per
essere sicura, scoppiai a ridere e poi in un pianto
interminabile. Il mio uomo, l’unico uomo della mia vita,
mi stava tradendo, forse anche in quel momento, quando,
da brava moglie, preparavo una lavatrice di bianco e
cotone. Forse sì, anche in quel momento, sentendosi nel
gioco erotico un vero padrone, stava voluttuosamente
aprendo un lucchetto a due gambe che s’offrivano,
liberate da quel peso. Oddio la cintura! Girai per tutta
casa, rivoltai tutti i cassetti, frenetica e fuori di
me, alla ricerca di quell’indizio. Passai momenti di
panico ed ansia, di prova e controprova, nel dubbio che
il mio rifiuto fosse il vero motivo del tradimento.
Quando però vidi la cintura dentro la scatola in fondo
all’armadio mi sentii liberata e fui quasi contenta. Non
mi stava tradendo con quella cintura!
La presi e
per non sentirmela estranea accarezzai prima la pelle e
poi le borchie fino a misurarne la pesantezza ed il
freddo della fibbia di ferro. Ancora piangente me ne
feci una ragione, non potevo perderlo, non potevo
rinchiudere il sesso dentro quell’ora scarsa due volte a
settimana al buio nella nostra alcova d’amore. Forse
davvero come mi aveva detto più volte sarebbe stato a
tutti gli effetti un semplice gioco, un feticcio per
lievitare la sua passione nei miei confronti.
La
sera, a cena, mi feci trovare più bella, senza una
traccia di pianto sul mio trucco perfetto, senza un velo
di tristezza lungo la mia gonna leggera. Lui si comportò
normalmente e forse non m’avrebbe neanche guardata, se
accanto al coltello del pesce non avesse visto luccicare
una chiave. Mi guardò sorpreso, poi senza parlare si
alzò e si avvicinò, mi baciò quando con un gesto
spontaneo gli presi la mano e la condussi delicatamente
su quella cintura di cuoio che copriva il mio sesso.
Rimase senza fiato e non me ne chiese ragione, come del
resto io non gli chiesi nulla di quel rossetto e rimasi
ad aspettarlo porgendo il lucchetto alla sua voglia.
Passammo una settimana d’amore, giorni e giorni
senza respiro. Apprezzai quel suo nuovo desiderio e lui
la mia disponibilità. Poi fu lui stesso a dirmi di aver
commesso un errore, ma che quella donna non valeva
neanche la punta della mia unghia spezzata. Mi sentii
orgogliosa e pensai che fosse di nuovo mio, il mio uomo,
solo mio! L’amore divenne qualcosa di speciale, qualcosa
che con ansia aspettavamo ogni sera! Tutte le sere!
*****
Ora sono passati due anni e l’amore tra
noi è sempre vivo. Ed ogni tanto mi ripeto di essere
stata una cretina perché di certo avrei potuto evitare
anche quell’unica volta di essere tradita! Che scema
aver rifiutato quella poesia, quell’erotismo che non ha
eguali, quel momento solenne quando la chiave apre il
lucchetto, quando il suo desiderio mi libera del peso, e
lì vogliosa e nuda non aspetto che l’amore per poi
subito dopo richiudere a chiave il mio bene prezioso,
perché nessuno possa varcar quella soglia mentale e
materiale.
Che scema! Non aver portato prima
quel peso, sentendomi unica e propria di un uomo che per
magia ogni sera tira fuori la chiave. Che scema davvero!
A credere a quelle fandonie d’essere schiava e d’essere
oggetto perché il potere non è nella chiave, ma quel
dono prezioso che si spalanca alla voglia, la sensazione
che scatena quell’atto, come quando si libera un cane
dalla catena. Apprezzo ogni piccolo istante, ogni
piccolo gesto. Il suo fiato più caldo, la sua ansia che
gli fa tremare le mani e a volte non gli permette di
aprire il lucchetto. Oramai quella cintura è
diventata una parte di me stessa, la mia seconda pelle,
la mia membrana più dura, come se ogni volta mi
riconcedessi intatta al mio uomo ed il nostro letto
diventasse ogni volta il talamo di una vergine.
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Il racconto è frutto di
fantasia. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti
è puramente casuale.
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